Alberto Moravia sosteneva che il romanzo deve essere necessariamente lungo, mentre una poesia deve necessariamente essere “corta”, cioè breve.

        Sul racconto le teorie sono più complesse e articolate ma, in realtà, non si teorizza né la lunghezza né l’artificio, non si istruiscono procedure generali o particolari sui temi e le formule che un racconto debba avere, per cui tutto viene lasciato al caso oppure al genio e al gusto degli scrittori di racconto.

        Una volta si diceva che se il racconto superava le venti-venticinque cartelle,  era di fatto una novella; se fosse stato ancora più lungo – sulle cento pagine – sarebbe stato un romanzo breve, che di solito era il romanzo di esordio di uno scrittore.

 

 

 

 

 

     Il genere racconto viene ad essere pertanto codificato al di sotto delle 20-25 cartelle a spazio 2 per 60 battute e 30 righe di testo. Questo è il criterio per definire un racconto: non estetico, non critico, non letterario ma concorsuale. Gli innumerevoli premi di narrativa per racconti inediti hanno stabilito e uniformato, poco alla volta, i canoni elettivi e selettivi del genere letterario che va sotto il nome di “racconto”, aggiungendovi ad abundantiam altre caratteristiche peculiari,  che sono quelle dell’originalità, della novità e della verginità letteraria. Un racconto dev’essere originale, non segnalato né premiato in altri concorsi e, ovviamente, inedito. Molti dei bandi di concorso per i premi di narrativa richiedono racconti anche più piccoli, anche più brevi: 10-12 cartelle, per esempio, ma si aspettano però che, in quelle poche pagine, ci sia il respiro ampio della novella, lo stile e la forza di uno scrittore di talento, la leggerezza e la leggibilità di un’operina letteraria che sia di conforto e di sollievo persino ai lettori occasionali.

        Solo da pochi anni gli editori hanno ripreso a pubblicare, e talora con successo, raccolte di racconti, forse perché solo da poco il grande romanzo dimagrisce a vista d’occhio fino a diventare una novella più o meno corposa che gira intorno a un solo tema, un solo personaggio, una sola intuizione letteraria. E gli scrittori si riscoprono scrittori di racconti improvvisando un genere che non avevano mai curato abbastanza, mai studiato con profitto, dimenticando e facendoci dimenticare le qualità precipue del racconto e della raccolta di racconti.

        Da Čechov a Twain, da Maupassant a Hemingway, da Moravia a Celati il lettore odierno non è in condizione di percepire la struttura composita e unitaria che regge racconti tanto diversi nell’ambito di uno stesso volume. L’industria culturale ha assegnato un rilievo speciale ai racconti di genere (fantascientifico, fantastico, rosa, etc. etc.), delegando al racconto psicologico-esistenziale (dalla Metamorfosi di Kafka ai “racconti surreali” di Tommaso Landolfi) uno spazio doveroso e decoroso nella biblioteca di casa,  tra una vetrina di cristalli e monili di pregio.

 

 

 

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