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Tredicesimo Incontro di Preghiera

 

 

  Attirami a Te

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CANTO DI ADORAZIONE

 

PREGHIERA

Con amore travolgente, mi fermo alla Tua Presenza.

Estasiato dal silenzio che irrompe nel Sacro Tempio,

il mio intimo è attratto a Te con forza prorompente.

Il cuore sussulta e l’anima sembra percepire dolci parole: “Attirami a Te…..”

E l’anima dell’amato ascolta il gemito dell’Amante e corre con piedi di cerva alla Fonte,

corre a dissetarsi alla Sorgente. (mendicante di Dio)

 

Proclamazione della Parola – Dal Cantico dei Cantici 1,4; 2,3-14

     Attirami dietro a te, corriamo! M’introduca il re nelle sue stanze:  gioiremo e ci rallegreremo per te, ricorderemo le tue tenerezze più del vino. A ragione ti amano! Alla sua ombra, cui anelavo, mi siedo e dolce è il suo frutto al mio palato. Mi ha introdotto nella cella del vino e il suo vessillo su di me è amore. Sostenetemi con focacce d’uva passa,  rinfrancatemi con pomi, perché io sono malata d’amore.  Una voce! Il mio diletto! Eccolo, viene saltando per i monti, balzando per le colline. Somiglia il mio diletto a un capriolo o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro il nostro muro;  guarda dalla finestra,  spia attraverso le inferriate.  Ora parla il mio diletto e mi dice:  “Alzati, amica mia, mia bella, e vieni!  Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna.  Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza.  Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro”.

Parola del Signore – Lode a te o Cristo!

 

Scintilla: Mio Gesù, riceverti ogni giorno, e poi, da una comunione all’altra, vivere unita a te. Questa intimità è il paradiso sulla terra! (Elisabetta della Trinità)

 

PRIMA MEDITAZIONE - CHI  HA SETE VENGA A ME E BEVA (prima parte)

Dalle  <<istruzioni >> di San Colombano, abate (istruz. 13 su Cristo fonte di vita 1-2)

     Fratelli carissimi, ascoltate attentamente. Ciò che vi dirò è necessario al vostro bene. Sono verità che ristoreranno la sete della nostra anima. Vi parlerà infatti della inesauribile sorgente divina. Però, per quanto sembri paradossale, vi dirò: Non estinguete mai la vostra sete. Così potrete continuare a bere alla sorgente della vita, senza smettere mai di desiderarla. E’ la stessa sorgente, la fontana dell’acqua viva che vi chiama a sé e vi dice: « Chi ha sete venga a me e beva». (Gv 7, 37).

Bisogna capire bene quello che si deve bere. Ve lo dica lo stesso profeta Geremia, ve lo dica la sor­gente stessa:  « Hanno abbandonato me, sorgente dì acqua viva, dice il Signore» (Ger 2, 13). E’ dunque il Signore stesso, il nostro Dio Gesù Cristo, questa sorgente di vita che ci invita a sé, perché di lui beviamo. Beve di lui chi lo ama. Beve di lui chi si disseta della parola di Dio; chi lo ama ardentemente e con vivo desiderio. Beve di lui chi arde di amore per la sapienza.

Osservate bene da dove scaturisce questa fonte; poiché quello stesso che è il Pane è anche la Fonte, cioè il Figlio unico, il nostro Dio Cristo Signore, di cui dobbiamo aver sempre fame. E’ vero che amandolo lo mangiamo e desiderandolo lo introduciamo in noi; tuttavia dobbiamo sempre desiderarlo come degli affamati.

 

PAUSA DI SILENZIO – SEGUITO DA UN CANTO O SOTTOFONDO MUSICALE

 

SECONDA MEDITAZIONE - CHI  HA SETE VENGA A ME E BEVA (continuo)

Con tutta la forza del nostro amore beviamo di lui che è la nostra sorgente; attingiamo da lui con tutta l’intensità del nostro cuore e gu­stiamo la dolcezza del suo amore.

Il  Signore infatti è dolce e soave: sebbene lo mangiamo e lo beviamo, dobbiamo tuttavia averne sempre fame e sete, perché è nostro cibo e nostra bevanda. Nessuno potrà mai mangiarlo e berlo inte­ramente, perché mangiandolo e bevendolo non si esaurisce, né si consuma. Questo nostro pane è eterno, questa nostra sorgente è perenne, questa nostra fonte è dolce.

Per tale motivo il profeta afferma: « Voi tutti assetati, venite alla fonte » (Is 55, 1). Questa fonte è per chi ha sete, non per chi è sazio. Giustamente quindi chiama a sé quelli che hanno sete, che ha dichiarati beati nel discorso della montagna. Questi non bevono mai a sufficienza; anzi quanto più be­vono tanto più hanno sete. E’ dunque necessario, o fratelli, che noi sempre desideriamo, cerchiamo e amiamo «la fonte della sapienza, il Verbo di Dio altissimo » (Sir 1, 5 volg.), nel quale, secondo le parole dell’Apostolo, «sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza » (Col 2, 3).

Se hai sete, bevi alla fonte della vita; se hai fame, mangia di questo pane di vita. Beati coloro che han­no fame di questo pane e sete di quest’acqua, perché, pur mangiandone e bevendone sempre, desiderano di mangiarne e di berne ancora. Deve essere senza dubbio indicibilmente gustoso il cibo che si mangia e la bevanda che si beve per non sentirsene mai sazi e infastiditi, anzi sempre più soddisfatti e bra­mosi. Per questo il profeta dice: «Gustate e vedete quanto è buono il Signore»(Sal 33, 9). (Liturgia delle ore – Ufficio delle letture - Mercoledi della XXI settimana del tempo ordinario)

 

Scintilla - È inconcepibile, è straordinario, è qualcosa che incide sempre più nel mio animo quello stare lì in silenzio davanti al tabernacolo.Vengo in Chiesa la mattina, e lì ti trovo, Gesù. Corro in Chiesa quando t'amo, e lì ti trovo. Ci passo per caso o per abitudine o per rispetto, e lì ti trovo.

(Chiara Lubich)

Sull’esempio dei Santi - Attirami, noi correremo –(S.Teresa di Gesù Bambino)

     Madre mia, credo che sia necessario darle ancora qualche spiegazione sul brano del Cantico dei Cantici: «Attirami, noi correremo» perché quello che ho voluto dirne mi sembra poco comprensibile. «Nessuno può venire a me, ha detto Gesù, se non lo attira il Padre mio che mi ha mandato». Poi, con parabole sublimi, e spesso senza nemmeno usare questo mezzo così familiare al popolo, ci insegna che basta bussare perché ci venga aperto, basta cercare per trovare e tendere umilmente la mano per ricevere quello che chiediamo. Dice inoltre che tutto quello che chiederemo al Padre suo nel suo nome Egli lo concederà.Certo è per questo che lo Spirito Santo, prima della nascita di Gesù, dettò questa preghiera profetica: Attirami, noi correremo. Cos'è dunque chiedere di essere attirati, se non unirsi in modo intimo all’oggetto che avvince il cuore? Se il fuoco e il ferro avessero intelligenza e quest'ultimo dicesse all'altro: Attirami, dimostrerebbe che desidera identificarsi col fuoco in modo che questo lo penetri e lo impregni con la sua sostanza bruciante e sembri formare una cosa sola con lui. Madre amata, ecco la mia preghiera: chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui, che Egli viva ed agisca in me. Sento che quanto più il fuoco dell'amore infiammerà il mio cuore, quanto più dirò: Attirami, tanto più le anime che si avvicineranno a me (povero piccolo rottame di ferro inutile, se mi allontanassi dalla braciere divino) correranno rapidamente all'effluvio dei profumi del loro Amato, perché un'anima infiammata di amore non può restare inattiva. 

                                             S.Teresa di Gesù Bambino (Manoscritto autobiografico C – 338)

 

Slanci del cuore – di S.Chiara d’Assisi

     Lasciati, dunque, o regina sposa del celeste Re, bruciare sempre più fortemente da questo ardore di carità! Contempla ancora le indicibili sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni,  e grida con tutto l’ardore del tuo desiderio e del tuo amore: <<Attirami a te>>, o celeste Sposo! Dietro a te correremo attratti dalla dolcezza del tuo profumo. Correrò, senza stancarmi mai, finché tu mi introduca nella tua cella inebriante. Allora la tua sinistra passi sotto il mio capo e la tua destra mi abbracci deliziosamente  e tu mi bacerai col felicissimo bacio della tua bocca.             (Lettera IV alla B. Agnese di Praga)

 

PAUSA DI SILENZIO – SEGUITO DA UN CANTO O SOTTOFONDO MUSICALE

 

Ardenti brame di accostarsi alla Comunione (Santa Teresa d’Avila)

     Un mattino pioveva così a dirotto che mi pareva impossibile uscire di casa per recarmi in Chiesa. Ma appena fuori  l’impetuosità del desiderio mi travolse di tal maniera che non mi sarei fermata neppure se mi avessero puntato contro delle lance: si pensi se poteva trattenermi un po’ d’acqua!…..

     Ascoltai la Messa, feci la Comunione. Consideravo con stupore gli effetti che si sentono quando si è avvicinati da quel fuoco; fuoco di vero amore di Dio che par venire dall’alto. Benché tanto lo desideri, lo cerchi e mi consumi per averlo, sento di non poterne conseguire neppure una scintilla, a meno che non si degni di darmela Dio stesso. Ma quando viene, il vecchio uomo ne va tutto consunto con i suoi difetti, le sue miserie e le sue tiepidezze.

     Al pari della fenice, che, rinasce dalle sue ceneri dopo che il fuoco l’ha bruciata, così si trasforma l’anima per uscirne con nuovi desideri e con più grande coraggio: non sembra più quella di prima, ma comincia con nuova purezza a battere il cammino di Dio.

     Mentre pregavo Sua Maestà a dare anche a me questa trasformazione e a concedermi di servirlo con nuovo slancio, mi disse: Hai trovato un bel paragone; bada di non dimenticarlo. Esso ti ecciti a sempre più migliorarti.                                       (Vita di S.Teresa d’Avila cap. 39,22-23)

 

Scintilla - Amore mio, sommo Dio, purifica la mia anima; esaudisci la tua serva che t'implora. È vero che tu sei fuoco che sempre ardi, ma sei un fuoco che non consumi mai le cose, perchè esse in se stesse piacciono, e solo e sempre consumi tutto ciò che in esse è fuori della tua santa volontà.  (S. Caterina da Siena) 

Il Mio Diletto è per me e io per Lui.

     Come potrei non amare te mio Dio, quando tu hai tanto amato me? Mi hai amato tanto da dare la tua vita per me. Non si può immaginare un amore più grande di questo. Tu hai pagato la mia salvezza con la tua vita.

     Fammi sapere, dunque, dove ti trovi (Ct1,7) perché io possa trovare questo luogo salutare e riempirmi di celeste nutrimento, poiché chi non mangia di esso, non può entrare nella vita eterna. Fa che accorra alla fonte fresca e vi attinga la divina bevanda, quella bevanda che Tu offri a chi a sete. Fa che l’attinga come dalla sorgente del tuo costato aperto dalla lancia.

Per chi beve, quest’acqua diventa una sorgente che zampilla per la vita eterna.(Gv.4,14)

             (Dal commento al Cantico dei Cantici di S.Gregorio di Nissa –vescovo – ufficio delle letture 33^ sett. T.O. giovedi)

Scintilla - Dinanzi al SS. Sacramento non è necessario chiedere, ma è indispensabile voler ricevere, perchè tutti siamo come affamati. Sforziamoci di ricordare sempre che Gesù è nel SS. Sacramento, ad un passo dalle nostre case, e ci attende per donarci il suo amore e il suo spirito. Giacomo Gaglione

 

SEGNO

 

RACCONTO MISSIONARIO - Voglio solo Cristo

      Avevano bruciato da poco quelle graminacee alte che i Babemba chiamano « fayni » e che invadono ogni angolo di fo­resta. Le notti dell'altopiano erano state violentate da chilometri di incendi rabbiosi e crepitanti. Ora uno strato di cenere finissima e nera ricopriva i sen­tieri, sollevandosi al passaggio delle nostre biciclette; si appiccicava al nostro sudore donandoci maschere grottesche ed aggravando l'arsura che ci tormentava. Bruciava particolarmente negli occhi e sulle labbra screpolate. Erano le due del pomeriggio: un delirio di sole! Era dalle sette dal mattino che si pedalava - il fedele catechista Kristopher ed io - senza trovare più una goccia d'acqua da bere. Poi attraversando una palude, smarrimmo il sentiero. Continuammo a macinare chilometri stancamente, senza una direzione precisa... Non ricordo quante volte ci accorgemmo di avere sbagliato e dovemmo tornare sui nostri passi.. Ormai ogni pedalata sembrava spremere tutte le energie, né certo aiutava il pensiero che forse non serviva ad avvicinarsi alla meta. Alle cinque stavamo ancora cercando la strada.

Cominciai a preoccuparmi. E se cala il sole? Come passare la notte? E le fiere?.. Finalmente vedemmo una capannuccia sconnessa, certo abbandonata... Decidemmo di pernottarvi. Salimmo la piccola altura su cui era situata e vi entrammo. Ci diede il benvenuto la voce tremolante di un vecchio accasciato su un pagliericcio. « Mwaiseni, mwane ». Restai per un attimo senza parola, poi risposi.

« Ma che fai qui, tutto solo, così lontano dai villag­gi? »... chiesi poi, dopo i rituali convenevoli.

« Mi hanno cacciato dal villaggio, accusandomi di esse­re uno stregone cattivo, colpevole della morte del capo­villaggio... ma non è vero! ». «Ma di che campi qui? ». « Ho qualche amico che, di nascosto dagli altri mi porta qualcosa ogni settimana, e così non sono ancora morto di fame. Vedi? » e indicò alcune pannocchie di mais appese alla parete. « Ma ormai - continuò - non ne avrò per molto da soffrire ». E alzandosi a fatica col busto mi mo­strò il dorso tutto piagato... « Sono quasi del tutto paralizzato» aggiunse. Dicendomi tutto questo, stranamente non assumeva un'aria sconfor­tata, anzi continuava a sorridere. Poi mi guardò con maggiore attenzione e improvvisamente disse: «Ma tu chi sei, che parli la nostra lingua? Sei forse un uomo di Dio? ». « Sì, dissi. Sono un sacerdote cattolico ». Ancora una volta il vecchio mi sbalordì. Gli si gonfiarono gli occhi di lacrime e protese le mani scarne verso le mie... Me le baciò ripetutamente, senza poter parlare per un lungo momento... « Kanabesa!... Kanabesa, Tata... ». « Dio grande! Dio grande, Padre mio! »...

Poi, tremando, frugò sotto il pagliericcio e ne tolse un rosario di spago annodato, unto e sfilacciato... « Padre, Padre mio! Anch'io sono cattolico. Sono cinque anni che sono qui malato e abbandonato, ma non ho mai perduto la speranza di incontrare ancora una volta il sacerdote di Cri­sto, prima di morire. Tutti i giorni moltiplico i rosari, ma non ho mai chiesto di guarire... Ho sempre chiesto soltanto che Dio grande mi mandasse un sacerdote, perché ho voglia di Cristo! Ho fame di Cristo, Padre, vero che ... me lo porterai il mio Cristo, Padre »... Mi misi a piangere come uno stupido, io prete di Dio, con questa mia fede microscopica, di fronte a questo santo vecchio affamato di Cristo! Avevo con me tutto l'occorrente per la S. Messa, come sempre quando visitavo i '" villaggi, per cui celebrai lì, su quello sgabello zoppo... e so che mai Gesù scese più volentieri sul mondo dal tempo di Betlemme. Fuori, tutta la foresta vibrava di riflessi infuocati nel tramonto. L'aria era pulviscolo d'oro e dalle fessure delle pareti di frasche entravano scintillii di fiamma: a me parve un incendio d'amore. Quando ricevette la comunione, il mio vecchio parve trasfigurarsi per la gioia. Divenne perfino bello! Ma pareva il vecchio Simeone al « Nunc dimittis ». Terminai il sacrificio con sinfonie di commozione in cuore. « Sono il più felice della terra! Il più felice, Padre... » esplose il vecchio. Volli provocarlo.

« Dai, su... come puoi dire di esserlo, quando sei qui, solo come un cane, tutto una piaga, senza pane, senza una coperta, senza « fwaka» (fumare)... Non ti pare di esagerare? »...

«Non dire così, Padre mio... Non dire così! Tu devi saperlo che la gioia non viene da tutte quelle cose lì... né dalla salute, né dagli amici... ma dall'essere con Dio. Son cinque anni che lo attendevo... ed ora è qui con me... dentro di me... Sì, Padre mio, sono il più felice della terra! »... Uscii per lasciarlo parlare con il «suo Cristo »... Il cielo africano si coprì di stelle come d'incanto e mai la Croce del Sud mi parve limpida come quella sera. Mi sentivo anch'io «il più felice della terra ». Pernottammo col nostro vecchio. Il mattino dopo fu tanto facile ritrovare il sentiero che mi convinsi che il giorno precedente era stato proprio il Signore a giocarci un tiro mancino perché lo portassimo a nascere in quella Betlemme africana. Sapete com'è: quando vuol nascere in un cuore, non si sa mai cosa ti combina, Quello lì!... (P. UMBERTO)

 

                     O amore, che sempre ardi senza mai estinguerti,

                     carità, Dio mio, infiammami.

                                                           S.Agostino (conf. 10, 29, 40).

 

 

 

 

 

 

 

 

Canto finale