CORTE COSTITUZIONALE |
||
>>> Vuoi leggere il commento di M. Miscione? <<<
SENTENZA
N.127 ANNO
2002 REPUBBLICA
ITALIANA IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO LA
CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: - Cesare
RUPERTO Presidente - Massimo
VARI Giudice - Riccardo
CHIEPPA " - Gustavo
ZAGREBELSKY " - Valerio
ONIDA " - Carlo
MEZZANOTTE " - Guido
NEPPI MODONA " - Piero Alberto
CAPOTOSTI " - Annibale
MARINI " - Franco BILE " - Giovanni Maria
FLICK " - Francesco
AMIRANTE " ha pronunciato la seguente SENTENZA
nel giudizio
di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992,
n. 257 (Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), come
modificato dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169
(Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell'amianto), convertito,
con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271, promosso con ordinanza
emessa il 10 novembre 2000 dal Tribunale di Treviso nel procedimento civile
vertente tra Andreazza Giancarlo ed altri e le
Ferrovie dello Stato S.p.A. ed altro, iscritta al n. 828 del registro ordinanze
2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie
speciale, dell'anno 2001. Visti
gli atti di costituzione di Andreazza Giancarlo ed
altri, delle Ferrovie dello Stato S.p.A. e dell'INPS nonché l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito
nell'udienza pubblica del 18 dicembre 2001 il Giudice relatore Massimo Vari; uditi
gli avvocati Michele Miscione per Andreazza
Giancarlo ed altri, Roberto Pessi per
le Ferrovie dello Stato S.p.A., Carlo De Angelis per
l'INPS e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio
dei ministri. Ritenuto in fatto
1.¾ Nel corso di
un giudizio promosso da taluni dipendenti delle Ferrovie dello Stato S.p.A., al
fine di ottenere, nei confronti del proprio datore di lavoro e dell'INPS,
l'accertamento del diritto al beneficio previdenziale previsto dall'art. 13,
comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione
dell’impiego dell’amianto), il Tribunale di Treviso, con ordinanza del 10
novembre 2000, ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale del menzionato art. 13, comma 8, della
legge n. 257 del 1992, come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge
5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore
dell’amianto), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n.
271. La norma censurata stabilisce, in favore dei lavoratori esposti all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, che "l'intero periodo lavorativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti da esposizione all'amianto, gestita dall'Inail, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente 1,5". Secondo il
rimettente, la "interpretazione letterale" della disposizione induce
a ritenere che detto beneficio sia riservato "ai lavoratori dipendenti da
aziende private" e "non sia estensibile ai dipendenti delle FF.SS.
S.p.A." e ciò "quanto meno per il periodo antecedente al primo
gennaio 1996, data in cui la gestione dell'assicurazione contro le malattie per
i dipendenti delle FF.SS. passò all'INAIL". In
tal senso depone, ad avviso del giudice a quo, non solo il riferimento al periodo
di lavoro soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie da amianto
gestita dall'INAIL, "ma anche l'intero contesto dell'articolo in
esame", considerato, in particolare, che il successivo comma 10
"impone alle imprese (private) l'obbligo di versare all'INPS (gestione di
cui all'art. 37 della legge 9 marzo 1989, n. 88 ...) un contributo per ogni
dipendente che abbia fruito del pensionamento anticipato". È
da ritenere, pertanto, che la disposizione censurata riguardi esclusivamente i
lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità,
la vecchiaia e i superstiti gestita dall'INPS "e non anche i lavoratori
iscritti ad altri fondi pensione e, in particolare, al fondo pensione istituito
con legge n. 418 del 1908 per i ferrovieri cui i ricorrenti erano iscritti alla
data di entrata in vigore della legge n. 257 del 1992". In
virtù di "tale necessaria interpretazione dell'art. 13, comma 8", il
giudice a quo reputa vulnerato l'art. 3 della Costituzione, per la
"irragionevole disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti di
imprese private e lavoratori dipendenti di imprese non private a fronte di una
identica situazione di prolungata esposizione all'amianto". Quanto alla rilevanza
della questione, essa emerge, secondo l'ordinanza, "dal fatto che la
interpretazione letterale e sistematica" della disposizione denunciata
"comporta la esclusione dei ricorrenti dal godimento dei benefici
contributivi ivi previsti per l'intero periodo lavorativo soggetto all'esposizione
all'amianto o, quanto meno, per la gran parte di esso". 2-
Si sono costituiti, fuori termine, Andreazza
Giancarlo ed altri, ricorrenti del giudizio a quo. 3-
Si sono, inoltre, costituite le altre parti del giudizio principale e cioè le
Ferrovie dello Stato S.p.A. - Società di trasporti e Servizi per Azioni, nonchè l'INPS. 3.1-
Le Ferrovie dello Stato S.p.A. hanno concluso, in via pregiudiziale, per
"la restituzione degli atti al giudice rimettente perché verifichi
nuovamente e motivi sulla rilevanza della questione", e, in via
subordinata, per "la dichiarazione di inammissibilità o di manifesta
infondatezza della questione" medesima. Quanto
al merito, la memoria sostiene l'inapplicabilità, già in base al dato
letterale, della disposizione ai dipendenti delle Ferrovie dello Stato S.p.A.,
essendo (come, peraltro, ritenuto in una nota del Ministro del tesoro del 23
gennaio 1996) i benefici previsti dalla legge n. 257 del 1992 riservati ai
lavoratori dell'amianto del settore privato, iscritti all'assicurazione generale
obbligatoria gestita dall'INPS. Ad
avviso della parte, si tratta di una interpretazione coerente con la ratio
della disposizione denunciata, da ravvisarsi nell'intenzione del legislatore di
beneficiare il settore privatistico,
"maggiormente esposto al problema amianto proprio per la soppressione di
molteplici lavorazioni con gravi conseguenze sui lavoratori"; rischio
estraneo al "personale appartenente al settore pubblico, o comunque ad
esso connesso in qualche modo", come il personale delle Ferrovie dello
Stato, godendo questo di una "maggiore tutela di ricollocazione
nel caso di soppressione dell'attività a cui era addetto". Nel
rammentare, poi, che il personale dipendente dalle FF.SS. è assicurato
all'INAIL soltanto dal 1° gennaio 1996 ed iscritto al Fondo speciale gestito
dall'INPS a decorrere dall'aprile 2000, la parte costituita ribadisce
l'inapplicabilità dell'art. 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992 al
predetto personale anche in forza di una "esegesi sistematica e
complessiva" della medesima norma, il cui comma 10 "fa riferimento ad
un meccanismo che coinvolge esclusivamente le imprese del settore privatistico"; sicché, per l'"inequivocabile ed
espresso il richiamo all'INPS quale soggetto passivo delle prestazioni
pensionistiche erogate ai lavoratori che siano ammessi al pensionamento
anticipato", è giocoforza "ritenere che la disciplina non si applichi
ai dipendenti delle FF.SS. (e a tutti quelli all'epoca iscritti ad altri fondi
di previdenza diversi dall'INPS)". Ciò,
peraltro, in armonia con la già evidenziata ratio della legge n. 257 del 1992,
confortata, altresì, dalla circostanza che gli effettivi destinatari del
beneficio "erano stati quantificati in circa 1200 in fase di discussione
parlamentare e per tale numero era stata reperita la copertura finanziaria ex
art. 81 Cost.", laddove una diversa ed estensiva interpretazione
"consentirebbe di attribuire il beneficio ad una platea anche centinaia di
volte più grande". Nel
sostenere, poi, che "nessun argomento in senso contrario" alle
precedenti considerazioni può trarsi dalla sentenza n. 5 del 2000 della Corte
costituzionale, la parte costituita esclude, in definitiva, che possa
ravvisarsi il prospettato contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto
la disposizione censurata individua "una precisa e definita categoria di
imprese e di lavoratori addetti alle medesime", secondo la finalità di
favorire detta categoria di lavoratori, "in ragione della particolare
situazione occupazionale determinata dal divieto di utilizzazione dell'amianto
che ha interessato le imprese cui appartenevano i lavoratori stessi". 3.2-
L'INPS, nel concludere per l'inammissibilità o, in subordine, per
l'infondatezza della questione, sostiene, anzitutto, che l'ordinanza di rimessione è generica, giacchè
"non precisa, per ogni lavoratore, il periodo di esposizione all'amianto
... né se il lavoratore era pensionato o meno all'entrata in vigore della legge
n. 257 del 1992". Nel
merito, la memoria rileva, da un lato, che, nel censurato art. 13, sussiste
"una stretta correlazione tra lavoratori esposti all'amianto e
l'assoggettamento per il periodo di esposizione all'assicurazione gestita
dall'INAIL di cui al comma 8", e, dall'altro, che lo stesso INAIL gestisce
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali
dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato soltanto dal 1° gennaio 1996. Non
può, dunque, ritenersi, ad avviso della parte, costituzionalmente illegittima
la disposizione denunciata "per detto collegamento operato dal
legislatore, essendo rimessa l'individuazione dei beneficiari della normativa
alla sua discrezionalità". Peraltro, la circostanza che il beneficio sia
stato limitato "soltanto a particolari categorie" si giustifica in
quanto trattasi di norma eccezionale, che comporta oneri a carico del bilancio
dello Stato (come si evince dal comma 12 dello stesso art. 13). 4-
E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha
chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile, come da ordinanza n. 7
del 2000 della Corte costituzionale, e, comunque, infondata. 5-
In prossimità dell'udienza hanno depositato memorie illustrative le Ferrovie
dello Stato S.p.A. e l'INPS, nonché l'intervenuto Presidente del Consiglio dei
ministri. 5.1-
Le Ferrovie dello Stato S.p.A., a conferma delle conclusioni già rassegnate,
ribadiscono che il denunciato art. 13, comma 8, "ben può essere
interpretato come una norma che partecipa della medesima ratio del
provvedimento che la contiene: ossia il massimo contenimento del c.d. danno
occupazionale discendente dall'eliminazione dal ciclo produttivo dell'amianto
e, dunque, dalla chiusura ovvero riconversione delle aziende che lo estraevano
e lo trattavano direttamente". Ove,
invece, si volesse individuare la ratio della norma censurata e dell'intera
legge n. 257 del 1992 non già nella volontà di impedire un danno occupazionale
correlato alla imposta dismissione dell'amianto, bensì "nell'intento di
risarcire un danno alla salute", la memoria sostiene che "si
delineerebbero scenari piuttosto vasti di irrazionalità del complessivo
impianto normativo della stessa legge n. 257 del 1992". Peraltro, nel
supporre l'immanenza nella legge in parola di una finalità risarcitoria, si "accrediterebbe
un singolare schema di assicurazione sociale, che interverrebbe non già a
copertura di un danno, bensì della sua mera potenzialità". Ed
ancora, si rileva nella memoria, detta interpretazione creerebbe una
intollerabile disparità di trattamento "in materia di salute" in
danno di coloro che, pur esposti all'amianto per oltre un decennio, siano
andati in pensione con il massimo della contribuzione e, quindi,
"impossibilitati a fruire della supervalutazione prevista dal comma 8
dell'art. 13"; non senza tacere, poi, che l'attribuzione di una finalità
risarcitoria alla disposizione denunciata "comporterebbe gravi
implicazioni in punto di (insufficiente) copertura finanziaria" per
l'attuazione della norma medesima. Ad
avviso della parte costituita, il censurato art. 13, comma 8, appartiene,
dunque, "al campo della previdenza", avendo come presupposto l'art.
38, secondo comma, della Costituzione, e non può ad esso attribuirsi un
contenuto "risarcitorio (del danno alla salute)"; la norma tutela,
infatti, il "danno all'occupazione" ed il suo destinatario può essere
considerato "solo chi è stato espulso dal mercato del lavoro a causa della
dismissione dell'amianto". Sotto
diverso profilo, la memoria assume che il tertium comparationis individuato dal rimettente appare
"assolutamente inidoneo" a fondare la prospettata incostituzionalità,
giacché "i settori lavorativi «privato» e «non privato» costituiscono
situazioni soggettivamente ed oggettivamente diversificate". 5.2-
L'INPS, reiterando, preliminarmente, l'eccezione di inammissibilità della
questione e, in ogni caso, insistendo per la sua infondatezza, sostiene che le
disposizioni contenute nell'art. 13 della legge n. 257 del 1992, e successive
modificazioni, rispondono "allo scopo precipuo di accelerare il
pensionamento dei lavoratori esposti al rischio" dell'amianto e che,
segnatamente, il comma 8 del citato art. 13 è finalizzato "al più rapido
conseguimento del trattamento economico previdenziale sostitutivo della retribuzione",
la quale "difficilmente potrebbe essere mantenuta attraverso utile reimpiego"
dei lavoratori esposti all'amianto. Tanto
premesso, la parte costituita assume che i lavoratori delle Ferrovie dello
Stato, "fintanto che erano tutelati con rapporto di pubblico impiego,
avevano la garanzia della stabilità del posto di lavoro in quanto
sostanzialmente pubblici dipendenti" e ciò "spiega perché i benefici
di cui al citato art. 13 riguardano i lavoratori del settore privato ed
iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia
ed i superstiti, che avrebbero potuto subire conseguenze negative sotto il
profilo occupazionale dall'entrata in vigore della legislazione che ha vietato
l'uso dell'amianto". Peraltro,
anche se si intendesse applicare la norma denunciata al dipendenti delle
Ferrovie dello Stato "con retroattività dall'avvenuta privatizzazione,
nessun lavoratore potrebbe rientrare nell'esposizione ultradecennale",
giacché il divieto di utilizzo dell'amianto è reso operativo, a mente dell'art.
1, comma 2, della legge n. 257 del 1992, a decorrere da 365 giorni dalla data
di entrata in vigore della legge medesima. 5.3-
Il Presidente del Consiglio dei ministri, nel concludere per la manifesta
infondatezza della sollevata questione, rileva che "il differente regime
previdenziale dei ferrovieri (iscritti al fondo pensioni con onere a carico
delle FF.SS. e dello Stato) e dei dipendenti privati (iscritti all'INPS) non
legittima il dubbio di costituzionalità", non potendo ravvisarsi violazione
del principio di eguaglianza nel raffronto tra regimi previdenziali diversi, né
potendosi estendere "a favore dell'una le provvidenze dettate per
l'altra" categoria. Sostiene,
ancora, la difesa erariale che in presenza di un tertium
comparationis che ha natura di norma eccezionale,
derogatoria alla regola generale desumibile dal complesso sistema normativo,
non può utilmente invocarsi il principio di eguaglianza, risultando così
"inammissibile la estensione ad altre ipotesi", ove, peraltro,
"la mancata estensione di un beneficio non può di per sé costituire offesa
al dettato costituzionale". Considerato in diritto
1-
Il Tribunale di Treviso ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell'art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla
cessazione dell’impiego dell’amianto), come modificato dall’art. 1, comma 1,
del decreto-legge 5 giugno 1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori
del settore dell’amianto), convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto
1993, n. 271. La
disposizione stabilisce che, "per i lavoratori che siano stati esposti
all'amianto per un periodo superiore a dieci anni, l'intero periodo lavorativo
soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali
derivanti da esposizione all'amianto gestita dall'INAIL, è moltiplicato, ai
fini delle prestazioni pensionistiche, per il coefficiente 1,5". Ad
avviso del rimettente, la norma censurata, "nella parte in cui non prevede
l'applicabilità del beneficio pensionistico ivi contemplato ai lavoratori
dipendenti delle FF.SS. S.p.A.", violerebbe l'art. 3 della Costituzione,
introducendo "una irragionevole disparità di trattamento tra lavoratori
dipendenti di imprese private e lavoratori dipendenti di imprese non private a
fronte di una identica situazione di prolungata esposizione all'amianto". 2-
In via preliminare deve essere rilevata la tardività
e, perciò, l'inammissibilità della costituzione di Andreazza
Giancarlo ed altri, ricorrenti del giudizio a quo, effettuata con memoria depositata
oltre il termine stabilito dagli artt. 25, secondo comma, della legge n. 87 del
1953, e 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale. 3-
Sempre in via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità sollevate
dalle parti costituite, le quali adducono un difetto
di motivazione dell'ordinanza di rimessione in punto
di rilevanza: mentre, secondo l'INPS, sarebbe assente ogni riferimento
specifico alle singole posizioni dei lavoratori interessati al beneficio previsto
dalla disposizione censurata, ad avviso delle Ferrovie dello Stato non sarebbe
possibile la verifica sulla "necessaria pregiudizialità logico-giuridica
della questione sollevata rispetto alle domande svolte dai lavoratori" nel
giudizio principale. Le
eccezioni non possono trovare accoglimento. Infatti, come si rileva
dall'ordinanza di rimessione, il giudice a quo non
solo ha fornito, sia pure sinteticamente, i necessari elementi di descrizione
della fattispecie sottoposta alla sua cognizione, precisando che i ricorrenti
sono tutti dipendenti delle Ferrovie dello Stato S.p.A., assegnati a vari
impianti e mansioni, ma ha anche plausibilmente motivato sull'applicabilità,
nel giudizio principale, della norma denunciata, che ha per oggetto
l'accertamento del diritto dei ricorrenti stessi al beneficio previsto dalla
norma medesima. Il che consente, perciò, di apprezzare adeguatamente la
sussistenza del nesso di pregiudizialità tra il proposto incidente di
costituzionalità e il giudizio a quo. 4-
Nel merito la questione non è fondata. Questa
Corte, con la sentenza n. 5 del 2000, ha già avuto modo di affrontare, sebbene
sotto profili diversi da quello attualmente all'esame, lo scrutinio di
costituzionalità dell'art. 13, comma 8, anche ora denunciato, dichiarando non
fondate le censure allora sollevate, le quali prospettavano il contrasto della
menzionata disposizione con gli artt. 3 e 81, quarto comma, della Costituzione,
a motivo della asserita indeterminatezza, oggettiva e soggettiva, della
fattispecie legale attributiva del beneficio della rivalutazione dei periodi
assicurativi. In
quell'occasione si è evidenziato, che la norma censurata ¾ nel testo risultante
dalla soppressione (operata in sede di conversione in legge del decreto-legge
n. 169 del 1993) della locuzione "dipendenti dalle imprese che estraggono
amianto o utilizzano amianto come materia prima, anche se in corso di
dismissione o sottoposte a procedure fallimentari o fallite o dismesse" ¾
conferisce essenziale rilievo, "ai fini dell’applicazione del beneficio
previdenziale, all’assoggettamento dei lavoratori all’assicurazione
obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’amianto,
escludendo, al tempo stesso, ogni selezione che possa derivare dal riferimento
alla tipologia dell’attività produttiva del datore di lavoro". Coerentemente con
tale conclusione, che trova conferma proprio nelle vicende normative che hanno
preceduto l'approvazione del testo attuale del comma 8 dell'art. 13, lo scopo
della disposizione medesima è stato rinvenuto "nella finalità di offrire,
ai lavoratori esposti all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo (almeno
10 anni), un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di
lavorazioni che, in qualche modo, presentano potenzialità morbigene".
E
ciò attraverso un precetto ritenuto da questa Corte "adeguatamente
definito negli elementi costitutivi della fattispecie che ne è oggetto e
congruamente correlato allo scopo che il legislatore si è prefisso", ove
si consideri il rapporto che, nell'ambito della stessa disposizione, è dato
rinvenire tra il dato di riferimento temporale e la nozione di rischio
morbigeno, caratterizzante il sistema della assicurazione obbligatoria gestita
dall'INAIL. Un
rischio che, in materia di prevenzione da esposizione all'amianto, il
legislatore ha individuato in forza dei criteri posti dal decreto legislativo
15 agosto 1991, n. 277 (e successive modificazioni). 5- Così
definite portata e finalità del precetto sospettato di incostituzionalità, va
osservato che il rimettente, nel sollevare la questione, muove dal presupposto
che la norma denunciata riservi il beneficio pensionistico della rivalutazione
dei periodi assicurativi "ai lavoratori dipendenti da aziende
private", senza possibilità di estensione ai dipendenti delle Ferrovie
dello Stato; e ciò "quanto meno per il periodo antecedente al primo
gennaio 1996", data in cui la gestione dell'assicurazione infortuni, per
detti dipendenti, passò all'INAIL. In tal
senso deporrebbe, secondo il giudice a quo, non solo il riferimento al periodo
di lavoro soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le malattie da amianto
gestita dall'INAIL, "ma anche l'intero contesto dell'articolo in
esame", e, segnatamente, il successivo comma 10 che "impone alle
imprese (private) l'obbligo di versare all'INPS (gestione di cui all'art. 37
della legge 9 marzo 1989, n. 88 ...) un contributo per ogni dipendente che
abbia fruito del pensionamento anticipato". Donde la conclusione, trattane
dal giudice a quo, dell'esclusiva pertinenza del beneficio previdenziale in
esame ai lavoratori iscritti all'assicurazione generale obbligatoria gestita
dall'INPS e non già, anche, ai "lavoratori iscritti ad altri fondi
pensione e, in particolare, al fondo pensione istituito con legge n. 418 del
1908 per i ferrovieri", soppresso
soltanto dal 1° aprile 2000, in forza dell'art. 43 della legge n. 488
del 1999. Detto
assunto va considerato, però, tutt'altro che pacifico, essendo frutto di una
non adeguata indagine sulla ratio della disposizione denunciata. Indagine
tanto più necessaria ove si consideri non solo l'assenza, nel caso specifico,
di diritto vivente, ma anche l'esigenza, evidenziata dalla costante
giurisprudenza di questa Corte, di una doverosa ricerca, tra più soluzioni
interpretative possibili, di quella costituzionalmente adeguata, posto che
l'incostituzionalità di una disposizione può dichiararsi soltanto ove sia
impossibile darne una interpretazione costituzionale e non già perché è
possibile darne interpretazioni incostituzionali. 6-
In questa prospettiva, occorre rilevare che l'interpretazione adottata dal
giudice a quo non risulta essere l'unica possibile, militando per una diversa
lettura della disposizione censurata plurimi elementi esegetici, i quali
portano a ritenere che essa sia volta a tutelare, in linea generale, tutti i
lavoratori esposti all'amianto, in presenza, beninteso, dei presupposti fissati
dalla disposizione stessa, secondo quanto evidenziato dalla già ricordata
sentenza di questa Corte n. 5 del 2000. Presupposti richiesti proprio perché la
legge n. 271 del 1993 ha voluto tener conto della capacità dell'amianto di
produrre danni sull'organismo in relazione al tempo di esposizione, sì da
attribuire il beneficio della maggiorazione dell'anzianità contributiva in
funzione compensativa dell'obiettiva pericolosità dell'attività lavorativa
svolta. Obiettiva
pericolosità che indubbiamente non manca anche nell'ambito del servizio
ferroviario, ove l'eliminazione e lo smaltimento del materiale rotabile
contenente amianto, già esplicitamente incluso tra i prodotti la cui produzione
e commercializzazione erano destinate, sia pure gradualmente, a cessare
(lettera d) della tabella allegata alla legge n. 257 del 1992), si pone,
tuttora, come problema di non secondaria importanza (cfr. il "Secondo addendum
al contratto di programma tra Ministro dei trasporti e
le Ferrovie dello Stato S.p.a. 1994-2000", di cui alla deliberazione 22
giugno 2000 del CIPE). 7-
Così individuata la causa giustificativa della norma denunciata, non corretta appare,
anzitutto, la qualificazione, da parte del giudice a quo, dei lavoratori delle
Ferrovie dello Stato come dipendenti di "imprese non private", senza,
con ciò, avvedersi che, alla data di entrata in vigore della disposizione
denunciata (frutto della modifica apportata, all'art. 13, comma 8, della legge
n. 257 del 1992, dalla legge 4 agosto 1993, n. 271, di conversione del
decreto-legge n. 169 del 1993), l'Ente cui essi appartenevano (istituito dalla
legge n. 210 del 1985, in luogo della già Azienda autonoma delle Ferrovie dello
Stato) era stato trasformato in società per azioni, in virtù della delibera
CIPE del 12 agosto 1992: trasformazione che, come anche rilevato da questa
Corte (sentenza n. 179 del 1996), ha dato luogo ad un "organismo societario
privatistico (sia pure a configurazione
speciale)". Inoltre,
anche se, come ricorda il rimettente, il personale ferroviario è stato
assicurato presso l'INAIL soltanto dal 1° gennaio 1996, in forza dell'art. 2,
comma 13, del decreto-legge n. 510 del 1996, convertito nella legge n. 608 del
1996, non può ignorarsi che la stessa disposizione ha posto a carico
dell'INAIL, a decorrere sempre dal 1° gennaio 1996, tutte le prestazioni,
comprese quelle relative agli eventi infortunistici e alle manifestazioni di malattie
professionali verificatisi entro il 31 dicembre 1995 e non ancora definiti,
essendo all'uopo contemplato, dal successivo comma 15, l'obbligo delle Ferrovie
dello Stato S.p.A. di versare all'INAIL una riserva matematica per il pagamento
di tutte le predette prestazioni. Un'ipotesi,
questa, di rapporto successorio ex lege, che ha avuto come esito, da un lato,
il venir meno della posizione delle Ferrovie dello Stato quale ente
assicuratore contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali del personale
dipendente, e, dall'altro, la concentrazione in capo all'INAIL della relativa
gestione assicurativa, essendo a suo carico, a partire dal 1° gennaio 1996, non
soltanto le prestazioni dovute per gli eventi insorti dopo detta data, ma anche
quelle relative ad eventi pregressi, se non definiti entro il 31 dicembre 1995. E
ciò senza trascurare che anche in precedenza il personale ferroviario, benché
escluso, per effetto dell'art. 127 del d.P.R. n. 1124
del 1965 (ora abrogato dall'art. 53, comma 7, della legge n. 449 del 1997),
dalla gestione assicurativa INAIL, fruiva, con erogazione a diretto carico
delle Ferrovie dello Stato, di una tutela assicurativa contro gli infortuni
corrispondente a quella contemplata dallo stesso decreto. Non
può, infine, convenirsi sul peso che il rimettente tende ad annettere, sul
piano sistematico, al disposto del comma 10 dell'art. 13 della legge in esame,
che imponendo l'obbligo di versare all'INPS uno specifico contributo per ogni
dipendente che abbia fruito del pensionamento anticipato, conforterebbe la tesi
che il beneficio di cui al comma 8 denunciato riguardi i lavoratori iscritti
all'assicurazione generale obbligatoria gestita dall'INPS. A tacer del fatto che, dal 1° aprile 2000, la gestione
pensionistica del personale delle Ferrovie dello Stato è stata affidata
all'INPS, presso il quale ente è istituito un apposito Fondo, con contestuale
soppressione di quello istituito con legge n. 418 del 1908 (art. 43 della legge
n. 488 del 1999), l'argomento addotto dal giudice a quo, pretermettendo,
ancora una volta, la dovuta considerazione della ratio della norma censurata,
non tiene adeguatamente conto del fatto che ¾ come rilevato, del resto, dalla
stessa giurisprudenza ordinaria ¾ non può essere certo la diversità dell'onere
contributivo per le imprese e finanziario per gli istituti previdenziali,
risultante dal menzionato comma 10 dell'art. 13, a costituire, di per sé, un
elemento interpretativo per escludere la spettanza del beneficio stesso anche
in favore di lavoratori iscritti a gestioni previdenziali diverse dall'INPS. 8-
Alla luce delle motivazioni che precedono, la disposizione denunciata si
presta, dunque, ad essere interpretata in modo diverso da quello prospettato
dal rimettente, consentendo in particolare di ricomprendere
nel previsto beneficio previdenziale anche i lavoratori delle Ferrovie dello
Stato, beninteso, in presenza dei richiesti presupposti, attinenti,
segnatamente, all'esposizione ultradecennale
all'amianto, alla soggezione all'assicurazione obbligatoria contro le malattie
professionali derivanti dall'esposizione all'amianto e al rischio morbigeno,
secondo quanto innanzi già evidenziato. Donde
l'insussistenza del prospettato vulnus all'art. 3 della Costituzione. PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 8,
della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme relative alla cessazione dell’impiego
dell’amianto), come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 5 giugno
1993, n. 169 (Disposizioni urgenti per i lavoratori del settore dell’amianto),
convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 1993, n. 271, sollevata, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Treviso, con
l’ordinanza in epigrafe. Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
l'11 aprile 2002. F.to: Cesare RUPERTO,
Presidente Massimo VARI, Redattore Giuseppe DI PAOLA,
Cancelliere Depositata in Cancelleria
il 22 aprile 2002. Il Direttore della
Cancelleria F.to:
DI PAOLA
>>> Vuoi leggere il commento di M. Miscione? <<<
|
||