Carità
Primo giorno
Dio
mio e Signor mio, che bisogno vi era che voi ci faceste un precetto d'amarvi?
Non siete voi forse amabilissimo per le vostre infinite perfezioni? E per
l'infinito amore che a noi portate, non vi meritate voi il nostro amore? Or com'è
possibile che si trovi alcuno che non vi ami? Se vi è, sarà perchè non merita
di conoscervi. Perchè un'anima che conosce Dio, non può non amarlo ed amarlo alla
misura della cognizione che ne ha; tanto che, se l'ama poco, è segno che poco
lo conosce, e quanto più crescerà. nella cognizione di lui, tanto più ancora
andrà crescendo nel di lui amore. S.Teresa
d’Avila
Un'anima
molto elevata diede al suo direttore la seguente relazione del suo interno.
Padre mio, gran fuoco s'accende nell'anima, quando nel tempo dell'orazione ella
vede con una chiara intelligenza; che la santissima Umanità del Signore le fa
conoscere quanto egli meriti che l'amiamo per il molto che ci
ama, mentre ci ama con lo stesso
amore col quale
ama se stesso. E se lo mostra:
1.
Con quel tanto che ci ha
fatto e continuamente fa per noi;
2.
Per il gran desiderio che ha d'essere da noi amato, dimostrandocelo con
tanti suoi
stravaganti tratti amorosi, e standosene come in uno stato violento,
perchè si vorrebbe a noi comunicare, e darsi a conoscere per farsi amare: ma
non trovando l'accesso per mancanza delle
disposizioni, non può;
3.
Per la pazienza con cui
soffre l' incorrispondenza d'amore,
che incontra nelle creature tanto amate da lui, seguitando egli con tutto ciò
ad amarle incessantemente. Ora l'anima a questi lumi esce subito in diversi
affetti, ora di stupore, meravigliandosi come
la divina Maestà si contenti che la creatura sia amata con un amore
infinito, ed il Creatore e Signore con un amore infinito e limitato: ora
d'amore, ma d'amore eccessivo, che la strugge e consuma, e vorrebbe un cuore di
Serafino, per ardere e bruciare nell'amore del suo Dio, anzi
vorrebbe amarlo con lo stesso amore, con
cui si vede da lui amato ora d'afflizione insoffribile, per vedersi priva della
cognizione ed amor di Dio, che sono il sommo d'ogni sua perfezione e
l'innalzerebbero a S. D. M., il che ella tanto desidera.
Cresce ancor più questa pena per una nuova cognizione con cui il Signore
le fa intendere, che il non amarlo è un positivo disprezzo della sua
potenza, sapienza, carità e bontà, e di tante cose ammirabili che ha fatto o
patito per lei. Oh! dove si trova
e come non s'annichila ella a
questo lume! Assicuratevi, Padre, che quando Iddio mi
ha posto nella vista di quel gran disprezzo che ho usato al mio Amore, quando
non l' ho amato io non so come sia viva: al certo che se egli non mi avesse
tenuta sospesa dai sensi, io sarei morta ipso facto. Ora finalmente
s'accende l'anima di ardenti brame e desideri che, sia conosciuto il suo amato,
e porge esclamazioni e suppliche a quell'infinita bontà, affinché si faccia
conoscere, per essere amata.: ella si esibisce pronta a cooperare in aiuto e
profitto delle anime in quel modo
che sarà grato a S. D.M. Così si è fatto sentire l'amante a me sua vi1issima
ed indegnissima serva. E quando egli per sua misericordia mi ha compartito
alcune di queste grazie, anche fuori dell'orazione, anzi talvolta nell'atto
della conversazione e degli esercizi manuali, sono rimasta rapita e così
alienata dai sensi, che per lo piu’ avendomi in quel tempo parlato di molte
cose le sorelle, non ho saputo che cosa mi avessero detto, eccetto però se mi
ha parlato la superiora
d'affari d'ubbidienza.
Il beato
Jacopone non si dava pace nel vedere gli uomimi perduti nelle offese di Dio nel
tempo del carnevale; andava
gridando: l’Amore non è amato, l’amore non è amato, l’amore non è
conosciuto.
E S. Filippo Neri andava esclamando: Signore, io non t'amo perchè
non ti conosco.
Secondo giorno
Quando uno è arrivato a porre totalmente il suo cuore in Dio, perde l'affetto a tutte le altre cose, ed in nessuna trova più consolazione, e di nessun'altra è il più sicuro, fuorché di Dio, dimenticandosi del proprio onore e d'ogni suo proprio interesse. ( S.Teresa d’Avila)
Quando vi è qualche cosa creata, che mi dà consolazione e gusto, lo diceva S. Bernardo, non ardisco dire che l'amore di Dio è in me ardente ed infervorato. E la santa regina Ester nel mezzo delle sue pompe e fasto reale, Signore, diceva, tu ben sai che non mi ha dato gusto né la maestà ed apparato regio, nè i banchetti del re, nè in verun'altra cosa ho io avuto consolazione alcuna sin al giorno d'oggi, che in te, Signore e Dio mio. La beata Caterina da Genova, ferita una volta da una saetta del divino amore, andava gridando: Non più mondo, non più piaceri. E se allora fosse stata padrona di mille mondi, li avrebbe tutti gettati via, per dar tutto il suo cuore a Dio.
S.
Ignazio di Lojola arrivò tant'oltre in questo, che aveva perduto l'affetto ad
ogni cosa che non fosse Dio, e niente altro aveva nel cuore, che di piacere a
lui e di guadagnarsi l'affetto di lui. Onde disse un giorno, che se Dio avesse
posto in sua elezione d'andarsene allora addirittura in paradiso, o di
fermarsi più nel mondo per servirlo e farlo servire dagli altri, anche con
incertezza della sua salute, avrebbe eletto piuttosto il secondo che il primo.
Terzo giorno
Ahimè!
non abbiamo tanto amore quanto ci bisogna: voglio dire, che bisognerebbe che
l'avessimo infinito, per averne abbastanza, por amare a dovere il nostro Dio, e
con tutto ciò, miserabili che siamo, lo gettiamo via prodigamente in cose vili
e vane, come se n'avessimo d'avanzo. (S.
Francesco di Sales)
Questo
buon santo non poteva soffrir nel suo cuore affetto ad alcuna cosa. Ond' è che
disse un giorno: Certamente se io conoscessi un sol filo
di affetto nell'anima mia, che non fosse di Dio o per Dio, immediatamente
lo troncherei. Perché vorrei esser
piuttosto un nulla, che non esser tutto di Dio senz'alcuna eccezione.
S.
Filippo Neri, abbracciando in quelle fiamme amorose, andava spesso gridando :
Com'è possibile che uno il quale crede in Dio, possa amare altro che Dio:
e come lagnandosi con lo stesso Dio, esclamava: Signore, essendo voi
tanto amabile, ed avendomi comandato di amarvi, perché mi avete dato un sol
cuore, e questo sì piccolo?
S.
Agostino, per indurre l’anima sua a radunare tutto il suo amore in Dio, così
l’andava stimolando: Che cosa è mai in questo mondo che ti possa piacere, e
che possa guadagnarsi il tuo amore? Dovunque ti volgi non vedi altro che cielo e
terra. Se nell’uno e nell’altro luogo tu trovi cosa degna di lode e di
amore, di quanta lode e di qual amore deve essere degno colui che ha fatto
queste cose che lodi e ami?
Anima
mia, finora già sei stato lungamente occupata e battuta qua e là da molti e
vari desideri, che t’impiagarono il cuore, e lo divisero in molti amori,
lasciandoti sempre inquieta, e non mai sicura.
Raccogliti
ora un poco in te stessa, e chiedi a quelle cose che ti piacciono, chi sia
l’autore loro, e giacché ammiri la fabbrica, ama il fabbricatore, né
t’immergere tanto in ciò che è fatto, che ti dimentichi di colui che lo
fece. Ah sì, sì, mio Dio, tu sei certamente degno di essere riverito ed amato
sopra ogni altra cose della terra e del cielo. Anzi tutte le altre cose
transitoria non meritano di essere amate, per non perdere l’amore tuo,ecc.
Quarto
giorno
L’anima che ama davvero Dio, sapendo che una cosa sia di maggior perfezione e servizio di lui per il piacere che prova nel dargli gusto, lo esegue subito e senza pena. Ah, mio Dio, che vi bisogna altro che amarvi davvero, acciò voi rendiate il tutto facile! (S.Teresa d’Avila)
Così faceva ella. Onde disse una volta: Sebbene io desideravo la nuova riforma, per allontanarmi da tutto, e seguire la mia vocazione con più perfezione; di tal maniera però la desideravo, che quando avessi inteso e conosciuto, esser di maggior servizio di Dio il lasciarla del tutto, l’avrei certamente fatto con ogni tranquillità e pace. Perché nel conoscere io o sapere che una cosa sia di maggior perfezione e servizio del Signore, mi quieto; e col contento che provo in dargli gusto, mi passa subito la pena di lasciar qualunque cosa di mia soddisfazione. E questo tanto era vero, che per non mancarvi mai, volle obbligarsi con voto a far sempre quel che avrebbe conosciuto esser più perfetto e di maggior gusto del Signore. Questo medesimo voto si legge averlo fatto anche S. Andrea Avellino e la beata madre di Chantal.
Di S. Ignazio di Lojola già si sa, che non solo cercava in ogni cosa la gloria di Dio, ma la maggiore che potesse. Ond’è che la Chiesa, nell’orazione che per lui ordinò, questo mise come per suo proprio carattere e distintivo, di averlo Dio eletto per propagar la maggior gloria di lui.
Quinto
giorno
Quando l’amore di Dio si è impadronito di un’anima, produce in essa un’insaziabile brama di operare per l’amato; tanto che per molte e grandi opere che faccia, e per molto tempo che spenda per suo servizio, tutto le sembra nulla, e sempre si affligge di far poco per il suo Dio: e se le fosse lecito di disfarsi e morir per lui, ne resterebbe molto consolata. Ond’è che ella si tiene sempre per inutile in tutto ciò che sa, e le pare di vivere oziosamente, perché insegnandole l’amore quel che Dio merita, a quel chiaro lume vede tutti i difetti e le imperfezioni delle sue azioni, e così da tutto cava confusione e pena, conoscendo essere molto basso il suo modo di operare per un sì gran Signore, ed in questo grado sta ella molto lontana dall’avere gloria e presunzione, e dal condannare gli altri.
( S.Giovanni Crisostomo)
S.Vincenzo de’ Paoli era non meno instancabile che insaziabile di operare per
Dio e rendersi accetto nel cospetto di lui, né si credeva di avere mai fatto
abbastanza per un Signore sì grande; ma, ad imitazione dell’Apostolo, ponendo
sempre in oblìo quanto di bene fatto aveva per l’addietro, metteva tutto il
pensiero e studio suo in avanzarsi ogni giorno nel servizio di lui.
Fu
ammirabile in questo S, Carlo, il quale ebbe sempre, sicché visse un
insaziabile desiderio di onorare Dio e di promuovere ed accrescere il culto di
lui che lo spingeva ad operare senza mai stancarsi: anzi mostrandosi sempre più
fresco un giorno che l’altro nelle fatiche, succedendosi l’una all’altra
senza alcuna intermissione, di modo tale, che cadendo sovente per terra i suoi
ministri per la stanchezza, egli non ne diede mai minimo indizio, come se le
fatiche servissero di ricreazione e di sollievo. E quel ch’è più, con tante
e sì grandi opere da lui fatte in servizio del suo Dio, mai non si mostrava
contento di ciò che aveva fatto; ma andava continuamente inventando nuove
maniere di operare; né mai pensava ad altro, né di altro parlava che di Dio e
di cose spettanti all’onore e servizio del suo Dio.
Sesto
giorno
Giunto che uno è al perfetto amore di Dio, diviene come se fosse un solo uomo sopra la terra. Non cura più la gloria, l’ignominia; disprezza le tentazioni ed i patimenti, perde il gusto e l’appetito di tutte le cose. E non trovando appoggio, né consolazione, né riposo in cosa alcuna, va incessantemente in cerca dell’amato, senza mai stancarsi: di modo che, e quando lavora, e quando mangiai, e quando veglia, e quando dorme, ed in ogni sua operazione e discorso, tutto il suo pensiero e tutto il suo studio è di ritrovare l’amato, perché ivi ha egli il suo cuore ove è il suo tesoro. In una parola è come un innamorato, il quale altro non sospira, che il volto della sua amata, e la sua amata è il suo tutto. (S. Giovanni Crisostomo)
Zenone monaco, assorto un dì in contemplazione, andava gridando qua e là
a guisa di fanatico; quando incontratosi nell’Imperatore Macedonio, e
richiesto da lui che facesse: E tu che vai facendo per qua? Vado a caccia, disse
l’imperatore; ed egli: Ed io vado cercando Dio, e non mi fermerò finché non
l’abbia trovato. E, ciò detto, gli voltò le spalle e lo lasciò.
Il beato Raimondo Lullo era tanto internato nel divino amore, che tutto
il suo negozio era l’amore, e non sapeva né pensare, né parlar d’altro che
di questo. Onde se qualcuno gli domandava: Di chi sei tu? Rispondeva:
dell’Amore. Da dove vieni? Dall’Amore. Dove vai? All’Amore. Chi ti ha
condotto qua? L’Amore.
S. Onorato Abate lirinese viveva tanto innamorato di Dio, e tanto cercava
l’ossequio e la gloria di lui, che non solo di giorno, ma anche di notte tutti
i suoi pensieri ed affetti erano indirizzati a lui. Perfino dormendo faceva dei
brevi e ferventi discorsi circa l’obbligo ed il modo d’amare Dio, e tutti i
suoi sogni d’altro non erano che dell’amor di Dio e della pietà e
devozione.
Questo
stesso era il tenore di vita tenuto dal glorioso san Vincenzo Ferreri, del quale
scrivono che aveva sempre il cuore e la mente pieni di Dio. Pensava sempre a
Dio, non parlava mai che di Dio o con Dio: di modo che e camminando e sedendo e
studiando e discorrendo, sembrava sempre assorto in Dio, il cui amore gli
compariva nella bocca, nel volto, negli occhi ed in tutti i suoi sentimenti, in
ogni luogo e tempo, anche quando dormiva: poiché in tale occasione fu da vari
più volte osservato per le fessure della porta della camera ove stava dormendo
tutto illuminato da un meraviglioso splendore che usciva dalla faccia di lui.
Sembrano incredibili gli eccessivi ardori che patirono di questo santo fuoco
molte anime sante. Scrivono essere stati sì grandi in S. Luigi Gonzaga che
compariva col volto tutto infiammato; in S. Caterina da Siena, che il fuoco
naturale le pareva piuttosto freddo che caldo. In S. Pietro d’Alcantara, che
immergendosi negli stagni gelati, li faceva bollire come se vi fosse stato posto
un ferro rovente; in S. Francesco di Paola, che con accostare un dito alle
lampade estinte, immediatamente si accendevano come se vi avesse accostato una
torcia ardente; nella venerabile suor Maria Villani, che ad una sola girata o di
pensiero nel suo interno a Dio, o di occhi nell’esterno a qualche santa
immagine, sentendosi subito come bruciare, si dava a bere acqua fresca, e ne
beveva fin a 35 e 45 libbre al giorno, senza poter estinguere la grande arsura,
e l’acqua, nel calar dentro, pareva che cadesse sopra un ferro infuocato, onde
le fu necessario lasciare le orazioni vocali, e tutte le sue solite particolari
devozioni, ognuna delle quali le serviva di soffietto per porla in un grande
incendio. Ed in S. Filippo Neri, che una notte fra le altre, stando nelle
catacombe, gettandosi per terra, esclamava: Non posso più, non posso più
reggere, e ritornato in sé, trovò che gli si erano inarcate due costole nel
petto.
Ma non si debbono qui accennare alla rinfusa due fatti celebri. Uno è di
S. Maria Maddalena de’ Pazzi, la quale pativa frequentemente di tali eccessi.
Ma un giorno fra gli altri, trovandosi accesa più del solito, si mise a correre
prima per i corridoi, poi per il giardino; e quante sorelle incontrava,
prendendole per mano e stringendole forte, diceva: Sorelle, amate voi l’Amore?
Come fate a vivere? Non vi sentite voi consumare per amore? E dopo di aver
gridato un pezzo a questa maniera, si portò nel campanile,e si pose a suonare
con gran fretta le campane a festa. Dove accorsero tutte le monache, e richiesta
perché suonasse: Suono, rispose, perché venga la gente ad amare l’Amore, dal
quale è tanto amata.
L’altro fatto accadde nei tempi di S. Luigi re di Francia, nei quali un
suo ambasciatore incontrò un dì in Tolemaide una donna che camminava per la
città con un vaso d’acqua nella desta, e con una torcia accesa nella
sinistra, e sospirando gridava: Oh Dio! Oh Dio! E’ possibile? E richiesta
dall’ambasciatore che cosa volesse fare, rispose: Vorrei, se ciò piacesse a
Dio, con quest’acqua estinguere l’inferno, e con questa torcia dar fuoco al
paradiso, affinché Dio fosse amato per puro amore.
Settimo
giorno
Si deve avvertiva, che il perfetto amore di Dio non sta in questi gusti, lacrime e sentimenti di devozione che per lo più desideriamo noi, ma in una forte determinazione e vivo desiderio di dar gusto a Dio in tutte le cose, e nel procurare per quanto è possibile di non offendere Dio e di promuovere la sua gloria. (Santa Teresa d’Avila.)
Aveva ben compreso questa grande verità la beata Madre di Chantal, la
quale avendo inteso che una sua religiosa era ritenuta per un’anima ripiena
d’amor di Dio, perché godeva molte straordinarie consolazioni, scrisse così
alla sua superiora: << Codesta buona figliuola ha molto bisogno di essere
disingannata. Ella si crede tanto elevata nell’amor di Dio e nulladimeno non
è molto sublime in virtù. Io credo che quei calori e quegli assalti che ella
sente, siano opera della natura e dell’amor proprio. Per questo bisogna farle
sapere, che la vera solidità dell’amore non consiste nel gustare le divine
soavità, ma bensì nell’esatta osservanza delle regola e nella pratica fedele
delle virtù; cioè nell’umiliarsi, nell’amare il proprio disprezzo, nel
sopportare le ingiurie e le avversità, in una dimenticanza di se stessa, ed in
un amore che non si cura di essere conosciuto da altri fuorché la Dio. Questo
solo è amare davvero, e questi sono i contrassegni infallibili del vero amore.
Dio ci preservi da quell’amore sensibile che ci lascia vivere in noi stesse,
poiché il vero amore conduce alla morte>>.
Tale fu l’amore di S. Tommaso d’Aquino, del quale si attesta, che
aveva sempre mantenuto l’anima sua pure e retta come quella di un fanciullo di
cinque anni.
Ottavo
giorno
L’amore di Dio è l’albero della vita in mezzo al paradiso terrestre, il quale tiene, come tutti gli altri alberi sei parti: cioè radici, tronco, rami, frondi, fiori e frutti.
Le radici sono le virtù, per mezzo di cui s’acquista l’amore; e le principali sono nove.
1. vera penitenza e frequenza dei Sacramenti.
2. Osservanza dei Comandamenti e delle regole.
3. Timor di Dio.
4. Mortificazione delle passioni e degli appetiti.
5. Ritirarsi e guardarsi dalle occasioni.
6. Esame di coscienza.
7. Umiltà
8. Ubbidienza.
9. Misericordia verso il prossimo.
Il tronco poi è l’affidamento della nostra volontà alla volontà di Dio.
I rami si raccolgono da quelle parole <<Sub umbra illius quem desideraveram, sedi>>(alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo - Cantico dei Cantici 2,2); ed il primo di questi è la fede viva, per cui l’anima mira da vicino il sole di giustizia senza abbagliarsi. Il secondo la vera confidenza nella divina protezione, per questa ragione può stare tra le avversità senza abbattersi.
Il terzo, sono gli ardenti desideri ed i fermi propositi e gli altri atti interni che ella sta continuamente facendo per arrivare al vero amore. Il quarto è la costanza con cui si mette a sedere sotto questo albero.
Le frondi sono:
1. le nuove grazie gratis date.
2. Le dolcezze interne.
3. I rapimenti e le estasi, dichiarati in quelle parole: >>Introduxit me rex in cellam vinariam>>(mi ha introdotto nella cella del vino- Cantico dei Cantici 2,3)
Tutte queste cose si dicono frondi perché servono da ornamento all’albero, e giovano allo stazionamento dei frutti; e nell’inverno delle aridità e tribolazioni se ne cadono appunto come le foglie dell’albero, restandosene l’amor di Dio.
I fiori sono le opere e le virtù eroiche che l’anima innamorata produce, e quel che chiese la sposa con dire: “Fulcite me fioribus”.
I frutti sono i travagli, le afflizioni, le persecuzioni che l’anima sopporta con pazienza quando Dio gliele dà o se le procura essa da sé per maggiormente servirlo e per imitare Gesù Cristo nel patire.
S.Teresa d’Avila
Non è meraviglia, che la santa abbia saputo descrivere così bene questo
santo albero, perché lo teneva ben piantato nel suo cuore e ben adornato in
tutte le sue parti.
Questa medesima idea aveva dell’amore una buona monaca in Napoli, detta
suor Maria di Santiago, nella cui vita si legge, che lo considerava come una
bellissima pianta, posta nel bel suolo di quelle anime che lo posseggono,
fecondissima di fiori e di frutti di sante operazioni; ed uno dei principali
diceva esser l’amore del prossimo, del quale ella tanto abbondava; perché
teneva ben radicata questa pianta del divino amore nell’anima sua.
Nono
giorno
Alcuni si tormentano nel cercare mezzi per trovare l’arte di amare Dio, e non sanno i poverini che non vi è altra arte né altro mezzo che amarlo, cioè mettersi nella pratica di quelle cose che a lui sono grate. (S.Francesco di Sales)
S. Vincenzo de Paoli si mise eccellentemente in questa santa pratica,
essendosi dato all’osservanza della santa legge con tanta esattezza, che
quelli che l’osservano più da vicino, assicurano che sarebbe bisognato di non
esser uomo per mancarvi meno di lui. Poiché stava continuamente sopra di sé,
mortificato nelle sue passioni, retto nei suoi giudizi, circospetto nelle sue
parole, prudente nella sua condotta, puntuale nelle pratiche di pietà, e sì
perfettamente unito a Dio, per quanto dall’esterno si poteva giudicare, che
ben vedeva essere l’amore di Dio quello che animava il suo cuore, e che
regnava in tutte le potenze e sentimenti dell’anima sua, per regolare ogni suo
movimento ed operazione, tantocché si può dire, essere stata tutta la vita sua
un sacrificio continuo che a Dio faceva non solo degli onori, comodi, piaceri, e
di tutti gli altri beni del mondo, ma ancora di tutto quel che aveva ricevuto
dalla sua liberalissima mano, come lumi, affetti, desideri, e tutto ciò che
cader poteva sotto la sua disposizione. Né altra brama ebbe mai, se non che Dio
fosse conosciuto e glorificato perfettamente, e adempiuta la di lui volontà in
ogni luogo e tempo, e da ogni genere di persone. Al qual unico fine era sempre
indirizzato tutto ciò ch’egli pensava, diceva e faceva.
Decimo giorno
L'amor
di Dio s'acquista con risolversi la persona d'operare e patire per Dio, ed
astenersi da tutte quelle cose che dispiacciono, ed effettuarle poi nelle
occasioni. E per poterlo meglio fare nelle grandi, bisogna avvezzarci nelle
piccole. S Teresa
Questa santa, essendo molto contrariata nelle sue fondazioni, disse che
non faceva cosa alcuna che non fosse col parere di persone dotte, per non andar
punto contro l'ubbidienza. Perchè, soggiunse, per una minima imperfezione che
avessero detto esservi, è certissimo che avrei lasciato mille monasteri, non
che uno.
S. Vincenzo de’ Paoli si mostrò in questo molto insigne. Poichè per non aver voluto acconsentire a cose anche minime contro la giustizia, semplicità e carità, dovette soffrire molte male risposte, domande indiscrete, rimproveri, affronti, importunità, con altri incomodi e mancanze e piccole e grandi, commesse contro di lui, e dagli interni e dagli esterni. Nei quali casi non fu mai veduto dar segno d'impazienza, o proferir parola di lamento, ma anzi, per meglio mostrare la fortezza del suo amore verso Dio, allora operava e parlava con maggior dolcezza e tranquillità.
Undicesimo giorno
Una maniera ottima per esercitarsi
nell' amore di Gesù Cristo è assuefarci ad averlo sempre presente per quanto
si può. Il che si può fare in tre modi:
Quando
si ha da far qualche azione, rappresentarci il modo con cui la faceva
egli, allorchè dimorava, nel mondo, ed insieme lo spirito ed intenzione,
con cui egli l'animava per imitarlo.
Pensare come egli ci sta mirando continuamente dal cielo, e spargendo sopra di noi l'abbondanza delle sue grazie e consigli.
Riconoscendo in ogni nostro prossimo la persona di lui. In questa maniera noi faremo con più facilità e perfezione le nostre azioni, schiveremo molti difetti, inquietudini ed impazienze, ed in ogni servizio che faremo al prossimo, meriteremo tanto quanto se lo facessimo allo stesso Signore. S. Vincenzo de’ Paoli.
Dodicesimo giorno
Vuoi
tu sapere, come tu stai d'amor di Dio? Eccone i contrassegni. Quanto più cresce
l'anima nel divino amore, tanto più
cresce in essa il desiderio di patire e di essere umiliata. Questi sono i
contrassegni sicuri del sacro fuoco; il restante è tutto fumo. ( S.
Vincenzo da Paoli)
S.
Giovanni della Croce mostrò quanto fosse ben persuaso di questo; mentre
comparendogli un giorno Gesù Cristo, e chiedendogli che premio volesse
per tanti travagli e fatiche, che
aveva sofferto per amor suo: Signore, rispose, non altro che
patire ed essere disprezzato.
S. Metilde, sentendo cantare un dì quelle parole del vangelo: “Simone
di Giovanni, mi ami tu più di costoro?” rapita in estasi, sentì dirsi da
Cristo: Metilde, mi ami tu più di
tutte le cose che sono nel mondo? ed ella rispose: Tu sai, Signore, che t'amo.
Soggiunse Cristo: Ma mi ami tu in maniera che per me saresti pronta a soffrire
tutti i travagli tormenti ed umiliazioni? Ed ella: Tu ben sai che nessun
tormento mi può separare da te. E Cristo: Ma se questi tormenti fossero atroci,
li soffriresti allegramente e prontamente per amor Dio?
Metilde:
Si, Signore, prontissima. Or piacque tanto questo
si grande amore, che le diede il merito, come se avesse, patito
tutto realmente.
Tredicesimo giorno
Il vero contrassegno che noi non amiamo altro che Dio, è quando
l'amiamo egualmente in tutte le
cose.
Da
questo ben si conosce
quanto fosse puro l'amore del medesimo
santo, il quale nè si accresceva affatto nelle prosperità, nè affatto si
diminuiva nelle avversità, ma in tutto egualmente rispettava il Signore, e per
tutto lo ringraziava e lo benediceva.
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Anche
la beata Madre di Chantal diede questo bell'indizio del suo perfetto amore di
Dio col sentirsi del pari contenta nelle consolazioni, che nelle desolazioni,
delle quali patì molte, e per molto tempo. E la ragione di questo era, come
essa diceva, perché tanto in queste, quanto in quelle null'altro bramava e
cercava, che l'adempimento della divina volontà, dalla quale sì le cose
prospere come le avverse sapeva venirle mandate.
I
veri amatori di Dio, diceva una sant'anima, sono come il
sole, il quale ancorché talvolta
venga coperto dalle nuvole, in se
stesso però resta sempre con la medesima serenità e con lo stesso calore.
Quattordicesimo giorno
La misura della carità si prende dal mancamento dei desideri. Quanto più vanno mancando i desideri in un'anima, tanto più in lei va crescendo la carità, e quando non sente più in sè alcun desiderio, allora possiede la perfetta carita’. S. Agostino
S. Francesco di Sales soleva dire di sé: lo voglio poche cose, e quelle
stesse che voglio le voglio molto poco: non ho quasi alcun desiderio; e se
dovessi rinascere, non ne vorrei di sorte alcuna.
S.
Teresa era tanto persuasa di questa verità, che esclamava: O amore, che mi ami
più di quello che io medesima mi possa amare, e più di quel che io possa
capire! Perchè dunque vorrò io, o Signore, desiderare più di quel che mi volete
dare?
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