Circolare n° 94
Il corpo di san Pio da Pietrelcina
e il fastidio degli intellettuali
Secondo e Terzo Sentiero

 

Il corpo di Padre Pio è stato esposto…e molti a chiedersi: Ma perché? Non è forse superstizione un’esposizione di questo tipo? Molti intellettuali hanno storto il naso dinanzi ad un simile evento e soprattutto dinanzi ai tanti “semplici” che sono immediatamente corsi a vedere e -se avessero potuto- anche a toccare.

Chiediamoci due cose. Primo: Perché tanti fedeli hanno bisogno della fisicità della santità e del sacro? Secondo: Perché il mondo degli intellettuali si scandalizza dinanzi a questo bisogno?

Partiamo dalla prima domanda: Perché tanti fedeli hanno bisogno della fisicità della santità e del sacro?

Perché il cristianesimo non è uno spiritualismo, nel senso che esso, pur dando importanza allo spirito e ponendolo gerarchicamente al di sopra della materia, riconosce la carne come realtà vera e santificabile. Evidentemente si tratta della carne non come uno dei tre nemici del cristiano (insieme al demonio e al mondo), bensì della carne come realtà naturale, come corporeità voluta da Dio.

Nel cristianesimo tutto diviene avvenimento. Tutto diviene fisicamente visibile. Tutto deve divenire segno. L’Incarnazione -per esempio- è il segno per eccellenza: è l’Amore che si fa fatto, che diviene avvenimento; è l’Amore che non si contenta di rimanere sul piano verbale ed intellettuale, ma che pretende farsi carne, passione e condivisione. E’ l’Amore che diviene visibile. Per l’antropologia cristiana corpo e spirito costituiscono insieme la persona umana. L’uomo non è né solo spirito né solo corpo. Come abbiamo già detto, vi è certamente una disposizione gerarchica: lo spirito deve governare il corpo; ma l’uomo è un tutt’uno. “L’uomo -scrive san Giustino- è forse altra cosa che un animale ragionevole composto di corpo e di anima? O forse l’anima, presa separatamente, è l’uomo? No assolutamente! Si chiamerà il corpo dell’uomo. Quindi, se nessuna di queste cose, prese separatamente, è l’uomo, solo quello che è composto delle due cose si chiamerà uomo (…).” Era quello che già aveva detto san Paolo: (…) il corpo (…) è (…) per il Signore, e il Signore è per il corpo.” E’ questa carnalità del cristianesimo che muove tanti cristiani a “vedere” e a “toccare”, nella logica di un divino non lontano e nella logica di una carne voluta da Dio, santificata da Dio e addirittura presa da Dio nell’Incarnazione. Chi conosce la spiritualità cristiana sa bene quanti miracoli avvengono con l’utilizzazione di reliquie. Evidentemente non perché esse, feticisticamente, abbiano un potere intrinseco, ma perché rimandano al vero, sono segno del vero. Uno dei carismi di Padre Pio era il suo corpo profumato. Emanava profumo finanche il sangue delle sue stigmate. Un profumo che significava la tipicità cristiana della santità, una santità che non riguarda solo il pensiero ma anche il corpo, che riguarda  tutto l’uomo, anche la sua carne.  San Bernardo di Chiaravalle, un grande esponente della mistica medievale (mistica che a torto viene fatta passare come troppo spiritualista) dice in una sua epistola: “Poiché siamo carnali, Dio fa che il nostro desiderio e il nostro amore comincino dalla carne.”

Passiamo adesso alla seconda domanda: Perché il mondo intellettuale si scandalizza dinanzi a questo bisogno di molti fedeli?

La risposta sta nel fatto che il mondo degli intellettuali è tale proprio perché fa dell’intellettualismo il criterio di tutto. Ricordiamo che l’uomo di cultura dei tempi premoderni (soprattutto del medioevo) era tutt’altro che “intellettuale”. Prima di tutto perché non considerava l’intelletto come unico ed esaustivo criterio della conoscenza e poi perché concepiva il suo studio e il suo sapere come un mezzo, non come un fine; e come un servizio, non come un potere. Lo stesso Dante -per fare un illustre esempio- raggiunse livelli altissimi nella poesia concependola come una forma di cavalierato, ovvero per servire ed elevare a Dio. Ma la spiegazione di questa spocchia degli intellettuali dinanzi a tanti semplici fedeli che corrono verso le reliquie sta anche nel fatto che l’intellighenzia contemporanea non sopporta il cristianesimo-cristianesimo, ovvero il cristianesimo nella sua verità, quello cioè ancorato alla carne, che -come abbiamo detto prima- vuole farsi storia, fatto, avvenimento. L’unico cristianesimo che questa intellighenzia sopporta è quello astratto, disincarnato, intimista che non ambisca a farsi giudizio, storia e fatto. Un  cristianesimo come manuale di buon comportamento che rinunci alla sua pretesa esclusiva e totalizzante e che si riduca miticamente ad una delle tante possibili visioni della vita.

Eppure c’è una grande contraddizione in tutto questo.

Stranamente chi non sopporta un cristianesimo ancorato al segno e alla carne vorrebbe rendere il cristianesimo stesso come una religione preoccupata solo dei problemi naturali, i problemi come oggi si ama dire “concreti”: la pace, combattere la diffusione delle epidemie, realizzare la giustizia sociale…risolvere il problema dell’immondizia. Sì, l’immondizia. Pensate a con quale enfasi i mezzi di comunicazione danno notizie di preti che si mettono alla testa di marce di protesta contro l’installazione di inceneritori o discariche. Il prete che urla contro l’inquinamento, sì; il prete che dovesse urlare contro il peccato, no: questo sì che sarebbe insopportabile!

  Mentre un cristianesimo ancorato al segno e alla fisicità è proprio un cristianesimo che pone come primo e più importante obiettivo il raggiungimento del Paradiso. Un cristianesimo che vuole incontrare nella possibile conservazione del corpo dei santi (o eventualmente dei loro miseri resti) la certezza che tutto non è destinato a finire; che quel desiderio di “vita eterna” che ogni uomo porta dentro di sé e che -come dice san Pietro- è il desiderio più importante per continuare a vivere e ad affrontare la drammaticità della vita (“Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.” Gv 6,68)  sia incontrabile e verificabile pur nella fragilità della carne.

 

 

 

 

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