Genere:
yaoi
Raiting:
NC-17, X, angst
Pairing:
JonathanXVictor, BartXVictor, VictorXHector, HectorXVictor
 Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono.

Pretty boy

di Bombay

I.

Tutto quello che desiderava era che quella serata infernale finisse.

Che l’uomo sopra di lui concludesse in fretta, che lo lasciasse libero dal suo peso opprimente.

Dopo quella che a Victor parve un’eternità, l’uomo raggiunse finalmente l’orgasmo, rotolò su un fianco e si liberò del preservativo. Si rivestì in fretta e posò il denaro sul letto, lasciando il ragazzo solo.

Victor rimase qualche minuto a fissare il soffitto macchiato di muffa, un braccio mollemente adagiato sul petto l’altro dietro la testa, la mente perduta in mille pensieri.

Sbuffò, si mise a sedere e lentamente si rivestì. I jeans neri aderenti lasciavano ben poco all’immaginazione anche perché li indossava senza biancheria intima, si infilò una maglietta striminzita anch’essa nera.

Prese i soldi, li contò e se li mise in tasca; passò davanti allo specchio e si ravvivò i mossi capelli castani, quindi tornò nel locale e si sedette al bancone.

“Non hai un bell’aspetto, Vic” disse Joe, il barista ed il gestore del locale.

“Jonathan Louse, paga bene, ma mi tratta sa schifo” commentò sfregandosi gli occhi con le mani

“E’ un cliente. Il cliente ha sempre ragione” disse l’altro porgendogli una Coca-Cola.

“Sono una persona anch’io” sbottò il moro, sorseggiando la bibita, accanto a lui sedeva un uomo ben vestito, i capelli biondo scuro, portati un po’ lunghi, gli occhi azzurri nascosti da una leggera montatura di occhiali.

Victor sii rese conto di fissarlo quando l’uomo gli sorrise, abbassò repentinamente lo sguardo fissando il limone che galleggiava nel liquido scuro.

Un altro uomo gli si sedette accanto e gli circondò le spalle in maniera molto possessiva.

“Ehi, hai finito di lavorare per oggi?”

“Hn”

“Allora andiamo a divertirci insieme!” esclamò.

“Lasciami in pace, Bart, non stasera, vattene”

“E dai… cucciolo…” insisté l’altro.

“Non chiamarmi cucciolo” scatto Victor “E fatti una doccia, puzzi di stantio”

L’altro lo ignorò e gli posò una mano sul sedere.

“Ehi!” si intromise il biondo “Le ha detto di lasciarlo in pace” disse, fissandolo con ostilità.

Bart si alzò fissando in tralice lo sconosciuto “Ci vediamo cucciolo” disse agitando il medio in direzione del ragazzo.

Victor sospirò “Joe, me ne vado a casa, ne ho abbastanza di questa giornata” sentenziò.

“Ciao, ci vediamo domani” rispose il barista, schioccando un’occhiata al giovane che si allontanava a grandi passi.

Victor si strinse nel cappotto ed uscì nella fredda notte di novembre. Fece solo qualche passo e si ritrovò di fronte Bart che gli bloccava la strada.

“Chi è il damerino biondo?” domando avvicinandosi minaccioso.

“Non lo so, uno che non si fa i fatti suoi” ribatté cercando di scansare il corpulento uomo.

Bart lo afferrò e lo sospinse verso il fondo del vicolo.

“Spogliati! Ho voglia di scoparti” ordinò con un sorriso famelico.

“Non è serata, lasciami andare a casa, per favore” disse in tono lamentoso. Era stanco, desiderava solo andare a dormire.

“Sei solo una puttana e come tale farai quello che ti dico” lo rimbeccò.

“Non sei il mio padrone! Hai ragione sono una puttana: se vuoi scoparmi pagami!” gli ringhiò contro scostandosi.

Bart lo afferrò e lo spinse con forza contro il muro, gli diede un pugno in viso ed uno nello stomaco stordendolo.

Victor cadde a terra pesantemente tossendo, cercando di riprendere fiato, ma Bart fu su di lui. Gli strappò la maglietta e riuscì a calargli i calzoni.

“Lasciami. Bastardo, lasciami!” gridò, ma l’altro lo ignorò, troppo eccitato per fermarsi.

Lo voltò gli allargò le gambe.

“Ti piace avercelo tutto dentro vero?” gongolò.

Victor si immobilizzò era meglio lasciarlo fare altrimenti gli avrebbe fatto più male. Si morse le labbra a sangue: lo stava letteralmente aprendo in due.

Bart lo lasciò andare e se ne andò abbandonandolo lì mezzo nudo nel lurido e squallido vicolo dietro il locale.

Doveva alzarsi, ma tutto stava diventando più scuro.

 

Hector Caleman pagò il drink, indossò il soprabito chiaro ed uscì dirigendosi alla macchina, ma passando davanti al vicolo senti un lamento e si fermò. Si addentrò ed, alla scarsa luce, vide il ragazzo conosciuto poco prima, mezzo nudo ed infreddolito sostenersi a fatica al muro.

“Ehi” esclamò l’uomo raggiungendolo in pochi passi, sfilandosi il soprabito per coprire il giovane.

Victor strinse gli occhi per mettere a fuoco la figura.

“Aiutami” riuscì a sussurrare prima di perdere conoscenza tra le braccia dello sconosciuto.

 

Victor riprese conoscenza lentamente, socchiuse gli occhi: dove si trovava?

Era in un grande letto, il corpo gli doleva in modo terribile. Ricordava il vicolo, Bart e l’uomo dai capelli biondi:. gli era apparso come un angelo.

“Ti sei ripreso” una voce calda e gentile al suo fianco.

Volse il capo, l’uomo della sera prima.

“Dove sono?” domandò con voce bassa ed incerta.

“A casa mia. Questa notte ti ho aiutato, ricordi?” domandò continuando a sorridergli.

“Sì, più o meno…” rispose cercando di mettersi a sedere, ma gli fu impossibile. Un gemito gli sfuggì dalle labbra e si lasciò andare, sotto la trapunta, rendendosi conto di essere nudo sotto di essa.

“Sono un medico, un chirurgo per la precisione, mi chiamo Hector Caleman. Ti ho curato, viste le tue condizioni. Qual è il tuo nome?”

“Quale ti piacerebbe?” domandò come era solito fare con i nuovi clienti, ma l’uomo sollevò un sopracciglio ed il suo viso si indurì.

“Victor, ma tutti mi chiamano Vic” mormorò scrutando l’uomo. Indossava un paio di blue jeans, una camicia bordeaux, probabilmente di seta, era scalzo e sedeva su una poltrona scura accanto al letto.

“E’ un bel nome” disse alzandosi posandogli una mano sulla fronte.

“Grazie” sussurrò Victor, improvvisamente imbarazzato da quel semplice gesto.

“Perché non lo denunci?” domandò prendendogli il polso controllando le pulsazioni.

“Mi prende in giro? Chi crederebbe ad uno che fa il mio lavoro” disse sarcastico.

Hector lo fissò tanto intensamente che Victor fu costretto ad abbassare lo sguardo.

“Dammi del tu, non sono così vecchio” disse sorridendo.

“Va bene” mormorò Vic guardandolo timidamente in viso.

 

Dolorante, quella sera, Victor si recò al lavoro anche se il medico gli aveva caldamente consigliato di stare a casa.

Salutò Joe e si sedette ad uno dei tavoli, in attesa del primo cliente. Non poteva credere ai suoi occhi quando vide entrare Hector, che abbracciò con lo sguardo la sala e, vedendolo, gli si sedette accanto.

“Ti avevo detto che era meglio se stavi a casa” disse squadrandolo severamente.

“Non sei il mio medico” lo rimbeccò “Ed ho bisogno di soldi per pagare l’affitto”

“Quanto?”

Il ragazzo lo fissò senza capire.

“Quanto vuoi per tutta la notte”

Victor sgranò gli occhi e fece un rapido calcolo “200 dollari in contanti”

“Sei caro”

“E’ il mio prezzo, sono il più richiesto qui”

“Va bene. Vada per i 200 a chi devo dirlo?”

“Joe, ho un cliente per tutta la notte” gridò verso il barista.

“Ok, Vic”

“Fatto!” esclamò alzandosi.

“Andiamo” disse l’uomo imitandolo e guidandolo fuori fino all’auto.

“Sali e dimmi dove abiti”

Victor si sedette, si allacciò la cintura di sicurezza.

“Se non vuoi andare da te c’è una stanza riservata…”

“Non hai capito, ti porto a casa…”

“No, aspetta non erano questi gli accordi…”

L’uomo tirò fuori il denaro e glielo diede.

“Sono 300” disse Victor sempre più confuso.

“Mancia! Ora dimmi dove abiti” ordinò con tono che non ammetteva repliche.

Il ragazzo sospirò sprofondando nel sedile e con riluttanza gli disse l’indirizzo.

Scese dall’auto e rimase fermo un momento.

“Beh… grazie di tutto…” mormorò correndo via.

Si chiuse la porta alle spalle sedendosi a terra; quando Hector era entrato nel locale il suo cuore aveva preso a battere più forte. Scosse con forza la testa, tirò fuori i soldi dalla tasca: 300 dollari senza fare niente, quell’uomo era pazzo. Però lui li aveva accettati.

“Ne ho bisogno” si disse riponendoli nel cassetto.

 

Da quella sera Hector si presentava al locale con regolarità, spesso pagava per stare semplicemente con lui, non gli aveva mai chiesto prestazioni di nessun genere.

Victor si sentiva bene con lui, troppo, e di questo aveva paura.

Una sera a casa di Hector, stavano ridendo per una sciocchezza che era successa in corsia nell’ospedale di Hector, quando all’improvviso il medico gli chiese: “Quando lavori qual è la tua specialità?”

Il ragazzo si senti morire.

“Tutto… tranne i baci sulla bocca”

“Perché?”

“Sono troppo intimi” precisò.

Il medico annuì, e si alzò dirigendosi in camera, Victor rimase seduto fissandosi le mani intrecciate per un lungo momento quindi lo seguì. Cosa si era aspettato? In fondo lo pagava, non c’erano sentimenti solo denaro: squallido denaro.

Hector si sedette sul letto, gli circondò la vita con un braccio e posò il viso sul ventre di Victor, il quale gli passò le dita tra i capelli.

“Sei strano questa sera…”

“Ho avuto una giornataccia” mormorò, il ragazzo rabbrividì il respiro caldo sul proprio ventre dove la maglietta lasciava scoperto l’ombelico.

Le labbra di Hector si posarono sulla sua pelle, la lingua si intrufolò nel suo ombelico.

Hector sollevò la testa specchiandosi negli occhi nocciola di Victor, che provò il grande desiderio di assaporare quelle labbra dischiuse, invece lo sospinse a sdraiarsi e si stese su di lui.

“Non sono molto in forma questa sera Vic” mormorò il medico, mentre il ragazzo gli strattonava la camicia.

Victor gli posò una mano tra le gambe tastandolo.

“Ci si può lavorare” mormorò malizioso prendendogli un capezzolo tra le labbra, torturandoglielo con i denti finche non divenne turgido.

Gli slacciò i pantaloni e gli prese il membro tra le dita, prese a toccarlo con sapienza facendolo indurire.

Hector gemeva ad occhi chiusi rapito dalle sensazioni che Victor gli stava regalando.

Il ragazzo lo spogliò del tutto poi si svestì, si inginocchiò tra le sue gambe giocando con i testicoli poi lo prese tra le labbra succhiandolo con ingordigia portandolo sempre più vicino al limite.

“V-Victor… sto… sto…”

Il ragazzo si scostò e continuò il lavoro con la mano e pochi istanti dopo il seme del medico sprizzò nella sua mano.

Victor si ripulì sul lenzuolo “Preferisci prendere o essere preso?” gli mormorò all’orecchio.

“Prendimi” rispose con voce arrochita dal desiderio, Victor si morse le labbra era terribilmente eccitato, di solito non gli succedeva, ma non quella sera, con mani tremanti si infilò un preservativo.

“E’ la prima volta?” domandò.

Il medico sorrise “No” bisbigliò, stranamente Victor provò un misto di tristezza ed amarezza a quelle parole.

Scivolò dentro il corpo di Hector con facilità e rabbrividì alla scarica di sensazioni che provò: non doveva piacergli troppo, quello era solo lavoro: solo lavoro. Si ammonì.

Hector gli circondò i fianchi con le gambe assecondando le sue spinte, la mano di Victor si strinse attorno al suo sesso nuovamente turgido facendolo venire una seconda volta. Hector lo sentì tremare e raggiungere il piacere a sua volta.

Ancora stordito dal violento orgasmo, Victor uscì da corpo del medico, si liberò del profilattico e si accoccolò nell’abbraccio di Hector che lo strinse a sé ed i loro occhi si incontrarono.

Le labbra dell’uomo si avvicinarono pericolosamente alle sue, che abbassò il capo repentinamente.

Hector gli schioccò un sonoro bacio sulla fronte.

“Lo sai che sei bello?”

Victor lo fissò con occhi smarriti.

“Anche tu lo sei” mormorò così piano che temette di non essere udito.

“Perché ti prostituisci?” chiese scostandogli i capelli dalla fronte.

“I miei genitori mi hanno buttato fuori casa” mormorò, era doloroso ricordare le accuse di suo padre e le lacrime di sua madre.

“Perché?”

“Perché sono gay” disse tristemente “Mio padre l’ha scoperto nel peggiore dei modi: mi ha trovato a letto con quello che era il mio ragazzo; dalla mattina alla sera mi sono ritrovato in strada. Mio padre non ha voluto sentire ragioni. Qualche giorno dopo il mio ragazzo mi ha lasciato. Ho smesso di frequentare l’università ed ho cercato un lavoro. Facevo il cameriere nel locale dove lavoro adesso, Joe mi ha trovato un appartamento. Dal cameriere all’accompagnatore il passo è stato breve, soprattutto si guadagna molto di più” spiegò.

Hector gli accarezzò il viso.

“E’ una storia molto triste”

Victor chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal medico.

“Che facoltà frequentavi?”

“Ero al secondo anno di medicina legale” sussurrò “Medicina legale”

Hector sorrise, chiuse gli occhi e poco dopo dormiva profondamente.

Il ragazzo rimase sveglio a lungo osservando l’uomo, gli accarezzò il viso.

“Non posso e non devo innamorarmi di te, Hector, sei solo un cliente. Un cliente e nient’altro”

 

“Ehi Vic, cos’hai?”

“Niente, Joe, niente” rispose tristemente guardandosi intorno, Hector non era ancora arrivato, solitamente a quell’ora era già lì.

“Sei libero questa sera?” domandò un uomo accostandosi a lui.

“Sì”

“Ci sono anche dei miei amici” si voltò indicando altri tre uomini.

“Va bene” acconsentì.

“Vic…” sussurrò Joe preoccupato.

“Pagate tutti lo stesso prezzo ed usate tutti il preservativo. Seguitemi!”

Joe fissò il ragazzo allontanarsi, seguito dai quattro uomini e scosse piano la testa.

 

Victor fissava il soffitto sopra la sua testa, perché aveva accettato di fare una cosa del genere? Per denaro? O solo per dimostrare a sé stesso cosa?

Aveva voglia di vomitare e piangere.

Piangere fino allo sfinimento addormentarsi e non svegliarsi più.

La porta si aprì e Joe si sedette sul letto.

“Come stai?”

“Male” sussurrò con un filo di voce.

“Potevi rifiutarti” lo rimproverò.

“Lo so”

“Perché lo hai fatto?”

“Non lo so”

“E’ perché quell’uomo non è venuto questa sera?” sapendo di avvicinarsi alla verità.

“No”

“Guardati, sei un disastro”

“Lo so”

“Vestiti e va a casa, qui ci penso io”

 

Nemmeno la sera dopo Hector si presentò e nemmeno quella dopo ancora.

Il giorno seguente era la giornata libera di Victor. Il medico gli aveva lasciato il suo biglietto da visita, gli aveva detto di chiamarlo se aveva bisogno di qualcosa ed ora lui aveva bisogno di vederlo, così era andato in ospedale.

“Salve, sto cercando il dottor Caleman” disse all’infermiera in astanteria.

“Sei fortunato sta arrivando adesso con il dottor Gibert”

Quando Hector lo vide il suo volto si illuminò di un dolcissimo sorriso.

“Victor…”

“Ciao… ecco… io.. io… non mi sento tanto bene così ho pensato di venire qui”

Hector si congedò dall’altro medico “Seguimi” disse.

Quando furono soli nella saletta riservata ai medici Victor lo abbracciò.

“Vic…”

“Scusa…”

“Stai davvero male?”

“No, era una scusa per vederti” mormorò “Non avrei dovuto venire qui, è stata una sciocchezza” sussurrò facendo per andarsene, ma Hector lo afferrò e lo strinse a sé.

“Questa sera stai con me, non perché ti pago, ma perché sono io” gli sussurrò baciandogli il collo.

“Non posso…”

“E’ il tuo giorno libero” gli disse facendolo voltare.

“Baciami”

“Non posso” disse divincolandosi dalla stretta del medico “Non rendere tutto più difficile” bisbigliò fuggendo via.

 

“Mi chiedo perché tu sia qui. E’ il tuo giorno libero!” lo apostrofò Joe esasperato.

“Non ho un posto dove andare. Dammi qualcosa di forte da bere”

“Vic…”

“Dai Joe non farti pregare”

“Ciao bellezza, quanto vuoi?”

“Stasera non lavoro” tagliò corto Victor.

“Nemmeno se ti do questi” disse mettendo sul bancone una banconota da 50.

“Sono comunque troppo pochi” aggiunse sperando che alzando il prezzo l’uomo desistesse.

“Non credo che il tuo culo valga più di così”

“Vale molto di più” disse una voce alle loro spalle.

Victor si volse sorpreso “Ho immaginato che fossi qui” disse.

“Cosa vuoi?” domando il ragazzo brusco fissando il bicchiere mezzo pieno.

“Lo sai…”

“Oggi non lavoro”

“Lo so” rispose tranquillo Hector.

“Dove andiamo?”

“Dove vuoi tu”

“A casa tua” mormorò, gli piaceva la casa di Hector, nonostante fosse molto grande era anche molto accogliente, poi essendo all’ultimo piano si godeva di una splendida vista della città.

“Sono felice che tu sia venuto a trovarmi sul posto di lavoro” disse chiudendo la porta e togliendosi il soprabito.

“Vuoi qualcosa da bere? Un the? Una cioccolata?”

“Una cioccolata” mormorò sedendosi sul divano stranamente in imbarazzo, mentre Hector spariva in cucina.

Il medico tornò dopo poco con due tazze di cioccolata fumante.

“Come mai sei così silenzioso oggi?”

“Sono solo un po’ stanco…” mormorò posando la tazza sul basso tavolino.

Hector gli posò un dito appena sotto le labbra.

“Eri sporco di cioccolata” mormorò passandogli il dito sulla bocca, Victor lo prese succhiandolo piano.

“Questa mattina hai detto di non sentirti troppo bene” disse rapito dal movimento delle labbra del ragazzo.

“Ho mentito”

Hector lo attirò a sé facendogli appoggiare la testa sulla spalla e prese a baciargli il collo, sentendolo rabbrividire, lo strinse forte a sé, lo cullò dolcemente, poi lo sollevò tra le braccia e lo portò in camera, adagiandolo sul letto.

Victor socchiuse gli occhi “Cosa vuoi farmi?” mormorò sorridendo.

“Visitarti, non mi hai convinto” lo canzonò baciandogli la fronte, poi lo fissò per un lungo istante era splendido vestito così semplicemente, ancora più provocante con un semplice maglione a collo alto color panna ed un paio di jeans neri.

Gli sollevò il maglione e accarezzò la pelle liscia e morbida.

Victor sollevò le braccia, si lasciò spogliare docilmente, assaporando ogni carezza ed ogni bacio.

Finito con lui, Hector iniziò a spogliarsi, ma Victor lo fermò.

“Aspetta, voglio farlo io” mormorò sbottonandogli la camicia.

Quando furono entrambi nudi, Victor gli chiese: “Cosa vuoi?”

“Solo darti piacere” sussurrò Hector sulle labbra del ragazzo che chiuse gli occhi e si lasciò baciare.

Hector succhiò con ingordigia quelle labbra tanto desiderate, gliele fece schiudere e vi insinuò la lingua giocando con quella di Victor, il quale si perse in quella bocca, da quanto non veniva baciato e baciava qualcuno in quel modo, troppo, troppo tempo.

Mentre Hector lo baciava, con inaudita passione, le sue mani vagavano sul suo giovane corpo donandogli un piacere inaspettato e travolgente.

La bocca di Hector abbandonò la sua scese lungo il suo corpo giocando con i suoi capezzoli, con il suo ombelico, con la sua pelle, lo prese tra le labbra e prese a succhiarlo con avidità. Con un dito si insinuò nel corpo di Victor che quasi urlò di piacere; gli posò le mani tra i capelli e mosse i fianchi chiedendo di più infine venne con un grido soddisfatto.

Socchiuse gli occhi e divaricò le gambe in un chiaro invito mentre il medico infilava un preservativo, poi fu su di lui, in lui.

Hector si muoveva con spinte regolari e profonde senza fretta. I loro occhi non si lasciarono un istante, il medicò sentì il sesso di Victor nuovamente turgido lo prese e lo manipolò con sapienza.

Vennero insieme soffocando un grido l’uno nella bocca dell’altro.

Hector divorò nuovamente le labbra del ragazzo, poi lo coprì e lo strinse a sé.

“Stai con me…” sussurrò.

“Sono qui” mormorò Victor beandosi del calore dell’uomo e di quella intimità.

“Non hai capito. Resta sempre con me”

“Non posso”

“Non vuoi… no… non puoi…”

“Ti conosco appena”

“Vuoi il mio curriculum vitae”

“Cretino!”

Rimasero in silenzio per un lungo momento, poi Hector parlò di nuovo.

“La verità è che mi sono innamorato di te”

Nessuno risposta o reazione arrivò dal ragazzo.

Hector lo fissò stava dormendo.

“Accidenti” sussurrò baciandogli le labbra addormentate.

 

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