Gaetano Santoro

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    Siamo ancora in Egitto, dopo la breve e infruttuosa avventura italiana. Una grande passione, l'elettricità, in tante sue applicazioni, mi impegna seriamente e di questa passione ne traggo grandi benefici, morali ed economici. Mio padre mi perdona l'abbandono della scuola, personalmente non ho mai perso l'interesse per questa materia e mi sono sempre tenuto aggiornato.

    Lascio la "His Master's Voice" per la Mifanohouse Electric (di proprietà dei fratelli Armand e Roger Mifano) in via Fouad ‘di allora’ e poi passo alla Naxon Electric. Ormai cerco sempre di migliorare la situazione economica. L'idea di mettermi in proprio si realizza con l'apertura di un piccolo negozio di elettricità in rue de la Fortune, di fronte alla Cafeteria Royale. Siamo tre soci: R. Desman,  J.L. Wang ed io. Lavoriamo sodo e facciamo discreti incassi.

    La vita scorre  e la serenità è interrotta spesso dalle guerre arabo-israeliane. Ma non solo la politica e la guerra turba la nostra famiglia, mio padre, Virgilio, subisce una gravissima trombosi cardiaca. La diagnosi è riservata. Per cinquanta giorni ci alterniamo al suo capezzale, all'ospedale italiano, notte e giorno per tenerlo fermo, tale era la consegna del dottor Peta noto cardiologo in Alessandria. Ringraziando il Signore e le attente cure prestate in ospedale mio padre ha salva la vita. Non si può più parlare di lavoro per Virgilio. Subiamo un vero tracollo dopo aver dato fondo a tutti i risparmi. Ringrazio, ancora una volta, tutti quegli amici di mio padre che ci diedero una mano in quella triste situazione ed in particolare Onnig Bulgarian, Hagg Abdu Ghanem, la famiglia Toutoungy, e tanti altri dei quali non ricordo il nome che spero non me ne vogliano.

    Chiuso il negozietto in rue de la Fortune, sono assunto presso l'Ospedale Italiano di Alessandria. La mia qualifica è quella di impiegato notturno e le mie mansioni sono molteplici: magazzino della farmacia, statistica delle religioni dei ricoverati, (cinque anni di arretrato), disbrigo di eventuali pratiche di ricovero notturno e funzione di centralino telefonico. L'orario di lavoro era dalle 20.00 alle 08.00. Lo stipendio era ottimo e ripagava il sacrificio. Al mattino, lasciato l'ospedale, dedicavo quattro ore di lavoro ai clienti che richiedevano ancora la mia opera di elettricista, naturalmente ben retribuita.

    In questo modo con molta volontà, e con l'aiuto dei miei fratelli, sono riuscito a trarre fuori del disastro la mia famiglia. Mia sorella Orsola, finite le scuole, si occupa come commessa ai Grandi Magazzini Hannaux, mio fratello Aristide lavora in qualità di meccanico in una succursale "Olivetti", Maria Teresa, la più piccola, frequenta ancora Maria Ausiliatrice.

    La situazione Medio-Orientale peggiora notevolmente e arriva, anche per gli italiani, l'ora di rientrare in patria. Abbiamo paura, ripensiamo al primo disastroso e costoso rimpatrio, ma siamo pressati dalla situazione. Alla fine del mese di ottobre 1960 con la stessa nave e con un folto gruppo di connazionali tra i quali molti compagni di scuola e di lavoro, lasciamo per sempre la terra che ci ha dato i natali e dove riposano i nostri cari.

    Questa volta siamo accolti dalle autorità che ci trasferiscono subito al campo profughi "Canzanella" a Fuorigrotta. Disfatti i bagagli più importanti ci accorgiamo d'essere stati anche derubati, grande scoramento, mio padre non si riprenderà più da questo colpo.

    Risparmio a chi legge le vicissitudini ed i dispiaceri vissuti in quel periodo. Il lavoro non si trovava e ci si arrangiava alla meglio.

    Decido di partire per Roma alla ricerca di un lavoro e di un avvenire che non fosse il campo profughi. Mi ospita a Roma la famiglia Casolaro alla quale devo riconoscenza per questo appoggio. Nulla da fare, non avendo la residenza a Roma non posso ottenere un lavoro e non posso avere la residenza se non ho un lavoro. Oggi, quando faccio un parallelo tra noi e gli immigrati extra-europei, e quindi non italiani, penso d'essere stato accolto non da una madre patria ma da una ingiusta e cattiva matrigna.

    Alla stazione alla volta di Napoli, sfiduciato e sconfitto mi accingo al ritorno al "campo".

    Mi sento chiamare da una voce con l'accento di noi italiani d'Egitto, è Vittorio Nardi un amico perso nel tempo ma non dimenticato. Una gioia nel ritrovarlo ed un miracolo in extremis perché "Bombolo", questo era il suo soprannome , mi trova immediatamente un lavoro, non prima d’avermi offerto una bella tazza di cioccolato fumante.

    Ho perso di vista questo amico dal dicembre del 1960. Chiunque abbia sue notizie mi farà un grosso regalo nel comunicarmele.

    Ritorno a Napoli pieno di speranza. Il Natale nel campo, con questa premessa, e più lieto e sereno. Grazie ancora Vittorio!

    Il 2 gennaio prendo servizio con la qualifica di aiuto installatore ascensorista presso la Schindler, qualifica che ho mantenuto anche quando, dopo due mesi installo, da solo, quattro ascensori.

    Ancora una volta la passione per l'elettricità mi torna utile. Con parecchi sacrifici e molto lavoro riesco a tirare fuori dal campo i miei. Il nostro primo indirizzo in Italia è : via Vigna Fabbri 29.

    Mia sorella Orsola lavora presso un parrucchiere per signora, tanto lavoro poca paga, lascia per occuparsi come baby sitter presso una famiglia facoltosa. Aristide, mio fratello, lavora con la qualifica di meccanico presso una ditta per la rigenerazione degli ammortizzatori. Maria Teresa, la più piccola, va a scuola con grande profitto.

    Lascio la Schindler per una situazione più favorevole alla mia famiglia. Adesso sono un impiegato dello Stato lavoro al CNEL (Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro) in un bel ufficio nel bel mezzo di villa Borghese. Vi ho lavorato per 36 anni.

    La leucemia rapisce Orsola all'età di 22 anni, il 10 febbraio del 1965. Non vi sono parole per descrivere il dolore di questa perdita. Mio padre e mia madre sono definitivamente annientati e non si rialzeranno mai più.

    Aristide è ormai uno specialista in fatto di sospensioni per automobili e dopo una parentesi alla Ford apre una piccola officina meccanica. Troppo giovane e troppe responsabilità, chiude e va a lavorare  alla Selenia dove la sorella più piccola, Maria Teresa, fa un'ottima carriera.

    Il sottoscritto, Gaetano, sposa Marina ed ha due figli Silvia e Mauro. Silvia lavora alla Telecom al controllo del software, Mauro, analista informatico è capo progetto presso una importante società informatica.

    Aristide sposa Annarita ed ha due figlie, Katia e Laura. Katia è ragioniera presso una importante assicurazione e Laura si occupa di catering.

    Maria Teresa sposa Luigi ed ha due figlie Valentina e Pamela. Valentina sposa Andrea ha due figli Germano e Flaminia. Pamela è un agente di Pubblica Sicurezza sposa un  giovane maresciallo dell'Aeronautica Militare.

    Nel 1973 mio padre, Virgilio ci lascia e mamma Concetta scompare nel 1986.

    Questa è la storia, per sommi capi, della famiglia Santoro. E' una storia come tante altre di italiani d'Egitto che, ritornati in patria, hanno sofferto, lavorato e gioito per i successi ottenuti grazie anche a quella cultura che il cosmopolita Egitto ci ha elargito a piene mani. La conoscenza e padronanza delle lingue ha favorito tutti. La comprensione ed il rispetto per  le idee degli altri ha favorito il nostro inserimento in questa società diversa da quella vissuta in Egitto.

    Oggi, a 42 anni dal rimpatrio, io ed i miei fratelli, abbiamo una discreta posizione frutto di tanti sacrifici e lavoro svolto con serietà, onestà ed onore.

    Io sono in pensione e mi occupo dell'AIDE (Associazione Italiani D'Egitto) un’associazione senza scopo di lucro che cerca di raccogliere le memorie di tanti italiani che hanno vissuto, operato ed amato quella terra e perché non ne vada persa la memoria.

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