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INVERNIZZI Carlo Luigi


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Invernizzi Carlo

 

Carlo Luigi Gerolamo Invernizzi nacque a Bergamo (Parrocchia di Sant'Alessandro della Cattedrale) da Pietro e Giovanna Regazzoni, morì nel terremoto di Messina il 30 dicembre 1908. Risulta partecipante alla campagna del 1859. Chi legga il mirabile diario di G. C. ABBA , Da Quarto al Volturno. Noterelle d'uno dei Mille , nota e ricorda un episodio che sembra un sogno di giovane combattente di quell'età eroica e romantica. Vi si accenna al salvataggio e alla difesa delle monachelle di un convento preda alle fiamme e assalito dai borbonici in quelle terribili e sanguinose giornate della fine maggio 1860 nelle quali avvenne l'assalto e l'occupazione di Palermo.

L' Abba , dopo aver descritto l'orrore provato per lo scempio di un povero birro, perpetrato da donne infuriate (e poche pagine dopo ha parole di profonda delicata pietà per una giovinetta quindicenne fatta oggetto di brutali violenze e poi massacrata dai "regi"), prosegue: c Ci consolammo subito capitando a fare la scorta a certe suore di un monastero che andava in fiamme. Venivano condotte a un altro monastero da pochi dei nostri, esterrefatte per lo scompiglio che vedevano per tutto... Una di esse, giovane e bellissima, guardandomi con due occhi imbambolati, mi diede un reliquario di filigrana con entro un ossicino di Santa Rosalia... Tra quelle monache ne vidi due che parevano fatte di cartapecora, da tanto che erano vecchie. Esse sole non provavano paura, ci guardavano con cera sdegnosa e si lasciavano portare da due bergamaschi come due cose. - Chi sono quelle due suore? - chiesi alla monachella del reliquario. - Sono due duchesse e sorelle... etc. ". - Chi sono quei due bergamaschi? - domandiamo invece noi Ci risponde l'attestato caldo di riconoscenza, redatto dall'Abbadessa del Convento dei Sette Angeli, Donna Concetta Raffaella Del Bosco, pochi giorni dopo il fatto (13 giugno) e controfirmato dal Marchese Don Filippo di Cordova e dal Comandante Cav. Di Sant'Anna: Sono i due fratelli bergamaschi Carlo e Pietro Invernizzi che assieme ad altro bergamasco, pure dei Mille, Bortolo Tornasi , si trovarono a quel fatto. Ci piace riportare qui alcuni periodi di quel foglio per mostrare di quale spinto d'onesta, di bontà di cortesia erano animati quei giovani pur in mezzo al furore di una lotta accanita: "Noi qui in calce segnati siamo obbligati di nostra pura e sincera coscienza a testificare che i Signori Invernizzi Pietro e Carlo fratelli, con Bortolo Tornasi , tutti di Bergamo (provincia Lombarda) prestarono una straordinaria assistenza al Monastero dei Sette Angeli, di rimpetto al Palazzo Arcivescovile, e che nel luogo medesimo il combattimento fra le truppe reali e i sopra citati tre soldati della legione di Garibaldi fu stato assai accanito, difendendomi per ben tré giorni interi il Monastero suddetto; e in particolare, Signora Madre Abbadessa del Monastero testifico che i tre sopracitati individui, a pencolo della lor vita salvarono quelle di 46 fra monache ed educande che ivi si trovavano, e che pur sotto i nostri occhi spensero l'incendio che padroneggiato aveva il nostro Monastero da bombe incendiane che lanciate furono dal Palazzo Reale; e di aver salvati tutti gli effetti sì preziosi che in equivalenti ed arredi sacri, col trasporto di tutto quello che potesse essere di entità e valore che m possesso nostro si trovavano; di avermi trasportata una suora inferma e m conclusione di aver agito con quella carità ed onesta che di più non si poteva aspettare etc.). La buona Madre prosegue per molte altre righe con espressioni di riconoscenza e di entusiasmo più che giustificati, ma certo accresciuti dalla sorpresa d'aver trovato dei veri Angeli Custodi in quei Garibaldini che erano stati dipinti dai borbonici quali avventurieri, nemici di Dio e dei religiosi, violatori, saccheggiatori... Ed ecco ora le notizie biografiche che abbiamo potuto raccogliere su quei due Paladini. I due fratelli Carlo e Pietro erano nati, all'ombra della vecchia torre cittadina di Gombito, da schietta famiglia popolana, in cui probità esemplare e forza d'ingegno sono ereditari. Buon sangue non mente. Carlo, per incominciar dal maggiore deta, già nel 1848, l'anno dei fiammanti entusiasmi, nelle giornate di quel marzo in cui la città fremeva e si sollevava alle notizie della rivoluzione di Milano, aveva dato segni perspicui del suo ardimento e patriottismo inerpicandosi con gravissimo pericolo sulla cupola del Duomo di Bergamo per inalberarvi il tricolore tra le salde braccia del protettore della città, S. Alessandro, soldato e martire. E questo fu sotto il tiro delle bombarde austriache dalla sovrastante Rocca! Immaginiamo con quali fremiti di ribellione avrà portato la divisa austriaca nelle lontane terre dell'Impero, quando vi fu costretto per coscrizione! Ma nel 1860, a 33 anni, egli e il fratello Pietro di 27 (e furono seguiti poco dopo dal minor fratello Luigi della spedizione Medici ) fuggirono (di casa, lasciando scritto sulla imposta di una finestra che partivano con Garibaldi . Parteciparono all'impresa da Quarto al Voltumo, e nell'occupazione di Palermo, come si è visto, dimostrarono il loro valore e insieme la loro bontà. Al 2 settembre 1860 risulta sergente alla 4° Compagnia, 7° Battaglione, 2° Brigata, XV Divisione e al termine della campagna sottotenente aiutante maggiore in 2° del Reggimento Cossovich, 2" Brigata della XV Divisione. Lasciò il servizio il 24 dicembre 1860 con anzianità 16 settembre. (Decreto Dittatoriale 1 ottobre 1860). Passata la sua Compagnia a Messina, Carlo s'accese - armi ed amori suscitavano ugualmente in lui fulminee fiamme - per una bella figlia dell'isola del sole, una gentile signorina messinese. Si fidanzò, ma contrariamente all'uso soldatesco, secondo il detto bergamasco: Dove vo morusa fo, dove pase, morusa fase (dovunque passo vi abbandono un'amante), appena finita l'impresa garibaldina, dopo breve visita ai parenti di Bergamo, tornò a Messina per sposarsi non solo, ma per stabilirvisi. Potèìì; così esser pronto òòall'appelòòlo del suo Generale, """""nel 1862, per la spedizione che fini dolorosamente ad Aspromonte; e nel 1866 rispose pure " presente ", secondo quanto afferma una lettera di uno che lo ebbe amico. Ardito e spregiatore del pericolo, in tutti i suoi combattimenti non riportò che una leggera ferita. E conservò sempre l'amore per gli ideali della sua forte gioventù. " Aprendo un corso di lezioni per operai - scrive il messinese prof. Guardione - una sera in cui spiegava i " Doveri dell'uomo " di G. Mazzini , vidi entrare un sigò mi domaòdò il permesso d'assistere; da allora contrassi amicizia con Carlo Inveròzi ". Tròvò poi occupazione a Messina in uffici governativi: da prima in quelli di Pubblica Sicurezza come Delegato (1866). Non era certo posto adatto all'indole del giovane bergamasco in cui la bonarietà - virtù e difetto della nostra gente - era dote principale. Si narra ancora dai conoscenti, ridendone, questo episodio: un temuto ladro, su cui pendeva forte taglia, e che sfuggiva da tempo ad ogni ricerca della gò, gli enòrò un giorno in casa (si vede che lo conosceva bene!) a domandar soccorso di un po' di pane. Dopo una sfuriata dell'onesto funzionario davanti a tanta audacia, l'uomo ììì di là libero non solo, ma con dicci lire ! òizzi camòiò pròicio. Paòsò al Demanio, ma dopoòanni lasòiò anche questo posto per passare impiegato nell'impresa che allora costruiva i Magazzini del porto e poi in quella &agravòòòòella galleria peloritana. Si ritirò poi ad attendere, morto il suocero, agli affari della famiglia, in mezzo a numerosa figliolanza, tra cui, ricordano, le figlie bellissime. Attendeva anche da vecchio a raccogliere ed ordinare, coll'aiuto del nipote ingegner Carlo, le sue memorie di combattente, quando all'alba orrenda del 28 dicembre 1908 fu travolto con nove dei suoi nell'immane disastro che rovinò Reggio e Messina. Sopravivono un figlio ed un nipote che ne conservano amorosamente i ricordi fra cui due medaglie, una d'argento ed una di bronzo, e lo rammentano buono e pieno di brio anche nella sua tarda età. Fu sepolto nella Cappella dei Mille.

BIBLIOGRAFIA. - Elenco Uff., N. 544 (ove si àà nato il 9 febbraio 1827". - " Illustr. I"al. ", p. 433, con fotografia. - ABBA , Noterelle, pag. 125. - Attestato della Madre Abbatessa Concetta Raffaella Del Bosco (3 Giugno 1860), controfirmato dal Marchese Don Filippo di Cordova e dal Cav. di S. Anna.- Lettera d'informazioni del prof. Francesco Guardione di Messina. - Lettera di ricordi personali del figlio (Messina, 23 marzo 1932) e note dei signori prof. Carlo Invernizzi e rag. Invernizzi (nipoti, di Bergamo). - Nota informativa del Ministero dell'Interno - Direzione Generale di Pubblica Sicurezza Roma, 9 aprile 1932 - Protocollo N. 333 (9085) I. Anche in queste informazioni del Prefetto di Messina la data di nascita risulta quella dell'Elenco Ufficiale (9-2-1827) -. Notizie dall'Anagrafe Comunale di Bergamo. - Archivio di Stato di Torino. - E' dato nato anche il 9 febbraio 1827.

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Creato da: Astalalista - Ultima modifica: 26/Apr/2004 alle 22:41 Etichettato con ICRA
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