Genere:
fantasy, yaoi
Raiting:
PG-13
 Disclaimers: i personaggi di questa storia li ho creati io, quindi mi appartengono.

White heart

di Bombay

I.

Nerek

Corro.

Corro in questa landa desolata e fredda.

I polmoni mi bruciano per l’aria troppo fredda, le gambe mi dolgono terribilmente. Non posso fermarmi, se loro mi prendono è la fine.

Mi inoltro nel bosco, è pericoloso, ma non ho scelta, inciampo cado nella neve, a fatica mi rialzo. Riprendo a correre, percorro solo qualche metro e cado ancora, non riesco ad alzarmi, non ne ho più la forza. Sono stanco, la neve ha ricominciato a cadere: bene cancellerà le mie tracce. Chiudo gli occhi, se mi addormento è finita, ma meglio morire così, che in mano loro.

Afferro il medaglione che porto al collo, lo stringo forte.

“Perdonatemi madre…” sussurro, lasciandomi andare al freddo abbraccio della neve.

 

Atras

Tiro fuori il cavallo dalla stalla e lo sello.

Per oggi ho fatto il mio dovere: ho studiato, ho tirato di scherma e d’arco, ho perfino aiutato le mie sorelle. Ora voglio dedicarmi a quello che mi piace di più: cioè cavalcare!

Non mi importa se sta nevicando, mi è sempre piaciuta la neve.

Il mio maestro mi raggiunge e mi fa notare che presto si scatenerà una vera e propria bufera.

“Farò solo un giretto” mormoro salendo a cavallo “Starò qui nei dintorni” assicuro.

“Ma, ma principe…” protesta lui, mi conosce fin troppo bene. Sa che appena sarò fuori di qui lancerò il cavallo al galoppo e mi allontanerò parecchio.

Do’ di sprone al mio destriero senza più stare ad ascoltarlo.

Il mio stallone galoppa, chiudo gli occhi, è una sensazione magnifica, lascio le redini, stando in sella solo con la forza delle gambe, allargo le braccia. Se mi vedesse mia madre di sicuro sverrebbe; sorrido il vento gelido mi fa cadere il cappuccio sulle spalle, la neve mi colpisce il viso.

Riapro gli occhi e riafferro le redini inoltrandomi nel bosco, rallento di poco l’andatura, mi chino un poco in avanti, per evitare i rami bassi.

Delle voci mi giungono alle orecchie sotto l’ululato del vento, un gruppo di uomini è sparso attorno al sentiero principale. Sono cinque in tutto, sembrano cacciatori.

Mi avvicino a loro al piccolo trotto, mi fermo davanti a quello che deve essere il capo.

“Salve stranieri, siete nei territori di Re Ogar, la caccia è severamente punita” esclamo con un tono che non ammettere repliche.

“Voi chi siete?” mi interroga l’uomo basso e tarchiato con una lunga cicatrice che gli deturpa il lato sinistro del viso.

Socchiudo gli occhi riducendoli a due fessure, lo scruto quindi rispondo “Il mio nome è Atras. Sono il figlio di Re Ogar, vi sarei grato se ve ne andaste” sibilo.

Parlano tra loro, il capo alza la mano facendoli tacere “Non siamo qui per cacciare, non animali almeno” ammette con un sorriso che non mi piace per niente.

“Non mi interessa” ribadisco “Tutto ciò che c’è in questo territorio è di mio padre e quindi mio. Vi ordino di andarvene, subito” intimo severo.

Parlano nuovamente tra loro, il capo fa un lieve inchino e con un sorsetto ironico mormora “Ai vostri ordini principe”

Finalmente se ne vanno. Li osservo allontanarsi fino a quando scompaiono alla mia vista.

Chissà cosa stavano cercando.

La neve sta continuando a cadere sempre più fitta è meglio se torno al castello ed in fretta anche. Faccio voltare il mio cavallo e noto delle tracce semi cancellate dalla neve. Incuriosito scendo dall’animale, le seguo tenendo il mio destriero per le redini, mi sollevo il cappuccio per ripararmi dalle sferzate di neve gelida.

Una sagoma è stesa al suolo semisepolta dalla neve fresca. Mi avvicino accucciandomi accanto alla figura, scosto un po’ di neve. E’ un uomo o meglio un ragazzo, avrà più o meno la mia età.

Si confonde con il manto immacolato, poiché è completamente vestito di bianco, così come i suoi capelli, sono candidi e lisci.

Indossa un pesante mantello di ottima fattura bordato di pelo, molto simile al mio.

Chi è questo giovane?

Poso due dita sul suo collo: è ancora vivo.

Lo sollevo e con un po’ di fatica riesco a metterlo di traverso sul mio cavallo, salgo a mia volta dietro di lui, stringendolo a me ed avvolgendolo anche nel mio mantello, sprono il mio destriero al galoppo e rientro al castello.

 

Nerek

Riprendo conoscenza lentamente, non sento più freddo, al contrario, sono avvolto in un dolce calore. Socchiudo gli occhi.

Dove sono?

Le ultime cose che ricordo sono: la foresta, i mie inseguitori, la neve.

Scatto a sedere come una molla. Mi hanno catturato. No, non sono in una cella, questa è una stanza.

“Accidenti mi hai spaventato”

Mi volto verso la voce che ha parlato.

Un ragazzo mi osserva e mi sorride seduto su una poltrona, chiude il libro che teneva aperto in grembo, lo posa si alza sedendosi poi sul bordo del letto con le mani alzate.

“Non aver paura, non voglio farti del male, mi chiamo Atras” si presenta.

“Il mio nome è Nerek” sussurro fissandolo sospettoso.

“Sei nel regno di Goran. Fino a quando sarai nostro ospite, nessuno potrà farti del male. Riposa, ti farò portare qualcosa da mangiare”

Mi distendo sui cuscini sospirando piano, non riesco a togliere il mio sguardo da lui, ha degli splendidi occhi viola, in netto contrasto con i suoi corti capelli corvini, leggermente arruffati e la sua pelle chiara, tutto ciò è messo ancor più in evidenza visti gli abiti scuri che indossa.

“Qualcosa non va?” domanda, accorgendosi che lo sto fissando.

Mi riscuoto dalla mia contemplazione abbassando lo sguardo.

“I tuoi occhi…” mormorò imbarazzato.

“Oh, insoliti vero? Però anche tu non sei da meno i tuoi occhi sembrano d’argento, tanto sono grigi, e i tuoi capelli…” allunga una mano e mi sfiora le ciocche candide.

Annuisco, sembra voglia aggiungere qualcos’altro, ma la porta si apre ed entrano tre ragazzine.

“Possiamo entrare?” chiede la più grande con voce squillante e vivace!

“Veramente siete già dentro, la prossima volta provate a bussare” le rimprovera.

La ragazzina lo ignora, posa i suoi occhi su di me “Oh siete sveglio, che bello, chi siete? Da dove venite?” mi domanda a raffica, la più piccola cerca inutilmente di arrampicarsi sul letto, ma con scarso successo, il fratello la solleva e la deposita sul materasso ammonendo l’altra sorella di non farmi tutte quelle domande.

“Queste, come avrai capito, sono le mie sorelle Frida, Beria e Nodia. Sono tre piccole pesti”

“Non è vero” protesta Frida.

“Hanno rispettivamente quattordici, dodici e cinque anni” mi spiega indicandole ad una ad una la più piccola, Nodia, si sporge verso il fratello che la prende in braccio “La più tranquilla è Nodia, vero piccola?”

La bimba annuisce posando la testa sulla sua spalla.

“E’ ora che voi tre andiate a dormire”

Una donna robusta entra con un vassoio tra le mani “Immaginavo che le principesse fossero qui. Pare proprio che il mio intuito non abbia sbagliato, vi siete svegliato, vi ho portato qualcosa di caldo e sostanzioso”

Deposita il vassoio su una cassapanca e prende in consegna le tre bambine.

“Torno più tardi ci pensate voi Atras?”

 

Atras

“Quella è Abigaille, è stata la mia nutrice e delle mie sorelle. E’ una donna fantastica, se hai bisogno puoi sempre fare affidamento su di lei” spiego a Nerek sistemandogli i cuscini dietro la schiena, posandogli il vassoio sulle gambe.

Mi siedo sulla poltrona e lo osservo mangiare lentamente. Si scosta distrattamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio, più lo guardo è più mi rendo conto di quanto sia bello.

I suoi occhi d’argento si posano su di me “E tu?” domanda con il cucchiaio a mezz’aria.

“Abigaille ha già provveduto mentre tu dormivi”

Annuisce pensieroso continuando a mangiare in silenzio.

Abigaille ritorna con una brocca di vino ed una coppa per me, la riempie e me la porge.

“Era di vostro gradimento” domanda prendendo il vassoio.

“Sì, era molto buono grazie” risponde educatamente lui.

La mia nutrice lascia la stanza, sorseggiando il vino caldo mi avvicino alla finestra. Ha dei modi gentili ed affabili sicuramente è un nobile.

“Sta nevicando…” mormoro pensieroso. E’ una vera e propria bufera. La neve cade creando mulinelli; è bella, ma essere la fuori ora significherebbe morte certa.

“Se non ti avessi trovato saresti morto” mi volto verso Nerek. Si è addormentato, mi avvicino a lui lo copro bene; spengo le candele, l’unica fonte luce è il camino, mi risiedo sulla poltrona e resto a guardarlo per un po’.

 

Nerek

Attendo immobile.

Sono al cospetto del re e della regina di Goran, i genitori di Atras.

“Parla ti ascoltiamo” mi sprona il sovrano.

Tiro un profondo sospiro “Sono il figlio di re Duncan, vengo dal regno di Kanak, mio padre e mio fratello sono partiti sei mesi fa per le terre oltre il mare, di loro non si è saputo più nulla. Mio zio Zarik ha preso il posto di mio padre, al quale ambiva da tempo. Mia madre ed io ci siamo opposti, ma…” faccio una pausa un nodo mi serra la gola, stringo il medaglione che ho al collo e proseguo “Mio zio l’ha uccisa, ha cercato di uccidere anche me, sono fuggito. Ha messo al mio inseguimento i migliori cacciatori di uomini. Ho vagato per giorni fino a ieri. L’ultima cosa che ricordo sono il bosco ed i miei inseguitori. Poi vostro figlio mi ha trovato.”

Abbasso lo sguardo e resto in silenzio ed in attesa.

“Potrai restare qui tutto il tempo che vorrai. Anni fa conobbi tuo padre, lottammo fianco a fianco. Sono molto dispiaciuto per quello che mi hai riferito. Non sapevo che Duncan avesse un altro figlio oltre ad Enor. Sarai nostro gradito ospite, qui l’inverno è inclemente”

“Grazie altezza” mormoro.

Torno nella stanza a me assegnata, dopo poco Atras mi raggiunge, si siede a gambe incrociate sul letto.

“Mio padre mi ha lasciato al castello per proteggere mia madre ed io invece non ci sono riuscito. Ho potuto solo stare a guardare mentre quel porco la violentava e poi…” le parole mi muoiono in gola.

Stringo forte i pugni e serro forte gli occhi, non devo mettermi a piangere, non davanti a lui.

Una mano si posa sulla mia spalla, mi scosto bruscamente “Non toccarmi…” sibilo.

Atras ritira la mano sorpreso.

“Scusa” sussurro disperato, mentre lacrime bollenti mi solcano il viso, inesorabilmente contro la mia volontà.

“Piangi, poi ti sentirai un po’ meglio credimi” sussurra allargando le braccia, offrendomi il suo conforto.

Mi appoggio a lui, timidamente mi abbraccia, mi accarezza la schiena ed i capelli. Posso lasciarmi andare, non devo fingere di essere forte.

 

Atras

Si aggrappa a me e scoppia a piangere, le mia parole sembrano aver rotto un sigillo.

Lo stringo a me e lo cullo, gli accarezzo i capelli, morbidi fili d’argento, insoliti, ma splendidi a mio avviso. Vorrei fargli mille domande, ma so che non è il caso.

Dopo lunghi ed interminabili minuti lo scosto un po’ da me.

“Va meglio?”

Annuisce tirando su con il naso, sembra un cucciolo, gli asciugo le lacrime con il dorso della mano.

“Scusa” mormora, sfregandosi gli occhi arrossati.

“Di cosa? Di mostrare i tuoi sentimenti?” chiedo in un sussurro.

Lo sto ancora abbracciando, è una bella sensazione, posa la testa sulla mia spalla, sospira.

“Perché mi hai salvato?”

“Non potevo certo lasciarti nella tormenta a morire per il freddo” ribatto un po’ seccato dalla sua strana domanda.

“Forse sarebbe stato meglio per tutti” replica tristemente.

Lo scosto da me bruscamente “Ma cosa dici?”

Solleva lo sguardo verso di me i suoi occhi grigi sono colmi di infelicità e dolore.

“Guardami” sussurra, sfiorandosi i capelli.

“Mio padre e mio fratello hanno entrambi i capelli e gli occhi castani, così come mia madre. Io invece…”

Le lacrime hanno ripreso a solcare le sue guance chiare. Le asciugo prendendogli il volto tra le mani.

“Tu sei bellissimo” mormoro a mezza voce rendendomi conto di aver detto ciò che pensavo.

Mi guarda stupito e china la testa di lato.

“Grazie” sussurra.

Restiamo in silenzio per un po’. E’ raro che stia così bene con una persona che non sia della mia famiglia.

“Per il momento rimarrai qui, poi si vedrà”

 

Nerek

Resto solo, guardo la mia immagine riflessa nello specchio davanti a me. Arrossisco ripensando a quello che mi ha detto Atras. Sospiro sdraiandomi sul letto, fuori continua a nevicare, è bella la neve anche quando cade così violenta.

Rabbrividisco, forse è meglio se mi muovo un po’.

Esco dalla mia stanza, mi avvio lungo i corridoi gironzolando qua e là, scambiando qualche parola con le guardie, finendo nelle cucine. Le donne stanno parlando e lavorando tra loro, mentre gli uomini portano grandi ceste o fasci di legna, dei bambini giocano davanti al fuoco, riconosco tra loro la più piccola delle principesse con il viso sporco di fuliggine.

“Salve, come siete finito qui?”

Abigaille mi fissa pulendosi le mani sul grembiule.

“Ero stanco di stare da solo con i miei pensieri così ho esplorato il castello e sono arrivato qui” rispondo, quella donna mi spira fiducia.

“Venite, ho appena sfornato dei biscotti e scaldato del vino” mi invita a sedermi accanto al fuoco.

Resto lì tutto il pomeriggio ridendo e scherzando con la servitù, sentendomi felice ed accettato, come non mi accadeva da tanto tempo.

 

Atras

E’ tutto inutile non riesco a concentrarmi. Continuo a pensare a lui: ai suoi occhi d’argento tristi e misteriosi, al suo viso rigato di lacrime, al suo corpo premuto contro il mio.

Scuoto la testa muovendomi a disagio sopra lo sgabello.

“Qualcosa vi turba, principe?”

“No, no” balbetto arrossendo per essere stato colto in flagrante.

“Chiudete quel libro e andate su, su… via…”

Non me lo faccio certo ripetere due volte.

Mi avvio alle cucine, se non sbaglio Abigaille aveva promesso di fare dei biscotti.

Mi fermo sulla soglia e, non visto osservo, la scena: Nerek è seduto a gambe incrociate, su una stuoia accanto al camino, con una mano regge una coppa con l’altra un biscotto, sta ridendo per qualcosa che ha detto il figlio del cuoco. Resto incantato dalla sua risata, fresca e tintinnante. Beve un sorso di vino e una goccia sfugge alle sue labbra, scivola rossa come un rubino sulla sue pelle. La raccoglie con un dito e se lo porta alla bocca, in un gesto tanto sensuale quanto innocente, un brivido mi percorre la schiena e mi provoca un’imbarazzante formicolio al basso ventre.

“Avete intenzione di stare ancora per molto sulla soglia? Intralciate il passaggio” sobbalzo per lo spavento, Abigaille è davanti a me le mani sui fianchi che mi scruta indagatrice.

“Oh… eh… sì ecco… io… avrei fame… sì fame. Ero venturo per i biscotti” riesco a dire riprendendomi in fretta.

Abigaille mi squadra dall’alto in basso, avvicina il suo viso al mio, abbasso lo sguardo.

“Siete strano…” mormora.

Non posso darle torto, così resto in silenzio.

Mi guarda, si volta, osserva Nerek e sul suo viso si allarga un sorriso.

“Oh ora è tutto chiaro”

“Cosa ti è chiaro? Non capisco” mormoro.

Mi da una pacca sulla spalla “Capirete, capirete. Ora venite a riempirvi lo stomaco di biscotti”

 

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