L’intellettuale di sinistra è una figura fiabesca, ormai: tutti sanno dov’è vissuto, quando è vissuto, cosa ha vissuto ma nessuno sa dove sia andato a finire e se ne dichiara, sbrigativamente, una morte presunta o un’accettabile assenza.

        Usiamo l’imperfetto: era un uomo che cercava tante direzioni, che sperimentava nuove direzioni,  che voleva altre direzioni. Qualcosa trovò e inventò (negli anni ’50, soprattutto), cominciò poi a dubitare, a sentirsi inadeguato, a non avere più colleghi o discepoli, a restare solo un intellettuale, fino a perdere, in questi ultimi quindici anni, anche l’intellettualità.

        Le persone sapienti o competenti si definiscono oggi, tutt’al più, di sinistra ma evitano di proporsi come intellettuali: sarà pudore, vergogna, umiltà…

        Eventi come la caduta del muro di Berlino o della superpotenza sovietica hanno creato un vuoto per taluni e un pieno per altri. Nell’ambito della sinistra – sparpagliata e destrutturata – non si sente il bisogno di persone che pensino ma che facciano e spesso questi nostri ex-intellettuali-di-sinistra fanno tutto, di più, di meno, di peggio.

 


           

 

 

 

          

 

 

 

                         

 

 

        Sembra decaduta e decadente l’opzione non dico a filosofare o argomentare, ma semplicemente a pensare: pensare a qualcosa che stia possibilmente a sinistra, in quegli anfratti dove si elabora un nuovo modo di vivere e governare la società. Tutto questo costa fatica, a volte sgomento e abbandono. Si continua ad essere di sinistra, certo, ma solo perché c’è una destra da respingere o da vincere. E si continua così, a camminare sui lunghi percorsi che non hanno più panorami ai lati e ci si imbatte in cartelli dalle scritte sbiadite o consumate dal tempo.

        Ci siamo tutti sentiti liberi quando le pregiudiziali ideologiche – che mal sopportavamo – hanno cessato di esistere ma ci siamo sentiti anche in colpa o in difetto per non aver sempre più tempestivamente e sempre più profondamente inciso nel processo di rinnovamento che auspicavamo e che è stato compiuto anche da altri. La scritta sul monumento dice: “Wir sind unschuldig”, noi siamo innocenti.

        Dovremmo tornare a pensare ma in giro, da più parti, si dice che restare a sinistra, o essere di sinistra, sia già un privilegio, una fortuna, un segno, un ricordo, una nostalgia. C’è chi si accontenta nel deprimersi e c’è chi viene accontentato.

 

 

 

 

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