Genere: yaoi, fantasy |
Raiting: PG |
Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono. |
Amore Proibito
di Bombay
I.
Pioveva. In pochissimo
tempo fu completamente fradicio, ma non gli importava.
Corse lungo il muro di
cinta, attese che le due guardie si allontanassero poi sgusciò attraverso il
piccolo portone aperto.
Il cuore gli martellava
nelle tempie per la paura e l’eccitazione doveva allontanarsi dal castello,
doveva far perdere le sue tracce. Si inoltrò nella foresta camminando con passo
sostenuto senza voltarsi indietro, non sarebbe più tornato, mai più.
Forse sua madre avrebbe
versato qualche lacrima o forse no troppo impegnata con i suoi amanti per
preoccuparsi dei suoi figli.
A suo padre stava a cuore
solo il nome del casato, lui si che sarebbe andato in collera, della sua
felicità non si era mai preoccupato, per quanto riguardava Ildius, il suo
gemello, sapeva quanto lo odiava per essere lui l’erede di tutto.
Con la sua fuga sarebbe
diventato il successore forse lo avrebbe ricordato.
Nessuno si era accorto di
quanto Talien stesse male. Non sopportava più di essere rinchiuso in un castello
e dover studiare per ore e poi gli estenuanti allenamenti con la spada e con
l’arco. Quante volte aveva fissato con invidia i figli dei servi giocare nel
cortile sottostante liberi di fare ciò che volevano, di rotolarsi sull’erba: una
sola volta si era unito a loro, ma quando suo padre lo aveva scoperto erano
stati guai.
Scosse la testa uscendo
dal bosco e tagliando verso i campi, era ancora nei territori di suo padre
doveva sbrigarsi, ma la pioggia ed il fango lo rallentavano.
Si strinse nel mantello
fradicio e vide una stalla, avrebbe potuto sostare li per qualche ora aspettando
che il maltempo diminuisse.
“Nyan, Nyan va a dare da
mangiare alla mucca ed al cavallo, poi vieni che la cena è pronta”
Il giovane sollevò lo
sguardo dal pezzo di legno che stava intagliando e sorrise alla madre, si alzò e
afferrò il mantello uscendo nella pioggia, corse per il piccolo tratto ed entrò
nella stalla abbassandosi il cappuccio.
Lo fissò incredulo per
qualche istante: cosa ci faceva quel ragazzo nella stalla di suo padre?
“Perdonatemi, cercavo un
rifugio dalla pioggia” disse lo sconosciuto.
Nyan continuò a fissarlo
intensamente senza proferir parola.
Lo straniero mise mano
alla borsa, appesa alla cintura, e ne estrasse una moneta d’oro. Nyan spostò lo
sguardo sulla moneta e poi nuovamente sullo strano ragazzo che gliela porgeva.
Non era un vagabondo, i
suoi abiti da viaggio, seppur fradici e macchiati di fango erano di ottima
fattura, e per di più era un ragazzo bellissimo: i capelli rossi lasciati liberi
sulle spalle gli ricadevano in umide ciocche gli occhi verdi grandi e limpidi,
il viso affilato dalla pelle chiarissima che sembrava non essere mai stata
baciata dal sole, di corporatura snella ed aggraziata, le mani dalle dita lunghe
ed affusolate.
Scosse con energia la
testa “Non voglio denaro” disse “State tremando, seguitemi”
Il giovane si alzò e Nyan
constatò con piacere che era alto quanto lui anche se più esile e sottile.
“Come vi chiamate?”
domandò rovesciando un secchio d’avena nella mangiatoia del cavallo e mettendo
del fieno in quella della mucca.
Il giovane tacque un
momento sembrava restio rispondere “Neilat e voi?”
“Nyan, seguitemi” disse
sistemandosi il cappuccio sulla testa e Talien lo seguì nella stanza accanto.
“Ne hai impiegato di
tempo ragazzo per dare da mangiare a… oh oh”
“Padre lui è Neilat,
Neilat questo è mio padre” disse “Non ci stava rubando nulla cercava solo un
riparo dalla pioggia”
Il principe si guardò
intorno la stanza non era molto grande, una parete era interamente occupata da
un grande camino, dove ardeva un bel fuoco vivace ed appeso ad una catena
penzolava un pentolone borbottante.
Al centro un malconcio
tavolo di legno apparecchiato con ciotole e bicchieri di legno per tre persone.
Sulla parete opposta al camino la porta da cui erano entrati ed una finestra, su
un'altra parete si inerpicava un piccola scala dalle quali scese un donna con in
mano un cesto vuoto e fissò stupita la scena.
Il figlio fece le
presentazioni e sorridendo la donna fissò Talien “Sei bagnato come un pulcino,
ragazzo mio. Su Nyan portalo di sopra e fallo cambiare mentre scodello la zuppa”
disse spingendo i due ragazzi su per le scale.
Nyan entrò nella stanza e
si sedette sul letto fissando il ragazzo che frugava nella propria borsa, lo
osservò sfilarsi gli abiti fradici ed ammirò il suo fisico… la sua pelle bianca
e perfetta… era sicuramente un nobile concluse.
Nyan si alzò, non capiva
perché, ma fissarlo troppo gli dava uno strano turbamento, si avvicinò al
piccolo camino scuro ed accese il fuoco “Ecco appendi qui i tuoi vestiti così si
asciugheranno più in fretta”
“Grazie” sussurrò Talien
fissando il ragazzo in volto, alto quanto lui, ma più massiccio, i capelli
nerissimi lisci tagliati corti e spettinati, gli occhi altrettanto scuri e
vivaci in un viso gioviale ed abbronzato, la camicia grezza senza maniche
lasciava ben poco all’immaginazione, le braccia muscolose ed il petto forte e
scolpito, quel ragazzo gli dava un senso di fiducia e solidità, come quella casa
e quella famiglia.
“Non sapete chi sono e mi
accogliete così in casa” disse l’altro scrollò le spalle “Siete sicuramente uno
straniero, qui chi ha bisogno di un riparo e di un pasto caldo lo trova presso
qualunque famiglia, anche la più povera a patto che non sia stato colto a
rubare, ma qui c’è ben poco da portare via, la mucca, il cavallo, qualche
gallina… ah e il gatto di mia madre”
Talien lo fissava
sbalordito stava per ribattere quando la madre di Nyan li chiamò usando il suo
nome falso con la familiarità di un ospite abituale ed anche durante il pasto lo
trattavano alla pari e non gli fecero domande.
I due giovani si
ritirarono di sopra “Bene tu dormi nel mio letto ed io sul pavimento” disse Nyan
sistemando delle coperte sul pavimento.
“Non credo si giusto…
dormirò io per terra dopo tutto questo è il tuo letto” disse.
“Hai mai dormito per
terra?” domandò con un sorriso.
Talien abbassò lo
sguardo.
“Lo supponevo” rise
l’altro togliendosi la camicia, Talien abbassò lo sguardo arrossendo lievemente.
Nyan indossò un paio di calzoni larghi e chiari che gli ricadevano morbidi sui
fianchi.
Talien si tolse la
camicia e si coricò, era così stanco che appena toccò il cuscino si addormentò.
Nyan invece si sedette a
gambe incrociate sul mucchio di coperte e l’osservò nella lieve luce della
candela. Con il volto illuminato da quella luce dorata appariva ancora più bello
e sembrava quasi una creature irreale, impalpabile. Allungò una mano e sfiorò
quella di Talien: era reale.
Con lentezza gli passò
una mano tra i capelli tastandone la morbidezza, da quando lo aveva visto aveva
desiderato posare una mano tra quei capelli, lo sentì rabbrividire al suo tocco.
Allontanò la mano di
scatto, che stava facendo? Perché si sentiva così turbato… accaldato?
Spense la candela si
sdraiò e cerco di calmarsi, doveva dormire, l’alba arrivava presto ed il duro
lavoro lo attendeva.
La luce del sole lo
destò, Talien si stropicciò gli occhi e si mise a sedere guardandosi intorno,
sospirò doveva riprendere il suo viaggio, o meglio, la sua fuga, però gli
dispiaceva andarsene da lì.
Si vestì. Nyan non c’era.
Avrebbe voluto ringraziarlo e salutarlo.
Indossò il mantello
quando sentì un improvviso trambusto provenire dal piano di sotto. Non riuscì
nemmeno a realizzare quanto stesse accadendo che un soldato entrò nella piccola
stanza di Nyan.
“E’ qui l’ho trovato”
gridò afferrandolo e strattonandolo lungo le scale.
Il re, suo padre, era
fermo sulla porta Nyan e la sua famiglia fissavano la scena e Talien si sentì
morire.
Quando fu davanti al
sovrano questi lo schiaffeggiò con forza tanto da fargli voltare la testa di
lato ed in quel momento gli occhi di Talien e Nyan si incontrarono,
Il soldato lo afferrò
nuovamente e con malagrazia lo spinse sulla carrozza all’esterno.
Vide suo padre gettare
una borsa di monete a terra e sedersi poi al suo fianco.
Nyan fissò la carrozza
allontanarsi, non poteva credere che Talien fosse il figlio del re. Neilat era
il contrario di Talien, il principe Talien, l’erede al trono, il figlio del re,
una persona tanto irraggiungibile.
Aveva letto negli occhi
del giovane una tristezza profonda… era fuggito dal castello… perché si chiese…
lui che aveva tutto.
Nyan sospirò scacciando
quei pensieri: il sole era alto c’era molto lavoro da fare.
Indifferenza da parte di
tutti.
Nessuno si era chiesto il
perché del suo gesto. Non una parola di conforto da nessuno.
Per l’ennesima volta il
suo precettore lo rimproverò. Talien chiuse il libro ed incrociò le braccia sul
petto, esasperato l’uomo lasciò la sala inviperito.
Si alzò e si diresse
verso la finestra, il cielo era scuro e nuvoloso. La porta sbatté con violenza
facendolo sussultare, ma non si voltò l’ira di suo padre lo investì.
“Talien,
tu non ti rendi conto, sei l’erede di questo regno” gridò.
Il giovane principe
sospirò, sempre il solito discorso, lo solita condanna: essere figlio di re.
“Dimmi cosa devo fare con
te, Talien”
Il ragazzo si volse e
fissò gli occhi verdi e duri di suo padre.
“Lasciatemi libero”
Gli occhi del re
divennero due fessure, lo afferrò per il bavero della tunica e lo schiaffeggiò.
“Come puoi parlare così…
tu… che hai tutto… tu che sarai il mio erede”
Talien abbassò lo sguardo
ed il genitore lo lasciò andare uscendo a grandi passi dalla stanza.
Il principe si sedette
sul davanzale della finestra raccolse le gambe al petto e posò la testa sulle
ginocchia mentre lacrime silenziose scendevano a bagnargli il viso. In quel
luogo non aveva nemmeno un amico, qualcuno con cui confidarsi.
Gli tornò alla mente il
volto gioviale ed abbronzato di Nyan a quei pochi momenti condivisi insieme a
come si era sentito bene con lui.
Una volta di più maledì i
suoi nobili natali.
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