Il
romanzo poliziesco ci appassiona perché, in qualche modo, sappiamo già di che
parla e cosa ci proporrà: un delitto, un’indagine, lo svelamento di un inganno.
Ma non ci dice, come ogni altro romanzo, in quale modo ci propinerà quanto ci
ha promesso e quello che noi ci aspettiamo: tutto ciò non ci impedirà di
leggerlo, come si suol dire, tutto d’un fiato e pregusteremo i momenti in cui
le verità verranno scoperte.
Nei
confronti del romanzo giallo i lettori si pongono in un rapporto di superiorità
(mentre è quasi di sudditanza col romanzo “serio”) e tendono a sminuire la
fatica dell’autore quando questi, per esempio, si lascia prendere la mano dalla
letterarietà del suo stile. Ma come non farsi prendere – noi lettori – dallo
stile di Simenon, di Chandler, di Hammett, di Woolrich? Crediamo di dominarlo,
di conoscerne i segreti e le tecniche e invece il romanzo giallo ci sorprende
per ogni volta.
La fortuna di questi romanzi è stata anche per le trasposizioni cinematografiche
che ne hanno ampliato la suggestione narrativa, ma un buon romanzo – giallo o
no – trasmette comunque la sua forza di persuasione.
I
giallisti vengono divisi, come si sa, in
scuole: quella inglese e, più in generale, europea (con indagini dal metodo
deduttivo) e quella americana (con detective che se la sbrigano da soli
contro tutto e tutti), ma sono distinzioni che spesso non hanno un sostrato
critico-letterario, affidandosi piuttosto alla casistica di genere, com’è nella migliore
tradizione di romanzi minori o di consumo.
È
indubbiamente anche una letteratura di evasione,
ma come lo definiremmo Philip Marlowe, Sam Spade o Jules Maigret? Personaggi di
secondo piano che servono a tenerci compagnia in un pomeriggio di noia?! Forse
la bellezza di questi personaggi sta proprio nella letterarietà, in quel loro essere eroi
comuni o decadenti, sconfitti e tuttavia inimitabili. Certo, dei grandi romanzi
cosiddetti epocali non si è mai avuta l’iterazione del personaggio, la sua
serialità, ma tutto questo non ci disturba, anzi ci esalta, ci sfida.
Tornare nell’ufficio di Philip Marlowe, per una nuova
indagine, è come tornare nel desiderio ancestrale e imprendibile della nostra
esistenza: rivivere ogni volta l’avventura come se fosse la prima volta. Come
l’Ulisse di Omero, come l’Ulisse di Joyce.
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