Genere: fantasy, yaoi |
Raiting: NC-17, R |
Pairing: AbethXDalian |
Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono. |
Il bordello
di Bombay
V.
Erano in viaggio da una settimana e al
giovane non sembrava ancora vero.
Gli sembrava di vivere in uno di quei
racconti che narravano i bardi. Dalian legò il suo cavallo ad un albero “Vado a
riempire l’otre d’acqua” avvisò, allontanandosi verso il ruscello poco distante
da dove avevano deciso di accamparsi.
“Bene io intanto accendo il fuoco”
Il ragazzo raggiunse il corso d’acqua,
si inginocchiò e riempì l’otre d’acqua fresca e limpida.
Quando si alzò per tornare indietro,
venne colto da un capogiro. Il recipiente gli cadde di mano e l’acqua si versò
sull’erba.
Con uno sbuffo lo raccolse e tornò a
riempirlo. All’improvviso venne colpito da un violento eccesso di tosse che lo
lasciò senza fiato.
Quando si riprese ed allontanò le mani
dal viso constatò con orrore che erano macchiate di sangue.
Per un lungo momento rimase a fissarle
interdetto, poi la morsa del panico gli attanagliò lo stomaco, mentre ricordi
dolorosi si facevano strada nella sua mente.
“No, non può essere” annaspò cercando di
riemergere da quell’incubo. Tuffò le mani nell’acqua gelida e si sciacquò il
viso e la bocca.
“Va tutto bene” ripeté a sé stesso,
cercando di calmare il folle battito del suo cuore.
Durante la cena Dalian fu silenzioso e
quando il cavaliere gli chiese se c’era qualcosa che non andava, Dalian mentì
dicendo di essere molto affaticato a causa del lungo viaggio, ma quando Abeth si
coricò accanto a lui sotto le coperte ed i mantelli, il suo corpo si svegliò.
Il cavaliere gli baciò il collo appena
sotto l’orecchio facendolo rabbrividire.
Il giovane strinse forte gli occhi, non
avrebbe dovuto eppure, insinuò una mano nelle brache di Abeth e toccò la sua
erezione provocandogli un mugolio.
-
Sarà l’ultima volta – giurò a sé stesso, mentre Abeth lo spogliava e lo
amava.
Il cavaliere si assopì con la testa
posata sul petto di Dalian che lo strinse a sé, mentre lacrime silenti gli
rigavano le guance pallide.
Dalian si appoggiò alla colonna della
stalla per non cadere. Scosse con forza la testa per schiarirsi la vista.
Abeth gli si affiancò “Tutto bene?”
chiese preoccupato.
“Sì, sono solo un po’ stanco” mentì,
precedendolo fuori dalla stalla.
Il cavaliere lo seguì all’interno della
locanda dove affittarono una camera e si ritirarono di sopra.
Dalian si scostò da quelle labbra
invitanti “Non mi va” mormorò voltandogli le spalle.
“Vuoi dirmi cosa succede?” scattò il
cavaliere esasperato dal comportamento del giovane in quei giorni.
“Nulla, non ne ho voglia” disse.
“Quando ti pagavo però non ti tiravi mai
indietro” lo accusò, pentendosi all’istante di quelle parole.
Il ragazzo chiuse gli occhi e serrò i
pugni ferito profondamente.
“Scusami, non lo penso davvero” cercò di
rimediare Abeth avvicinandosi a lui e
posandogli una mano sulla spalla, ma Dalian si spostò di scatto.
Stringendosi nelle spalle uscì dalla
piccola stanza senza dire nulla.
Qualche ora dopo Abeth lo raggiunse
nella sala comune e cenarono insieme.
L’odore del cibo nauseava il giovane si
costrinse a mangiare un po’ di pane bagnato di sugo.
Abeth gli posò una mano sul braccio
“Perdonami per le mie parole” disse non riuscendo più a tollerare quel silenzio
tra loro.
“Non temere, ti ho già perdonato” lo
rassicurò.
“Mangia” lo spronò.
Dalian scosse la testa “Sono stanco,
vado a letto” annunciò salendo le scale.
Salirono nella stanza e senza una parola
Dalian scivolò sotto le coperte.
Il cavaliere lo raggiunse, ma quando
cercò di baciarlo il ragazzo lo respinse in malo modo.
L’uomo sospirò scuotendo la testa e
l’osservò addormentarsi.
Durante la notte il giovane si svegliò
in preda ad un eccesso di tosse e quando questo cesso faticava comunque a
respirare.
Abeth svegliato da quel trambusto accese
una candela e versò dell’acqua in un bicchiere, accostandoglielo alle labbra.
“Bevi” ordinò preoccupato.
Dalian riuscì a mandare giù qualche
sorso ed a calmarsi.
“Hai la febbre” constatò posandogli una
mano sulla fronte.
“Resteremo qui qualche giorno” propose.
“No, domani starò meglio è solo un po’
di stanchezza. Possiamo proseguire il viaggio” mormorò lasciandosi andare
stancamente contro il cavaliere.
“Dormi ora” gli sussurrò accarezzandogli
i capelli.
Il mattino dopo Dalian si svegliò prima
di Abeth, scivolò fuori dal letto. Si sciacquò il viso nel catino e guardò il
proprio aspetto riflesso nello specchio di bronzo: non aveva un bell’aspetto.
“Come ti senti?” domandò una voce
assonnata alle sue spalle.
“Molto meglio” mentì.
Il cavaliere lo fissò dubbioso alzandosi
dal letto “Va bene proseguiremo, ma se non ti sentirai bene me lo dirai subito e
ci fermeremo. Siamo intesi?”
“D’accordo”
Cavalcare si rivelò una tortura al
disopra delle sue forze, ma il giovane riuscì a mascherare la sua sofferenza per
buona parte del viaggio.
“Ci fermiamo” annunciò Abeth fermando il
cavallo e scendendo a terra.
Dalian lo imitò un momento più tardi.
Per un terribile istante temette di cadere al suolo colto dalle vertigini.
Ispirò a fondo e si accorse che il
cavaliere lo stava fissando.
Prepararono i giacigli. Dalian si coricò
accanto ad Abeth dopo aver ingerito solo un paio di bocconi di pane e di
formaggio.
Il cavaliere con le braccia
accarezzandolo piano e risvegliando crudelmente il suo corpo.
Dalian si agitò a disagio, ma Abeth gli
baciò il collo.
“Abeth fermati” lo supplicò, ma il
cavaliere lo ignorò aprendogli la camicia tastandogli il petto caldo ed umido.
“Hai di nuovo la febbre” osservò.
“Sì” ammise in un sussurrò, Abeth non
immaginava minimamente quanto lui desiderasse fare l’amore con lui, ma non
poteva, non più.
Con un sospiro il cavaliere si alzò
allontanandosi da lui, ma non abbastanza da evitare a Dalian di capire cosa
stesse facendo.
Il ragazzo si coprì le orecchie con le
mani, mentre lacrime silenziose solcavano le sue guance scarne.
Il giorno dopo il viaggio proseguì sotto
una pioggerella fitta ed insistente. Un muro di silenzio si era creato tra loro.
“Abeth” lo chiamò, ma il cavaliere non
accennò a fermarsi, ne tanto meno a voltarsi.
“Per favore accampiamoci” gemette stava
troppo male per proseguire.
“E’ ancora troppo presto” ribatté secco.
Dalian venne colto da un violento
eccesso di tosse che lo lasciò senza fiato, si accasciò sulla sella poi divenne
tutto buio.
Preoccupato Abeth si volse sulla sella
appena in tempo per vedere Dalian piegarsi sul collo del cavallo, svenuto.
Scese con un balzo dal proprio destriero
e lo prese tra le braccia.
Scottava ed aveva le labbra macchiate di
sangue.
“Oh Dèi…” gemette chiamandolo più e più
volte.
Legò il cavallo del ragazzo alla sella
del suo, mise Dalian davanti a sé e spronò l’animale al galoppo.
Dalian riprese conoscenza si trovava in
un letto.
“Dove sono?” domandò disorientato, aveva
la vista annebbiata.
“Siamo nella città di Ilva, in un
locanda. Tra breve arriverà un guaritore”
“No! Ora sto bene, ora sto bene” disse
mettendosi a sedere, ma un improvviso dolore al ventre lo fece ricadere sui
cuscini con un lamento.
“No, non stai bene”
Dalian strinse gli occhi, lottando per
non mettersi a piangere. Un guaritore avrebbe senz’altro capito di cosa lui era
affetto e lui non voleva che il cavaliere lo scoprisse.
Nuovamente il dolore al ventre lo fece
trasalire e prese a tossire con violenza avvertendo il sapore metallico del
sangue.
Abeth lo sostenne, gli pulì le labbra e
gli diede da bere un sorso d’acqua. Il ragazzo si sentiva troppo stanco e debole
per inventarsi una scusa. Si lasciò andare contro l’ampio petto di Abeth.
Quando la porta si aprì un vecchio, che
si reggeva ad un lungo bastone, entrò nella stanza.
Il ragazzo sembrava dormire, ma quando
l’anziano gli sfiorò la fronte, socchiuse gli occhi.
“Ho sete” biascicò.
Il guaritore fece segno ad Abeth di
lasciare la stanza.
Dalian lo fissò sospettoso, ma rispose
docilmente alle domande dell’anziano uomo e lasciò che lo visitasse.
Il vecchio scosse la testa avvilito e
richiamò dentro la stanza il cavaliere che nel frattempo si era procurato
dell’acqua.
Si sedette sul bordo del letto ed aiutò
il giovane a bere.
“Il vostro scudiero ha la
Febbre Rossa” esordì il guaritore
scuotendo la testa canuta.
Abeth spalancò gli occhi incredulo “Non
è possibile”
L’anziano uomo fissò i due con aria
sospettosa, mentre il cavaliere stringeva i pugni tanto forte da far sbiancare
le nocche.
Il vecchio gli tese un sacchetto di
cuoio “Tenete allevierà la sofferenza al vostro
scudiero”
Come un fantasma prese il borsello e
pagò il guaritore. Quando l’uomo li lasciò, Abeth si fece portare dell’acqua
bollente e preparò un infuso con le erbe.
“Questo ti farà guarire” disse
porgendogli la coppa.
Dalian fece un triste e lontano sorriso,
sorseggiando l’amara bevanda.
Ogni giorno che passava Dalian stava
sempre peggio. Pallido e magro, profonde occhiaie gli solcavano gli occhi
rendendoli ancora più chiari. Le labbra secche e fessurate.
Una sera il cavaliere gli aveva passato
una mano tra i capelli e ciocche scure erano rimaste tra le sue dita.
Dalian soffriva di dolori violenti al
ventre che lo tormentavano per ore e lo lasciavano privo di sensi e spossato.
Oppure veniva colto da forti eccessi di
tosse e quando si placavano le sue labbra rovinate erano macchiate di sangue.
“Sto morendo” sussurrò una sera, mentre
Abeth lo accudiva.
“Presto starai meglio” lo rassicurò, ma
non credeva nemmeno lui a quelle parole.
“La
Febbre Rossa non da scampo” sussurrò,
con voce che raschiava ad ogni respiro.
“Tu sei giovane e forte” proseguì
baciandogli la fronte calda “Ti riprenderai”
Dalian sollevò la mano e gliela posò sul
viso, accarezzandogli la barba incolta.
“Sai come chiamano, quelli come me, la
Febbre Rossa?” chiese, il cavaliere
scosse la testa.
“La
febbre dei bordelli” mormorò
socchiudendo gli occhi. Respirare gli costava fatica.
Abeth lo fissò con occhi lucidi “E’ per
questo che tu, non hai più voluto fare l’amore” disse comprendendo molte cose.
“Esatto. Quando ho capito di cosa si
trattava, ti ho tenuto a distanza. E’ stato difficile… molto”
“Dovevi dirmelo subito, potevamo trovare
qualcuno che ti curasse”
Dalian sopirò piano riprendendo fiato
“Te l’ho già detto: la Febbre Rossa
non da scampo. Si è portata via mia madre ed altri come noi…”
Il cavaliere gli posò la testa sul petto
incapace di trattenere le lacrime. Il ragazzo gli accarezzava lentamente i
capelli.
“Ricordami come ero” lo pregò in un
sospiro.
Abeth si morse le labbra, la carezza tra
i suoi capelli si era arrestata, così come l’alzarsi e l’abbassarsi del petto su
cui posava la testa. Su cui tante volte aveva riposato dopo aver fatto l’amore.
“No” singhiozzò “No, no, no, no, no”
continuò a ripetere come una preghiera.
Il castello si stagliava imponente
davanti a lui. Il cavaliere percorse la distanza che lo separava dal ponte
levatoio. Il soldato di guardia lo riconobbe e lo fece passare senza problemi.
Entrò, scese da cavallo ed affidò
l’animale ad uno scudiero che gli correva incontro.
“Siamo arrivati”
Si diresse sulla torre più alta. Da lì
si dominava tutto: il feudo, la pianura, il mare.
Il sole stava tramontando dando a quel
luogo un che di magico e surreale.
Abeth tirò fuori dalla tunica una
scatola decorata, l’aprì e lasciò che il vento ghermisse le ceneri contenute in
esse.
“Addio Dalian” mormorò salì sul muro tra
i due merli ed osservò le ceneri disperdersi.
Guardò giù, sarebbe bastato un passo e
tutto sarebbe finito.
No, Dalian non lo avrebbe mai perdonato.
Lui voleva onorare la sua memoria e per farlo doveva continuare a vivere.
Sarebbe vissuto: serbandogli per sempre
un grande spazio nel suo cuore.
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