Regia Vittorio De
Sica Soggetto
e sceneggiatura Cesare
Zavattini, C. G. Viola, A. Franci, Vittorio De
Sica, Sergio Amidei Fotografia-
Musica- InterpretiRinaldo Smordoni, Franco Interlenghi, Aniello Mele, Bruno Ortensi, Emilio Cigoli, Anna Pedoni Durata92'
Sciuscià è la parola con cui si
designano i lustrascarpe.
Pasquale e Giuseppe, i due
ragazzini protagonisti del film, sono due sciuscià con un
grande sogno: comprare un cavallo. Pasquale è orfano,
Giuseppe ha una famiglia numerosa che vive in una casa per
sfollati e una sorella che arriva sempre a chiedere soldi per
la madre.
Un giorno, grazie
all’intermediazione di uno dei fratelli di Giuseppe, trovano
un “lavoretto” (il cosiddetto “affare delle coperte”,
cioè la consegna di alcune coperte ad una chiromante) che
permette loro di guadagnare un extra, consentendogli di
raggiungere la cifra per comprare il cavallo.
In groppa al loro cavallo bianco
appaiono davanti agli altri sciuscià, ma la magia è
destinata a non durare, le coperte sono state rubate e i due
ragazzi vengono arrestati e dichiarati colpevoli. In carcere
vengono destinati a due celle diverse: Giuseppe finisce in un
gruppo di ragazzi più grandi, da cui si fa condizionare;
mentre Pasquale si affeziona ad un ragazzino malato di cui
nessuno si cura. Le diverse amicizie fanno allontanare i due
ragazzi, in più Pasquale diventa anche una “spia”, tratto
in inganno dal commissario fa il nome della persona per cui
dovevano fare quella consegna, mettendo nei guai la famiglia
dell’amico.
Scoppia un incendio, i ragazzi
fuggono e Giuseppe porta uno dei compagni di cella nella
stalla dove viene custodito il cavallo, Pasquale si sente
tradito e affronta l’amico, durante la colluttazione
Giuseppe cade dal ponte e muore.
Il film segna una svolta
importante nel lavoro di De Sica e nella sua collaborazione
con Zavattini, l’ambiente del dopoguerra gli fornisce
numerosi spunti per parlare di una realtà angosciante, fatta
di povertà, disperazione e tanti sogni. Sciuscià
propone l’osservazione del mondo attraverso gli occhi di due
bambini e si apre alla denuncia sociale e civile, mostrando il
loro sfruttamento da parte dei grandi.
La scenografia è spoglia, la
sceneggiatura lascia ampi spazi al singolo in rapporto con
quello che lo circonda, si moltiplicano i silenzi, i momenti
di attesa. La prigione rappresenta l’apice di questa
denuncia, i bambini non sono altro che “merce”, un numero
in più da stivare da qualche parte.
De Sica trasmette allo spettatore
emozioni forti, è capace di tenere incollati al video
nonostante la lentezza e la pesantezza di alcuni passaggi. La
ricostruzione dell’ambiente socio-culturale del periodo
immediatamente successivo alla guerra inoltre è così
accurata da far sentire molto vicine le vicende trattate anche
a chi è nato molto tempo dopo.(De Rosa)