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CUCCHI Francesco Luigi - pagina 5


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Pare che il Bismarck, nel suo interessato zelo per la causa italiana, si spingesse perfino ad offrire all'Esercito italiano le nuove armi di fabbricazione germanica, i famosi fucili ad ago, che superavano, in perfezione tecnica, gli « chassepots » francesi.
Il 19 agosto egli lascia la Germania per portare in Italia al suo gruppo parlamentare la completa adesione tedesca all'immediato acquisto di Roma.
Ha colloqui con il Re Vittorio Emanuele e con il ministro Sella ai quali rivela gli accordi intercorsi con Bismarck.
Il Comitato della sinistra parlamentare, dietro sua iniziativa, presenta una mozione al Governo per l'occupazione armata di Roma.
Intanto eventi decisivi sopravvengono sul fronte franco-prussiano.
Il primo settembre a Sedan avviene la debacle dell'armata francese.
Lo stesso Napoleone III e fatto prigioniero. Il quattro settembre è la fine dell'Impero francese.
L'Italia, se avesse seguito Napoleone, sarebbe stata travolta nella sua caduta.
Invece, proprio per merito della vigilante sinistra e sotto la sua pressione, il Governo rompe gli indugi e decide l'occupazione di Roma.
In una lettera, pubblicata nella stampa (« Gazzetta di Bergamo », 4 ottobre 1889), il Cucchi, rettificando fili articoli di alcuni giornali sulla parte che ebbe la Sinistra parlamentare sull'acquisto di Roma alla Patria italiana, afferma che nel '70 intercorsero trattative dirette tra la Sinistra e Bismarck, ma queste non approdarono ad un trattato formale. La « Tribuna » a guisa di commento, concludeva che l'on.le Cucchi nella lettera in parola veniva a ridurre in limiti ristretti l’azione sua e della Sinistra parlamentare. In realtà il contributo del Cucchi fu decisivo anche se non riuscì a far impegnare la Prussia in un trattato vero e proprio. L'aver permesso ad uno straniero di presenziare alle grandi operazioni militari, è prova clic Bismarck volesse usare verso l'Italia un particolare riguardo come ad un Paese che riteneva utile che fosse suo futuro alleato piuttosto che suo nemico. La « Giunta » parlamentare, con la sua pressione, forzò la mano al Governòo che era riluttante, se non ostile, al passo decisivo. Certo e che il Governo non si comportò coerentemente ai suoi impegni, mentre la « Sinistra » fu lineare e conseguente nella sua linea d'azione.

17. - Alla presa di Roma
Cucchi ai primi di settembre, per incarico del Presidente del Consiglio, Giovanni Lanza , si reca in segreto in Roma e predispone ogni cosa per l'imminente spedizione militare ( 1 ). Inutile dire che egli adempie alla nuova missione con tatto e con prudenza. Di ritornoòò assicurare il Governo che la difesa di Roma da parte del Papa non sarà che simbolica. Le truppe pontificie non avrebbero potuto sostenere l'urto dell'Esercito italiano, nè Pio IX , quale rappresentante della cristianità, avrebbe permesso un ulteriore spargimene di sangue per opporsi alle legittime aspirazioni unitarie degli Italiani.
Ciononostante Cucchi, per essere di nuovo utile all'Esercito in ogni deprecabile eventualità, raggiunge il Quartier Generale di Cadorna il 10 settembre.
Il 16 settembre scrive presso la tomba di Nerone al fratello Luigi nei seguenti termini : « ... dopo sei giorni nei quali tentai di farmi impiccare, o rompermi il collo, senza riuscire, venni ieri al Quartier Generale.
L'entrare in Roma mi riuscì impossibile ad onta di tutti gli sforzi. Del resto poco o nulla avrei potuto fare dentro Roma; perchè per mancanza di mezzi, come al solito, nulla vòò disporre in tempo. Qui trovai gentilissimi Cadorna e tutti gli altri ufficiali superiori.
Rimasi, poichè domani si comincerà l'attacco contro Roma, e voglio assistervi. La tomba di Nerone, ove sono, è a tre miglia da Roma e uno da Ponte Milvio... ».
Il 19 alle ore 3 pomeridiane annuncia la breccia di Porta Pia: « Sono ancora qui sotto le mura ad un miglio e mezzo da Roma tra Ponte Salaro e Ponte Nomentano, fra Porta Pia e Porta Salara, agli ultimi avamposti. Da quattro giorni si attende sempre l'attacco, ma inutilmente: non credo militare, ma politiche le ragioni del ritardo. In questo caso nessun uomo poteva servire meglio di Cadorna. E' un'infamia! Ritòò che domattina non si potrà protrarre ulteriormente. Assisto in questo momento al collocamento di una batteria a 500 metri da Porta Pia. In mezz'ora, purchè si voglia, tutto sarà finito e le truppe entreranno... » ( 2 ). Infatti il mattino del 20 ai primi colpi dalla breccia di Porta Pia i bersaglieri penetrano in Roma. Il Papa lasciava al generale Kanzeler l'ordine di non difendersi e di arrendersi ai primi colpi di cannoni con le seguenti parole: « In un momento in cui l'Europa intera deplora le vittime numerosissime, conseguenza di una guerra fra due grandi nazioni, non si dica mai che il Vicario di Gesù Cristo, quantunque ingiustamente assalito, abbia ad accondiscendere a qualunque spargimento di sangue » ( 3 ).
La Prussia non era stata estranea alle trattative per l'entrata delle truppe italiane in Roma. L'ambasciatore prussiano presso la Santa Sede fu il primo ad andare ad incontrare il generale Cadorna e a trattare con lui. Il Cucchi, entrando in Roma alla testa delle truppe, prendendosi una incredibile rivincita morale a pochi anni dallo scacco subito, lo incontra che si recava a Villa Patrizia, sede del Comando italiano. Si informa da lui, sullo stato di salute del Papa.
L'ambasciatore risponde che il Papa aveva passato tutta la notte in preghiera ed allora se ne stava in Vaticano, tranquillo, circondato dal Corpo diplomatico ( 4 ).
Pochi furono gli incidenti che turbarono l'occupazione di Roma. Il Governo italiano avrebbe lasciato al Papa la città leonina, ma anche questa dovette essere occupala dalle truppe del generale Cadorna, dietro richiesta dello stesso Cardinal Antonelli che paventava disordini e l'intrusione di persone infide ( 5 ). Per legittimare l'occupazione del cuore della cristianità si ricorse al responso di un improvvisato plebiscito popolare che servì a dar parvenza di stabilità ad una situazione precaria di cose che doveva mantenersi a lungo.
Roma diventava capitale del Regno d'Italia. Una importante tappa verso l'unificazione veniva così compiuta anche se il dissidio tra lo Stato italiano e la Santa Sede per garantire la libertà del Papa, che il governo spirituale della Chiesa richiedeva, doveva durare ancora a lungo, esacerbando le rispettive posizioni e rendendo impossibile per allora qualsiasi pacifico accordo.

18. - In missione presso l'Armata di Garibaldi in Francia.
Finita l'impresa di Roma il Nostro non s'acquieta. C'è molta carne al fuoco in Europa ed egli deve essere sempre là dove si decidono le sorti dei popoli.
Garibaldi , crollato l'idolo napoleonico, o accorso in aiuto alla Repubblica francese per difendere l'autentica Francia dall'invasione tedesca. Il popolo francese è esultante per il soccorso offerto da Garibaldi e spera che l'eroe possa salvare una situazione ormai compromessa. Ma ci si intromette la politica e a Garibaldi viene affidato un ruolo secondario. L'orgoglio francese patisce di affidare il comando supremo ad un italiano, anzi ad un nizzardo, che riteneva per di più di essere stato defraudato della terra natale.
Forse segretamente Garibaldi spera con il suo eroismo di riscattare la sua città ed accetta di combattere, con i suoi volontari, alle condizioni proposte dal Governo francese. Cucchi parte per raggiungere l'Eroe e renderlo consapevole della effettiva situazione della Francia e ancor più della potenza militare germanica da lui vista in azione e controllata nella sua formidabile efficienza agli inizi della campagna.
Ma Garibaldi è deciso, tanto deciso che vuole trattenere Cucchi presso di sè. Il 4 novembre, il Nostro così scrive da Dóle, sempre al fratello Luigi a Bergamo, presso il Quartier Generale dell'Armèe des Vosges, dal Gabinetto di Garibaldi , con la sua stessa carta da lettera :
« Ti scrivo poche righe qui dal Gabinetto di Garibaldi , mentre sta facendo la sua solita colazione di pane e formaggio. Sono arrivato tre giorni or sono. Garibaldi mi fece proprio una magnifica accoglienza. Sperava dovessi rimanere ed insistette assai, ma io tenni duro. Conto partire domani e ritornare in Italia per Lione, Marsiglia e Nizza ».
E mantenne il suo proposito, infatti il 7 novembre scrive, sulla via del ritorno, da Lione sulla situazione interna francese:
« Qui regna il disordine e la confusione, come in tutti i dipartimenti del Mezzogiorno. Si parla d'un armistizio, ma la notizia non è ufficiale. Sarebbe il meno male che possa toccare alla Francia » ( 6 ).
L'armistizio non viene stipulato e la campagna finisce in un insuccesso per le armi francesi, come il Cucchi aveva previsto. Solo Garibaldi si distingue per le sue magnifiche prove di valore: il 3 gennaio respinge a San Leu i Prussiani con gravissime perdite, il 10 difende Lione dall'accerchiamento ed ha a disposizione anche le truppe del generale Pèlissier, il 23 gennaio conquista la bandiera del 61° Reggimento di linea prussiano. Inutili prodigi: il 28 gennaio 1871 la Francia o costretta a capitolare e la guerra franco-prussiana è finita con il trionfo dei prussiani che nello stesso castello di Versailles avevano proclamato l'Impero tedesco.

19. - Il parlamentare.
Una delle ragioni perchè Cuccòò Garibaldi alla sua disperata impresa per tornare precipitosamente a Bergamo fu lo scioglimento della Camera e le elezioni indette per il 20 novembre del '70. Egli volle riprendere il suo posto di rappresentante dei Bergamaschi alla Camera, per il Collegio di Zogno. Premeva troppo a lui, tanta parte del partito dell'avvenire — cosi era stata battezzata la sinistra, essere presente in Parlamento per propugnare le idee per cui aveva combattuto e rischiato la stessa vita.
Eccolo di nuovo a Bergamo per la propaganda elettorale. Egli ha per sè il favore della parte più liberale del Collegio, e come antagonista l'ing. Francesco Daina, che era alle prime armi in politica, ma era vantaggiosamente conosciuto per alcuni suoi studi in materia economica ( 7 ). Ma non presenta soltanto la sua candidatura nel Collegio di Zogno, ma anche in quello della Città.
In Bergamo, appunto, si era costituito un Circolo elettorale, che aveva elaborato un programma moderato, improntato particolarmente ai capisaldi di una sana riforma amministrativa tanto sentita dai Bergamaschi, volti più all'aspetto pratico-economico delle questioni politiche che alle sottigliezze ideologiche.
Il Cucchi, che aveva la fama di estremista, con abile mossa tattica, invia una le Itera al Circolo elettorale accettandone il programma quasi integralmente. Subito gli avversari lo accusano di opportunismo e di mistificazione elettorale. Ed egli si difende nobilmente con lettera a stampa ( 8 ) indirizzata al Direttore del giornale « La Gazzetta di Bergamo », dove chiarisce e precisa la sua posizione politica. Afferma, nella difesa, di aver avanzato riserve nella sua lettera di adesione al programma del Circolo Elettorale di Bergamo soltanto relativamente alla questione romana, ed in particolare sulla natura giuridica dell'immunità da accordarsi al Pontefice.
Evidentemente al Cucchi, che in Roma riteneva di avere ancora dei conti da regolare, non poteva andare a genio una forma di immunità larghissima che si sarebbe potuta estendere oltre la figura del Pontefice anche al governo della Chiesa nell'esercizio della sua attività amministrativa ed avrebbe finito, in linea di fatto, per confondere l'attività spirituale con quella politica.
Ma il Cucchi parla ad un Collegio di cattolici convintiòò le riserve che solleva sono, per ora, soltanto formali e procedurali.
Insomma, egli sa agire con tanta prudente circospezione e tanta abilità, da riuscire eletto oltre che nel suo Collegio di Zogno, anche nella sua città, dòò in ballottaggio con il suo avversario e òò con 383 voti contro 367 ( 9 ).
Ma infine, il 21 dicembre 1870, opta per il Collegio di Zogno, in cui aveva riportato più largo consenso di voti.
In quest'epoca il Cucchi si occupa attivamene di politica, anche in Bergamo, per le elezioni dei Consigli comunale e provinciale» in cui più tardi si affermerà, con posizione preminente, il fratello Luigi ( 10 ).
Egli incita anzitutto gli antichi commilitoni alla battaglia politica ed ha continui contatti con l'amico fraterno Benedetto Cairoli , con Francesco Crispi , con Agostino Bertani , Giuseppe Zanardelli ed altri.
In una lettera a Bertani del 9 gennaio 1871 insiste nel proposito di muovere alla lotta proprio Benedetto Cairoli , il cui nome o simbolo delle più alte idealità. « Bisogna ad ogni modo trascinare a Genova Benedetto, questo pudibondo pulzellone che fraporrà mille pretesti ed ostacoliòò violento. Tiòò a voce la mie gesta municipali. Abbiamo vinto, abbiamo escluso tutti i consorti feroci, ma abbiamo pure dovuto accettarne di quelli onesti e ragionevoli, perchè a Bergamo, nel nostro partito, vi o elemento per fare subito quaranta barricate, ma non quaranta consiglieri comunali. Questo o un guaio che sentiamo tanto più ora, dovendo costituire la Giunta » ( 11 ). Egli colpisce il punto debole della politica della sinistra, non soltanto in Bergamo, ma in Italia tutta, che era in gran parte formata da persone audaci e pugnaci, piene d'iniziativa e di programmi, sòò il controllo di un esperto giudizio e di una pratica amministrativa saggiata dall'esperienza. Ma Cucchi sa che, in politica, occorre anche osare per vincere; egli, in questi anni, non darà requie alla destra e ogni forma di accorgimento adopererà per conquistare terreno, agendo ora a viso aperto, ora nascostamente, con l'appoggio di Circoli e consorterie ed ora apertamente dalla tribuna parlamentare, il tòò convogliando verso uno spirito di ardore patriottico e di disinteresse personale che non potesse lasciare dubbi sulla sua schietta ispirazione nazionale e sul suo impeto riformatore. In questa lotta, egli è uno stratega impareggiabile che si avvale di ogni mezzo.
Insieme con lo Zanardelli si prepara a Brescia una manifestazione patriottica, a sfondo anticlericale, il cui scopo non è soltanto di mettere in evidenza l'oltranzismo di certe posizioni politiche, ma anche di dare scacco ai moderati al Governo: l'inaugurazione del Monumento ad Arnaldo da Brescia, il monaco ribelle al potere temporale dei Papi. Lo Zanardelli invita il 10 agosto 1870 il Cucchi a Brescia per dare un'occhiata ai progetti presentati per il concorso e lo incarica della raccolta delle sottoscrizioni in Roma ed in Bergamo. La manifestazione dell'inaugurazione riesce infatti una testimonianza della presenza politica nella nazione delle sinistre in lotta per la conquista del potere. In questo tempo egli diventa il fiduciario politico di Garibaldi e, per mezzo suo, il Generale viene informato di tutti i lutti che avvengono tra i commilitoni dei garibaldini ed è il Cucchi che distribuisce le sovvenzioni, avvia i soccorsi dove più grave è il bisogno, aiuta, consiglia, raccomanda ( 12 ).
La sua azione in questo campo o instancabile. Arriva persino a preoccuparsi delle finanze di Garibaldi ed a consigliarlo di scrivere la storia delle sue imprese. E Garibaldi accontenta l'amico ( 13 ) e gli invia il manoscritto del romanzo « I Mille ». Il Cucchi, pur esprimendo riserve sul contenuto e sulla forma e consigliando il Generale di togliere giudizi troppo pungenti. che avrebbero potuto compromettere il successo editoriale del romanzo o addirittura provocarne il sequestro ( 14 ), si incarica di trovare l'editore.
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Il 10 marzo 1872 è giornata di lutto per l'Italia: muore Giuseppe Mazzini .
Francesco Cucchi e' presente ai funerali solenni ed invia da Pisa al « Secolo » tre lunghi telegrammi in cui si rivendicano alla sinistra parlamentare la figura e l'opera del grande scomparso.
Altri analoghi telegrammi vengono inviati alla « Riforma » ed al « Pungolo ». Artatamente i telegrammi sono attribuiti al Moneta ( 15 ), giornalista di professione.
Per le elezioni del 1874 la sinistra, passando dalla dottrina all'azione, tenta di conquistare la maggioranza parlamentare, presentando nei vari Collegi italiani i suoi candidati, scelti tra i più celebri esponenti del movimento di liberazione. La destra, forte delle mete raggiunte al Governo da uomini di primo piano come il Sella, il Lanza, lo Spaventa, contrasta decisamente il passo ai contendenti. La lotta dappertutto assume carattere di accesa polemica che desta e muove l'apatia popolare, anche delle classi meno abbienti che erano, per legge elettorale, escluse dalla partecipazione alle urne.
Francesco Cucchi è presentato come candidato a Bergamo ed a lui si oppone, in città, da parte della destra liberale moderata, il nome del conte Gian Battista Agliardi, persona di largo censo e notorietà.
La battaglia è aspra: la prima votazione dell'8 novembre 1874 òò il ballottaggio; quella del ballottaggio (15 novembre) diede 234 voti al Cucchi e 227 all'Agliardi, ma fu annullata per brogli (16 febbraio 1875). Si procedetòò a nuova votazione.
In quest'occasione furono lanciati calorosi manifesti di propaganda a favore del Cucchi, a firma dei più autorevoli rappresentanti della sinistra: Fabrizi , Mancini , Cairoli , Nicotera e Depetris (1); perfino Garibaldi interviene con lettera ai Sindaci di Zogno, Almenno e Piazza ( 16 ).
Malòò anche questa nuova elezione diede 236 voti all'Agliardi e 187 al Cucchi e si dovette procedere a nuovo ballottaggio il 21 marzo in cui l'Agliardi fu proclamato con soli 6 voti di maggioranza.
Ma anche questa elezione venne contestata ( 17 ).
Tuttavia la Camera, uscita da queste combattute elezioni, ebbe vita stentata, anzi furono proprio le troppe incertezze manifestate in parecchi Collegi, a creare attorno ai nuovi eletti un'aura di precarietà non confacente alla serietà delle istituzioni parlamentari. La propaganda poi delle sinistre, che era stata superata di stretta misura nella competizione elettorale, fece il resto. Il 18 marzo del 1876, un voto parlamentare abbatteva il Governo della destra e il Depretis assumeva il Governo in nome delle sinistre.
Questa, che fu chiamata « rivoluzione parlamentare » portava al Governo una nuova classe dirigente, proprio quella che si era distinta nella lotta di liberazione, sul campo di battaglia.
Cucchi, con il suo atteggiamento, le sue manovre, le campagne di stampa, il suo prestigio ed il suo lavoro aveva contribuito non poco al rovesciamento della situazione parlamentare. Egli aveva agito sempre di concerto con gli amici ( 19 ), e con gli amici aveva preparato il grande evento, che farà di lui un autorevole consigliere dei Ministri che succederanno al Governo, anche se non assumerà mai una posizione pubblica di grande preminenza. Vera « eminenza grigia » del suo partito egli agirà sempre più quale agente informatore, organizzatore e coordinatore di iniziative politiche e di provvedimenti vitali che come esponente governativo ufficiale
Egli svolgerà quel compito delicato, segreto, indispensabile di pacificazione interna che in politica ha un valore spesso determinante per la consistenza e l'esistenza degli schieramenti politici e che richiede doti veramente eccezionali.
Egli ha un ascendente particolare su Garibaldi e se ne avvale a sostegno del partito e dei suoi uomini. La sinistra, appena salita al Governo, vuole con un gesto solenne rendere all'« Eroe dei due Mondi » una testimonianza di riconoscenza nazionale per il suo contributo alle guerre dell'Indipendenza. Depretis propone al Parlamento l'erogazione di un dono nazionale approvato per l'allora ingente cifra di un milòò appare ai repubblicani di stretta osservanza come un'offesa a Garibaldi , un degradare i suoi meriti traducendoll in moneta sonante, quasi fosse un indenizzo autorizzato dal Re per i servizi resigli dal Generale nelle guerre ed un pagamento forfetario per l'abbandono di rivendicazioni dei diritti di conquista sui Regni da lui ceduti alla Corona. Garibaldi stesso, allarmato dalla campagna pubblicitaria sollevata contro di lui dalla collusione della sinistra estrema colla destra, è renitente ad accettare l'offerta.
E' il Cucchi che riesce a disarmare le sue resistenze ed a fargli accettare il dono (27 aprile 1876), non tanto per la sistemazione economica delle finanze private del Generale quanto per la causa garibaldina. E' un sacrificio che Cucchi chiede al suo Generale in nome delle esigenze del partito che impersona la causa popolare italiana.
Con l'avvento della sinistra al potere il Cucchi ha assicurato anche l'elezione a Deputato. Infatti nelle elezioni del 1876 egli è candidato, nella XII Legislatura, a Sondrio, contro l'on.le Calmi.
Benchè la Giunta delle Elezioni avesse proposto alla Camera la convalida dell'elezione dell'on.le Caimi, risultato eletto con 319 voti contro i 307 ottenuti dal Cucchi, la Camera a maggioranzaòò il ballottaggio, nel quale il 14 maggio risultava eletto il Cucchi.
Evidentemente la maggioranza delle sinistre non poteva che sostenere il suo candidato, anche facendo uno strappo alle regole procedurali.
Nella XIII Legislatura tre Collegi si contesero l'onore di mandare il Cucchi in Parlamento: Zogno, Sondrio e Guastalla. Ed il 5 novembre del '76 viene eletto in tutti e tre i Collegi; soltanto in quello di Zogno deve sostenere il ballottaggio con esito favorevole. E' forse in segno di omaggio alla plebiscitaria elezione di Sondrio che egli opta per questo Collegio l'11 ottobre dello stesso anno, benchè agli elettori del Collegio di Zogno, affermi in un manifesto a stampa che ha lasciato decidere per lui il Comitato elettorale di Roma ( 20 ). Da allora fino alla nomina a Senatore, avvenuta il 10 ottobre 1892, cioè per 16 anni, dalla XIII alla XVII Legislatura, egli siederà alla Camera come autorevole rappresentante del Collegio di Sondrio. E sarà un tutore veramente efficace degli interessi di quella zona ottenendo la costruzione della linea ferroviaria Lecco-Colico ( 21 ), i lavori di bonifica della Valtellina ( 22 ) e per l'arginatura del fiume Mera ( 23 ). Non trascurerà neppure Bergamo, in cui unitamente al fratello Luigi, risolverà i più urgenti problemi delle comunicazioni e delle opere pubbliche ( 24 ).
Ma inutilmenle si cercherebbe nelle attività parlamentari la traccia rimarchevole dell'attività politica svolta dal Cucchi.
Egli opera al di fuori ed al di sopra del Parlamento, attraverso un'azione diretta di ogni giorno sulle personalità più eminenti del Governo e della burocrazia. Purtroppo questa attività, di indirizzo e di guida, che lo rende ispiratore e consigliere di governo, e difficilmente rilevabile nelle sue particolari direttive e saremo costretti a coglierne soltanto gli aspetti generali, meno interessanti perchè meno concròò rappresenta una grave lacuna nella comprensione totale della sua opera perchè il Cucchi ha la stoffa del vero uomo di Stato che non si perde in enunciazioni teoriche, spesso sibilline, ma scende sempre al concreto e sa dettare e suggerire agli amici, informazioni, espedienti, soluzioni, tutte preziose ed efficaci.
Egli è presente al banchetto di Stradella dove l'on.le Depretis tiene il famoso discorso dell'8 ottobre 1876 ( 25 ) e la sua presenza òò adesione alle direttive di Governo tracciate dall'illustre uomo politico che tenne il Governo quasi ininterrottamente, in otto Ministeri, dal 1876 al 1887, con un'accortezza còò - superiorità su tutti gli uomini politici del tempo ( 26 ).
Benchè il Cucchi non seguisse Depretis nel suo « trasformismo » e nella sua duttilità politica e preferisse, per la schiettezza del temperamento e per la generosità del carattere. Benedetto Cairoli , a cui era legato da fraterna amicizia, egli tuttavia non prese mai posizione aperta contro di lui durante la sua permanenza al Governo. Il temperamento di Depretis era troppo contrastante a quello del Nostro, più pugnace e meno accomodante politicamente con le destre perchè l'accordo potesse essere completo. Per questo forse il Depretis tenne sempre in ombra il Cucchi e non Io propose mai a cariche importanti. Sapeva che il Cucchi era un uomo pericoloso e soprattutto capace da dargli filo da toròò non pertanto il Nostro rese anche al Depretis segnalati servizi: nel 1887 la formazione dell'ultimo Gabinetto Depretis fu laboriosa e difficile.
Il Depretis aveva invitato ad entrarvi l'on.le Crispi , che, dopo molte riluttanze, aveva acconsentito con la riserva che vi entrasse con lui un altro uomo della sinistra. Si voleva l'on.le Zanardelli, che per ragioni personali oppose un netto rifiuto. Allora il Depretis decise di mandare il Cucchi con l'incarico di persuadere l'amico e vincerne le resistenze. Il Cucchi partì e riuscì felicemente nella sua missione persuasiva ( 27 ).

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NOTE
(1) Presso il Museo Centrale del Risorgimento (Busta 385 n. 5) è conservata una ricevuta a firma di Francesco Cucchi al Comm.re Cavallini Segretario Generale del Ministero dell'Interno dell'allora cospicua somma di L. 20.000. La ricevuta è data da Firenze il 9 settembre 1870. Molto probabilmente la somma doveva servire per la missione segreta del Cucchi in Roma ed era attinta dai fondi segreti a disposizione del Governo.
(2) Le lettere del Cucchi al fratello Luigi, datate da Roma il 16 e 19 settembre 1870, sono conservate nell'archivio della famiglia Cucchi in Bergamo.
(3) A. COMANDINI, op. cit.. Vol. IV, pag. 1258.
(4) Intervista concessa dal Cucchi sul « Don Chisciotte » di Roma del 17 agosto 1898 a Emilio Faeli (Cimone).
(5) Cfr.: P. PIRRI, Il Cardinal Antonelli tra il mito e la storia, in « Rivista di storia della Chiesa in Italia », gennaio-aprile 1958; S. JACINI: Il tramonto del potere temporale. Bari, Laterga, 1931; Id.: La politica ecclesiastica italiana da Villafranca a Porta Pia, Bari, Laterza, 1931.
(6) Le lettere del 4 e del 7 novembre 1870 sono conservate nell'archivio della famiglia Cucchi in Bergamo.
(7) Cfr.: in « La Gazzetta di Bergamo » del 17 novembre 1870.
(8) « Venne asserito che... io avevo eseguito una improvvisa conversione all'ultimo quarto d'ora. Tale accusa mi sembra cosi ingiusta ed infonfondata elio a dissiparla basta considerare come le idee esposte nell'ordine del giorno suddetto sieno in perfetta consonanza con quelle sempre sostenute dal partito cui io appartenni finora in Parlamento. Infatti il massimo sviluppo dell'istruzione, il rendere obbligatoria quella elementare, le riforme nell'Esercito, le severe economie, l'esatta riscossione delle imposte, il pareggio del bilancio, l'abolizione del corso forzoso, il maggior discentramento amministrativo, sono tutte cose che i miei amici politici ed io non abbiamo aspettato oggi solamente a desiderare e propugnare. Il sostenere i legittimi principi d'ordine e d'autorità è dovere che incombe ad ogni cittadino, e molto più ad un rappresentante della nazione, sotto qualunque forma di Governo. Fui ben lieto di trovare un Circolo elettorale composto di onorevoli cittadini, per la mùaggior parte mici avversari politici, che adottarono questo programma contenente larghe e radicali idee sopra i più importanti quesiti della nostra vita nazionale.
Avrei io potuto onestamente rifiutarlo per solo fatto della sua provenienza?... Ma il programma del Circolo passava poscia alla questione romana. Su questo punto non potevo essere completamente d'accordo; feci le mie ragionate riserve e credo fosse doveroso il farle. Qui meno che mai mi so spiegare come si possa incolparmi d'improvvisa conversione, quando appunto, là dove non accordavo col programma, riservavo la mia adesione avanti di prendere impegni verso gli elettori sopra una gravissima questione per giudicare la quale non vi erano dati sufficienti e precisi-
Che mi si combatta lo ammetto, e lo comprendo: ma credo non peccare d'indiscrezione se chiedo di essere combattuto con serietà e con giustizia ».
(La lettera è pubblicata su « La Gazzetta di Bergamo » del 19 novembre 1870).
(9) Ebbe come avversario il signor Ercole Piccinelli che fu personalità di singolare spicco in Bergamo. Cfr.: B. BELOTTI, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, Ed. Ceschina, Milano, 1940, Vol. III, pag. 308.
(10) In queste elezioni viene eletto Presidente della Deputazione Provinciale il conte dott. Andrea Moretti che resterà in carica fino al 1882 quando lascerà il posto a Luigi Cucchi. Luigi Cucchi è accanto al fratello, una luminosa figura di patriota e di uomo politicòò la medaglia di bronzo a Bezzeccaòò il fratello nell'insurrezione di Roma del T)7, dove venne incarcerato. Fu Sindaco di Bergamo dal 12 aprile 1878 al 21 luglio 1882, Presidente della Deputazione provinciale dal 1882 al 1893, Deputato al Parlamento per quattro legislature dal 29 ottobre 1882 al 9 giugno 1895. òò alle cariche pubbliche con interesse e dedizione singolari, prodigandosi fino a sacrificare salute ed averi. Le sue attività furono molteplici; particolarmente nel campo amministrativo e sociale.òò in ogni occasione il fratello Francesco per il quale fu un consigliere prezioso ed un infaticabile collaboratore.
Sulle tracce delle lettere a lui indirizzate e cortesemente passateci in visione dalla famiglia, abbiamo potuto ricostruire la vita di Francesco Cucchi, ed attraverso queste si dimostra come i rapporti tra i due fratelli fossero particolarmente intimi e solidali. Valga, come esempio, la seguente lettera che in data 24 ottobre 1898 Francesco Cucchi scriveva al Presidente del Senato. Domenico Farini, caldeggiando la nomina del fratello a senatore (cfr.: Museo Centrale del Risorgimento, busta 308, n. 29).
Senato del Regno-Roma, 24 ottobre 1898
« Mio illustre Presidente ed amico, veramente, come Senatore, non scrivo al mio amatissimo Presidente ma all'antico e provato amico, confidando non troverai irregolare o sconveniente quanto mi permetto esporti.
Nelle prossime feste di Torino dovrai necessariamente trovarti con Pelloux il quale è probabile che trovi utile e conveniente sentire il tuo alto giudizio sulle prossime nomine dei senatori.
Fra i candidati vi è mio fratello che ha 4 legislature e 12 nomine di Presidente del Consiglio Provinciale di Bergamo. Fu per 30 anni membro dei Consigli comunale e provinciale. Sindaco 14 anni. Assessore altrettanti. Membro della Deputazione provinciale ecc.
Nel 1893 Giolitti sciolse giustamente, uno dopo l'altro, i Consigli comunale e provinciale perchè nemici delle istituzioni. Le nuove elezioni segnarono il completo trionfo dei clericali che esclusero mio fratello, e gli altri liberali, dai due Consigli.
Da allora la Provincia di Bergamòò il modello della organizzazione clericale, e come tale indicata alle altre province da imitarsi in un discorso del Papa due anni or sono.
Ora colla nomina a Senatore di mio fratello il partito liberale a Bergamo avrebbe una soddisfazione ed un incoraggiamento. Di Senatori ve ne sono due soli: Camozzi-Veùù che ottantenne il quale non si ùù. Io che dal 1874 ho trasportato il mio domicilio a Roma.
Le altre province lombarde hanno un numero di Senatori assai maggiore di Bergamo. Unico senatoriabile per due categorie dello Statuto e per servigi resi durante 30 anni, sempre gratuitamente, è mio fratello. Egli per eùù assiduo si stabilirebbe a Roma. Nel Senato vi sono quattro altre fraterne.
Esposti questi fatti non ti aggiungo altro, e scusa il disturbo che ti ho dato.
Il Pelloux ha in mano un estesissimo promemoria.
Acceùù caldi e sinceri auguri di averti, ancora per lunghi anni, nostro benamato e stimato Presidente.
Credimi con antico affetto. Tuo
FRANCESCO CUCCHI ».
(11) Lettera conservata presso il Museo Centrale del Risorgimento in Roma, busta 433, n. 112.
(12) Citiamo a titolo documentario, le lettere inedite di Garibaldi , conservate nell'archivio di famiglia Cucchi in Bergamo.
Caprera, 2 agosto 1870
« Caro Cucchi,
Burattini è morto, e lascia la famiglia nella miseria. Potreste incaricarvi di chiedere un sussidio ed una pensione per quella povera famiglia? Ve ne sarei ben grato e sono
G. GARIBALDI ».

Caprera, 14 maggio 1872
« Mio caro Cucchi,
Gusmaroli è morto — egli lascia due ragazzi in tenera età ed una vedova —.
Tutti vivono sulla pensione dei Mille e sono rimasti all'ultimo della miseria.
Vedete gli amici e procurate insieme di ottenere qualche cosa per codesta sventurata famiglia. Sempre vostro
G. GARIBALDI ».

Caprera, 22 ottobre 1872
« Mio caro Cucchi,
v'invio cento lire per la Perla [vedova di Luigi Perla] et òò il certificato quando legalizzato. Sempre vostro
G. GARIBALDI ».

Carlo Burattini, di Ancona, capitano di mare, valoroso combattente nelle Campagne del '59, del '60 con i Mille, del '62 ad Aspromonte, nel '66 sul Lago di Garda.
Cfr.: E. MICHEL, « Dizionario del Risorgimento Italiano », Vallardi, Milano, 1930, Vol. II, pag. 417.
Luiqi Gusmaroli, ardente patriota òò il sacerdozio per arruolarsi con Garibaldi . L'aòò nella Campagna di Sicilia e con òò gli ultimi anni stabilendo la sua residenza a La Maddalena. Cfr.: D. MONTINI, nell'opera citata. Vol. III, pag. 282
Luigi Perla, Bergamasco valorosissimo, con il grado di maggiore, volontario nella Campagna del '71 in Francia, morì in combattimento a Digione.
(13) Trascriviamo la lettera in cui Garibaldi annuncia al Cucchi di aver iniziato il romanzo « I Mille ».
« Mio caro Cucchi,
a voi dunque,òò — e credo non possa meglio affidarmi — quel lavoro, di cuiòò parola ad altri, e ve lòò quando finito, e quòò trovato un messo sicuro. Picciotti mi dice l'affare del granito, va bene e non altro. Sempre vostro
G. GARIBALDI ».
(14) Ecco il testo della lettera, datata da Bergamo il 29 gennaio 1871, conservata nell'archivio della famiglia Cucchi in Bergamo:
« Mio Generale,
... solo da pochi giorni ho finito di leggere con molta cura ed attenzione il romanzo dei Mille. V’è un intreccio molto interessante, cosùù e prima d'ogni altra richiedesi in un lavoro di simil genere. Mi permòò osservarvi che, semplicemente come questione di forma e dicitura, parmi vi sarebbe qualche cosa da modificare. Bisognerebbe anche togliere, o per meglio dire, velare, con uùù di arte, certe espressioni e giudizi i quali se li stampassimo tali e quali farebbero cadere inevitabilmente il libro nelle unghie del fisco.
Fra le altre parecchie giustissime all'indirizzo del Rè.
A questo modo invece di cavarne un vantaggio morale e materiale non ci avanzerebbero che le spese di stampa a nostro carico. Se queste mie rispettose osservazioni vi sembrano abbiano qualche valore, favorite di scrivermelo presto.
Spero combinare con un editore di Milano. Sarebbe anche mia intenzione mettere delle schede di sottoscrizione nel romanzo a cinque lire l'una pagabili anticipatamente.
In caso mi decida me lo permettereste? Mio scopo in tutto questo sarebbe di trovar modo che abbiate a cavarne un discreto vantaggio pecuniario ad onta della lesineria degli editori italiani. E poi non vi sembra che sarebbe buona cosa riservarsi la traduzione in altre lingue? Chi vi tradusse in inglese la Clelia?... Aggradite i sensi profondi di affezione inalterabili con cui soòò
sempre vostro
FRANCESCO CUCCHI ».

La risposta del Generale a questa lettera non siamo riusciti a rintracciarla, ma un'altra lettera successiva ci assicura che le trattative continuarono a lungo.

Caprera, 27 febbraio 1872
« Mio caroCucchi,
i miei bisogni non sono urgenti per ora; e quindi non ho premura per la vendita del manoscritto.
La Clelia mi ha prodotto circa 3.000 lire e credo non debba valere meno il manoscritto suddetto.
Sono bene contento del miglioramento vostro e sono io pure d'opinione che potrete completamente stabilirvi nella estate.
Grazie per quanto l'atto per noi e sono sempre vostro
G. GARIBALDI ».

Agli editori la richiesta di Garibaldi parve eccessiva. Cfr.: G. GARIBALDI , I Mille. Ed. Cappelli, Bologna, 1933, pag. 13.
(15) Lettera del 14 marzo 1872 (sera) da Pisa ed indirizzata al fratello Luigi e conservata presso l'archivio della famiglia Cucchi in Bergamo.
Ernesto Tedoro Moneta, milanese, a quattordici anni prese parte alla rivoluzione delle Cinque Giornate. òò alle Campagne del '59 nell'Esercito regolare e nel '60 tra i volontari di Garibaldi . Ritiratosi dall'Esercito si diede a propugnare l'ideale della pace tra i popoli. Fu, per parecchi anni, alla direzione del giornale « Il Secolo ». &laqòò la Società lombarda per la pace ». Nel 1907 fu premio Nobel per la pace. Cfr.: E. MICHEL, in « Dizionario del Risorgimento Nazionale », Vol. III, Vallardi, Milano, pag. 616.
(16) Il testo del manifesto datato il 10 marzo 1875 in Roma è il seguente:
« I sottoscritti, facendo pieno affidamento nel suo patriottismo e sulle sue conosciute opinioni liberali, raccomandano caldamente la candidatura del loro amico Francesco Cucchi.
Rilevare ed enumerare i meriti di questo distinto patriota ed eminente cittadino — rammentare òò ch'egli ha fatto per l'unità e la libertà d'Italia sarebbe atto poco conveniente e rispettoso per il Collegio ch'egli ha rappresentato con onoro per tre legislature e per i suoi concittadini tutti.
La città e la Provincia di Bergamo sanno che Francesco Cucchi è decoro ed ornamento non solo del luogo ov'egli è nato, ma della Lombardia e dell'Italia intera. I sottoscritti non aggiungono quind'altro e si affidano ai nobili sentimenti della
Signoria Vostra pel trionfo del loro onorevole amico.
Firmato: FABRIZI , MANCINI , CAIROLI , NICOTERA , DEPRETIS » .
(17) La lettera di Garibaldi agli elettori di Zogno, datata da Roma l’11 marzo 1875, è la seguente:
« Non dubito che gli elettori di Zogno sceglieranno di nuovo il loro degno rappresentante delle precedenti legislature, l'ottimo patriota e mio amico carissimo,
Francesco Cucchi, che calorosamente raccomando. Abbiatevi un caro saluto di chi si dice vostro
G. GARIBALDI ».
Cfr.: E. E. XIMENES, Epistolario di Garibaldi , A. Milano, 1885, Vol. II, pag. 100.
(3) Una lettera di Fabrizi indirizzata a Luigi Cucchi in data 15 aprile 1875, chiarisce i motivi della contestazione sull'elezione:
« Carissimo amico,
ebbi le diverse spedizioni, sino alla terza che ricevetti questa mattina.
Trasmisi, a seconda della intelligenza con Checco, il tutto alla Giunta.. Parlai con certo avvocato Vastanini Pressi, che immediatamente so che è passato a studiare la posizione. Eglòò immediatamente ravvisata una irregolarità in un allegato.
Al certificato del Parroco relativo all'età di Donati Stefano di Stefano della Sezione di Piazza manca l'autenticazione della firma che deve essere del Sindaco.
E' necessario ripetere il documento raccomandato colla validazione della firma del Sindaco di Piazza.
In tutta fretta.

P.S. — La Giunta si riunisce posdomani, ma probabilmente dovrà rimandare ancora un altro giorno le sue deliberazioni, spedite subito, non tardando un momento a procurarvi il documento regolare ». La lettera e conservata nell'archivio della famiglia Cucchi in Bergamo.
(19) Valgano a titolo documentario queste due lettere, riferentisi, fra l'altro, a imprecisabili situazioni politiche, ma che dimostrano il ruolo importante svolto dal Nostro.
La prima dell'11 febbraio 1876 a firma di Francesco Crispi , è del seguente tenore :
« Caro Cucchi,
« ti attesi tutta la giornaòò mettere anche tè nel fascio dei renitenti? Tu mi devi notizie, risposte, tutte gravissime. Fatti dunque vedere, perchè ho bisogno di sentire la tua parola. Credimi. Tuo aff.mmo ».
L'altra è un'indagine intorno al noto banchiere Weill Scott.
« Caro Checco, « bisogna chiedere un certificato che ci dia una delle due notizie, o che non ci fu mai all'Albergo delle due Torri, o che ci fu prima del 17 agosto 1868.
Bada a vedere se i registri non siano falsificati.
Bada soprattutto al nome, cioè che il viaggiatore alloggiato o non alloggiato sia Cirmone Weill Scott.
Tu sai che vi sono gli altri fratelli: Alberto, Leone, Filippo. La circostanza del nome è importante. A quel tempo partirono per la ferrovia Alberto
Weill Scott e sua sorella Sofia. E' molto facile che non siano albergati allo stesso Albergo delle due Torri. Diligenti ricerche, buon certificato e prestezza.
Al ritorno ti abbraccio di persona, e per ora ti abbraccio col cuore. Tuo
FRANCESCO CRISPI ».
Molto probabilmente, era un'arma che la Sinistra adoperava, o si riservava di adoperare contro gli accordi finanziari della Destra. I finanzieri Scott, a quel tempo influentissimi, intervennero per parecchi prestiti, tra i quali celebre quello alla città di Milano.
Le lettere sono tratte dall'archivio della famiglia Cucchi in Bergamo.
(20) Il manifesto a stampa è il seguente:
« Nelle elezioni del 5 novembre, con una votazione ne cercata ne meritata, ebbi l'inatteso onore di due elezioni definitive a Sondrio e Guastalla.
Fu omaggio reso ai principii che ho sempre professati con fermezza e costanza. La mia persona non ci entrava che come mezzo.
Nel ballottaggio del giorno 12, voi pure mi onoraste di una votazione che non avevo mai avuta così splendida in tre precedenti legislature nelle quali ebbi a rappresentarvi. Aggradite i miei cordiali ringraziamenti.
Costretto ad optare fra tre Collegi, sarei stato lietissimo se gli interessi e le ragioni di partito, che devono guidare il cuore e la mente dell'uomo politico, mi avessero permesso di essere per la quarta volta il vostro rappresentante in
Parlamento; ùù, se devo dirvelo francamente, che non seppi mai capacitarmi perchè nelle elezioni del 1874 si fosse rotta in parte quella corrente di simpatie che aveva sempre esistito fra nòò nella difficile posizione in cui mi trovavo, avrei creduto mancare di delicatezza decidendo col solo mio criterio riguardo all'opzione.
Feci tutto quanto stava in mio potere onde ottenere un accordo, specialmente fra fili elettori di Zogno e Sondrio. Moltùù autorevoli fra voi possono attestarlo, avendomi favorito col prender parte alle pratiche ed ai lavori fatti a tale scopo. Venne stabilito si affidasse la decisione al Comitato elettorale centrale in Roma, compostùù stimati uomini dell'attuale maggioranza parlamentare. Ne accettai il verdetto e dovetti optare per Sondrio.
Chiamati ora ad una nuova elezione, io ho la certezza che vi manterrete fedeli a quei principi di libertà e di progresso che col mio povero nome avete da lungo tempo e tante volte proclamati. Mutando l'uomo non muterete bandieòò prima che vi ripresentiate all'urna, e prima che da questa sorta un altro nome, lasciate che parlandovi col cuore, come o costume vostro e mio, vi dica clic noi non ci separiamo. Sebbene imperiose circostanze, indipendenti dalla mia volontà, non mi abbiano permesso essere di nome il Deputato di Zogno, iòò sempre coi fatti, in qualunque circostanza i legittimi interessi del Collegio e vostri lo richiederanno. Questa mia sincera e cordiale dichiarazione mi o imposta dai sentimenti di indelebile riconoscenza che a voi mi legano.
Ed ora dicendovi: a rivederci presto, permettete vi preghi di presentarvi compatti e concordi alle urne per esercitaùù prezioso diritto del libero cittadino.
Roma, 3 gennaio 1877.
FRANCESCO CUCCHI, Deputato ».
(21) Cfr.: Atti Parlamentari (1882-1886), pag. 7892, petizione n. 10613.
(22) Cfr.: Atti Parlamentari (1882-1886), pag. 1010.
(23) Cfr.: Atti Parlamentari (l882-1886), pag. 1012, petizione n. 1840.
(24) L'onorevole Luigi Cucchi fu promotore e propulsore di importanti opere pubbliche, nella nostra provincia, quali le ferrovie di Valle Seriana e di Ponte S. Pietro-Seregno, le linee tranviarie: Bergamo-Lodi e Bergamo-Trezzo. Cfr.: B. BELOTTI, Storia di Bergamo e dei Berqamaschi, Ceschina, 1940, Vol. III, pag. 381 e passim.
(25) A. COMANDINI, op. cit. Vol. V al giorno 8 ottobre 1876.
(26) Cfr.: B. CROCE, Storia d'Italia dal 1871 al 1915, Ed. Laterza, Bari. 1928, pag. 23 e seg.
(27) Cfr.: in « La Gazzetta di Bergamo » del 3 dicembre 1889.
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continua
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Creato da: Astalalista - Ultima modifica: 25/Apr/2004 alle 12:38 Etichettato con ICRA
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