8.12. L'ARTE DELLA MINIATURA A CAVA DE' TIRRENI

L'arte della miniatura a Cava de’ Tirreni, strettamente legata ai momenti di splendore e di declino della Badia, occupa un posto di primo piano nella storia della miniatura italiana.
L'opera più antica dello scrittorio cavense è rappresentata dal codice Beda che comprende tre opere: il De Temporibus, gli Annales Cavenses e un Florilegium. Tale codice, risalente alla metà dell'XI secolo, in scrittura beneventana con decorazioni in oro, è un'opera di grande rilevanza perché testimonia l'esistenza di legami culturali tra Cava e Benevento e quindi rapporti con l'arte del mondo bizantino.
Anche i pochi codici realizzati nell'XI-XII secolo contengono tali orientamenti, malgrado la presenza di elaborazioni artistiche più personalizzate e più stilizzate con motivi geometrici che richiamano le decorazioni nordiche, come si rileva dalla II e IV parte dei Moralium in Job di S. Gregorio Magno.
È comunque nella seconda metà del secolo XII che si assiste ad un evidente cambiamento della scrittura e al progressivo aumento del numero di esemplari trascritti in un nuovo carattere, definito "gotica incipiente" che contiene alcune forme tipiche di scrittura come l'allungamento delle lettere, la presenza di angoli acuti e la chiarezza dei caratteri ancora fortemente influenzati dalla cultura beneventana. Anche le miniature mostrano la tendenza ad aprirsi a nuove soluzioni e si fa particolarmente insistente la presenza di motivi ornamentali che giungono dalla Sicilia, legata a Cava per motivi storici, come si evidenzia nel manoscritto contenente l'Expositio in S. Scripturam di S. Gregorio Magno, l'Epistola ad Tyrasium di S. Gerolamo e In Lamentatione Jeremiae di Ugo da S. Vittore.
E' il XIII secolo, periodo particolarmente florido dell'attività della Badia, che attesta in modo evidente un atteggiamento estremamente moderno dello scrittorio cavense, sempre aperto a recepire le nuove proposte culturali che andavano sorgendo nei vari centri di produzione artistica. E' infatti a questo periodo che risalgono i numerosi manoscritti miniati che si collegano alla cultura bizantina di accento greco, proveniente dalla Sicilia e in particolare da Messina, che in Campania aveva trovato manifestazione nella pittura su tavola e nei mosaici (vedi i mosaici dell'arco trionfale del Duomo e l'Exultet di Salerno).
Tra i più importanti manoscritti del XIII secolo pervenuti, sono da ricordare: il De Septe Sigillis (1227) di Benedetto Barese, raffigurante la scena della Dedica ove l'artista, nell'atto di consegnare il codice all'abate Balsamo, viene rappresentato con due teste, una con l'aspetto giovanile e l'altra con il volto scavato dagli anni, per indicare metaforicamente che il lavoro dell'opera ha impegnato tutta la sua vita; due codici in caratteri gotici realizzati tra il 1245 e il 1250, di cui il primo è formato dall'Expositio Super Psalmos, dai Commentari in Cantica Breviarii et in Symbola di Pietro Lombardo, mentre il secondo contiene l'Expositio in Epistolas S. Pauli di Pietro Lombardo; le Vitae Patrum Cavensium (1280) di Hugo Venesinus scritto in minuscola beneventana, che presenta nelle decorazioni motivi floreali di influenza nordica.
Durante la dominazione angioina lo scrittorio cavense seppe rispondere con prontezza all'impulso dell'arte francese che i sovrani diedero ai vari settori dell'attività culturale dell'Italia meridionale. E' a questo periodo che si fa risalire la famosa Bibbia di Cava (1290-1295), considerata il compendio delle diverse correnti artistiche presenti in quell'opera, che affiancava espressioni campano-bizantine a manifestazioni d'arte francese e franco-bolognesi.
Nella miniatura della Bibbia si distingue nettamente la mano dell'autore delle Opere della Creazione, che denota una chiara adesione ai modi della miniatura d'oltralpe nella rappresentazione delle figure, non più irrigidite negli atteggiamenti tradizionali ma allungate in forme più slanciate e sottili, nei fregi e nei motivi decorativi in cui risalta la fantasia dell'artista, e nella lunghezza e regolarità delle lettere, vi si rivela però anche una forte componente bolognese nella libertà delle composizioni.
Altro artista che si distingue è l'autore dell'Albero di Jesse che rivela, nella rappresentazione della Genealogia di Cristo una spiccata tendenza a far prevalere nelle illustrazioni motivi di gusto francese e a privilegiare negli ornamenti elementi di gusto bolognese. Altri autori pongono in risalto i modi della miniatura bolognese ove converge la spontaneità e il carattere popolaresco con scenette deliziose di vita quotidiana. All'area culturale bizantina vanno ricondotti gli autori di tutte quelle illustrazioni che, pur rivelando linguaggi artistici di provenienza straniera, sono pur sempre collegati tutti all'unico ambiente campano.
Sotto il governo dell'abate Filippo de Haya (1316-1331) l'abbazia di Cava conobbe un periodo di splendore e al suo nome sono legati i codici tra i più belli mai realizzati a Cava. Sono di questo periodo i due volumi dello Speculum Historiale (Ms. 25 e Ms. 26) che costituiscono la parte storica della grande enciclopedia di 31 volumi dello Speculum Maius di Vincenzo di Beauvais, fatti trascrivere dall'abate nel 1320. Sia il contenuto dell'opera, sia la cultura che si manifesta nelle miniature, rispecchiano le contemporanee espressioni artistiche che si manifestano in quel periodo nell'ambiente napoletano nel campo pittorico. E' comunque l'arte di Pietro Cavallini e dei suoi seguaci che, attraverso le innovazioni prospettiche di stampo giottesco, lasciano una profonda impronta nella cultura meridionale. Nell'opera si fa uso abbondante di oro che impreziosisce le illustrazioni e testimonia il legame ancora esistente con la cultura bizantina.
Dello scrittorio cavense nei decenni successivi (sia durante il governo dell'abate Gottardo, sia durante quello dell'abate Maynerio) si hanno poche notizie, anche perché lo stesso risentì del lento declino della Badia. I periodi successivi aggravarono ulteriormente la crisi dello scrittorio, soprattutto dopo che l'abbazia fu eretta a Vescovado da Bonifacio XI e concessa in commenda, che durò per un periodo di circa 70 anni.
Con la diffusione della stampa e soprattutto dell'incisione, la produzione dei codici miniati andava diminuendo un po' dovunque ma non si arrestò l'opera dei miniatori di Cava che continuò invece attraverso la realizzazione di manoscritti e libri liturgici.
I manoscritti del XVI secolo realizzati a Cava da artisti napoletani e fiorentini costituiscono una manifestazione della cultura rinascimentale che nella miniatura portò a realizzazioni di pagine miniate di ampio respiro, con impostazioni prospettiche che permettevano di spaziare oltre le figure in primo piano, fino al limite degli orizzonti.
Tra i manoscritti più recenti sono da ricordare il Graduale K dell'ultimo decennio del XVI secolo di Giovanni Ballo, autore anche del famoso Codice di S. Marta, e l'Antifonario Q. realizzato da un seguace del Ballo nel 1614 che attesta l'attività dello scrittorio fino agli inizi del XVII secolo, periodo in cui nuove tecniche di stampa avevano già preso piede nell'Italia meridionale. Da allora si assistette ad un graduale cambiamento nella produzione di codici e manoscritti, affiancandosi la produzione a stampa a quella più antica, anche perché non sempre la stampa riusciva a soddisfare pienamente nel campo delle opere di carattere religioso, a cui la nuova tecnologia approdò con più lentezza.