L'arte della miniatura a Cava de’ Tirreni, strettamente legata
ai momenti di splendore e di declino della Badia, occupa un posto
di primo piano nella storia della miniatura italiana.
L'opera più antica dello scrittorio cavense è rappresentata dal
codice Beda che comprende tre opere: il De Temporibus, gli Annales
Cavenses e un Florilegium. Tale codice, risalente alla metà dell'XI
secolo, in scrittura beneventana con decorazioni in oro, è
un'opera di grande rilevanza perché testimonia l'esistenza di
legami culturali tra Cava e Benevento e quindi rapporti con l'arte
del mondo bizantino.
Anche i pochi codici realizzati nell'XI-XII secolo contengono
tali orientamenti, malgrado la presenza di elaborazioni artistiche
più personalizzate e più stilizzate con motivi geometrici che
richiamano le decorazioni nordiche, come si rileva dalla II e IV
parte dei Moralium in Job di S. Gregorio Magno.
È comunque nella seconda metà del secolo XII che si assiste ad
un evidente cambiamento della scrittura e al progressivo aumento
del numero di esemplari trascritti in un nuovo carattere, definito
"gotica incipiente" che contiene alcune forme tipiche di scrittura
come l'allungamento delle lettere, la presenza di angoli acuti e
la chiarezza dei caratteri ancora fortemente influenzati dalla
cultura beneventana. Anche le miniature mostrano la tendenza ad
aprirsi a nuove soluzioni e si fa particolarmente insistente la
presenza di motivi ornamentali che giungono dalla Sicilia, legata
a Cava per motivi storici, come si evidenzia nel manoscritto
contenente l'Expositio in S. Scripturam di S. Gregorio Magno,
l'Epistola ad Tyrasium di S. Gerolamo e In Lamentatione Jeremiae
di Ugo da S. Vittore.
E' il XIII secolo, periodo particolarmente florido
dell'attività della Badia, che attesta in modo evidente un
atteggiamento estremamente moderno dello scrittorio cavense,
sempre aperto a recepire le nuove proposte culturali che andavano
sorgendo nei vari centri di produzione artistica. E' infatti a
questo periodo che risalgono i numerosi manoscritti miniati che si
collegano alla cultura bizantina di accento greco, proveniente
dalla Sicilia e in particolare da Messina, che in Campania aveva
trovato manifestazione nella pittura su tavola e nei mosaici (vedi
i mosaici dell'arco trionfale del Duomo e l'Exultet di Salerno).
Tra i più importanti manoscritti del XIII secolo pervenuti,
sono da ricordare: il De Septe Sigillis (1227) di Benedetto
Barese, raffigurante la scena della Dedica ove l'artista,
nell'atto di consegnare il codice all'abate Balsamo, viene
rappresentato con due teste, una con l'aspetto giovanile e l'altra
con il volto scavato dagli anni, per indicare metaforicamente che
il lavoro dell'opera ha impegnato tutta la sua vita; due codici in
caratteri gotici realizzati tra il 1245 e il 1250, di cui il primo
è formato dall'Expositio Super Psalmos, dai Commentari in Cantica
Breviarii et in Symbola di Pietro Lombardo, mentre il secondo
contiene l'Expositio in Epistolas S. Pauli di Pietro Lombardo; le
Vitae Patrum Cavensium (1280) di Hugo Venesinus scritto in
minuscola beneventana, che presenta nelle decorazioni motivi
floreali di influenza nordica.
Durante la dominazione angioina lo scrittorio cavense seppe
rispondere con prontezza all'impulso dell'arte francese che i
sovrani diedero ai vari settori dell'attività culturale
dell'Italia meridionale. E' a questo periodo che si fa risalire la
famosa Bibbia di Cava (1290-1295), considerata il compendio delle
diverse correnti artistiche presenti in quell'opera, che
affiancava espressioni campano-bizantine a manifestazioni d'arte
francese e franco-bolognesi.
Nella miniatura della Bibbia si distingue nettamente la mano
dell'autore delle Opere della Creazione, che denota una chiara
adesione ai modi della miniatura d'oltralpe nella rappresentazione
delle figure, non più irrigidite negli atteggiamenti tradizionali
ma allungate in forme più slanciate e sottili, nei fregi e nei
motivi decorativi in cui risalta la fantasia dell'artista, e nella
lunghezza e regolarità delle lettere, vi si rivela però anche una
forte componente bolognese nella libertà delle composizioni.
Altro artista che si distingue è l'autore dell'Albero di Jesse
che rivela, nella rappresentazione della Genealogia di Cristo una
spiccata tendenza a far prevalere nelle illustrazioni motivi di
gusto francese e a privilegiare negli ornamenti elementi di gusto
bolognese. Altri autori pongono in risalto i modi della miniatura
bolognese ove converge la spontaneità e il carattere popolaresco
con scenette deliziose di vita quotidiana. All'area culturale
bizantina vanno ricondotti gli autori di tutte quelle
illustrazioni che, pur rivelando linguaggi artistici di
provenienza straniera, sono pur sempre collegati tutti all'unico
ambiente campano.
Sotto il governo dell'abate Filippo de Haya (1316-1331)
l'abbazia di Cava conobbe un periodo di splendore e al suo nome
sono legati i codici tra i più belli mai realizzati a Cava. Sono
di questo periodo i due volumi dello Speculum Historiale (Ms. 25 e
Ms. 26) che costituiscono la parte storica della grande
enciclopedia di 31 volumi dello Speculum Maius di Vincenzo di
Beauvais, fatti trascrivere dall'abate nel 1320. Sia il contenuto
dell'opera, sia la cultura che si manifesta nelle miniature,
rispecchiano le contemporanee espressioni artistiche che si
manifestano in quel periodo nell'ambiente napoletano nel campo
pittorico. E' comunque l'arte di Pietro Cavallini e dei suoi
seguaci che, attraverso le innovazioni prospettiche di stampo
giottesco, lasciano una profonda impronta nella cultura
meridionale. Nell'opera si fa uso abbondante di oro che
impreziosisce le illustrazioni e testimonia il legame ancora
esistente con la cultura bizantina.
Dello scrittorio cavense nei decenni successivi (sia durante il
governo dell'abate Gottardo, sia durante quello dell'abate
Maynerio) si hanno poche notizie, anche perché lo stesso risentì
del lento declino della Badia. I periodi successivi aggravarono
ulteriormente la crisi dello scrittorio, soprattutto dopo che
l'abbazia fu eretta a Vescovado da Bonifacio XI e concessa in
commenda, che durò per un periodo di circa 70 anni.
Con la diffusione della stampa e soprattutto dell'incisione, la
produzione dei codici miniati andava diminuendo un po' dovunque ma
non si arrestò l'opera dei miniatori di Cava che continuò invece
attraverso la realizzazione di manoscritti e libri liturgici.
I manoscritti del XVI secolo realizzati a Cava da artisti
napoletani e fiorentini costituiscono una manifestazione della
cultura rinascimentale che nella miniatura portò a realizzazioni
di pagine miniate di ampio respiro, con impostazioni prospettiche
che permettevano di spaziare oltre le figure in primo piano, fino
al limite degli orizzonti.
Tra i manoscritti più recenti sono da ricordare il Graduale K
dell'ultimo decennio del XVI secolo di Giovanni Ballo, autore
anche del famoso Codice di S. Marta, e l'Antifonario Q. realizzato
da un seguace del Ballo nel 1614 che attesta l'attività dello
scrittorio fino agli inizi del XVII secolo, periodo in cui nuove
tecniche di stampa avevano già preso piede nell'Italia
meridionale. Da allora si assistette ad un graduale cambiamento
nella produzione di codici e manoscritti, affiancandosi la
produzione a stampa a quella più antica, anche perché non sempre
la stampa riusciva a soddisfare pienamente nel campo delle opere
di carattere religioso, a cui la nuova tecnologia approdò con più
lentezza. |