4° Lezione
Come è giunta fino
a noi LA BIBBIA
« Nessuna profezia della Scrittura proviene da un’interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo » (1° Pietro 1, 20-21)

Come è giunta fino a noi La Bibbia?

Come abbiamo già visto, la Bibbia è stata scritta da una quarantina di autori diversi, che in molti casi ignoravano l’esistenza gli uni degli altri, essendo vissuti in epoche e in luoghi diversi. Ciò nonostante, quando i 66 libri che compongono la Bibbia, furono riuniti in un unico volume, essi si presentarono come un unico libro, scritto da una sola persona. Vi sono tra questi libri dei collegamenti meravigliosi ed una trama unica che si snoda attraverso i secoli dai primordi dell’umanità fino al suo epilogo finale. Vi è infatti, dal primo libro della Genesi fino all’ultimo dell’Apocalisse o Rivelazione, un disegno unico che non può essere stato concepito da una mente umana, ma da un unico Autore Supremo, cioè da Dio.

Nel Libro della Genesi al capitolo 3, 15 troviamo quello che comunemente viene chiamato il proto vangelo, cioè il primo annunzio della venuta e della missione di Cristo in questa terra. L’Eterno Dio Rivolgendosi a Satana gli dice: « Io porrò inimicizia fra te e la donna e fra la tua progenie e la progenie di lei, questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno » (Ge 3, 15). Nell’ultimo libro dell’Apocalisse al capitolo 22 troviamo scritto al v. 13: «Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine, il primo e l’ultimo». Beati coloro che adempiono i suoi comandamenti per avere diritto all’albero della vita, e per entrare per le porte nella città. Fuori i cani, i maghi, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna «Io, Gesù, ho mandato il mio angelo per testimoniare queste cose nelle chiese. Io sono la radice e la progenie di Davide, la lucente stella del mattino». E lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ode dica: «Vieni». E chi ha sete, venga; e prenda in dono dell’acqua della vita» (Ap 22, 13-17).

Tutti i 66 libri della Bibbia furono riuniti in un solo volume nel 2° - 3° secolo d.C., cioè più di mille anni prima che fosse inventata la stampa a caratteri mobili. In quei tempi gli scritti venivano eseguiti su pelli di animali (pergamene) o su papiri. Non c’erano giornali ed i pochi libri esistenti erano di carattere prevalentemente religioso o morale. Gli originali dei libri del Nuovo Testamento andarono ben presto perduti perché scritti su materiali deperibili. Se questi originali fossero stati ancora in possesso della Chiesa di Roma, ad esempio, al tempo della controversia contro Marcione del 2° sec. d.C., sarebbe stato semplice controbattere le sue falsificazioni del testo esibendo gli originali, ma questi ormai non esistevano più. Erano stati sostituiti da copie dei vari libri che alcuni copisti scrupolosi erano stati incaricati di fare per conservare la purezza del testo originale. Tali copie erano state a loro volta sostituite da nuove copie e così via di seguito. Se si pensa al numero dei libri del Nuovo Testamento e si riflette che per quasi un millennio e mezzo questi libri sono stati trascritti a mano da vari copisti, non c’è da meravigliarci se col passar del tempo siano state introdotte nel testo numerose varianti. Ogni nuova copia si allontanava sempre più dal testo originale e le diversificazioni si trasmettevano e crescevano col passare del tempo, fino a giungere, ai nostri giorni, alla necessità di poter usare un testo che si avvicini il più possibile al testo originale, dal momento che solo tale testo è veramente quello ispirato.

Se oggi siamo in grado di leggere le parole pronunciate da Gesù e dai suoi apostoli nelle pagine del Nuovo Testamento ed essere ragionevolmente sicuri che tali parole sono state effettivamente pronunciate dal Signore e dai suoi apostoli, lo dobbiamo al lavoro di tanti studiosi che hanno dedicato la loro vita alla ricostruzione di un testo il più vicino possibile agli originali. Dio, naturalmente, Signore della storia, ha guidato la mano di questi studiosi ed ha fatto in modo che la Sua Parola ed il Suo messaggio di salvezza per l’umanità potesse giungere fino a noi inalterato, pur fra tante peripezie.

L’esegesi di un qualsiasi passo della Scrittura, ed in modo particolare del Nuovo Testamento, richiede pertanto l’acquisizione di nozioni  su una particolare disciplina chiamata critica testuale, perché può capitare di dover scegliere tra varie lezioni (o varianti testuali).

La critica testuale è chiamata anche « bassa critica» per distinguerla dall’ « alta critica» che valuta criticamente i vari libri del N.T. dal punto di vista della loro autenticità, data di composizione, scopo, destinatari, ecc. Pur usando il termine « bassa critica», riferendoci alla critica testuale, non si deve pensare a qualche cosa di inferiore, ma a qualcosa di fondamentale rispetto all’alta critica.

È difficile e troppo lungo scrivere una storia riguardante la formazione del testo della Bibbia attraverso i secoli, dal tempo di Gesù fino ai nostri giorni. Per il momento possiamo dire che fondate ragioni storiche fanno ritenere che il grande scriba Esdra, sacerdote ebreo, al ritorno dalla schiavitù in Babilonia, nell’anno 444 a.C. circa abbia riunito in un solo volume 37 degli attuali 39 libri dell’Antico Testamento. Quasi tutti i libri tranne quello dello stesso Esdra e l’altro di Nehemia che in seguito furono aggiunti al canone dei libri ispirati dallo stesso popolo ebraico nel sinodo di Jamnia del 90 d.C., sia pure con una numerazione diversa dalla Bibbia cristiana attualmente in nostro possesso. In tutti questi 39 libri si riconobbe evidentemente l’intervento divino.

Così l’Antico Testamento si può considerare completato verso il 400 a.C.. Per questo motivo fu possibile più avanti verso la metà del 3° secolo a.C. (283-246) procedere in Alessandria d’Egitto alla prima grande versione dell’Antico Testamento in greco, comunemente chiamata “DEI SETTANTA” perché la leggenda dice che fu eseguita da 70 uomini, chiusi in 70 diverse camerette, nello spazio di 70 giorni. Tale traduzione fu resa necessaria in quanto gli Ebrei che abitavano al di fuori della Palestina (diaspora) ormai non conoscevano più l’ebraico e tanto meno l’aramaico. Si deve precisare comunque che in tale traduzione vennero inclusi, oltre ai 39 libri ritenuti ispirati dagli Ebrei, anche i deuterocanonici e gli apocrifi allora circolanti. Da alcune citazioni dirette e indirette si può dedurre che questa fosse la versione usata al tempo di Gesù e degli apostoli.

Nonostante questo nel Nuovo Testamento non vengono mai citati i deuterocanonici, di cui abbiamo parlato nella precedente lezione, ma soltanto qualche apocrifo (Gd 14). Il fatto che ci sia qualche allusione nel Nuovo Testamento non prova comunque l’ispirazione dei deuterocanonici, altrimenti sarebbero ispirati anche il libro di Enok e perfino qualche autore pagano citato da Paolo (At 17, 28).

Il fatto che i deuterocanonici e gli apocrifi fossero letti e citati non significa affatto che fossero ritenuti ispirati. Del resto anche a noi molte volte capita di citare dei testi di autori cattolici e protestanti per controbattere le loro idee oppure per confermare gli insegnamenti di Cristo e degli apostoli se tali testi concordano con la Bibbia.

I 27 libri del Nuovo Testamento furono originariamente scritti in lingua greca da Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Paolo, Pietro, Giacomo e Giuda. Essi comprendono circa 100 anni di storia: dalla nascita di Cristo fino agli ultimi anni di vita dell’apostolo Giovanni, morto intorno al 100 d.C. Subito dopo questi libri furono raccolti in un solo volume e quindi aggiunti (nel 2° - 3° secolo d.C.) all’Antico Testamento col Nome di Nuovo Testamento. Fu così che la Bibbia divenne un volume unico composto di 66 libri. Da allora tutti i libri della Bibbia hanno conservato l’ordine che conosciamo. Ad essa non è stato apportato alcun cambiamento tranne alcuni errori di traduzione, delle modiche di carattere testuale (dopo la scoperta delle grotte di Qumran) e la divisione in capitoli e versetti, fatta allo scopo di facilitarne lo studio e la lettura.

Come abbiamo già detto più sopra, gli originali (ispirati) dei 66 libri della Bibbia  sono andati perduti molto tempo fa e di essi non si ha alcuna traccia. Ne esistono però numerose copie, sparse in tutto il mondo ed eseguite da scribi e copisti scrupolosi. Le più importanti sono:

a) IL CODEX VATICANUS , uno degli scritti più antichi esistenti nel mondo. Lo possiede la Chiesa Cattolica Romana. Si ritiene scritto verso il 350 d.C. e da più di 500 anni si trova nel Vaticano, da cui il manoscritto trasse appunto il nome. È scritto in greco, a caratteri «onciali» (¹)   su 700 pergamene quadrate che misurano circa 30 centimetri.

b) IL CODEX SINAITICUS , scritto anch’esso in greco, ma su cento pelli di antilope. Anche questo manoscritto lo si fa risalire verso il 350 d.C. Nel 1859 questo codice fu ritrovato dallo studioso tedesco Tischendorf in un antico monastero presso il Monte Sinai, da cui il manoscritto prese il nome. Fino al 1935 appartenne alla Chiesa Ortodossa che lo conservò in una biblioteca di Leningrado. Fu poi acquistato per 500.000 dollari dall’Inghilterra che lo conserva presso il Museo Britannico di Londra.

c) IL CODEX ALEXANDRINUS , scritto in greco a caratteri onciali. Lo si fa risalire verso il 5° secolo d.C. Nel 1628 fu presentato al re Carlo I° d’Inghilterra da un patriarca turco. Da allora anch’esso si trova presso il Museo Britannico di Londra.

Si pensa che i primi due di questi inestimabili manoscritti siano stati copiati direttamente dagli originali o dalla prima copia di essi. Dei fac-simili si trovano ora presso le principali biblioteche del mondo e sono di grande aiuto per la revisione della Bibbia.

Riunita, come abbiamo detto in un unico volume nel 2°- 3° secolo, la Bibbia fu per molti anni copiata a mano perché non esisteva la stampa.

Sulle prime versioni ne sappiamo poco, ma risulta che fu molto ricercata fin dai primi secoli e fu tradotta interamente, o in parte, nelle lingue più conosciute di allora, come il greco, l’arabo, l’egiziano, il copto, il siriaco, il latino.

Nel 2° secolo, infatti si ebbero tre importanti versioni in greco; la versione di Aquila, la versione di Teodozione e poco più tardi quella di Simmaco. Anche la versione siriaca, detta « Pescitto», e quella latina, detta « Vetus Itala», risalgono al 2° secolo.

La più importante versione latina è la VULGATA, tradotta da Girolamo durante il ventennio che trascorse a Bethleem come eremita. Essa si compone, per molti libri, della diretta traduzione dall’ebraico eseguita dallo stesso Girolamo, e per gli altri libri della revisione della « Vetus Itala». Terminata nell’anno 405, per almeno 10 secoli divenne la Bibbia più conosciuta. Per questo motivo le fu dato il nome di VULGATA: cioè « diffusa», «accettata ». Da allora è stata ed è la Bibbia ufficiale della Chiesa Romana, sebbene non si possa qualificarla ottima come traduzione e come fedeltà di pensiero, specialmente nella parte derivata dalla revisione della “Vetus Itala”.

La VULGATA venne tradotta in lingua italiana dal Martini (1766-1781). Degno di nota è il fatto che in questa versione del Martini – in ossequio alle decisioni del Concilio di Trento – per la prima volta vennero aggiunti ed incorporati alla Bibbia anche i «deuterocanonici ». Così nella Bibbia in uso presso i Cattolici si trovano: tra i LIBRI STORICI, anche quello di Tobia, di Giuditta, il 1° e 2° libro dei Maccabei, ed aggiunte al libro di Ester (dal capitolo 10 al capitolo 16, 24); tra i LIBRI POETICI, anche quello della Sapienza ed il libro dell’Ecclesiastico; tra i LIBRI PROFETICI , anche il libro di Baruch ed aggiunte al libro di Daniele (il cantico dei tre fanciulli nella fornace ardente) al capitolo 3, 24 - 90 e la storia di Susanna, al capitolo 13, 1 fino al 14, 42.

Questo accadde perché il Concilio di Trento, con il Decreto «De canonicis Scripturis» (Sessione 4° – 8 aprile 1546), volle troncare la discussione sulla canonicità di tali libri, discussione che aveva per secoli animato il campo cristiano, ordinandone l’inclusione tra i libri canonici senza distinzione alcuna da questi, contravvenendo il pensiero dello stesso Girolamo! Il Ricciotti, nella prefazione alla sua revisione della traduzione della Bibbia sulla la quale è posto «l’ imprimatur» della Chiesa Romana, ammette che questi sette libri con le aggiunte ai libri di Ester e Daniele non sono mai stati inseriti nel canone delle Scritture Ebraiche.

Diffusasi grandemente la lingua inglese nel mondo per l’espansione dell’influenza anglosassone, molti studiosi intrapresero la traduzione della Bibbia. Chi ebbe il merito ed il privilegio di portare a termine tale compito, dopo 22 anni di lavoro, fu John Wycliff nel 1382, ma venne scomunicato dalla Chiesa di Roma.

Lo stesso Martin Lutero, negli anni della sua infuocata ribellione alla Chiesa di Roma, si dedicò alla traduzione della Bibbia in lingua tedesca (1521 circa) offrendo così alla gente germanica non soltanto il vero libro della religione Cristiana, ma anche il libro classico della loro lingua.

La prima versione biblica veramente «protestante» fu la VERSIONE DI GINEVRA, completata nel 1560. I suoi traduttori iniziarono il lavoro in Inghilterra durante il regno della sanguinaria Maria Tudor, ma essendo in quel paese perseguitati dovettero fuggire a Ginevra, dove completarono la loro sofferta opera.

La VERSIONE DI GINEVRA fu la prima Bibbia in inglese divisa in versetti come la Bibbia attuale, benché tale divisione fosse stata già fatta da Robert Stephen in un’altra traduzione. La Bibbia era già stata divisa in capitoli, verso il 1250, dal cardinale Hugo.
La divisione della Bibbia in capitoli e versetti è un’opera puramente umana e come tale reca con sé i pregi ed i difetti di tutte le cose umane.

Dopo l’anno 1560 la Bibbia ebbe una grande diffusione nonostante l’opposizione del Cattolicesimo Romano. La tenace opera intimidatoria dei «vescovi» e del papa giunse fino all’istituzione della Sacra Inquisizione. Mentre nel resto del mondo la Bibbia era un libro conosciuto e molto letto, in Italia rimase all’Indice (elenco dei libri proibiti ai cattolici) fino al Concilio Vaticano II (1962-65).

Le traduzioni in tutte le lingue aumentarono e divennero innumerevoli. Tra esse ricordiamo LA VERSIONE DEL RE GIACOMO (1611) in lingua inglese, LA RIVEDUTA INGLESE (1885), la VERSIONE AMERICANA COMPLETATA (1901).

In Italia la prima versione in lingua volgare apparve verso la metà del 13° secolo e fu chiamata «La Bibbia del Trecento». Si ebbero poi quella sulla «Vulgata» del Malerni (1471), quella del Bruccioli (1530), il cui autore fu sospettato di eresia e pertanto sottoposto ad un processo, quella dei Rustici (1562), quella del Diodati (1607), stabilitosi a Ginevra, ed infine quella del Martini (1766) arcivescovo di Firenze.

La migliore tra tutte queste traduzioni è senz’altro quella del Diodati sia per fedeltà al testo che per bontà di lingua. Ancora oggi è riconosciuta da molti come esempio di un bello stile letterario, anche se il linguaggio appare antiquato rispetto al nostro tempo. Nel secolo scorso il Luzzi ha revisionato la versione del Diodati, ma anche questa è ormai superata nel linguaggio, per cui si è resa necessaria una Nuova Versione Riveduta a cura della Società Biblica Britannica che presenta parecchie novità rispetto alla precedente, sia nella traduzione che nell’apparato testuale, grazie alle nuove scoperte in campo archeologico e filologico.

Esiste oggi anche la Nuova Diodati, ma lascia parecchio a desiderare nella traduzione. L’unico pregio è quello di avere alla fine molte note rispetto ad alcune parole esclusivamente di carattere biblico ed una piccola chiave biblica, oltre naturalmente alle solite cartine geografiche dei luoghi biblici molto ben fatte. La stampa è molto grande e quindi particolarmente adatta alle persone anziane con problemi di presbiopia. Non va dimenticata la Bibbia TOB con il testo della CEI ed il commento della TOB.

Come abbiamo visto la Bibbia è giunta fino a noi, tradotta in molte lingue, per l’opera tenace di molti uomini pronti a qualsiasi sacrificio  e che spesso hanno dovuto lottare contro opposizioni di ogni genere. Ora la Bibbia è stampata da società bibliche, da case editrici e da varie organizzazioni religiose. Non va dimentica la Bibbia Concordata edita a suo tempo da Mondadori a cui hanno collaborato il prof. Italo Minestroni (ex sacerdote cattolico) e predicatore della Chiesa di Cristo di Bologna, il Prof. Fausto Salvoni (ex sacerdote cattolico 1907-1982) già residente a Milano e predicatore della locale Chiesa di Cristo, nonché insigne biblista, esegeta e ricercatore, insegnante alla Scuola Biblica di Firenze, fondatore della Facoltà Biblica di Milano e della rivista Ricerche Bibliche e Religiose. A lui si deve anche la collaborazione nella traduzione interconfessionale in lingua corrente del Nuovo Testamento edito dalla LDC-ABU e alla traduzione assieme al prof. Italo Minestroni della Buona Notizia, edito dalla Lanterna Editrice di Genova.

Nel nuovo secolo la Bibbia entra sempre più nelle nostre case attraverso il computer per via telematica. Oggi la Bibbia è certamente IL LIBRO più popolare, più letto, più tradotto, più conosciuto e più amato nel mondo, tranne che in Italia. Può sembrare un paradosso, ma nel nostro paese, che si dichiara a grande maggioranza un popolo cristiano, la Bibbia sia così poco letta, così poco conosciuta e così poco amata anche da coloro che si dicono ministri di Dio. Il più delle volte questo libro esiste e fa bella mostra nelle biblioteca delle case degli italiani, ma ha soltanto una funzione decorativa. A parte uno sparuto gruppo di addetti al lavoro, il resto degli italiani è completamente assente su questa materia.

Prima di concludere questo studio sul tragitto storico della Bibbia dalla sua prima compilazione scritta fino ai nostri giorni, non possiamo fare a meno di ricordare l’opera silenziosa e spontanea dei primi scrittori cristiani che con i riferimenti e le citazioni della Bibbia hanno contribuito ad una fedele ricostruzione del Testo Sacro. Questi antichi scrittori cristiani, detti impropriamente “I padri della Chiesa”, frequentemente impegnati a difendere il Cristianesimo dai pagani e dagli eretici, avevano preso l’abitudine di citare le Scritture molto più di quanto si faccia oggi. Tali citazioni spesso erano frammentarie ed approssimative; tuttavia furono di grande valore per la ricostruzione del Testo Sacro. Alcuni scritti risalgono all’epoca immediatamente posteriore agli scritti neotestamentari. Il più antico fra questi è senz’altro l’epistola di Barnaba, trovata dal Tischendorf nel monastero sinaitico. Forse si tratta dello stesso Barnaba, collaboratore di Paolo, che scrisse questa lettera durante uno dei suoi viaggi missionari. Da notare anche l’epistola di Clemente, uno dei primi vescovi di Roma, che gli antichi scrittori indicano essere il Clemente menzionato dall’apostolo Paolo in Filippesi 4, 3.

IRENEO, vescovo di Lione, a proposito dell’epistola di Clemente affermò: «É stata scritta da Clemente che conobbe e conversò con gli apostoli e che della loro predicazione conservava ancora l’eco e degli scritti la visione». Erma – da alcuni ritenuto l’Erme o l’Erma citato in Romani 16, 14 – riferisce numerose frasi o espressioni di Cristo, IGNAZIO, vescovo di Antiochia, benché esalti il vescovo monarca, citò alcuni passaggi che aiutarono molto per la ricostruzione del testo originale. POLICARPO che pare abbia conosciuto di persona l’apostolo Giovanni, cita quasi tutte le lettere di Paolo. Troviamo inoltre citazioni della Parola di Dio da parte di GIUSTINO (secondo secolo), di ORIGENE, di CLEMENTE D’ALESSANDRIA (terzo secolo), di BASILIO, di AGOSTINO, di GIROLAMO (quarto secolo). Con le sole citazioni degli scrittori antichi si potrebbe comporre agevolmente una Bibbia completa senza ricorrere ad altri manoscritti.


NOTE A MARGINE

1.  Gli antichi manoscritti sono di due tipi: «Onciali» e «Corsivi». Gli «Onciali» hanno impresso il nome da un’espressione di Girolamo nella prefazione al libro di Giobbe: «Unciali Literis», vale a dire: «Scritto con lettere alte un’oncia», cioè 25 millimetri. Nel codice onciale tutto il testo è scritto in lettere maiuscole, senza divisioni di capitoli, di versetti, di paragrafi; senza spazi tra parola e parola, senza accenti, senz’apostrofi, senza alcun segno di interpunzione. La ragione di questa «scrittura continua» è da ricercarsi nel fatto che in tal modo lo scritto occupava poco spazio; considerazione questa che a quei tempi era basilare tenuto conto della carenza di materiale su cui scrivere. torna al testo