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Brani-Racconti-Meditazioni

La mano e la sabbia
Giorgio, un ragazzo di tredici anni, passeggiava sulla spiaggia insieme alla madre.
Ad un tratto le chiese: "Mamma, come si fa a conservare un amico quando finalmente si è riusciti a trovarlo?".
La madre meditò qualche secondo, poi si chinò e prese due manciate di sabbia. Tenendo le palme rivolte verso l'alto, strinse forte una mano: la sabbia le sfuggì tra le dita, e quanto più stringeva il pugno, tanto più la sabbia sfuggiva.
Tenne invece ben aperta l'altra mano: la sabbia vi restò tutta.
Giorgio osservò stupito, poi esclamò: "Capisco".

Dietro un 'immaginetta della Madonna, dimenticata in un santuarietto di montagna, ho trovato la "Preghiera dell 'accoglienza". Eccola:
Signore, aiutami ad essere per tutti un amico,
che attende senza stancarsi,
che accoglie con bontà,
che dà con amore,
che ascolta senza fatica,
che ringrazia con gioia,
Un amico che si è sempre certi di trovare
quando se ne ha bisogno.
Aiutami ad essere una presenza sicura,
a cui ci si può rivolgere
quando lo si desidera,
ad offrire un'amicizia riposante,
ad irradiare una pace gioiosa,
la tua pace, o Signore.
Fa' che sia disponibile e accogliente
soprattutto verso i più deboli e indifesi.
Così senza compiere opere straordinarie,
io potrò aiutare gli altri a sentirti più vicino,
Signore della tenerezza.
(Bruno Ferrero, L'importante è la rosa)

 

Ti voglio per amico

Ti voglio bene, ed è importante per me che tu lo sappia.

Però, anche se tu non lo sapessi e non ti interessasse saperlo,

ti vorrei bene lo stesso. Non ti voglio bene per me: ti voglio bene per te!

Non sei una cosa che voglio possedere.

Sei una persona che voglio vedere sbocciare ogni giorno di più.

Se avrai tempo per me, sarò felice di stare insieme a te.

Se sarai occupato e non mi vorrai accanto a te, cercherò di capirti:

da parte mia, se chiederai il mio tempo, cercherò di sbrigarmi al più presto,

perché immagino che non mi cercherai senza una ragione.

Per me la tua ragione sarà sempre importante!

Se vuoi piangere ti offro le mie spalle.

Se vuoi urlare contro il mondo, ti offro la mia voce.

Se vuoi sorridere, ci sono anch’io a sorridere con te.

Se vuoi pace o silenzio cercherò di parlare, ma non troppo.

Se per caso cercherai di vedere in me l’unico amico che hai,

cercherò di farti trovare altri amici, perché non potrei mai darti

tutto ciò di cui hai bisogno. Non voglio essere il tuo unico amico.

Sembra bello, però non ti farà bene. Hai bisogno di altri come me.

Se si spegnerà la tua luce, prendi la mia. Se la tua pace se ne va,

ci sarà ancora la mia. Prendila pure.

Se la tua fede si farà confusa, credi con me: insieme si crede meglio.

Se avrai paura, uniamo le nostre paure: forse troveremo insieme

il coraggio di vivere. Allora non ti prometto di non deluderti mai!

Sai che sono umano e perciò posso sbagliare, non ti prometto di amarti come vuoi essere amato!  Non ti prometto niente di più che cercare

di essere vicino a te e camminare insieme.

Voglio essere tuo compagno, il tuo amico, il tuo fratello,

senza presunzione di essere la tua unica forza.

Guardami negli occhi e cerca di immaginarmi come un ponte.

Non devi restare in me. Devi passare attraverso di me, perché io sono tuo amico; perché sono la tua strada verso l’infinito;

perché sono un ponte che ti porta all’aldilà.

E se non riuscissi a portarti più vicino a Dio, non sarei stato un vero amico.

Ti voglio per amico! Pensa a me come un ponte nel tempo.

Dopo di me troverai il vero amico: DIO

Mi vuoi?                                                                     ( P. Zenino)

 

Una sola anima in due corpi

Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo. 

(Disc. 43, 15. 16-17. 19-21; PG 36, 514-523)


Eravamo ad Atene, partiti dalla stessa patria, divisi, come il corso di un fiume, in diverse regioni per brama d’imparare, e di nuovo insieme, come per on accordo, ma in realtà per disposizione divina.
Allora non solo io mi sentivo preso da venerazione verso il mio grande Basilio per la serietà dei suoi costumi e per la maturità e saggezza dei suoi discorsi inducevo a fare altrettanto anche altri che ancora non lo conoscevano. Molti però già lo stimavano grandemente, avendolo ben conosciuto e ascoltato in precedenza. 
Che cosa ne seguiva? Che quasi lui solo, fra tutti coloro che per studio arrivavano ad Atene, era considerato fuori dell’ordine comune, avendo raggiunto una stima che lo metteva ben al di sopra dei semplici discepoli. Questo l’inizio della nostra amicizia; di qui l’incentivo al nostro stretto rapporto; così ci sentimmo presi da mutuo affetto.
Quando, con il passare del tempo, ci manifestammo vicendevolmente le nostre intenzioni e capimmo che l’amore della sapienza era ciò che ambedue cercavamo, allora diventammo tutti e due l’uno per l’altro: compagni, commensali, fratelli. Aspiravamo a un medesimo bene e coltivavamo ogni giorno più fervidamente e intimamente il nostro comune ideale.
Ci guidava la stessa ansia di sapere, cosa fra tutte eccitatrice d’invidia; eppure fra noi nessuna invidia, si apprezzava invece l’emulazione. Questa era la nostra gara: non chi fosse il primo, ma chi permettesse all’altro di esserlo.
Sembrava che avessimo un’unica anima in due corpi. Se non si deve assolutamente prestar fede a coloro che affermano che tutto è in tutti, a noi si deve credere senza esitazione, perché realmente l’uno era nell’altro e con l’altro.
L’occupazione e la brama unica per ambedue era la virtù, e vivere tesi alle future speranze e comportarci come se fossimo esuli da questo mondo, prima ancora d’essere usciti dalla presente vita. Tale era il nostro sogno. Ecco perché indirizzavamo la nostra vita e la nostra condotta sulla via dei comandamenti divini e ci animavamo a vicenda all’amore della virtù. E non ci si addebiti a presunzione se dico che eravamo l’uno all’altro norma e regola per distinguere il bene dal male. 
E mentre altri ricevono i loro titoli dai genitori, o se li procurano essi stessi dalle attività e imprese della loro vita, per noi invece era grande realtà e grande onore essere e chiamarci cristiani.


Ufficio delle letture del 2 gennaio – memoria dei santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovo

 

Il Ponte

Stavo andando da solo per la via quando scorsi, dall'altra parte di un ponte, il mio amico. 

Ci guardammo da lontano e si salutammo: poi, tutti e due, ci incamminammo su per il ponte, per andare l'uno incontro all'altro. Eppure a metà strada non trovai nessuno, e, deluso, me ne tornai sui miei passi.

Ritornando, incontrai un vecchio pescatore che mi disse così: 

- Questo ponte è speciale. Per trovare il tuo amico, non devi percorrerlo solo a metà.

Anche se lui ti viene incontro, tu devi percorrerlo tutto, fino in fondo.

(Il secondo libro degli esempi - Fiabe, parabole, episodi per migliorare la propria vita - edizioni Gribaudi)

 

 

I due amici

  Il più vecchio si chiamava Frank e aveva vent'anni. Il più giovane era Ted e ne aveva diciotto. Erano 

sempre insieme, amicissimi fin dalle elementari. Insieme decisero di arruolarsi nell'esercito. Partendo promisero a se stessi e ai genitori che avrebbero avuto cura l'uno dell'altro.

Furono fortunati e finirono nello stesso battaglione.

Quel battaglione fu mandato in guerra. Una guerra terribile tra le sabbie infuocate del deserto. Per qual­che tempo Frank e Ted rimasero negli accampamenti protetti dall'aviazione. Poi una sera venne l'ordine di avanzare in territorio nemico. I soldati avanzarono per tutta la notte, sotto la minaccia di un fuoco infernale.

Al mattino il battaglione si radunò in un villaggio. Ma Ted non c'era. Frank lo cercò dappertutto, tra i feriti, tra i morti.

Trovò il suo nome nell'elenco dei dispersi.

Si presentò al comandante.

«Chiedo il permesso di andare a riprendere il mio amico», disse.

«È troppo pericoloso», rispose il comandante. Ho già perso il tuo amico. Perderei anche te. Là fuori stanno sparando».

       Frank partì ugualmente. Dopo alcune ore trovò Ted ferito mortalmente. Se lo caricò sulle spalle. Ma una scheggia lo colpì. Si trascinò ugualmente fino al campo.

     «Valeva la pena morire per salvare un morto?»,

gli gridò il comandante.

     «SÌ» sussurrò, «perché prima di morire, Ted mi ha detto: Frank, sapevo che saresti venuto».

  Questo diremo a Dio in quel momento: «Sapevo che saresti venuto».

 

( Bruno Ferrero - Il canto del Grillo- piccole storie per l’anima – ed. elle di ci)

 

 

Due amici

Molti anni fa, in Cina, vivevano due amici. Uno era molto bravo a suonare l'arpa. L'altro era dotatissimo nella rara arte di saper ascoltare.

Quando il primo suonava o cantava di una montagna, il secondo diceva: <<Vedo la montagna come se l'avessimo davanti>>.

Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, colui che ascoltava prorompeva: <<Sento scorrere l'acqua fra le pietre>>.

Ma un brutto giorno, quello che ascoltava si ammalò e morì.

Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più.

Esistiamo veramente se qualcuno ci ascolta. Il dono più grande che possiamo dare ad una persona è ascoltarla <<veramente>>.

(Bruno Ferrero - C'è qualcuno lassu' -piccole storie per l'anima - ed. elle di ci)

 

L’amicizia

Un giorno, un giovane volle consultare un anziano su un problema che gli stava a cuore.

«Mio signore», gli disse, «voglio confessarti una cosa: non riesco ad avere un amico. Mi sapresti dare un consiglio? ».

L'anziano sorrise e rispose:

     «Posso solo dirti di me. Quand' ero ragazzo fra cento ragazzi, ne ebbi uno, di amico. Fu una cosa bellissima che diede i suoi frutti e poi terminò. Quando divenni adulto fra mille adulti, ne ebbi un altro, di amico. Fu una cosa bellissima, ma l'amico morì ed anch'io mi sentii morire. Ora che sono diventato anziano fra diecimila anziani, adulti e giova­ni ho rinunciato ad avere un amico e ho preferito esserlo io, un amico, ogni giorno e ogni ora, di qualcuno che non so chi sia e non so dove sia».

Non dev'essere facile...», mormorò il giovane. Forse non lo è, perché cercare di essere amico

significa, prima di tutto, rinunciare ad averne uno. Ma forse è, perché proprio rinunciando ad averne uno se ne possono avere tanti».

 «Non si saprà mai chi saranno?», domandò il giovane.

«Mai. Tenere il cuore spalancato perché tutti vi possano entrare, dare sempre fiducia perché tutti ne possano attingere, rispettare ognuno perché ognuno si senta   se stesso ti rende, insieme, amato ed odiato, incomprensibile ed ed imprendibile. Chi cerca di essere amico, è un po’ come il mare, fatto di tenera acqua, ma acqua salata. Chi ha come amico il mare, me lo sai dire? ».

«Il cielo», rispose il giovane.

«Infatti. Chi cerca di essere amico può solo sperare che il cielo gli sorrida; e che i gabbiani non smettano di posarglisi sopra».

A questo punto il giovane tacque a lungo, avvolto in profondi pensieri. Poi guardò l’anziano con uno strano sorriso e gli chiese: «Mi permetti di essere un  tuo gabbiano? ».

L’anziano gli rispose: «Benvenuto! ».

(Il libro della saggezza interiore – Piero Gribaudi editore)

   

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Se cerchi solo amici che ti lusingano e non ti dicono i tuoi difetti, i

in che modo potrai migliorarti?

 

Patrizia era una fanciulla molto carina il cui unico

desiderio era di contemplarsi allo specchio.

Gli voleva tanto bene che questo era diventato il suo confidente

e ad esso raccontava tutti i suoi problemi e i suoi capricci.

La fanciulla era molto vanitosa e si preoccupava soltanto di essere all’ultima moda.

Le interessavano i tessuti, i loro colori, i cappelli e i vestiti.

La ragazza, tenendo sempre alla bellezza,

mostrava allo specchio tutti i suoi vestiti e se uno non gli piaceva,

lo metteva subito da parte.

Un giorno Patrizia si svegliò con un leggero bruciore al naso;

si alzò molto preoccupata e corse dall’amico specchio per farsi esaminare il viso.

L’inseparabile amico le avrebbe mostrato cosa stava succedendo.

Quando la ragazzina si contemplò allo specchio,

l’amico fedele le mostrò il bel nasino deturpato da un gran foruncolo rosso.

Tutto il viso ne era imbruttito.

Come sempre, lo specchio diceva la verità a Patrizia.

Quel foruncolo inopportuno era impossibile nasconderlo

e brillava come lo "Stop" di un’auto in frenata.

Patrizia si offese per quello che le aveva detto lo specchio.

Sperava che il suo amico l’avrebbe rassicurata sul fatto che niente

poteva alterare la bellezza del suo viso.

Furiosa, la ragazzina vanitosa decise di non consultare mai più

l’amico specchio e lo buttò nel cestino della carta straccia...

(I pensieri del Gufo)

 

 *****

E tu, quanti rifugi hai costruito fino ad oggi?

C’era una volta un sovrano potente.
 Sapeva che il numero dei giorni che
 gli restavano da vivere diminuiva inesorabilmente.
 Che cosa sarebbe diventato il suo bel impero,
 quando sarebbe stato costretto ad abbandonarlo
 con tutti i nemici che lo circondavano da ogni lato?
 Che avrebbe potuto fare il giovane principe,
 quel figlio troppo giovane e inesperto che il sovrano aveva avuto,
 ahimé, in tarda età?
 Dove poteva rifugiarsi?
 Chi lo avrebbe protetto?
 Questi pensieri tormentavano il vecchio re,
 tanto che un giorno disse al principe:
 "Figlio mio, io non regnerò più per molto tempo
 e ignoro ciò che accadrà dopo la mia morte.
 Ci sono molti nemici intorno al trono.
 Ho tanta paura per l’impero che ho costruito e anche per te.
  Morirei tranquillo se sapessi che hai un rifugio sicuro che ti protegga in caso di pericolo.
  Per questo ti consiglio di andare per il regno e di costruire fortezze in tutti gli angoli possibili,
 per tutti i confini del paese".
 Obbediente, il giovane si mise immediatamente in cammino.
  Percorse tutto il Paese, per monti e per valli, e dove trovava il posto conveniente,
 faceva costruire grandi fortezze solide e imponenti.
 Le fortezze sorsero nelle profondità delle foreste, nelle valli più nascoste, sulla
  sommità delle colline, nei deserti, in riva ai fiumi e sui fianchi delle montagne
 Questo costò molto denaro, ma il principe non badava a spese:
 erano in gioco la sua vita e il suo trono.
 Dopo un certo tempo, il giovane ritornò nel palazzo del re suo padre.
 Stanco, dimagrito, ma soddisfatto d’aver portato a termine il compito,
 corse a presentarsi dal padre.
 "Ebbene, figlio mio, com’è andata?
 Hai fatto ciò che io ti avevo detto?" gli domandò il re.
 "Si, padre", rispose il principe.
 "In tutto il paese si innalzano fortezze imprendibili:
  nei deserti, sulle montagne, nel profondo delle foreste".
 Ma il vecchio re, il più potente che la storia abbia mai conosciuto,
  invece di congratularsi con il figlio per tutti i suoi sforzi,
 scuoteva la testa come in preda ad un forte dispiacere.
 "Non è questo, figlio mio, che avevo in mente io.
 Devi tornare indietro e ricominciare", disse.
 "Le fortezze che tu hai costruito non ti proteggeranno assolutamente in caso di pericolo:
 tu sarai solo e non per quei muri e quelle pietre
 potrai sfuggire alle imboscate e alle trappole dei tuoi nemici.
 Tu devi costruirti dei rifugi nel cuore delle persone oneste e buone.
 Devi cercare queste persone, e guadagnarti la loro amicizia:
 soltanto allora saprai dove rifugiarti nei momenti difficili.
 Là dove un uomo ha un amico sincero,
 là trova un tetto sotto cui ripararsi".
 Il principe si rimise in cammino.
 Non più per i deserti, i dirupi, le foreste selvagge,
 ma per andare verso la gente, tra loro,
 per costruire dei rifugi come immaginava suo padre,
  il vecchio re pieno di saggezza.
 E questo richiese molti più sforzi e fatiche.
 Ma il principe non li rimpianse mai.
 Perché, quando dopo un certo tempo il vecchio sovrano si spense e lasciò questo mondo,
 il principe non aveva più nessun nemico da temere.
 

(I pensieri del Gufo)


 *****

 

Nessuno ha un amore più grande di questo;  dare la vita per i propri amici...

Eliseo e Gedeone erano stati grandi amici fin da bambini.
Ognuno dei due considerava l’altro come un fratello
 e in cuor suo ognuno sapeva che non c’era nulla
 che non fosse disposto a fare per l’amico.
 Alla fine si presentò l’occasione di testimoniarsi
 la profondità della loro amicizia.
Ecco cosa accadde.
Un giorno Gedeone fu arrestato dalla polizia.
Senza alcuna prova lo accusarono
di essere una spia al servizio del nemico.
Un giudice distratto lo condannò a morte.
"Hai un ultimo desiderio?",
gli chiese il re, prima di firmare l’ordine di esecuzione.
"Si, lasciami andare a casa per il tempo necessario di dire addio
a mia moglie e ai miei figli e per sistemare le faccende domestiche".
"Vedo che mi ritieni stupido", disse il re, ridendo.
"Se ti lascio andare tu non tornerai più!".
"Ti lascerò un pegno, una garanzia sicura", disse Gedeone.
 "Che tipo di pegno potresti lasciarmi che mi renda certo del tuo ritorno?",
chiese il re.
In quel momento Eliseo,
che era stato per tutto il tempo in silenzio a fianco dell’amico,
fece un passo avanti.
"Sarò io il suo pegno", disse.
"Tienimi qui come tuo prigioniero,
 fino a quando Gedeone non ritorni.
La nostra amicizia ti è ben nota.
Puoi star certo che Gedeone ritornerà fino a che mi trattieni qui".
Il re studiò in silenzio i due amici.
"Molto bene", disse alla fine.
"Ma se vuoi veramente prendere il posto del tuo amico,
devi accettare la sentenza.
Se Gedeone non farà ritorno, tu morirai al suo posto".
"Manterrà la sua parola", replicò Eliseo.
"Non ho alcun dubbio".
Gedeone fu lasciato libero di andare e Eliseo fu gettato in prigione.
Dopo molti giorni, poiché Gedeone non si presentava,
 la curiosità del re ebbe il sopravvento
e il tiranno si recò nelle prigioni per vedere
se Eliseo fosse pentito di aver fatto un simile scambio.
"Il tuo tempo è quasi scaduto", disse il re sogghigando.
"Sarebbe inutile chiedere pietà.
Sei stato uno stupido a fidarti della promessa del tuo amico.
Hai creduto veramente che avrebbe sacrificato la sua vita per te?".
"Ha incontrato qualche impedimento", rispose deciso Eliseo.
"I venti gli avranno impedito di navigare,
o forse avrà avuto dei contrattempi lungo la strada;
ma, nei limiti delle umane possibilità, sarà qui in tempo.
Confido sulla sua parola tanto quanto sulla mia stessa esistenza".
Il re fu colpito dalla fiducia del prigioniero.
"Lo vedremo presto", disse, e lasciò Eliseo nella cella.
Il giorno fatale arrivò.
Eliseo fu prelevato dalla prigione e portato davanti al boia.
Il re lo salutò con un sorriso compiaciuto.
"Sembra che il tuo amico non sia tornato", gli disse ridendo.
"Cosa pensi di lui adesso?".
"E' mio amico", rispose Eliseo.
"Ho fiducia in lui".
Mentre stava parlando,
le porte si spalancarono e Gedeone entrò vacillando.
Era pallido e ferito e stentava quasi a parlare per la stanchezza.
Abbracciò l’amico.
"Grazie a Dio, sei salvo", ansimò.
"Sembra quasi che tutto stesse cospirando contro di noi.
La mia nave è naufragata nella tempesta,
poi sono stato attaccato dai briganti lungo la strada.
Ma non ho mai smesso di sperare, e alla fine ce l’ho fatta.
Sono pronto a subire la mia condanna a morte".
Il re ascoltò le sue parole con stupore
e i suoi occhi e il suo cuore si aprirono.
Era impossibile per lui resistere alla forza di simile fermezza.
"La condanna è revocata", dichiarò.
 "Non avrei mai pensato esistesse un’amicizia così leale e fiduciosa.
Mi avete dimostrato quanto fossi in errore,
ed è giusto che siate ricompensati con la libertà.
Ma in cambio vi chiedo un grande favore".
"Di che favore si tratta?", chiesero i due amici.
"Prendetemi come terzo amico".

 

(I pensieri del Gufo)

 

 ******** 

Nelle tue relazioni con gli altri, non andare a cercare quello che ti conviene...

 

Due amici si ritrovarono dopo una lunga separazione.
Uno era diventato ricco, l'altro era povero.
Mangiarono insieme, e rievocarono i ricordi comuni.
Poi il povero si addormentò.
L'amico, colmo di compassione,
prima di partire gli fece scivolare in tasca
un grosso diamante di valore inestimabile.
Ma al risveglio il povero non trovò quel tesoro e continuò la vita di sempre.
Un anno dopo le circostanze fecero nuovamente incontrare i due amici.
"Dimmi, perché", disse il ricco all'amico,
vedendo che era ancora in miseria,
"non hai trovato il tesoro che ti avevo messo in tasca?"

                       

Ogni incontro tra persone è un' esperienza simile.
Ogni uomo o donna che vivono con noi ci regalano tesori preziosi.
Il più delle volte però non ce ne accorgiamo...

 

Una volpe perse la coda in una trappola.

Questa favola sta a pennello a chi elargisce consigli al prossimo, non per altruismo, ma per propria convenienza.

 

Poiché non poteva sopportare la vergogna,
pensò che sarebbe stata una buona idea convincere 
tutte le altre volpi a ridursi al medesimo stato.
In tal modo, con il male comune, 
sarebbe passato inosservato il suo difetto.
Detto, fatto.
Le riunì tutte e cominciò ad esortarle a tagliarsi la coda,
perché con la coda erano brutte e poi...,
che vantaggio andare in giro con quel peso inutile...
Una di loro, però, poco convinta le replicò;
"Piantala! Se non ti convenisse, non ce lo consiglieresti..."
 (I pensieri del gufo)

 

 

 

 

 

 

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