La Russia rivoluzionaria

Il rientro di Lenin in Russia   Le "tesi di aprile"   Le premesse della Rivoluzione di Ottobre  

Il comunismo al potere    I decreti rivoluzionari   L'Urss

  Rivoluzione e trasformazione della società

  La guerra controrivoluzionaria

 

La Russia rivoluzionaria

La rivoluzione comunista realizzata dai bolscevichi, l'ala più radicale del partito socialdemocratico russo, smentì nei fatti il teorema, suggerito da Marx, in base al quale l'idea socialista avrebbe dovuto necessariamente affermarsi nei paesi a più maturo sviluppo capitalistico. La correzione della teoria marxista dipese solo parzialmente dalle oggettive condizioni di prostrazione in cui versava la popolazione civile e militare russa nel momento che coincise con la sconfitta militare. Essa fu piuttosto dovuta in gran parte all'abilità strategica, al fine intuito politico e alla spregiudicatezza di Vladimir Iljic Ulianov, nome anagrafico di Lenin (1870-1924). 
Vero e proprio capo carismatico della rivoluzione che nel 1917 aveva già alle spalle anni e anni di militanza politica in patria e all'estero, egli non esitò ad accantonare perfino alcune delle indicazioni emerse da sue analisi improntate allo spirito della Seconda Internazionale e influenzate dall'insegnamento di Plechanov, pur di cogliere l'eccezionale occasione offerta dalla congiuntura di guerra, da lui ritenuta la fase risolutiva della crisi del sistema capitalistico, e così malamente gestita da Kerenskij.


Il rientro di Lenin in Russia

Lenin, nel corso del lungo periodo di esilio trascorso in Svizzera, aveva forse potuto comprendere in modo più chiaro la natura dei cambiamenti che, a partire dal 1905, erano intervenuti in Russia andando a intaccare i tradizionali equilibri di quella società rurale che ne costituiva la componente principale. 
Fu soprattutto la politica agraria promossa dal primo ministro Petr Arkad'evic Stolypin fra il 1906 e il 1911 a rendere possibile, attraverso l'abbandono del sistema del "mir" (comunità di villaggio), l'abolizione della proprietà comune, i progetti di colonizzazione in Siberia, l'incoraggiamento di tecniche agricole più avanzate, il rafforzamento della classe di agiati proprietari contadini (i "kulaki"), liberando contemporaneamente una maggior quantità di manodopera per l'industria. 
In realtà, il mancato coordinamento tra i tentativi riformisti attuati da Stolypin e la politica seguita per incrementare il tasso di industrializzazione ebbero come unica conseguenza quella di aumentare in maniera spaventosa il numero di disoccupati e di peggiorare ulteriormente le già precarie condizioni in cui versavano milioni di russi, accentuando di riflesso il clima di malcontento che serpeggiava nel paese. 
Tutto ciò non toglie che, ancora fino a poco prima del suo rientro in patria, Lenin non aveva ancora pensato che la rivoluzione poteva essere imminente in Russia, precisando anzi come proprio i paesi a capitalismo avanzato costituivano il terreno più fertile per lo sviluppo di una rivoluzione sociale.


Le "tesi di aprile"

Tornato a Pietroburgo con un gruppo di dirigenti bolscevichi nei primi giorni di aprile del 1917 (è bene ricordare, per maggiore esattezza, che il calendario gregoriano venne adottato in Russia solo a partire da quell'anno), Lenin fu testimone diretto della crisi in atto tra il governo provvisorio e il movimento rivoluzionario. Il primo, guidato dal principe Georgij L'vov, favorevole al proseguimento di una guerra con fini espansionistici era concorde sulla prosecuzione dello sforzo bellico a fianco degli alleati occidentali ma solo in quanto opportunità per una trasformazione della realtà socio-economica russa, mentre il secondo era desideroso unicamente della fine della guerra e del miglioramento immediato delle condizioni di soldati e contadini. Dichiaratosi assolutamente contrario alle posizioni del governo provvisorio, Lenin enunciò le cosidette "tesi di aprile", con le quali tutto il potere veniva rivendicato ai soviet che dovevano porsi, tra gli altri, il compito di confiscare le terre dei grandi proprietari, di nazionalizzare le banche e di creare una nuova Internazionale per la realizzazione della rivoluzione socialista negli altri paesi.


Le premesse della Rivoluzione di Ottobre

Dopo l'esperienza di un secondo governo provvisorio, anch'esso guidato da L'vov e costellato in un primo momento dal tentativo insurrezionale bolscevico a seguito della sconfitta militare (luglio 1917), e in un secondo tempo dalla violenta repressione che ne seguì e che costrinse Lenin a riparare in Finlandia, la presidenza venne assunta da Kerenskij, al quale furono conferiti poteri eccezionali con il pieno consenso dei Soviet (agosto 1917). 
Di fronte al tentativo controrivoluzionario messo in atto dal generale Kornilov (settembre 1917) e al quale il governo Kerenskij seppe far fronte in modo incerto e contraddittorio, fu chiaro l'apporto decisivo dei bolscevichi nell'organizzare la mobilitazione popolare e la resistenza al tentato colpo di stato.


Il comunismo al potere

Forti del prestigio che avevano guadagnato, i bolscevichi conquistarono presto la maggioranza dei Soviet di Pietroburgo e di Mosca, mentre alcuni dei loro maggiori esponenti (quali lo stesso Trotzkij) venivano rimessi in libertà. 
Di fronte al persistere dell'atteggiamento di rifiuto del governo nei confronti della proposta di ritiro dal conflitto e della riaffermazione della linea contenuta nelle "tesi di aprile", i bolscevichi, riuniti nel comitato centrale del partito (Lenin aveva intanto fatto ritorno dalla clandestinità), decidevano definitivamente per la soluzione insurrezionale armata (10 ottobre 1917, secondo il vecchio calendario russo), nella convinzione che fosse imminente lo scoppio della rivoluzione su scala mondiale. 
Il 26 ottobre 1917 (in realtà l'8 novembre), dopo che le truppe rivoluzionarie ebbero occupato i punti nevralgici della capitale e Kerenskij abbandonato precipitosamente il Palazzo d'Inverno, il secondo congresso panrusso dei Soviet investiva di ruoli governativi il neonato Consiglio dei Commissari del Popolo, diretto da Lenin, affidando il commissariato degli Esteri a Trotzkij e il commissariato per le Nazionalità a un altro dei principali protagonisti della rivoluzione, Giuseppe Stalin, il cui vero nome era Josif Vissarionovic Giugasvili.


I decreti rivoluzionari

Tale organismo rivoluzionario emanò tra il 26 ottobre e il 2 novembre (secondo il calendario russo) una serie di decreti che davano immediatamente il senso e la misura del cambiamento avvenuto con l'affermazione della rivoluzione bolscevica: veniva innanzitutto lanciata la promessa offensiva di pace (invito ai popoli in guerra a una pace "senza annessioni né indennità"), quindi veniva stabilita l'espropriazione senza indennizzo dei latifondi e delle grandi proprietà terriere e sancito il trasferimento del controllo della terra ad appositi comitati agrari, fornendo in tal modo l'avvallo legale alla pratica già sperimentata dai contadini con l'occupazione degli appezzamenti. 
Altri provvedimenti affidarono poi a operai e impiegati la gestione e il controllo delle fabbriche, mentre veniva contemporaneamente decretato il diritto all'autodeterminazione da parte dei popoli componenti l'impero. 
In una seconda fase, che coincise con il periodo immediatamente successivo la rivoluzione e nel corso della guerra civile, il governo rivoluzionario adottò una serie di ulteriori provvedimenti (delineando quello che venne definito "comunismo di guerra") finalizzati alla subordinazione degli interessi privati alle necessità dello stato; furono autorizzate requisizioni di derrate alimentari e generi di prima necessità, venne transitoriamente abolito il diritto di proprietà trasferendolo dai privati allo stato, mentre vennero nazionalizzati interi settori industriali operanti nel settore bellico.


L'Urss

Il nuovo stato, oramai totalmente e definitivamente improntato ai dettami rivoluzionari che delegavano ai Soviet l'intera gestione del potere, assumeva la forma federale, sancita dalla nuova carta costituzionale emanata il 10 luglio 1918, e, quattro anni più tardi, il nome di Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (Urss). Uno dei problemi più delicati che il governo rivoluzionario si trovò ad affrontare nei suoi primi giorni di vita fu senza alcun dubbio quello del ritiro dal conflitto, scegliendo fra la necessità di sottostare a una pace onerosa e di subire le conseguenti ritorsioni da parte degli Alleati, e la prospettiva di proseguire il conflitto in condizioni sempre più precarie. 
Alla fine prevalse la tesi di Lenin il quale, superando le violente resistenze opposte dai socialisti rivoluzionari che spingevano per una guerra a oltranza contro la Germania, si decise a firmare la pace di Brest-Litovsk (3 marzo 1918).


Rivoluzione e trasformazione della società

Uno dei risultati più evidenti della rivoluzione russa, al di là della nuova struttura dello stato e dei profondi cambiamenti attuati in campo economico, fu costituito dalla radicale trasformazione alla quale venne sottoposto ogni aspetto della vita sociale, attraverso lo scardinamento dalle fondamenta di tutto il sistema di rapporti stabilito da decenni e caratteristico dell'ordinamento semifeudale del vecchio regime. 
La rivoluzione arrivò ad affermare e a sancire come inalienabili diritti per l'uomo il lavoro, l'istruzione (venne a questo proposito avviata una decisa campagna di alfabetizzazione in tutto il paese) e l'assistenza socio-sanitaria, demandata allo stato attraverso l'istituzione di un servizio sanitario pubblico; inoltre, per la prima volta nella storia, furono riconosciuti ufficialmente i diritti delle donne, mentre vennero eliminate sul piano giuridico tutte le disparità ancora presenti tra le nazionalità che formavano il composito stato sovietico. 
Tutte queste misure, che ripensarono profondamente il concetto di essere umano, riconoscendolo finalmente una componente attiva e partecipe della società civile, furono oggetto di profonda ammirazione da parte dei movimenti operai e delle classi lavoratrici del resto del mondo, ancora molto lontani dal godimento di questi benefici. 
E a partire dal 1917 fu proprio ispirandosi alla rivoluzione russa che i lavoratori di tanti paesi lottarono per ottenere il rispetto dei diritti democratici.


La guerra controrivoluzionaria

Il ritiro unilaterale dal conflitto da parte sovietica ebbe, tra le varie conseguenze, quella di provocare una reazione militare da parte delle potenze occidentali, reazione finalizzata da una parte a punire l'ex alleato, dall'altra tesa all'abbattimento del governo rivoluzionario. 
Tale intervento militare si concretizzò soprattutto nella fornitura di aiuti economici e armamenti alle cosidette 'armate bianche' che vennero a costituirsi in diverse zone del paese agli ordini di generali di provata fede zarista. 
Il mancato impegno diretto da parte degli Alleati, al di là dell'implicazione negli eventi bellici in corso, venne giustificato con il timore che le truppe, composte in massima parte da contadini e da operai, potessero solidarizzare con l'esercito di un paese apertamente schierato dalla parte delle classi lavoratrici. 
Tre campagne militari condotte nel biennio 1918-1919 dalle armate bianche, che si presentarono come portatrici dei valori dell'antico ordine e che proprio per questo trovarono scarso appoggio popolare, non valsero a piegare la resistenza dell'"armata rossa" ottimamente organizzata da Trotzkij; questa, anzi, eliminati via via i focolai controrivoluzionari, ebbe anche ragione di un successivo tentativo di invasione polacco prontamente respinto oltre frontiera, determinando il definitivo successo delle forze sovietiche (1920). 
Il cosiddetto "cordone sanitario" creato dalle potenze occidentali, ovvero l'appoggio fornito a governi anticomunisti nei paesi confinanti con la Russia, servì soltanto a rimandare di qualche anno la normalizzazione dei rapporti diplomatici a livello internazionale: in questo ambito, infatti, l'Unione Sovietica ottenne gradualmente il riconoscimento di Germania, Inghilterra, Francia, Italia e Giappone (1922-1925).