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TIRONI Giuseppe


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Giuseppe Andrea Maria Tironi

Giuseppe Andrea Maria Tironi, nato il 12 dicembre 1831, alle ore 9 del mattino, veniva battezzalo il giorno stesso nella Parrocchia di S. Maria Assunta in Chiuduno.
Il padre, Giovanni Battista, di professione domestico, era stato alfiere napoleonico e mostrava con fierezza una cicatrice al naso prodottagli da un fendente cosacco. La sua famiglia proveniva dall'Albenza in Comune di Almenno S. Salvatore. Trasferitesi in Bergamo, si era sposato con Adelaide Cristofori, di professione cucitrice, nella Parrocchia di S. Alessandro della Croce in Pignolo.
Passato poi a Chiuduno, vi stette pochi anni perche Giuseppe era una casa di via Porta Dipinta,

vicino al Mercato delle Scarpe.
Giovanni Battista, amico e parente di Gaetano Donizetti, naturalmente appassionato ammiratore dell'arte lirica, volle che il
figlio studiasse musica; Giuseppe imparò cosi a suonare la cor-
oltrechè più tardi, sotto l'Esercito austriaco, il corno inglese. I
primi elementi della musica li ebbe anzi dallo ssesso Donizetti, secondo quanto afferma la vedova Tironi Della Porta in una lettera (1) del 1910, diretta ad Augusto Elia, dei Mille.
Studiò regolarmente e con profitto a Bergamo, fin quando fu espulso da tutte le scuole per aver messo uno spillo sulla sedia
del professore di tedesco, odiato da tutti gli scolari, forse solo per
il fatto che insegnava la lingua sgradita dell'oppressore (2).
la prima giovinezza del nostro Tironi, ma servono a darci di lui
i tratti caratteristici e, direi, tipicamente bergamaschi: la garibaldinità, lo spirito cioè di libertà e di impulsività generosa, che lo
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Pubblicata in « Rassegna Storica del Risorgimento », anno XIX, fascicolo II, 1932, pagg. 320-321. Riportata anche da GIANNI GERVASONI in « Bollettino della Civica Biblioteca », 1932, pag. 188.
(2) Da notizie comunicate dalla figlia Giuseppina D'Abruzzo Tironi
e riportate da GIANNI GERVASONI in « Bollettino della Civica Biblioteca », 1933, pag. 161.
spinse a dimostrare tangibilmente al professore dell'odiata lingua
la propria ostilità, e l'amore per la musica che, vivo e diffuso tra
la nostra gente, era stato in lui tanto esaltato dalle lezioni, sia
pur poche, di un tale maestro. E possiamo ben pensare che nella
diana di Calutafimi non siano mancati impulsi, ricordi, ispirazioni donizettiane.
Soldato di leva fu arruolato per la ferma dì otto anni l'8 aprile
1852, nel 38° Reggimento di Fanteria austriaca. In data 16 maggio
1859 risulta (1) trombettiere di battaglione e prima cornetta nella
Musica dello stesso Reggimento. Risale probabilmente a tale data
la diserzione per arruolarsi nei Cacciatori delle Alpi . Partecipò
cosi ai fatti d'arme di Como, come risulta dal famoso colloquio
con Garibaldi , riferito dal Bandi (2), ed anche tra i volontari fu
trombettiere e suonò quella melodiosa sveglia che l'anno successivo
l'avrebbe reso particolarmente gradito al Generale. Il 2 dicembre
dello stesso anno fu rilasciato e due giorni dopo ascritto al Regio
Esercito e munito di congedo provvisorio.
Dopo sette anni e più di servizio militare sotto una divisa odiata e pochi mesi di guerra gloriosa, tornò finalmente borghese.
Che cosa abbia fatto a Bergamo non sappiamo, certamente tenne i contatti con amici e compagni di fede. Nella primavera dell'anno
successivo lo troviamo così arruolato tra i volontari pronti ad accorrere dove il nome fascinoso di Garibaldi li chiamava. Insieme
col fratello Giovanni, i cugini Cristofori ed Invernizzi e gli altri numerosissimi Bergamaschi, seguì le vicende dei Mille, assegnato all'8ª « Compagnia di ferro ». Qui tuttavia non poteva suonare le due trombe che aveva portato con sé, poiché quel bel tipo del Bassini , comandante della Compagnia, esigeva che tutti i suoi subordinati obbedissero solo ai segnali del suo fischietto e non voleva trombettieri in Compagnia.
La mattina del 15 maggio, però, mentre tutti riposavano, egli si svegliò di soprassalto; accanto a lui un picciotto dormiva con
una bella tromba tra le braccia. Egli, senza pensarvi. la prese e la suonò; suonò una sveglia che destò tutti di un colpo e attirò l'attenzione del Generale... » (3). Racconta infatti il Bandi, che dedica
una bella pagina all'episodio: «Un suono di lontana tromba s'udì per l'aere quieto; da principio furono accordi, ma poi fu una sveglia tanto ben composta e gentilmente lieta che s'accordava a meraviglia col silenzio e colla pace romantica di quell'ora. Sostò Garibaldi come incantato; e quando la tromba si tacque, esclamò:
- Che cara sveglia. Non è parso anche a voi di sentir nel cuore un non so che? Un non so che di melanconico ed allegro
che non si può spiegare. Mi rammento di aver sentito quella sve-

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(1) Nello stato di servizio giacente presso l'Archivio di Stato di Torino.
G. BANDI: I Mille, A. Salani, Firenze, 1906, page. 143-144.
Così racconta la vedova signora Tironi Della Torre in una lettera al
garibaldino Augusto Elia, già citata alla nota (1) di pag. 317. 318
glia un’alta volta, la mattina del giorno in cui vincemmo a Como...
Correte a chiamarmi quel trombettiere.
Quando vide il suonator di tromba gli chiese :
- Siete voi che avete suonato la sveglia?
- Sono io perché son solo di tromba.
- E chi ve l'ha insegnata quella sveglia?
- La imparai l'anno scorso nei Cacciatori delle Alpi .
- ci battemmo a Como?
- Sissignore.
Bravo, pigliate questo scudo e suonate sempre quella sveglia. Avete capito? Non ve ne dimenticate ».
Da allora restò vicino al Generale che lo chiamò « la mia tromba » e prima di sferrare l'attacco contro i borbonici ed iniziare la storica e decisiva battaglia di Calatafìmi, volle che il Tironi suonasse ancora la sveglia quasi come un preludio « tutto dolcezza e serenità », dice ancora il Bandi, il quale cosi conclude la narrazione del famoso episodio: « La solennità dell'ora, il silenzio profondo della valle e la novità di quel suono, debbono aver fatto credere ai napoletani, che qualche fata si pigliasse gioco dei fatti loro, e che noi togliessimo a canzonarli, rispondendo con le soavi modulazioni dell’idillio alle provocatrici note della squilla guerriera ».
Anche durante la dura battaglia, nella quale tutti si coprirono di gloria, ma in particolare i Bergamaschi dell'8ª Compagnia si segnalarono per la resistenza e lo slancio, ed il Nullo e il Piccinini compirono atti degni di classica epopea, gli squilli di tromba del Tironi, incitanti alla carica, risuonarono su per le balze del Pianto dei Romani e il prode trombettiere non si concesse tregua.
« Squillò e squillò - scrive Renato Simoni (1) - e tutti sentirono il senso di quelle note alacri e agli spettacoli eroici si aggiunsero nuovi spettacoli: e lo stesso Garibaldi , sorridendo, mormorò con orgoglio : " Sono cose che non avvengono che da noi " ». La figlia (2) ricorda che egli suonò « finché dalle labbra usci il sangue ed i compagni gli formarono, intrecciando i fucili, una barella su cui si riposò ».
Dopo l'entrata in Palermo fu promosso, quale giusto riconoscimento del suo valore, al grado di sergente nel 3° Battaglione della 1ª Brigata Medici . Sempre seguendo Garibaldi , partecipò alle vicende della Spedizione distinguendosi a Milazzo, il 20 luglio, in Calabria e sotto Napoli, ed al Volturno fu promosso ufficiale sul campo (3). Dal suo ruolino risulta però sottotenente già dal 15
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(1) RENATO SIMONI; Da Genova a Civitavecchia con la carovana dei Mille in « Corriere della Sera » del 25 maggio 1910.
(2) Vedasi l'articolo di GIANNI GERVASONI in « Bollettino della Civica Biblioteca », 1933, pag. 161, nel quale sono riportate notizie riferite dalla figlia Giuseppina D'Abruzzo Tironi.
(3) Cosi afferma la figlia nella lettera citata alla nota precedente.
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settembre. Con tutta probabilità la nomina fu fatta decorrere da una data precedente, come spesso accadeva, e lo troviamo in forza alla 1ª Compagnia, 1° Battaglione, 1° Reggimento, nella Brigata Basilicata della 17ª Divisione Medici . Meritò anche la menzione onorevole per essersi distinto nei combattimenti del 15 settembre e 1° ottobre 1860 sotto Capua.
Il 12 giugno 1861 fu confermato sottotenente nel Corpo Volontari Italiani e il 27 marzo 1862 è al 1° Reggimento Fanteria
con Io stesso grado. Viene poi mandato alla Scuola Ufficiali di
Ivrea, dove è compagno di Renato Imbriani e di Ernesto Della Torre, di cui sposerà poi la sorella. Interessante è una lettera (1) del-
l'11 gennaio 1863, dal Corso Ufficiali di Ivrea, diretta alla madre,
al padre ed al fratello, nella quale accenna a probabili sperate
nuove azioni garibaldine per liberare Venezia e Roma. Alla madre
dice : « Non dovete affliggervi, ma invece andar superba d'aver il
vostro sangue che corre con volontà e piacere a fugare gli oppressori dei nostri perseguitati fratelli ». Al fratello rinnova l'invito di
essere con lui : « Consolati, che giunto è il momento di dar prova
del tuo amore per la Patria e di unire alla onorata Medaglia dei
Mille un'altra di Venezia e Roma. Troppo piacere sarebbe il mio
di poterti essere vicino come fummo la prima volta ». E chiude
lo scritto con uno squillante « Evviva Garibaldi , nostro secondo
padre ». Da una tale lettera possiamo facilmente comprendere quale
fosse lo spirito di questi garibaldini che, entrati a far parte dell'Esercito regolare, mantenevano tuttavia immutato l'animo sem-
pre pronto ad azioni generose, anche se potevano apparire illusorie od irregolari, purché fosse il loro idolo a chiamarli.
Le attese e le speranze restarono però tali ed il sottotenente
Tironi continuò nel servizio regolare fino alla Campagna del 1866
alla quale partecipò col suo Reggimento, il 21° Fanteria. Successivamente intervenne alle azioni di repressione del brigantaggio, par-
ticolarmente nella zona di Ferrandina, in quel di Matera. Durante
queste azioni ebbe la singolare ventura di ritrovare la sciabola che
impugnava Carlo Pisacane quando cadde a Padula. Nel 1868 fu
in aspettativa e dal 1869 al 1871 appartenne al 16° Reggimento Fanteria, Brigata Savona. Ebbe la pensione dei Mille, decretata per la
legge del 22 gennaio 1865 e le medaglie commemorative della Campagna di Sicilia, di quella del 1866 e per la repressione del brigantaggio nell'Italia meridionale. Lasciò quindi l'Esercito e col 1° dicembre 1872 risulta riformato. Ma la sua carriera militare conti-
nuò nella Riserva: intatti il 30 aprile 1874 è tenente della milizia
provinciale e capitano il 12 marzo 1895.
Lasciato l'Esercito aveva sposato la sorella del commilitone ed
amico Ernesto Della Torre di Adro (Brescia) la cui famiglia si
era trasferita a Portici. Qui il Tironi aveva avuto modo di cono-
----------------------
(1) Citata da GIANNI GERVASONI in « Bollettino della Civica Biblioteca ».
scere ed amare la sorella dell'amico quando il Della Torre, ferito
da un colpo di rivoltella accidentalmente sfuggitegli, era stato
ricoverato in gravi condizioni all'ospedale ed al letto del ferito si
erano alternati in ansiosa veglia la madre, la sorella e l'amico.
Guarito poi il ferito, il Tironi si sposò e si stabilì nel palazzo Stajano a Portici. Qui fu segretario della Scuola Tecnica e strinse
fraterna amicizia con Francesco Torraca, Bonaventura Zumbini,
il giurista Luigi Zuppetta, Matteo Renato Imbriani, già suo compagno alla scuola di Ivrea, il generale Oreste Barattieri, l'on. Augusto Elia, dei Mille, il prof. Razzano, e numerosi altri nobili spiriti. Testimonianza dell'affetto e della stima di cui fu oggetto, pos-
sono essere le parole che a lui rivolgeva Bonaventura Zumbini:
« Tironi, voi siete un gigante e io mi sento piccolo dinanzi a voi.
La vostra amicizia mi rende superbo ». E con lui voleva trascorrere
i giorni anniversi dell'epopea, 11 e 15 maggio e 7 settembre,Marsala,
Calatafimi e Napoli. E già maestro insigne di letteratura
volle dar lezioni alle fìglie dell'amico garibaldino, quasi per debito di riconoscenza (1).
Accanto ai nuovi amici nella bella città partenopea non dimenticò però ne i vecchi compagni ne la cara Bergamo, sempre
vicina al suo cuore. Accolse infatti nella sua casa di Portici amici
bergamaschi che venivano a ricordargli i vecchi tempi dell'impresa
garibaldina ed a parlargli della loro bella terra orobica. Tra gli
altri si sa con certezza che ospitò Daniele Piccinini il quale ebbe
modo di farsi ammirare e benvolere dalla famiglia dell'amico ed
in particolare dalle tre figlie giovinette (2).
Il vecchio garibaldino portò sempre con orgogliosa compiacenza, appeso alla catena dell'orologio, lo scudo regalategli da Garibaldi a Calatafimi. Nel 1882, nel sesto centenario dei Vespri Siciliani, l'Eroe di Caprera volle rivedere i luoghi dell'epopea del '60
ed a Napoli salutò molte camicie rosse convenute per onorarlo.
Giunto in presenza del Tironi, costui gli si presentò ma il vecchio
Generale, indebolito nella memoria e nella vista, non lo riconobbe
ne si ricordò del suo nome. Allora l'ex-trombettiere gli mostrò lo
scudo e un lampo illuminò la mente e gli occhi di Garibaldi che,
sorridendo alla lieta visione della gloriosa giornata, esclamò: «Ah,
Tironi! Il mio trombettiere di Calatafimi! » (3).
Dal felice matrimonio Giuseppe Tironi ebbe tre figlie che,
sposatesi poi, divennero le signore Spampanato, D'Abruzzo e Stajano. Nella sua nuova città di elezione seppe farsi amare da tutti
per rettitudine, generosità ed amabilità di carattere. Si prodigò largamente durante l'eruzione vesuviana del 1872 e l'epidemia cole-
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(1) Vedi nota (2) di pag. 317.
(2) Queste ed oltre notizie pubblicate dalla signora Adelaide Tironi
Spampanato, figlia di Giuseppe Tironi, sono riferite da GIANNI GERVASONI
in « Bergomum », 1933, pag. 55.
(3) CARLO AGRATI: « L'Italia », Milano, 30 luglio 1930. 321
rosa del 1884. Palermo Giangiacomi (1) ricorda che il Tironi fu
anche giornalista democratico e battagliero e come tale difese l'anconetano Alberto Ricci, superstite di Lissa e di Montana, il quale
fu messo sotto processo perché il 19 marzo 1867, quale capo-fanfara della Regia Marina, aveva fatto suonare l'Inno di Garibaldi ,
cedendo alle richieste insistenti della popolazione.
Più di una volta alcuni amici gli proposero di fissare per scritto le note della famosa diana di Calatafimi ma, forse per indolenza, o, forse meglio, per un senso di ritegno e di naturale modestia, non ne trovò o non ne cercò mai l'occasione favorevole. Fa
fede di ciò il prof. Razzano, collega del Tironi alla Scuola Tecnica
di Portici. In una lettera del 1910 (2), scritta alla vedova dell'amico, dice : « Nei tempi felici in cui Tironi ed io eravamo alla Scuola
Tecnica di Portici gli proposi di serbare alla storia il motivo da lui
suonato a Calatafimi. Il modo era semplicissimo. Nel convento di
S. Antonio, sede della Scuola, aveva stanza anche la Banda municipale; un giorno sarebbe entrato, avrebbe preso una tromba e
scritto le note. La cosa fu però rimandata di giorno in giorno; la
scuola fu sciolta e non se ne fece nulla ». E cosi le note iricitatrici
di Calatafimi restarono nella memoria dei combattenti, nelle orecchie di chi le sentì tra il fischio delle pallottole e il gemito dei moribondi, non fissate ne umiliate sulla carta, ma vive e tanto più
belle nel ciclo dell'epopea, fatta ormai leggenda.
Fisicamente Giuseppe Tironi era di aspetto fiero e insieme
dolce. Gli occhi in particolare erano bellissimi: neri, penetranti,
dolcissimi e buoni. Tale appare in alcuni bei ritraili che ce lo
presentano brillante ufficiale, stretto nell'elegante divisa dell'Esercito o più ardito e sciolto nella camicia rossa garibaldina, ovvero -
uomo già maturo, dalla folta, solenne barba, ma con un tono di
simpatica baldanza artistica nel cappello a larga tesa inclinato sull'orecchio, e illuminato dalla calma luce, forte e serena, dei suoi
occhi profondi (3).
Negli ultimi sei anni di vita fu paralizzato e nelle ore pomeridiane stava seduto su una poltrona a braccioli sul balcone della
sua casa in via Danzas e la sua occupazione era beneficare i poveri.
Quando gli giunse la notizia della disfatta africana toccata all'amico suo Barattieri, camerata dei Mille, pianse a lungo e gli scrisse
più volte parole di conforto e di sofferta solidarietà.
---------------------
(1) In « Rassegna Storica del Risorgimento Italiano », anno XIX, fascicolo
II, 1932, pag. 321.
(2) Riportata da GIANNI GERVASONI in « Bollettino della Civica Biblioteca », 1932, pag. 183.
(3) I bel ritratto riprodotto nella tavola fuori testo è opera di Alcide Vezzoli.
322
Si spense il 10 dicembre 1896 ed i suoi funerali furono segniti
da una gran folla commossa e addolorata.
Il 20 settembre 1911, in occasione delle celebrazioni del cinquantenario dell'unità d'Italia, per volontà pubblica fu posta sul
palazzo Stajano a Portici una lapide nobilmente dettata dallo Zumbini. Essa dice:

IN MEMORIA
DI
GIUSEPPE TIRONI
CHE IN QUESTA CASA
VISSE GLI ULTIMI ANNI DI SUA VITA
SEMPRE INTESA AL PUBBLICO BENE
E FU UNO DI QUEI MILLE
SINGOLARMENTE FAMOSI
FRA GLI STESSI EROI DELL'EPOPEA GARIBALDINA (1).

Oggi di Giuseppe Tironi è giusto che ricordiamo anche i meriti di coraggio civile, di dirittura morale, di ardente e cosciente amor
di patria, la sua figura di marito, di padre, di educatore e cittadino
esemplare, ma di lui resterà l'immagine poetica e romantica di
« trombettiere dei Mille », di colui che sulle balze del Pianto dei Ho
incontro alla morte e alla gloria.
LUIGI TIRONI

Per notizie sul Tironi vedasi anche: Elenco Ufficiale, n. 998. « Illustr. Ital. », pag. 443, con fotografia. -
GUIDO SYLVA , L’VIII Compagnia dei Mille, Bergamo, 1959, pagg. 116-170. - POMPILIO SCHIARINI, I Mille nell’Esercito, in « Memorie storiche militari » , V, dicembre 1911, pagg. 607-608.
LUIGI MESSEDAGLIA, Il Trombettiere di Calatafimi in « Nuova Antologia », anno 66°, fascicolo 1418, 16 aprile 1931, pag. 456 e seguenti. - «Bollettino della Civica Biblioteca », Bergamo, 1911, pag. 157 e seguenti; Id. 1931, pagg. 149-150. -
GIANNI GERVASONI, Bergamo e i Mille, 1933, Istituto Italiano d'Arti Grafiche, pagg. l61-162. - GIANNI GERVASONI, « Rivista di Bergamo », 1932, pag. 385 e segg.

STATO DI SERVIZIO E DECORAZIONI MILITARI DI GIUSEPPE TIRONI

8-4-1852: Soldato di leva per anni 8 nel 38° Reggimento di Fanteria Austriaco.
16-5-1859: Trombettiere di battaglione in detto.
2-12-1859: Rilasciato da detto siccome lombardo.
4-12-1859: Ascritto al Regio Esercito e provvisto di congedo prov-
11- 6-1860: Sergente nel 3° Battaglione, 1ª Brigata ( Medici ).
15-9-1860: Facente funzione di Sottotenente.
15-9-1860: Sottotenente nella 1ª Compagnia, 1° Btg., 1° Reggimento, Brigata Basilicata, 17ª Divisione ( Medici ).
12-6-1861: Confermato Sottotenente nel Corpo Volontari Italiani.
27-3-1862: Tale nel 21° Regt. Fanteria.
27-3-1866: Sottotenente nel 21° Regt. Fanteria in aspettativa (Bergamo).
1-12-1872: Riformato.
30-3-1874: Tenente nella Milizia Provinciale.
12-3-1895: Capitano nella riserva.
Campagne: 1859, 1860. 1866, per la repressione del brigantaggio.
--------------
Menzione onorevole per essersi distinto nei combattimenti del 15 Settembre e 1 Ottobre 1860 sotto Capua.
Medaglie commemorative: Campagna di Sicilia, Campagna del 1866, per la repressione del brigantaggio.
Pensione dei Mille (legge 22-1-1865).
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Creato da: Astalalista - Ultima modifica: 25/Apr/2004 alle 12:38 Etichettato con ICRA
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