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DICEMBRE

UNIONE

Qui manet in caritate, in Dio manet, et Deus in eo . 1 Jo. 4. 16.

Chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui. (1 Gv 4,16)

 1. " Il fine, che hanno tutte l'altre virtù è di metterci in possesso dell'Unione con Dio, nella quale unicamente sta riposta tutta la felicità, che in questo Mondo si può goder. Ora in che consiste propriamente quest'unione? In null'altro, che in una perfetta conformità e somiglianza della nostra volontà con la volontà di Dio: cioè quando queste due volontà sono tra di loro talmente conformi, che non sia cosa in un , che ripugni all'altra, e tutte le cose che vuole ed ama l'una, le voglia e le ami anche l'altra; e tutte quelle che aggradano, o dispiacciono all'una, aggradino o dispiacciano ancor all'altra ".  S. Giovanni della Croce .

 La B. Vergine ebbe questa perfetta unione; e dice di lei S. Bernardo, che teneva continuamente fisso lo sguardo, e prontissimo il consenso al divino beneplacito per ogni cosa .   La Venerabile M. Serafina di Dio aveva fatto molto profitto in questo cammino, poiché in una relazione, che di se fece al suo Direttore gli dice così:  L'Anima mia mi pare, che vada tanto d'accordo col Signore, che tutto quanto egli opera in essa, pare, che sia fatto apposta per lei, perché questo appunto essa vuole, onde tutto ciò che avviene all'Anima mia, sono tutti bocconi dolci fatti per lei, e le pare, che altro ella non saprebbe bramare, e perciò non prova mai rammarichi, né travagli.  Ed una volta che una si accusò di non essersi conformata al divino volere, ebbe ella in quel punto un lume così chiaro, in cui vide quanto sia bello il voler di Dio, che restò immobile per qualche tempo sopraffatta da grandissimo stupore, non sapendo intendere come potesse una creatura da niente non amare il santo e tanto bello volere del suo Creatore .

 

2. " S'ingannano quelli che credono che l'unione con Dio consista in estasi, e rapimenti, ed in godimento di lui. Poiché ella non consiste in altro, che nell'arrendimento e soggezione della nostra volontà con i  pensieri, parole, ed opere alla volontà di Dio: ed allora è perfetta, quando la volontà nostra si trova staccata da ogni cosa, ed unicamente attaccata a questa di Dio, in maniera che ogni suo movimento sia il solo e puro volere di Dio. Questa è la vera ed essenziale unione, che sempre ho desiderata, e che continuamente chiedo al Signore. Oh quanti siamo, che diciamo questo, e ci pare di non voler altro che questo!  Ma, miseri noi, quanti pochi dobbiamo arrivarci ! "    S. Teresa d’Avila.

 La medesima Santa non finiva di stupirsi della gran fortuna che ha l'uomo di potersi unire col suo Creatore, e  dell'immensa brama, che questo gran Signore ha di vederci uniti a se. E però questo era l'oggetto dei suoi più vivi desideri, e quello che sopra ogni altra cosa più ardentemente procurava.   S. Giovanni Battista sta nel deserto 24 anni. Iddio sa quanto il suo cuore era tocco dall'amore del Salvatore fin dal ventre di sua madre, e quanto avrebbe desiderato di godere della sua presenza! e nondimeno attaccato alla semplice volontà di Dio, egli rimane là a fare il suo uffizio, senza venire neppure una volta a vederlo: e dopo d'averlo battezzato, non lo segue, ma seguita a fare l'uffizio suo. Oh Dio, che cosa è questa se non tenere il suo spirito distaccato da ogni cosa, e in certa maniera da Dio stesso per fare la di lui volontà!  Questo esempio, diceva S. Francesco di Sales soffoca il mio spirito con la sua grandezza.

 3. " L'unione con Dio si fa in tre maniere:  con la conformità, con la conformità, e con la conformità.  La conformità è una totale subordinazione della nostra volontà alla volontà Divina in tutte le nostre opere, occorrenze, ed eventi; volendo ed accettando tutto quello, che Iddio vuole e dispone per grave e ripugnante che sia.  L'uniformità è una stretta cognizione della nostra volontà con la volontà Divina, per cui non solamente vogliamo tutto ciò che vuole Iddio; ma lo vogliamo per quest'unico motivo, che Dio lo vuole; e godiamo egualmente di tutto per questa sola cagione, perché di questo gode, e questo vuole la Divina volontà. E di qua si leva ogni ripugnanza .  La deiformità è una trasformazione, che rende la nostra volontà tutt'una con quella di Dio: di maniera che ella non sente più se stessa, come se veramente non vi fosse più, ma solo sente in se la volontà Divina, e tutti gli affetti ed operazioni sue, come se in essa si fosse cambiata; né vuole più cosa alcuna anche delle più sante con volontà creata, né per quella, ma solamente nella increata, fatta sua per trasformazione . "   Il P. Achille Gagliardi

 S. M. Maddalena de Pazzi giunse a possedere tutti e tre questi gradi d'unione. Poiché quanto al primo; disse più volte con gran sentimento, se io vedessi qui l'Inferno aperto, e credessi, essere volontà del Signore, che io penassi eternamente in quelle fiamme, da me stessa subito mi precipiterei là dentro per effettuare il suo divino volere . Quanto al secondo, in un'estasi, che ebbe nelle Feste di Pentecoste: Mi protesto, disse, di non volere, né desiderare lo Spirito Santo, se non secondo il volere di Dio.  Io lo desidero, e non lo desidero: perché non lo voglio desiderare da me come da me: tanto che se Iddio me lo desse per fare la mia volontà, e non la sua, come sua, ma come mia, ancorché in questo ci fosse la volontà sua; ma non primieramente, e totalmente sua; in nessun modo ne sarei contenta. Tanto m'importa non voler possedere, e far mio quel che gli ho donato, e voglio che sia tutto suo; per poter dire con tutta verità in ogni cosa: Fiat voluntas tua.  E quanto al terzo ella viveva, come morta a se stessa, senza proprio intendere o volere.  Tale appunto il Signore le fece vedere l'Anima sua in un'altra estasi sotto l'apparenza di un'altra anima, ch'ella descrisse con questi termini. Ella cammina dietro al suo Sposo, senza intendere, senza sapere, senza parlare, senza udire, senza gustare, e si può dire, senza operare, e come morta: solo attende ad andar dietro al tiro interno del Verbo Divino, per non offenderlo .

 4. "La conformità al divino volere è un potentissimo mezzo per vincere qualunque tentazione, per emendarsi qualsivoglia imperfezione, per conservare la pace del cuore, ed è un rimedio efficacissimo per tutti i mali, ed il tesoro del Cristiano.  Poiché contiene eminentemente in se la mortificazione, l'abnegazione, l'indifferenza, l'imitazione di Cristo; l'unione con Dio e generalmente tutte le virtù: le quali non sono tali, se non perché sono conformi alla volontà di Dio, ch'è l'origine, e la regola d'ogni perfezione .   S. Vincenzo de Paoli .

 Egli era tanto affezionato a questa virtù, che si può dire, essere ella stata la propria e principale, e come la generale virtù di lui, la quale mandava i suoi influssi sopra tutte le altre, ed era come il principale motore di tutte le potenze dell'Anima sua, e di tutti i sensi del suo corpo, ed il primo di tutti i suoi esercizi di pietà, di tutte le sue più sante pratiche, e di tutte quante le sue azioni.  Di modo che, se si metteva alla presenza di Dio nelle sue orazioni, ed in tutti gli altri suoi esercizi; ciò era per dire a Dio, come S. Paolo: Signore, che volete ch'io faccia?  Se era così attento in consultare ed ascoltare Dio, e si portava con tanta circospezione per discernere le vere inspirazioni procedenti dallo Spirito Santo dalle false, che vengono dal Demonio, o dalla natura; ciò era per conoscere con maggior sicurezza la volontà di Dio, e per meglio disporsi ad eseguirla. E se finalmente rigettava così risolutamente le massime del Mondo, ed unicamente si attaccava a quelle del Vangelo, se rinunziava così perfettamente a se medesimo, se con tanto affetto abbracciava le Croci, e si abbandonava a fare e soffrire tutto per Dio, tutto era per conformarsi più perfettamente ad ogni volere di S. D. M..   

Il B. Jacopone stupendosi, come non sentisse più alcuno stimolo, né inquietudine nella propria coscienza, come prima sentiva, intese questa voce nel suo interno: Questo viene, perché ti sei abbandonato totalmente alla Divina volontà, e ti contenti di tutto ciò che ella fa

5. " E' tanto il gusto, che hanno gli Angeli nel fare la volontà di Dio, che se fosse voler di lui, che alcun di loro venisse in Terra a scegliere la zizzania, o a purgare le ortiche di un campo, lascerebbe subito il Paradiso, e si metterebbe a far ciò di tutto cuore, e con infinito diletto. "  Il B. Enrico Susone

Egli medesimo era tanto contento del divino volere, e tanto ad esso attaccato e subordinato, che diceva: Io vorrei esser piuttosto un pipistrello con la divina volontà, che un Serafino con la mia.   Era tale e tanto l'affetto, e la tenerezza d'amore, che portava S. M. Maddalena de Pazzi a fare la divina volontà, che al solo sentirne parlare pareva che si risolvesse in giubilo di spirito, e talora veniva rapita in estasi. Onde una sera in tempo che le altre si erano ritirate in cella per dormire, stando ella per casa, sentì dire che una sorella aveva gran desiderio di far la volontà di Dio, e rispose con giubilo: è una cosa troppo amabile; con che rimase alienata da' sensi: e non potendo contenere quella gran dolcezza, che le apportava la cognizione dall'amabilità del Divino volere, si mise a correre per il dormitorio, esclamando, che la Divina volontà è amabile; e chiamando le altre, che venissero a confessare la stessa cosa insieme con lei: tanto che commosse teneramente tutte, uscirono fuori, e andarono con essa in una Cappella, dove tutte ad alta voce unitamente confessarono essere amabile la Divina volontà; e si fece in tutte una gran commozione di spirito.

 

6. " Un'Anima con verità rassegnata in Dio non s'affeziona ad alcuna cosa creata; perché conosce chiaramente, che tutte le cose fuor di Dio sono vanissime, ed un nulla. Onde l'oggetto e lo scopo suo altro non è che di morire a se stessa, e di rassegnarsi attualmente, e sempre in tutte le cose. "  Il B. Enrico Susone

 S. Vincenzo de Paoli fu in questo eccellente, perché viveva staccatissimo da tutte le creature, ed anche da se medesimo, e solo attento a dipendere in tutto dal voler di Dio e dalla disposizione della sua santa Provvidenza.   A questo felicissimo stato era pervenuta l'Anima della V. M. Serafina, come appare da una relazione, che di se ella fece al suo Direttore in questi termini. Lo stato, in cui presentemente si trova l'Anima mia, è, che altro io non voglio, che quello che vuole Iddio: il gusto e volere di Dio si è tanto internato in me e tanto impastato col volere e gusto mio, che si è fatto mio, e quello solo voglio, che vuole Iddio; e non solo lo voglio ma non posso né volere né avere altro gusto e volere che questo. Questo è il mio unico e compito volere; né ho bisogno di produrre, o di replicarne gli atti; perché già lo tengo altamente impresso nell'Anima, e l'amo, e lo stimo, e sommamente ne godo.

 

7. " Il Signore siccome conosce tutti per quello a che sono buoni; così dà a ciascuno il suo impiego, conforme più vede convenire alla gloria sua, alla salute di lui, ed al bene dei prossimi. Questo però è l'inganno nostro in non rimetterci totalmente a quello ch'egli vuol fare di noi . "  S. Teresa  d’Avila

 Ella medesima, avendole i suoi Direttori posto in dubbio il suo cammino nello spirito, ed ordinato che procurasse altra via; non sapeva far altro che mettersi nelle mani di Dio; affinché egli che sapeva quello che le conveniva, adempisse il lei tutto ciò ch'era di sua volontà in ogni cosa.   Il Signore un dì pose nelle mani di S. Francesco Borgia d'eleggere o la vita, o la morte della sua consorte, ch'era gravemente inferma. Al che egli inteneritosi rispose: Perché, Signore, commettete al giudizio mio quello che unicamente sta in poter vostro? Quello che importa a me, è di seguire in tutto il vostro santo volere, perché niuno meglio di Voi sa quello ch'è meglio per me. E però fate pure quello che più vi piace, non solo della consorte , ma dei figli ancora e di me: Fiat voluntas tua .   Un cieco chiese istantaneamente la vista a S. Vedasto nel giorno della sua Festa, e l'ottenne; e poi tornando a pregare che se la vista non era espediente per la di lui salute non l'avrebbe voluta; immediatamente gli fu ritolta.  Lo stesso accadde ad un altro, il quale essendo guarito, da una grave infermità per l'intercessione di S. Tommaso Cantuariense; pregò il Santo, che se ciò non era il meglio per lui, non lo voleva; e gli ritornò subito la medesima infermità, ed egli ne restò contento .

 8. " Dobbiamo sottometterci al volere di Dio, ed essere contenti in tutti quegli stati in cui gli piacerà di metterci , né mai desiderare di uscirne finché non conosceremo, che tale è il gusto di lui. Questa è la più eccellente, e la più utile pratica, che si possa esercitare sopra la Terra . "  S. Vincenzo de Paoli .

 Il Venerabile Padre Daponte disse ad un suo confidente , che godeva dei difetti naturali della sua persona , e della sua lingua; perché il Signore con tali difetti l'aveva voluto segnato; e che similmente godeva di tutte le tentazioni , o miserie sue sia interne, che esterne, perché Iddio così voleva e che se fosse volontà di Dio che vivesse mille anni carico di travagli anche maggiori, e tra dense tenebre, purché non offendesse lui, tuttavia ne sarebbe stato contento.   S. Elisabetta avvisata della morte del marito in guerra, rivolta subito a Dio, disse, Signore, tu ben sai, che io preferivo la presenza di lui a tutte le delizie del Mondo.  Ma giacché ti è piaciuto di togliermelo: io totalmente mi accomodo al tuo santo volere, che se con strapparmi un solo capello, lo potessi riavere senza il tuo beneplacito non lo farei giammai .

 9. " Non crediate mai d'esser arrivati alla purità, che dovete, sin a tanto che la vostra volontà non sia del tutto, ed in tutto anche nelle cose più ripugnanti liberamente e allegramente sottomessa alla santa volontà di Dio. "  S.Francesco di Sales .

 Del medesimo Santo dice la B. Francesca di Chantal, essere egli giunto a tanta purità, come da lui stesso aveva risaputo, che nel più forte delle sue afflizioni provava una dolcezza cento volte più dolce dell'ordinario. E che questo proveniva da quell'intima unione, che godeva, la quale gli rendeva saporitissime le cose più amare.   S. Vincenzo de Paoli avendo patito un danno notabile nelle sostanze della Congregazione, ne avvisò un amico così: Non posso a meno, che come a parzialissimo nostro io non vi dia parte della perdita da noi fatta; non già come di male, che ci sia avvenuto, ma come di favore che il Signore ci ha fatto: acciocché ci aiutate a rendergliene le dovute grazie.  Favori e benefici chiamo io le afflizioni, ch'egli ci manda, massimamente quando sono ben ricevute  E perché la sua infinita Bontà ha ordinata questa perdita; ce l'ha fatta accettare con perfetta ed intera rassegnazione: ed ardisco dire, con quell'allegrezza con cui avremmo ricevuto qualche prospero avvenimento .

 10. " Vale più un atto di rassegnazione al divin volere in quello che dispone contrario a noi, che centomila buoni successi secondo il volere, e gusto nostro . "  S. Vincenzo de Paoli .

 Il Santo Giobbe tra tante disgrazie, con quel  Dominus dedit, Dominus abstulit, (il Signore da, il Signore toglie) quanto mai meritò appresso Dio !

 11. " La perfetta rassegnazione altro non è che un eccesso di morale annichilazione dei pensieri ed affetti, rinunziandosi uno totalmente in Dio, perché lo guidi come gli pare e piace in ogni cosa: come se non sapesse, o non volesse più se stesso, né alcuna 'altra cosa che Dio.  Ed allora è, che come si dice, l'Anima si perde in Dio: non già quanto alla natura, ma quanto alla proprietà delle sue potenze. "  Il B. Enrico Susone

 S. Caterina da Genova fu una di quelle anime fortunate, che giunse a partecipare di questa santa annichilazione, nella quale com'ella medesima attesta, non aveva più né pensieri, né affetti, né desideri di alcuna cosa, fuorché quello di lasciar fare a Dio di lei ed in tutto quello che egli voleva, senz'alcuna sua resistenza, o elezione; e che questo le dava in ogni tempo ed in ogni cosa un sapore, che partecipava con quello dei Beati, i quali non hanno altro volere che quello del loro Dio. Ond'è, che diceva: se io mangio, se bevo, se parlo, se taccio, se dormo, se veglio, se vado, se odo, se penso, se sono in Chiesa, se in casa, se in piazza, se inferma, o sana; in ogni ora e momento della vita mia tutto voglio, che sia in Dio e per Dio nel prossimo anzi non vorrei poter fare, né parlare, né pensar altro che quello che fosse il voler di Dio; e la parte, che a quelle si opponesse, vorrei ne fosse fatta subito polvere e sparsa al vento.   Essendo apparsa a S. Aldegonda una fanciulla da lei non conosciuta, la quale da parte della SS. Vergine le disse che domandasse ciò che voleva che le sarebbe dato: Tutt'allegra la Santa, rispose, che altro non bramava, se non che in tutte le cose si facesse la santa volontà di Dio, alla quale ella si sarebbe rassegnata con tutto suo gusto e piacere.

 12. " Quando sarà, che noi gusteremo la dolcezza della divina volontà in tutto ciò che ci avverrà, non considerando in alcuna cosa altro, che il suo beneplacito, dal quale è certo, che con eguale amore, e per il nostro meglio, ci vengono compartite tanto le avversità, che le prosperità?  Quando ci saremo abbandonati completamente nelle braccia del nostro amorosissimo Padre celeste, lasciando in lui la cura delle nostre persone e dei nostri affari, e non riservando per noi, che il solo desiderio di piacere a lui, e di ben servirlo in tutto quello che potremo ? "  La B. Maria di Chantal .

 Mentre S. Pietro stava per venire alla disputa con Simon Mago questi gli mandò a dire che per un affare importante sopraggiuntogli doveva differirla tre giorni dopo.  S. Clemente, che si era convertito di fresco, ed allora si trovava con S. Pietro, si rattristò di questa dilazione . Ma S. Pietro lo consolò, con dirgli: Figlio, questo è proprio dei Gentili, di turbarsi quando le cose non succedono secondo il desiderio: ma noi, che sappiamo, che il Signore guida e dispone tutte le cose, abbiamo in tutti i casi da stare con gran consolazione e pace. Sappi, che questo che ti apporta malinconia, è seguito per maggior bene; perché se la disputa si fosse fatta oggi, tu non l'avresti intesa molto; e facendosi più tardi, l'intenderai meglio; perché frattanto io ti istruirò, e così ne trarrai maggior profitto.  Perciò per l'avvenire guardati di non discostarti mai dal divino volere, pigliando sempre tutto ciò, che t'avverrà per il tuo meglio.   Si legge della moglie di un armigero, che in tutti i casi avversi, che ad alcuno accadevano, aveva sempre in bocca queste parole: questo sarà il meglio per lui. E questo stesso disse al marito una volta che perdé un occhio. Ora accadde, che dopo qualche tempo stando il Re vicino a morte, e dovendosi secondo il costume del Paese deputare uno, che morisse insieme con lui per onorare la di lui morte, fu a tal effetto deputato il marito; ma questo fatto saggio dal suo stesso infortunio: no , disse , non è decente, che un sì gran Re abbia per compagno nella sua morte un guercio. Il che fu da tutti approvato: è così l'aver perduto l'occhio non fu per lui disgrazia, ma gran fortuna .

 13. " L'abbandonare se stesso in Dio altro non è, che un donargli totalmente la propria volontà. Quando un'Anima può dire davvero: Signore io non ho altra volontà, che la vostra; allora è veramente abbandonato in Dio, ed in lui unita . "  S.Francesco di Sales .

 Il Veneravile P. Daponte aveva fatto questo voto , e lo ripeteva ogni giorno : Fiat , Domine , de me , in me , pro me, et circa me , et omnia mea , sancta voluntas tua in omnibus , et per omnia , et in aeternum .  (Sia fatto, Signore, di me, per me e tutto per me, in tutto la tua santa volontà e in eterno). Apparve un giorno il Signore a S. Geltrude, dicendole: Figlia, ecco che io porto in una mano la santità, e nell'altra l'infermità : eleggi quello che più ti piace. E la Santa gettatasi ai piedi di lui con le mani incrociate sul petto: Signore, rispose, io vi prego a non considerare per niente la volontà mia, ma la vostra unicamente, ed a fare in me quello che sia per riuscire a maggior gloria e gusto vostro; perché io non ho altro desiderio, che di avere quello che volete voi, che io abbia. Piacque molto al Signore questa risposta, e le soggiunse: Quelli, che vogliono esser visitati spesso da me, mi donino la chiave della loro volontà, senza domandarmela più. Dal che addottrinata la Santa, si compose questa giaculatoria , che poi ripeteva ad ogni momento : Non mea , sed tua voluntas fiat, Jesu amantissime .(Non la mia, ma la tua volontà sia fatta, Gesù amatissimo)

 

14. " Sono molti quelli, che dicono al Signore Io mi dò tutto a Voi senz'alcuna riserva:  ma sono pochi quelli, che abbracciano la pratica di questo abbandono, la quale consiste in una certa indifferenza a ricevere ogni sorta di accidenti, conforme arrivano secondo l'ordine della divina Provvidenza; tanto le afflizioni, quanto le consolazioni  che i disprezzi e gli obbrobri, come gli onori e la gloria . "   S.Francesco di Sales

 Spiccò a meraviglia in questo S. Vincenzo de Paoli.  In tutti i luoghi, tempi, impieghi, occasioni, e nelle tribolazioni, e nelle consolazioni, e nelle malattie, e nei gran freddi, e nei gran caldi, e nel ricevere affronti, rimproveri, calunnie, o perdite di persone, e di beni, mai non s'inquietò affatto, né si turbò: ma come se tutti questi accidenti fossero d'una medesima sorta, se ne restava sempre con una gran pace e tranquillità d'animo che dava a conoscere con la dolcezza delle parole, e con la serenità del volto. E ciò perché non perdeva mai di vista quella sua gran massima che nulla succede in questo Mondo, che non venga ordinato dalla divina Provvidenza, nelle cui braccia s'era egli interamente abbandonato. Il che fece dire ad un Prelato, di ciò stupito: il Signor Vincenzo è sempre il Signor Vincenzo.   I casi particolari renderanno la cosa più chiara .  Ricevendo avviso, che alcuni esterni volevano muovere liti, e molestare i suoi Missionari nei loro beni, e nelle cose, e luoghi da loro acquistati; la sua più ordinaria risposta era, che null'altro succederebbe se non quello che piacerebbe al Signore; e che essendo egli il Padrone di tutti i loro beni, era cosa giusta, che ne disponesse secondo il suo divin volere.  Essendo gravemente infermo uno dei principali e più utili soggetti della Congregazione scrisse così ad una persona che ne sentiva grande afflizione: Pare che Nostro Signore voglia pigliare la sua parte della nostra piccola Compagnia.  Essa, come spero è tutta sua, e però egli ha diritto di valersene come gli parrà.  E quanto a me il maggior desiderio, che io abbia, è di nulla desiderare, fuorché l'adempimento della sua divina volontà.  Di fatti sebbene gli fosse tanto cara la conservazione della sua Congregazione, non desiderò mai né questa né l'aumento, o progresso di essa, se non in quanto poteva conoscere, che Iddio così voleva  di modo che, come disse una volta non avrebbe fatato un passo, né detta una sola parola per questo, se non fosse stato con intera dipendenza dalla divina volontà.  E lo stesso pure praticava in ciò che riguardava la propria sua persona. Poiché soffriva le sue gravi infermità con gran pace e tranquillità d'animo.  E nell'ultimo anno vedeva egli bene, e io diceva ancora, che se n'andava a poco a poco, ma con una così perfetta indifferenza, che il vivere e il morire, i patimenti, ed i sollievi, tutto gli era una cosa.  Era indifferente per i cibi, e per li rimedi che gli venivano dati, e quantunque rappresentasse talora, alcuna cosa essergli nociva; prendeva però sempre tutto quello che ordinavano i Medici, e si mostrava egualmente contento sia dei mali affetti, che dei buoni; altro in tutto non rimirando che l'adempimento del divino beneplacito, come unico oggetto dei suoi desideri, e delle sue allegrezze; né mai si osservò in lui sia nelle malattie, che nella sanità neppure una minima cosa contraria a questa sua santa disposizione. A questo medesimo stato ancora arrivò la B. M. di Chantal, di cui si racconta, che riceveva con ugual indifferenza tutti gli accidenti, tanto avversi, quanto prosperi; non avendo altro desiderio fuorché quello solo, che Iddio facesse di lei, in lei, e circa di lei tutto ciò, che a lui piacesse; e che perciò non voleva neppure pensare a quello che a se, e ad altri potesse accadere nell'avvenire; cioè che cosa avrebbe fatto, se si fosse trovata in qualche occorrenza, in caso, per esempio, che venisse a mancarle ogni cosa, se avesse dovuto andar mendicando, ovvero aspettare il provvedimento dalle mani del Signore.  E diceva, che quando si trovasse in un simile caso , allora avrebbe domandato con nuova confidenza al Signore che cosa dovesse fare, tutta in lui abbandonandosi.  Infatti domandata una volta, se nei vari pericoli di precipizi, di sommersioni, ed altri che aveva incontrati nei suoi continui viaggi, avesse sempre sperato di esserne da Dio liberata, rispose di non avere sperata la liberazione, ma bensì, che il Signore avesse sempre fatto cio' ché fosse di sua maggior gloria, o liberandola dal pericolo, o lasciandola in esso perire, e che in questa con tale dipendenza dalle divine disposizioni il suo cuore si trovava sempre contento, tranquillo, ed in pacifica quiete.   Insomma diceva un grande e santo uomo: un'anima, che sia perfettamente rassegnata, è come un corpo da ogni parte perfettamente quadrato ( cioè un cubo ) il quale da qualunque parte si getti, in quella stabilmente si posa.

 15. " Se vi getterete nell'esercizio del santo abbandono, senz'accorgervi del vostro profitto, farete molto avanzamento, come appunto succede a coloro, che navigano in alto mare con venti favorevoli, abbandonati alla condotta del pilota. "   S.Francesco di Sales

 Era in certo Monastero un Religioso tanto insigne di far miracoli, che gl'infermi guarivano col solo toccare le di lui vesti, o cintura. Si meravigliava di ciò l'Abate non vedendo in esso niente di speciale ed un giorno gli domandò per quale ragione Iddio operasse per mezzo suo tanti miracoli: io non lo so, rispose egli, perché io non faccio digiuni, né discipline, né veglio, né fatico, né faccio lunghe orazioni, o  altra cosa  di più degli altri. Questo solo io trovo in me, che nessuna cosa che succede, mi turba, o m'inquieta, ma l'Anima mia se ne sta sempre con una stessa tranquillità in tutti gli avvenimenti, per molti avversi, che siano, tanto propri, che d'altri, perché ho lasciata ogni cosa nelle mani di Dio, e così le prosperità, come le avversità, così il poco, come il molto, tutto prendo con ugual rendimento di grazie, come venute dalli mani sue. Allora, soggiunse l'Abate, e non ti turbasti l'altro giorno, quando quel nostro avversario bruciò la nostra grangia?(struttra edilizia) . Niente affatto, gli rispose. Ecco dunque la ragione dei tuoi miracoli , ripigliò l'Abate.   Un contadino, che aveva sempre e più, e migliori frutti degli altri richiesto della ragione di ciò dai suoi vicini: Sentite, disse, io ho sempre i tempi, come li voglio, perché li voglio sempre come vuole Iddio, e non altrimenti .

 16. " Uno dei principali effetti del santo abbandono in Dio è l'ugualità di spirito nei vari accidenti di questa vita: ch'è certamente una cosa di gran perfezione, e di gran gusto di Dio. Ed il modo di mantenerla, è ad imitazione dei piloti, rimirare di continuo il polo, cioè il volere Divino, per starvi continuamente attaccato: giacché esso è, che con infinita Sapienza distribuisce rettamente la prosperità e le avversità, la sanità e le malattie, le ricchezze e la povertà, gli onori e i dispregi, la scienza e l'ignoranza; e tutto quanto in questa vita succede. Altrimenti se rimireremo le creature  senza questa relazione a Dio, non potremo a meno di non mutarsi di umori, e d'inclinazioni secondo la varietà degli accidenti, che occorrono. "   S.Francesco di Sales

 Riferisce Taulero, esservi stato un insigne Teologo, il quale per otto anni continui aveva pregato Dio di fargli trovare qualcuno, che gl'insegnasse la via della verità, e che un giorno finalmente mentre stava più infervorato in questa preghiera , udì una voce dal Cielo che gli disse: va al Tempio, e là lo troverai. Andò, e vi trovò un povero mendico, che se ne stava sui gradini della Chiesa male involto in uno straccio di veste tutta logora, e tutto ricoperto di piaghe; e mossone a compassione lo salutò benignamente dicendogli: Iddio ti dia il buon giorno, buon uomo: Io, disse subito con lieto viso colui, non ho mai avuto un mal giorno. Dunque ripigliò il Teologo, Iddio ti dia buona fortuna. E quegli, io non ho mai provati infortuni. Ma come non hai avuti giorni mali, e non hai mai provati infortuni, soggiunse il Teologo, se sei carico di malanni e di guai? Ti dirò, rispose il mendico, io mi sono posto totalmente in braccio alla divina volontà, alla quale conformo talmente la mia, che quanto Iddio vuole, tanto voglio io. Ond'è, che quando la fame, la sete, il freddo, il caldo, le infermità mi molestano, io altro non faccio, che lodare Dio. Sia l'aria serena, o tempestosa, io lodo sempre Dio; e qualsivoglia cosa mi accade, sia prospera, sia avversa, sia grata, o disgustosa, tutto prendo dalla mano di Dio con grande allegrezza, come cosa, che non può essere se non buona, mentre proviene da una causa, la quale non può fare, se non cose ottime. Ma ripigliò allora il Teologo, e se Iddio ti volesse mandare all'inferno, cosa faresti? ed il mendico: immediatamente mi butterei là dentro. Però vedi, io ho due braccia, uno è l'umiltà; col quale mi tengo sempre unito alla di lui sacratissima umanità, l'altro è amore, che mi unisce alla di lui Divinità. Ora se accadesse, che egli mi condannasse all'Inferno, io allora con queste due braccia mi stringerò sì fortemente in lui, ch'egli sarebbe costretto a venire insieme con me. E con tal compagnia non m'importerebbe di star anche nell'Inferno. Chi sei mai tu? disse qui il Teologo. E colui. Io sono Re. E dov'è il tuo regno? nell'Anima mia: perché so reggere così bene i miei sentimenti sia interni, che esterni, che tutte le forze, le inclinazioni, e gli affetti dell'Anima mia mi stanno totalmente soggetti. Dimmi, donde mai apprendesti tanta perfezione? Con il raccoglimento, con la meditazione, e con l'unione con Dio. Io non potei trovar mai la quiete in cosa alcuna, che fosse minore di Dio, finché non giunsi a trovar lui, e da allora in quà io godo una continua pace. E dove trovasti Dio? Dove io lasciai l'affetto a tutte le altre cose.

 17. " In questo santo abbandono si genera quella bella libertà di spirito che hanno i perfetti, ed in cui si  trova tutta la felicità, che in questa vita si può desiderare, poiché di nulla temendo, e nulla volendo e bramando delle cose del Mondo, tutto possederemo. "  S. Teresa d’Avila.

 Una di queste belle Anime era quella di S. Francesco di Sales. Poiché egli in tutti gli accidenti, che gli occorrevano, si mostrava sempre contento, come se tutti andassero secondo il suo desiderio. Infatti essendosi sollevata una fiera persecuzione contro di lui, e contro l'Ordine da lui istituito, scrisse così alla Chantal, io rimetto tutti questi venti infesti alla divina Provvidenza. Soffino; o cessino, come a lei piacerà; la tempesta, e la bonaccia mi sono egualmente care. Se il Mondo non sparlasse di noi, non saremmo servi di Dio.   Ferdinando II Imperatore faceva ogni giorno questa preghiera : Signore se è bene per la gloria tua, e per la salute mia, che io sia maggior di quello che sono, esaltami; e ti glorificherò: Se è d'onor tuo, e per la mia salute, che io mantenga nel grado che sono: conservami in esso, e ti glorificherò: Se è di lode tua, e per bene mio, che io stia in grado più basso; abbassami, e ti glorificherò.   Il P. Alvarez non pensava mai che cosa si sarebbe fatta di lui. E se tal volta  gli veniva ciò in mente, diceva subito: ne sarà quello che vorrà Dio; e rivolto a Dio, Signore, io non voglio altro, che contentare voi, e soddisfare voi.

 18. " Oh, il bel vedere una persona spogliata da ogni attaccamento, pronta ad ogni atto di virtù e di carità, dolce con tutti, indifferente ad ogni esercizio, uguale nelle consolazioni, e nelle tribolazioni, e tutta contenta, purché si faccia la volontà di Dio. "   S.Francesco di Sales

 Ecco come il Santo, senza volerlo, ci ha dipinto al vivo se stesso; poiché tale appunto egli era, quale quì si è descritto; come appare da tanti fatti riferiti in quest'Opera .

19. " Quando ci saremo abbandonati totalmente al gusto di Dio, sottomettendo senz'alcuna riserva la nostra volontà, e tutti i nostri affetti al suo dominio; allora vedremo le Anime nostre talmente unite con S.D.M , che potremo dire con quel perfetto tra i  Cristiani: In me non ci vivo più io, ma Gesù Cristo. "   S.Francesco di Sales

 Il medesimo Santo, per attestazione di chi lo praticava più confidentemente negli ultimi anni di sua vita era arrivato a tanto, che non voleva, non amava, né vedeva più altro, che Dio in tutte le cose. D'onde procedeva, che si vedeva sempre assorto in Dio, e diceva non esservi cosa al Mondo, che lo potesse contentar , se non Dio; e più volte profferì con un sentimento tutto estatico; Signore, che vi è in Cielo per me, e che voglio io in Terra, se non Voi?  Voi siete la mia porzione, e la mia eredità in eterno. Tutto ciò che non era Dio era niente per lui. E questa era la principale tra le sue massime.

 20. " Quando uno vuole unirsi a Dio è necessario, che si esamini, se tra l'Anima sua e Dio vi sia qualche cosa di mezzo, e se in qualche cosa egli cerchi se stesso, e sia rivolto a se medesima. "  Il B. Enrico Susone

 Il V. Bercmans, essendosi esaminato se aveva affetto ad alcuna cosa trovò , che non vi era cosa sopra la Terra, alla quale avesse o potesse avere affetto. Onde lasciò scritto Nulli rei sum affectus, et nihilo habe, cui afficiar .   (A nessuna cosa sono legato e non ho nessun ufficio a cui ambire). Un cavaliere di gran nome, che aveva menata gran parte della vita in Corte, governandosi con le massime del Mondo, finalmente guadagnato a Dio da S. Vincenzo de Paoli, si diede tanto alla perfezione, che divenne a tutti di grand'esempio.  Però bramoso di crescere, e persuaso, che quanto più fosse staccato dalle creature, tanto più si unirebbe con Dio, s'andava sovente esaminando, se avesse qualche attaccamento ai parenti, amici, beni, onori, comodi, o altro; e qualunque cosa trovava, che lo trattenesse, quella subito rompeva, e tagliava.  Un giorno poi andando a cavallo prese al far il consueto esame , e non trovava niente , se non che finalmente conobbe d'aver affetto alla sua spada la quale nei duelli l’aveva tante volte difeso dalla morte.  Ed immediatamente scese da cavallo incontrata una grossa pietra, la ruppe sopra di quella.   Raccontando poi il fatto al Santo attestò, che quell'atto gli diede una libertà sì grande, che non mai più ebbe affetto ad alcuna cosa caduca.

 21. " L'orazione di unione non pare altro, che un morire quasi affatto a tutte le cose del Mondo , e star godendo di Dio . "  S. Teresa d’Avila

 In questo felicissimo stato si trovava S. Caterina da Genova, la quale confessa di se, che una volta ebbe una visione in cui le fu mostrato, come tutto il bene procede da Dio senz'altra causa antecedente, che dalla sua pura, e semplice bontà dalla quale viene unicamente mosso a farci del bene in tanti modi, e vie.  Da tal vista, dice, ridondò in me un certo fuoco d'amore tanto intrinseco, che fin da quel punto mi fu levato l'intelletto, la mente, e la volontà, e l'amore d'ogni cosa, ch'è fuor di Dio: tanto che l'Anima mia non sa, né può voler altro, che ciò che di presente sta godendo, e niente più, e con ciò è contenta e soddisfatta più di quello che mai potesse ottenere con mettere in opera ogni suo sforzo ed industria.  E se mi domandasse, che cosa vuoi tu? che intendi tu? io risponderei: nessun'altra cosa fuorché quello che mi dà l'amore, il quale mi tiene tanto in se occupata, e sì piena, che non ho bisogno d'andare meditando, né cercando cosa alcuna per pascere le mie potenze, tanto stanno sazie e soddisfatte.

 22. " L'anima, che sta attaccata con l'affetto a qualsivoglia cosa anche minima, che molte virtù che tenga, non arriverà mai alla libertà della divina Unione.  Poichè importa poco, che un uccello stia legato con un filo grosso con uno sottile; mentre per sottile che quello sia, quando però non lo rompa, starà sempre legato, né mai potrà liberamente volare. Oh che compassione è mai il vedere certe Anime, come tante ricche navi, cariche di preziose merci di buone opere, di esercizi spirituali, e di virtù, e gran favori di Dio; e per non avere coraggio di finirla con quel gusto, o affezione non possono mai arrivare al porto della divina Unione, che in altro più non stava, se non in dare un buono e forte volo, e finir di rompere quel filo di attaccamento!  Poiché liberata l'Anima da ogni affetto a qualunque creatura, non può Iddio non comunicarsele con pienezza: come non può il Sole non entrare ad illuminare una stanza aperta, quando è sereno. "  S. Giovanni. Crisostomo

 Si riferisce nella vita di S. Gregorio, che un uomo ricco lasciò il Mondo, e si ritirò in una selva, non portando con se altro che un gattino, acciò gli servisse di qualche sollievo in quella solitudine; quale perciò egli amava, e spesso accarezzava.  E dopo esser là vissuto per molti anni in un continuo esercizio d'orazione e penitenza, pregò il Signore a volergli manifestare qual premio gli teneva preparato.  E Iddio gli fece intendere, che poteva sperare nel Cielo un posto eguale a quello di Gregorio Romano Pontefice.  Si attristò il buon Romito ad un tal avviso, non potendo capire, come uno, che aveva lasciato per Dio quanto aveva, e l'aveva servito con tanta austerità, non avesse da ricevere maggior premio di uno, che viveva tra tante ricchezze e tra tante comodità.  Ma il Signore gli aprì gli occhi con fargli intendere, ch'era più attaccato egli al suo gattino, che Gregorio a tutte le ricchezze ed onori, che godeva; e che la perfezione consiste appunto nel distaccamento da ogni cosa, che non è Dio.   Le monache della Visitazione fanno speciale professione di un totale distaccamento da ogni cosa, non potendo appropriarsi cosa alcuna quanto si voglia minima, neppure un ago. E però per mantenere in vigore questa sì eccellente espropriazione, al fine di non attaccare il loro affetto a cosa alcuna, hanno per regola di cambiare ogni anno tra di loro quanto hanno in uno, camere, libri, masserizie, e tutto, per fin le medesime Croci che portano in petto .

 23. " Ecco perchè dopo tante Comunioni che facciamo, noi non arriviamo mai a ricevere la santificazione; perché non lasciamo regnare in noi il Signore, com'egli bramerebbe. Egli viene in noi, e trova i nostri cuori pieni di desideri, di affetti, e di piccole vanità.  Non è questo quello che 'egli desidera.  Lì vorrebbe trovare  vuoti, per rendersene assoluto padrone e governatore. "  S.Francesco di Sales .

 Uno di questi cuori era quello del medesimo Santo. Poichè attesta di lui il suo Confessore, che non poteva soffrire in esso alcun affetto che non fosse tutto di Dio, o per Dio.  Ond'è, che se talora vedeva spuntarvene alcuno, che tale non fosse, gli era subito sopra con ferro e fuoco alla mano per estirparlo.   Ad una buona Anima fu detto dal Signore, che la migliore disposizione per ricevere abbondanti grazie nella Santa Comunione, è quella di vuotarsi di tutto.  Perché se un gran Signore si porta in casa di un suo amico, per riempirgli tutti i suoi scrigni e bauli, e li trova pieni di crusca, di sabbia, e di terra con suo rammarico è forzato a ritirarsi indietro.   Questa è la ragione, perché le Anime sante usavano tante diligenze per far bene la Comunione.  Leonora Imperatrice, che la frequentava tre volte la settimana, vi spendeva prima due ore di meditazione, vi andava cinta di cilizio, e di catenelle pungenti avvolte in più giri intorno alle braccia: e dopo stava prostrata per un quarto d'ora con il volto sul pavimento, trattenendosi col divino Ospite in dolci e tenere accoglienze.  Quindi per mantenere tra il giorno il caldo della devozione, stava per quanto poteva, ritirata, pregando e leggendo in silenzio, ed in solitudine, nella sua stanza.   S. Luigi Gonzaga vi spendeva tutta la settimana, indirizzando per preparazione ad essa tutte le operazioni, che faceva per tre giorni avanti, e perciò si studiava di farle bene, e quelle dei tre giorni dopo, per rendimento di grazie.   Il V.M. di Palafox dopo la sua conversione essendo ancora secolare, si comunicava spesso, cioè una volta la settimana; e si prese per esercizio di chiedere a Dio in ogni Comunione una virtù e di voler estirpare da se un difetto particolare impiegando perciò in questo giorni, e  settimane intere.  Con che procurava di superar con l'aiuto della grazia le sue cattive inclinazioni, e di sopprimere i costumi invecchiati; e ne provava di giorno in giorno miglioramento.   Il V. Bercmans, nei giorni di vacanza non si comunicava volentieri: perché diceva, che in tali giorni non poteva stare con quella quiete e devozione di Anima, che si deve, e se si doveva comunicare, chiedeva il permesso di restare in casa.  E disse in un'occasione, che ogni qual volta si comunicava si sentiva sensibilmente ristorare e rinvigorire lo spirito .

 

24. " Per arrivare alla perfetta unione, è assolutamente necessaria una totale e perfetta mortificazione dei sensi e degli appetiti.  Il modo più efficace, e più breve per ottenerla è questo.  Per i sensi bisogna qualsivoglia gusto, che loro si presenta, come non sia puramente per gloria di Dio, rifiutarlo subito per amor di Gesù Cristo, che in questa vita non ebbe, né volle altro gusto, se non di fare la volontà del Padre, che egli chiamava il suo cibo.  Come per esempio, se si presenta un gusto, o voglia di vedere, o di udire cose, che non importano per il servizio di Dio o non conducono maggiormente a Dio rifiutar quel gusto, e lasciare di guardare, o di udire quelle cose: e se non si può, basta non acconsentirci con la volontà. Per gli appetiti poi, sforzarsi d'inclinare sempre se stesso al più faticoso, al più disgustoso, al più difficile, al più povero, al peggiore, ed a nulla desiderare, fuorché di patire, e di esser disprezzato . "  S. Giovanni della Croce .

 Tale appunto fu la vita del medesimo Santo, vissuta da lui in un esercizio continuo di mortificazione interna ed esterna senza mai mostrarsene sazio. E perciò arrivò ad una grande unione con Dio.  S. Francesco Borgia pregava spesso il Signore a rendergli penose tutte le comodità di questa vita, ed egli medesimo si studiava di rendersele tali quanto più poteva.  Quindi è, che desiderava con avidità, cercava con sollecitudine, ed abbracciava con allegrezza tutto ciò che era contrario all'amor proprio, e nel vitto, e nel vestito, e nell'abitazione: con questo mezzo fece dei grandi progressi nella virtù  e nella santa Unione.

 25. " Se brami d'arrivare all'unione di Dio, sia la tua maniera di vita e di conservazione più interna che potrai; e non ti scoprire, né uscir fuor di te né con parole, né con gesti, né con costumi, ma studiati di contenerti dentro te stesso, rivolto a Dio solo, che ti è presente, ed escludendo dal tuo cuore tutto ciò che vedrai, o ascolterai. " Il B. Enrico Susone

 Il P. Alvarez essendo una volta stato pensieroso per alcuni giorni, e richiesto che cosa avesse, rispose: Studio la maniera di vivere, come se io fossi nei deserti d'Africa, e di tenere il cuore così staccato da tutte le creature, come se appunto abitassi in un deserto: e l'ottenne.   S. Rosa di Lima usava uno studio singolare in tener celate non solo le opere buone, e le penitenze che faceva, ma fin anche i doni spirituali, che riceveva dal Signore, non rivelandoli senza necessità, neppure ai suoi Padri spirituali. Onde avendo un celebre Personaggio desiderato grandemente d'aver piena notizia delle grazie speciali, ch'ella godeva pregò il suo Direttore spirituale di scoprirlo da lei. E sebbene questi vi prevedesse delle grandi difficoltà, pure per compiacerlo, sotto altro pretesto tentò con vari ragionamenti l'impresa. Si accorse invece la pia Verginella di questi artifici; e però con umilissime parole lo supplicò di volerle far questa grazia di non interrogarla di ciò: poiché avendo ella fin dai suoi primi anni supplicato ardentissimamente il suo Sposo a non mai permettere, che fosse penetrato da alcuno quanto per sua mera bontà egli avesse voluto in essa operare, il Buon Dio gliel'aveva accordato; e perciò non dovere il Ministro toglierle quella grazia , che le aveva concesso il Signore.   S. Tommaso d'Aquino fin dai suoi primi anni andava incessantemente cercando, che cosa fosse Iddio.  Fattosi religioso, il suo unico gradimento era di pensare, di parlare, o di sentir parlare di Dio; talmente che se talora nelle comuni conversazioni s'introduceva qualche discorso, che non fosse di Dio, non ci attendeva come se si parlasse di cosa, che non apparteneva a lui.  E di tal maniera indirizzava a lui ed all'unico gusto di lui tutte le opere, ed azioni sue, che avendogli lo stesso Signore domandato, che premio volesse per i tanti, e sì eccellenti scritti, che per lui fatti aveva, nessun'altro, rispose, fuorché voi solo, amor mio, e Dio mio .

 26. " State invariabile in questa risoluzione, di tenervi nella semplice presenza di Dio per mezzo d'un intero spogliamento e remissione di voi stesso nelle braccia della sua SS. volontà, ed ogni volta che voi troverete il vostro spirito fuori di questo caro soggiorno, riconducetevelo dolcemente, senza però far atti sensibili d'intelletto o di volontà.  Perché questo amore di semplice confidenza, e questa remissione, e riposo del vostro spirito nel seno paterno della divina bontà, comprende tutto quello che si può desiderare per piacere a Dio . " S.Francesco di Sales .

 Questo appunto era l'esercizio più caro, e più frequente della B. M. di Chantal, ch'ella praticava per mezzo di un semplice sguardo in Dio, e di una semplice aderenza alla di lui SS. Umanità, riposandosi semplice in essa, come un piccolo bambino tra le braccia e nel seno di sua Madre, senza cercare di far altro, nè andare investigando quel che il Signore operava in lei, o perché l'operasse.  Ed in questo trovava il suo miglior riposo, come ella stessa confessò in una relazione, che di sé fece al suo Direttore.  Io, gli dice, sento in me il mio spirito molto portato a trattenersi con un semplice sguardo in Dio e nella sua divina Bontà .  E sebbene non sento più quel totale abbandono e quella dolce confidenza, che una volta sentivo, anzi non ne posso neppure fare alcun atto; ma pare però, che con quel solo sguardo queste stesse virtù divengono più sode e ferme che mai: onde se io volessi seguire il mio impulso interno, non farei mai altro che questo.  E per frenare la vivezza del suo naturale attivo: si scrisse in una carta una lunga orazione, che conteneva molte preghiere, lodi o rendimenti di grazie per i Benefici generali, e particolari ricevuti, per gli amici, parenti, ed altre obbligazioni, per i vivi e per i morti, insomma per tutte quelle cose, alle quali si credeva tenuta .  Si pose poi questa carta al collo e la portava giorno e notte; avendo convenuto con Dio, che ogni qual volta se la stringeva al petto, intendeva di fare tutti quegli atti; che in essa si contenevano. Tra le molte devozioni ed ossequi, che usava la V. S. M. Crocifissa per il rendimento di grazie dopo la Comunione, uno era di mettere Gesù nel comunicarsi a riposare nell'Anima sua, e come se vi dormisse, starsene ella appresso in umile silenzio guardandolo; proibendo poi rigorosamente a tutte le sue potenze sì esterne, che interne di fare alcuna cosa, che non fosse in ossequio di lui, o alcun atto meno rispettoso a lui, affinché con l'importunità di altri uffici non svegliassero il suo diletto.  E così tratteneva per molto tempo abbassate in tacita riverenza tutte le sue potenze, a null'altro pensando, che a Gesù giacente nel suo cuore.  E da quest'ossequio più che da qualunque altro confessava di aver ella ricavato maggior profitto.  Procurava bensì nella preparazione di aggiustargli bene il luogo con devoti affetti e con atti di varie sorte, affinché potesse riposarvi con più comodità.

 27. " Quando io vedo certe Anime molto diligenti in star attente all'orazione, e col capo chino mentre si trovano in essa, di maniera che non ardiscono muoversi un tantino, né staccarsi col pensiero, perché non si parta un pochino da loro il gusto e la devozione sensibile, che hanno avuta; questo mi fa vedere quanto poco queste intendano il cammino, per dove si arriva all'unione: mentre si credono, che tutto il merito consista nel non pensar ad altro, che a questo.  No, no, opere vuole il Signor . E però quando vi si presenteranno cose da fare, alle quali vi obblighi o l'obbedienza, o la carità del prossimo; allora non vi curate affatto di perder quella devozione, e quel pensiero, e godimento di Dio per dargli gusto con fare quelle altre cose: perché queste vi conducono più presto di quelle altre alla santa unione. "  S. Teresa d’Avila.

 La B. Chiara di Montefalco si occupava volentieri delle fatiche del Monastero; e amava dire, che in esse il dono dell'Orazione piuttosto si perfeziona.   S. M. Maddalena de Pazzi essendo Novizia, aveva tal volta facoltà dalla Maestra di ritirarsi all'Orazione in quei tempi, che le Compagne si dovevano occupare in questo esercizio corporale: ma ella non accettava tale licenza, dicendo che stava più volentieri occupata in qualunque esercizio dell'ubbidienza, ancorché faticoso e basso, che in qualsiasi più alta contemplazione.  E domandata del perchè, rispose: perché in fare gli esercizi della Religione, e dell'ubbidienza sono certa di fare la volontà di Dio: del che non sono sicura, quando faccio orazione, o altri esercizi, ancorchè buoni e santi; eletti di mia volontà. Lo stesso sentimento ella aveva della Carità verso il Prossimo, preferendola alla stessa contemplazione, a lei per altro sì cara.  Poiché per aiutare il Prossimo nei bisogni sia temporali che spirituali, era sempre pronta a lasciar le sue orazioni e contemplazioni, ed ogni qualunque suo gusto spirituale .

28. " La propria volontà, come dice Iddio per il profeta, è quella che guasta, e corrompe tutte le nostre devozioni, fatiche, e penitenze.  Perciò per non perdere il tempo e le fatiche, bisogna che c'ingegniamo di non operar mai per movimento di natura, d'interesse, d'inclinazione, d'amore, o di capriccio, ma sempre per solo, e puro motivo d'eseguire la volontà di Dio, abituandosi a questo in tutte le cose: che è il mezzo efficace, anzi l'unico, per giungere sicuramente, e presto alla divina unione. "  S. Vincenzo de Paoli .

 Questa era l'unica e principale premura, che avesse questo Santo di non intraprendere cosa alcuna, alla quale non si vedesse mosso dalla divina volontà.  Perciò aveva per massima di non mai impegnarsi di se in nuove intraprese anche di gloria di Dio, la quale pure gli era tanto a cuore ; aspettando sempre, che gli fosse manifestata la volontà del Signore per mezzo dell'altrui parere, delle orazioni che faceva, e faceva fare perché la sua umiltà lo faceva sempre diffidare.   Aveva inteso bene questa importantissima verità S. Caterina da Genova, la quale parlando un giorno di ciò, disse così non vi è peste più maligna, che quella della propria volontà, la quale è tanto sottile, e tanto intrinseca  con noi, e si copre in tanti modi e si difende con tante ragioni, che pare propriamente un Demonio: talmente che quanto non la possiamo fare per un verso, sa ben ella trovare la maniera, che la facciamo per un altro sotto molti veli e sopravvesti, come di sanità, di necessità, di carità, di giustizia, di perfezione, per patire per Dio, per trovare qualche consolazione spirituale, per dar buon esempio, per condiscendere agli altri e simili, cercando, trattando, e facendo i nostri propri comodi: in modo che io vedo in essa un pizzico di malizia tanto avvelenato, e tanto contrario a Dio, che egli solo ce ne può liberare.  E perché egli vede questo meglio di noi, ne ha gran compassione, perciò non cessa mai di mandarci delle inspirazioni e delle contrarietà, e diversi altri mezzi per liberarcene .

 29. " Per giungere alla divina Unione, sono necessarie tutte le avversità, che ci manda Iddio: il quale solo attende a consumare per mezzo di quelle tutti i nostri bassi movimenti di dentro e di fuori. E però tutte le villanie, ingiurie, disprezzi, infermità, povertà, esser abbandonati dai  parenti ed amici, confusioni, tentazioni e Demoni, e tante altre cose contrarie alla nostra umanità, tutte ci sono sommamente di bisogno, affinché combattiamo sino a che per via di vittorie si vengano ad estinguere in noi tutti i nostri movimenti pravi, sicché più non li temiamo: anzi sin a tanto che più non ci sembrano amare, ma soavi per Dio tutte le avversità, non giungeremo mai alla divina unione . "  S. Caterina da Genova.

 Che la cosa passi così, dice questa Santa, io lo so per propria esperienza. Poiché vedendo l'amor Divino, esser noi tanto forti in tenere quel che già abbiamo eletto d'amare, perché ci sembra bello, buono, e giusto, e non vogliamo udire parola in contrario, essendo già dall'amor proprio accecati, mette in rovina tutte le cose, che uno ama, per via della morte, d'infermità, di povertà, d'odio, di discordie, di detrazioni, con scandali, con bugie, con infamie, con parenti, con amici, con noi stessi: tanto che la persona arriva a non sapere più che fare di se medesima, vedendosi tirata fuori di quelle cose, nelle quali si dilettava, e da tutti ricevere pena e confusione, e non sapendo perché il Signore permetta queste operazioni, che sembrano tutte contro ragione e quanto a Dio, e quanto al Mondo; perciò si cruccia, e va gridando, cercando, e sperando di uscir di tanta ansietà; e mai non ne esce.  Quindi poi il Divino amore ha tenuta la persona un tempo con la mente così sospesa, e quasi disperata, ed infastidita di tutte quelle cose, che prima amava, allora se le mostra con quella sua divina faccia gioconda, e risplendente.  E subito che l'Anima il vede, restando già nuda, e derelitta d'ogni altro sussidio, si getta prostrata nelle sue mani; e dopo di aver visto la Divina operazione per mezzo dell'amor puro: cieca, dice, dov'eri tu occupata? che andavi cercando; che desideravi tu? vedi esser qui tutto quello che tu cerchi, e desideri, e tutta la dilettazione, che tu vorresti? non trovi tu qui quanto mai puoi avere e desiderare? o Divino amore, con che dolce inganno mi hai tu tirata per spogliarmi d'ogni proprio amore, e vestirmi d'amore puro, di tutt'i veri gaudi ripieno? Ora che io vedo la verità  non più mi lamento della mia ignoranza, e cecità; ed ora io lascio a te la cura di me, vedendo chiaramente che tu fai assai meglio di quel che io sappia e possa fare da me medesima.  Non voglio più guardare se non all'operazione tua, che mira unicamente a quel che in verità vuole, e desidera l'Anima, la quale da se stessa non può, né sa quello che debba fare, perché si acceca con la proprietà.   S. Elisabetta figlia del Re d'Ungheria, rimasta vedova, fu spogliata dei propri beni, scacciata dalla propria casa, abbandonata da tutti, e travagliata con detrazioni, affronti e scherni: tutto soffrì con molta pazienza; anzi godeva sommamente di poter sopportare tali patimenti per amore del Signore, il quale ben le rimunerò ampiamente tutto con altissimi doni .

 30. " Per acquistare la perfezione in generale, e tutte le virtù in particolare sin a giungere alla unione con Dio, è necessario prefiggersi un esemplare che possa servir di regola per tutte le sue azioni, e progressi. Ora è certissimo che esemplare più bello e più sicuro noi non possiamo trovare di quello che ci ha proposto il medesimo Dio nella persona del suo divino Figliuolo: e beato chi ne saprà fare miglior copia.  Questo dunque deve essere il miglior libro, e lo specchio, ove ci dobbiamo rimirare in tutti gli incontri, che ci accadranno; cioè riflettere in che maniera si è portato il Signore in simili casi, e quali siano le massime, che circa di ciò ci ha lasciate; e poi seguir francamente il di lui sentimento, ed esempio . "  S. Vincenzo de Paoli .

 La più ordinaria, e continua pratica del medesimo Santo, era appunto questa di regolarsi in tutti gli affari secondo gli esempi ed ammaestramenti del Salvatore del quale egli teneva sempre avanti agli occhi per conformarsi a lui in ogni sua azione; di modo che ogni qual volta aveva da prendere qualche determinazione, dare qualche consiglio, o raccomandare alcuna cosa: subito cercava nella vita e dottrina di Cristo i motivi per appoggiarvela.  Ond' è che quasi mai non parlava senza pronunciare qualche detto, o qualche fatto del Figliuol di Dio: ed è da stupire, come l'applicava sempre a proposito.  Quando poi non gli veniva niente di ciò al proposito suo prima di tutto entrava in se stesso, e diceva tra se: Come direbbe, come farebbe Cristo in quest'occasione, e secondo gli pareva che si sarebbe portato il Signore; così appunto si portava.   Nelle cronache di S. Francesco si narra che uno dei suoi Religiosi ebbe una visione, in cui vide a capo d'una strada ricoperta di spine S. Francesco con molti dei suoi Frati, e tra essi Gesù Cristo, che disse loro: Abbiamo da camminare per di qua, e si mise egli il primo ad andare. S'atterriscono i Frati stimando la cosa troppo ardua; ma il Santo li animò col dire, che bastava mettere i piedi dove li aveva messi il Signore. Il che facendo egli il primo, fecero tutti la strada con molta facilità.

 31. " Oh qual rimorso avremo sulla fine dei nostri giorni nel vedere il numero grande dei documenti , ed esempi somministratici da Dio, e dai Santi per la nostra perfezione, e tanto da noi trascurati!  Se questa fine dovesse per te essere in questo giorno, come saresti contento ora della vita da te vissuta in quest'anno? "  S.Francesco di Sales .

 S. Vincenzo de Paoli amava spesso dire: o misero me, che conto dovrò io rendere al tribunale di Dio, ove tra poco debbo comparire; di tanti mezzi che la sua divina Bontà si è degnata concedermi se non ne avrò ricavato frutto?   Il V. Bercmans fu tanto attento alla propria perfezione, che quanto apprendeva di spettante ad essa, tutto gli restava impresso nella mente, e tutto metteva appunto in esecuzione.   Riferisce la Kempis, che una persona pia entrata un dì in una grande agitazione sul punto della sua finale perseveranza, si prostrò avanti un Altare, ed alzando gli occhi esclamò: O se sapessi di dover perseverare nel bene sino alla fine! e udì subito un'interna voce, che gli rispose: Ebbene, se lo sapessi, che vorresti fare?  Fa al presente quello che vorresti aver fatto in quell'ora, e sarai sicura. Dal che consolata quell'Anima tutta si abbandonò nelle mani di Dio senza più sofisticare sul buono, o male stato di sua coscienza, e si diede ad esplorare, ed eseguire al meglio che poteva la divina volontà.  Si narra nelle vite dei Padri che domandato un Monaco vecchio di qual esercizio si fosse servito per acquistare la perfezione: Io, rispose, da quel giorno che lasciai il Mondo, dissi a me stesso: Tu oggi sei rinato, oggi comincia a servire a Dio, e ad abitare in questo santo luogo: Comincia ogni giorno così la vita tua, come se il giorno seguente dovessi finirla; e così appunto ogni giorno ho fatto io.  Il V. Mons. di Palafox, come si legge nella sua vita, sin dal principio della conversione che ebbe un lume superno, per mezzo del quale intese che doveva vivere a giornate, cioè porre ogni sua cura per vivere in maniera, come se ogni giorno credesse di dover morire, e rendere in quello i suoi conti a Dio.  E così appunto fece per tutto il tempo che visse ed egli stesso confessa, essergli ciò stato di gran profitto.  Il che dovette certamente alla morte essergli di gran soddisfazione.  Ecco come dobbiamo trafficare in vita i doni, che Dio ci dà, se vogliamo esser contenti alla morte d'averli avuti .

 

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