PATRIARCATO DI VENEZIA

PASTORALE SPOSI E FAMIGLIA

 

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FORMAZIONE AL MATRIMONIO

 

sussidio per animatori dei corsi

    2000 anno di grazia

 

 

Gli interventi del Patriarca - tratti dalle Assemblee dei fidanzati - sono stati trascritti ed adattati alla forma scritta, a cura della segreteria della Commissione diocesana della Pastorale degli Sposi e della Famiglia che ha anche redatto il presente fascicolo.

- l’inserto“IL PATRIARCA AI FIDANZATI” è stato redatto da Dilvia e Virgilio Rossi e revisionata da Marylisa e Franco Bonaldi  

 

INDICE

Il Patriarca Marco Cè ai fidanzati

Presentazione del Sussidio

Struttura del sussidio

 

Capitolo primo

Mete della Formazione al matrimonio

Meta antropologica

Meta biblica

Meta cristologica

Meta ecclesiologica

Meta etico - spirituale

 

Capitolo secondo

Suggerimenti sul Metodo e sul Dialogo

Suggerimenti metodologici

Suggerimenti pratici sul metodo e sul dialogo

 

Capitolo terzo

Proposta per lo svolgimento di un corso

La liturgia del Sacramento del Matrimonio

 

Bibliografia

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All'indice

                         IL PATRIARCA MARCO CÉ AI FIDANZATI

L’ACCOGLIENZA

Come riteniamo sia noto a quanti operano nel settore della preparazione dei fidanzati al sacramento del matrimonio, ogni anno, il Patriarca incontra i fidanzati nella Basilica-Cattedrale di San Marco.

La prima “Assemblea” dei fidanzati ebbe luogo il 12 febbraio 1995, fu voluta fermamente dal nostro vescovo e la Commissione per la Pastorale degli sposi fu incaricata di organizzarla. Si trattava di scommettere su quante coppie avrebbero risposto all’invito ed ora si può anche svelare che il Patriarca concordò con essa cosa avrebbe dovuto essere: un incontro di preghiera? una discussione? una cosa mista? In una riunione preparatoria il Patriarca esternò una certa preoccupazione. Comunque non ci si attendeva molta folla come invece accadde. Così accolse i fidanzati Marco Cè, quel 12 febbraio 1995:

«Siamo felici di incontrarci e voi siete andati al di là delle nostre speranze. In realtà pensavamo che bastasse la cripta e invece c’è voluto l’ampia aula di S. Marco. Questo incontro è carico di gioia, ha la ricchezza del sentimento, e sappiate che se tutto ciò è umano, è anche profondamente valido davanti a Dio, e profondamente cristiano, perché il Figlio di Dio si è fatto uomo. Quindi tutto quello che è umano entra nel cuore, nel mistero di Dio».

Si è sempre dato una certa importanza all’accoglienza in tutti questi incontri, con il preciso scopo di mettere a loro agio i giovani fidanzati, ma soprattutto per far comprendere loro quale ricchezza essi siano per la Chiesa tutta. Il Patriarca approfitta dell’occasione per invitare tutti ad alzare gli occhi sulla volta della basilica e sui suoi mosaici, e per illustrare i loro significati teologici.

«Carissimi, la Chiesa di Venezia vi accoglie con festosità e gioiosità e la nostra splendida basilica ne è il segno: essa è il simbolo più alto della nostra identità e dobbiamo amarla, sentirla come qualche cosa che ci appartiene. Ma la nostra basilica non è soltanto bella, la sua straordinarietà consiste anche nel fatto che se noi riusciamo appena appena a guardarla, a capirla, è una chiesa che parla. Infatti, i mosaici di cui è tutta foderata ci narrano la grande storia dell’amore che Dio ha avuto per l’umanità.

La nostra basilica parla e oggi si spalanca ad accogliervi in questo grande abbraccio che è come l’atto di affezione e di amore che la nostra chiesa vi rivolge. La chiesa è contenta e vi fa festa; voi siete una realtà così importante, da accogliervi a braccia spalancate, nel suo luogo più bello, da farvi accendere tutte le luci perché fosse onorato il dono che il Signore inizialmente vi ha già fatto. Dio, infatti, è già presente nel vostro affetto, nel vostro amore che diventerà pieno nel giorno in cui riceverete il sacramento del matrimonio».[1]

FIDANZAMENTO, TEMPO DI GRAZIA

Partendo da questa considerazione, il Patriarca entra nel vivo dello specifico: cosa significa vivere da fidanzati nella prospettiva del matrimonio.

«Il fatto che voi abbiate oggi voluto incontrare il vostro Patriarca e siate venuti così numerosi all’invito che lui vi ha rivolto, afferma una grande cosa: il vostro fidanzamento, l’amore che Dio ha fatto nascere nel vostro cuore è proprio come una primavera, una primavera della vita, una primavera dell’umanità. È nato qualche cosa che non riguarda soltanto voi, ma che interessa tutta la chiesa; il vostro amore è uno dei più grandi tesori che Dio, attraverso di voi, dona alla storia del mondo.

Voi dite e questo è vero: “il mio amore nasce dal mio cuore, attraversa tutto il mio essere”, ma qualcuno  l’ha seminato il vostro amore, prima  che esplodesse dal vostro cuore. Il vostro amore è seme di Dio, è presenza di Dio nella vostra vita; il vostro amore discende dall’alto.

Il vostro amore è un evento di Pentecoste: cioè è lo Spirito Santo che ve l’ha infuso, l’ha versato nel vostro cuore; è da Dio che parte l’amore che vi rivolgete l’un l’altro, che voi ipotizzate per tutta la vostra vita. La garanzia del vostro amore è questa sorgente che è in Dio stesso. Per questo motivo, il vostro fidanzamento e le speranze che voi portate in cuore, le vostre gioie e anche le vostre paure, cioè tutto quanto forma questo momento così importante della vostra vita, non è qualcosa che riguardi soltanto voi ma è un fatto estremamente importante anche per Dio e per la Chiesa. È forse un concetto un po’ difficile, che capirete un po’ per volta, ma voi, col vostro amore, state scrivendo la storia del mistero di Dio nelle strade degli uomini. La  storia vera, autentica, della chiesa non è quella che si scrive sui libri, ma è quella che voi scrivete, fin da ora, fin da fidanzati, con la vostra vita».[2]

È ricorrente il timore di non essere all’altezza dell’impegno che la vita di coppia comporta, ma è proprio per superare queste perplessità che bisogna vivere il tempo del fidanzamento in modo da giungere preparati al matrimonio:

«C’è un rischio: il timore di non farcela. Ma Dio non ci chiama mai ad una responsabilità se non ci avesse già preparato le energie, le forze per poterla assolvere. Ciò significa che il matrimonio è grazia ed ha con sé tutti i doni che servono per vivere una vita da sposi. Il tempo che voi vivete, il tempo del vostro fidanzamento è una marcia di avvicinamento al giorno in cui questo mirabile mistero dell’amore di Dio si compirà in voi. Questo è un tempo di grazia. Il fidanzamento è già grazia di Dio il quale vi ha anticipato parzialmente il dono che vuol farvi, ma questo è anche il tempo in cui dovete costruire voi stessi e il futuro matrimonio.

Voi non vi siete incontrati casualmente. Dio ha un progetto su ciascuno di voi e in questo progetto c’è già il vostro incontro; voi in questo periodo dovete verificare, dovete scoprire se il vostro essere in due è proprio il progetto di Dio. E lo scoprite frequentandovi, vivendo questo tempo non riducendo tutto all’emozione, alla sensibilità, qualche volta anche sciupandolo fruendo in maniera disordinata della vostra sessualità. Questo è anche un tempo di disciplina interiore, di una affettuosità che però deve essere sotto il governo della vostra ragione e della volontà del Signore, per cui non dovete bruciare il vostro amore nella pura sensibilità».[3]

Il fidanzamento, quindi, si può sintetizzare come un tempo in cui la coppia realizza una crescita, acquista senso di responsabilità, consapevole che Dio opera già in essa con il dono della grazia.

«Il fidanzamento non è un trabocchetto per imprigionarvi nel matrimonio con il sacramento del matrimonio, ma è un grande momento di grazia in cui Dio costruisce in voi le cose più belle della vostra vita. Il fidanzamento è un tempo di grazia perché è un periodo nel quale dovete crescere. Anche il mio sacerdozio ha avuto il suo fidanzamento: gli anni della mia preparazione, gli anni in cui sono cresciuto. Nel fidanzamento voi maturate anche nell’impegno a trasformare il vostro temperamento perché diventi armonioso, maturate la capacità di comprendervi, di accettarvi, di parlare di ciò che ciascuno di voi ha, senza usarvi, perché nessuno di voi è uno strumento dell’altro.

Fidanzamento è tempo di grazia perché è tempo di crescita, di responsabilità, innanzitutto di responsabilità vocazionale; è il tempo in cui voi dovete scoprire se, nel progetto di Dio, siete fatti l’uno per l’altra. È un cammino talora anche faticoso, che conosce le sue difficoltà, le sue prove, però è un periodo nel quale bisogna veramente ricercare ed individuare se si è fatti l’uno per l’altra, ma è anche tempo di responsabilità come stabilità di relazione, che prepara alla vita a due: lo stare uniti nei giorni felici ma anche nei giorni della fatica.

È anche tempo di maturazione della propria affettività che si esprime in tenerezza, ma anche in dominio di sé, in rispetto dell’altro, che non è puro oggetto di sesso, ma è persona da rispettare. La sessualità è lo scrigno dei valori più belli della persona e questi valori sono l’amore e la vita. Ogni sua banalizzazione si trasforma in svuotamento e impoverimento della persona. È tempo di grazia e quindi è tempo in cui il Battesimo matura e porta i suoi frutti nella capacità di donarsi».[4]

CAMMINARE INSIEME AGLI ALTRI

La coppia, se deve esprimere l’amore di Dio, non può essere un universo chiuso in se stesso. Il Patriarca raccomanda di aprirsi agli altri, alla Comunità ecclesiale e civile.

«Un’altra cosa che vi raccomando è realizzare un po’ di amicizia fra di voi, per esempio nel gruppo che si prepara facendo il corso di formazione al matrimonio, perché l’amicizia è un grande dono. La chiesa è famiglia, quindi anche amicizia, prossimità, volersi bene, ascoltarsi nelle difficoltà, darsi una mano nelle difficoltà. Vorrei proprio che in parrocchia vi legaste in gruppo, perché questa solidarietà è un grande aiuto.

Trovate nella vostra comunità cristiana, con il vostro prete, con le coppie che si sono preparate con voi al matrimonio, altre coppie cristiane disposte a fare con voi un cammino. Anche coppie più anziane di voi, che in certi momenti possono esservi di grande aiuto, perché hanno attraversato loro stesse delle crisi. Tutte le coppie passano attraverso difficoltà, come io sono passato attraverso difficoltà che avrebbero potuto spezzare il mio sacerdozio. È una fortuna avere qualche persona amica a cui aprire il cuore, che ti dice: “Guarda, ho provato anch’io, sai, ma abbi fiducia, abbi coraggio, non devi rinunciare, riprendi il tuo discorso, parla con tuo marito, parla con tua moglie, fai lo sforzo”. Questo aiuto fraterno, questa amicizia fanno diventare la comunità famiglia. Il Signore ha voluto la Chiesa, ha voluto la parrocchia, proprio perché diventasse una famiglia nella quale ci si dà una mano. Una mano, da sola, fa poco; due mani fanno tante cose».

IL PROGETTO DI DIO, UN PROGETTO D’AMORE

Per i giovani fidanzati, ed in generale per tutti gli sposi che prendono consapevolezza del proprio matrimonio, costituisce una sconvolgente novità scoprire che l’amore della coppia non nasce da un uomo e da una donna, ma da un progetto di Dio che  proprio attraverso l’immagine e la sostanza di quest’amore vuol significare al mondo il suo amore per l’umanità. C’è un duplice aspetto, quindi in questo progetto: la coppia esprime al suo interno un amore voluto da Dio perché essa stessa oggetto del suo amore  di cui diventa figura. Nati per amore, nati per amare.

«Il modo di dire potrà sembrarvi un po’ irriverente, ma corrisponde al vero: Dio ha un sogno, un progetto su di noi. Realizziamo questo sogno di Dio e saremo felici perché è il sogno della nostra felicità. A volte mi sono sentito dire da un giovane sposo, da una giovane sposa: “Patriarca, saremmo così contenti di avere un figlio!” Uno sposo e una sposa sognano il figlio. Anche Dio un giorno ha sognato noi e ha pensato a voi, insieme. Vi ha pensati somiglianti a Lui: ci ha fatto uomo e donna imprimendo proprio in ciò il segno della somiglianza con Lui.

  Dio è Trinità. Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo, e, misteriosamente, questa somiglianza con Dio Trinità è stata impressa in noi da Dio che ci ha pensato come suoi figli. Ma vi è ancora di più. Pensando a noi, Dio ha pensato a Gesù, il Figlio suo fatto uomo che ci ha donato sulla croce. Dio si è detto: “Come faccio a far capire agli uomini che li amo tanto, che voglio loro tanto bene?”. Ha pensato allora una cosa straordinaria: narrarci questo amore attraverso l’amore dello sposo verso la sposa e della sposa verso lo sposo. Un amore pieno, totale, fatto di donazione, che passa anche attraverso il sacrificio e non si dissolve, anzi diventa più autentico, diventa più profondo, più vero anche perché passa attraverso la purificazione del sacrificio, della sofferenza.

A noi sembra quasi pazzesco che Dio ci abbia dato questo amore infinito, inesauribile, donandoci il Figlio e donandocelo sulla croce. Dio ce lo narra attraverso l’amore dello sposo e della sposa e non trovando nel vocabolario delle parole capaci di poterlo esprimere, è ricorso proprio al vocabolario nuziale. Infatti Dio è chiamato Padre e chiama noi figli: Dio è Padre e Madre, perché in Lui paternità e maternità si identificano: Dio si chiama sposo del suo popolo, Israele, che chiama sua sposa. C’è addirittura un libro, il Cantico dei Cantici, nel quale si descrive questo fidanzamento meraviglioso - direi quasi audace - tra Dio e il suo popolo. Nel libro del profeta Geremia, Dio dice ad Israele: “Ti ricordi di quand’eravamo fidanzati?”. È bellissimo!»[5]

Nel discorso sul progetto si inserisce la presa di coscienza di essere persone amate da Dio.

«Il progetto di Dio su di voi fidanzati, su voi che state camminando verso il vostro matrimonio, è un progetto di amore e di felicità. Queste due parole, sono un po’ abusate, si ripetono continuamente, ma sono anche tanto belle e tanto importanti. La vita è fatta di queste due parole,  senza di esse la vita non c’è. Dio ha quindi su di voi un progetto di amore. Allora:

·        Dio ci ama: è la grande certezza che dobbiamo avere nel cuore e il sigillo di questo amore di Dio per noi è Cristo Crocifisso. Noi siamo talmente amati da Dio al punto da darci il Figlio.

·        Dio vuole che voi vi amiate.

·        Dio vuole che il vostro amore, l’amore del fidanzato per la fidanzata, dello sposo per la sposa, e viceversa, diventino il segno che Dio ama tutta l’umanità.

Guardando come voi vi volete bene il mondo apprende che è amato da Dio perché ha fatto suo il vostro amore e vi ha riversato il suo stesso amore. Con il vostro amore, con i gesti dell’affetto, con tutto quello che dice l’amore di un uomo e di una donna, che poi diventano padri e madri, con questa realtà meravigliosa che fiorisce dal Sacramento del matrimonio che Dio ha consacrato, mostrate al mondo l’amore stesso di Dio.

Ragazzi che oggi siete qui davanti a me, e poi domani, quando Dio vorrà, vi sposerete nel Signore, sappiate che guardando a voi, al vostro amore, il mondo, che non conosce Dio, che spesso non conosce l’amore, che ha conosciuto forse l’esperienza del non-amore, della violenza, dell’ingiustizia, delle guerre, deve apprendere che Dio ci ama, che non ci ha chiamati per l’odio, per la divisione, per la violenza, deve imparare che il progetto di Dio sull’umanità è un progetto di amore».[6]

«CHI É PER TE GESÚ CRISTO?»

Parlare di un progetto di Dio, richiamare le realtà sacramentali del battesimo e del matrimonio non possono prescindere dall’interrogarci su cosa significhi per noi essere “cristiani”, su chi sia Gesù Cristo.

«Quest’anno (il 1995 N.d.R.) noi celebriamo i novecento anni della consacrazione al Signore di questa basilica. Il significato di questa celebrazione non è di fare delle feste ma di porci il vero problema che deve starci a cuore in quanto cristiani. Il significato sta quindi nel porsi questa domanda: “Ma tu, tu che ti dici cristiano, tu che sei stato battezzato, tu credi in Gesù Cristo?”. Oppure: “Chi è per te Gesù Cristo?”

Questa domanda, la domanda cioè sulla nostra fede, che noi in quest’anno poniamo al centro delle nostre celebrazioni marciane, interessa anche tutti voi e interessa profondamente il vostro matrimonio, in quanto voi lo volete celebrare nel Signore, e allora tutti dovete porvi questa domanda: «Ma per me chi è Gesù Cristo?» Io me la pongo, e vorrei dire che il problema della persona di Gesù, del mio incontro con Gesù, del mio credere in lui è la domanda più urgente. Ogni giorno, quando parlo, mi pongo questo problema che Gesù non sia soltanto un nome, ma sia l’incontro più importante, l’incontro decisivo della mia vita. È per questo che ora, mentre vi parlo, dentro di me mi domando: “Di fronte a questi giovani, che hanno davanti a sé tutta la vita, che stanno pensando ad un evento importante, decisivo per la loro vita, che è il loro matrimonio, testimonio veramente Gesù Cristo?”. Questo fatto, amici, é importante anche per voi.

Sposarsi nel Signore vuol dire credere e poi esperimentarlo. Scoprirete nei “corsi” che Gesù fa parte del matrimonio; io vi raccomando di essere fedeli nella partecipazione, di porre anche tante domande, di coinvolgervi nei “corsi” in preparazione del vostro matrimonio. La cosa più bella che dovete capire è che quando voi proclamerete il vostro sì l’uno all’altro, impegnandovi ad essere sempre non soltanto uniti ma l’uno per l’altro in tutte le situazioni della vita, come Cristo ha amato noi e la sua chiesa a tal punto da dare la vita, chiamerete Lui in mezzo a voi, perché vi sposerete nel Signore.

Ragazzi, rendetevi conto che nel vostro matrimonio non sarete più soli, ma ogni giorno, in ogni istante, nelle ore belle e nelle ore della fatica, Lui sarà lì e vi darà la forza, sosterrà la vostra gioia, e darà senso grande, profondo, gioioso, alla fedeltà, all’amore che voi, giorno per giorno, dovrete confermarvi e sarà la vostra felicità. L’esperienza dell’amore consacrato nel Signore, anche se può sembrare esagerato, è un’esperienza profondamente divina perché Dio, in Gesù, si coinvolge nel vostro amore, nell’avventura meravigliosa che si svelerà al vostro cuore e ai vostri occhi, che sarà il senso della vostra vita. Gesù è il senso della mia vita, ma sarà anche il senso della vostra vita».[7]

NON ABBIATE PAURA

Il Patriarca è consapevole dei dubbi e delle incertezze che accompagnano le scelte dei giovani fidanzati in ordine alla decisione di affrontare una vita di coppia che “deve” durare una vita. Il “per sempre” spaventa anche i più decisi; inoltre gli esempi negativi vissuti magari proprio in casa, di matrimoni naufragati nel breve volgere di qualche anno, inducono ad un atteggiamento prudente e a scegliere soluzioni non impegnative. Ci sono poi le oggettive difficoltà di ordine materiale: il lavoro, la casa, il costo della vita, i figli.

Il Patriarca invita ad avere fiducia nel Signore, anche negli errori, la stessa fiducia che lo ha accompagnato nei suoi cinquant’anni di sacerdozio.

«Nella vita, tante volte si ha paura, e anche a sposarsi si ha paura.

Quando mi avvicinai all’ordinazione sacerdotale, e poi all’ordinazione episcopale, quando mi preparai all’episcopato, sono calato sette chili per la paura di questa chiamata misteriosa, che non sapevo assolutamente cosa volesse dire. Ed io, che sono passato attraverso la paura, vi dico “non abbiate paura”, perché ogni giorno, il Signore Gesù, che ha suscitato nei vostri cuori l’amore, che lo versa sempre nel vostro cuore mediante il suo Spirito, il Signore Gesù sarà con voi! Sarà con voi anche la Madonna Santissima, Maria, la Madre di Gesù che poi andremo a pregare presso l’altare a lei dedicato.

Non abbiate quindi paura, perché non siamo mai soli. Il Signore, che vi ha chiamati all’esistenza, che ha infuso nel vostro cuore l’amore, che vi chiama a sposarvi in Lui, sarà sempre con voi, non vi tradirà mai. Gesù è morto sulla croce per dirci questo e nella fatica del costruire la vita, Lui sarà la vostra forza e la vostra speranza.

Non abbiate paura di niente, neanche degli sbagli. Liberatevi dalla paura degli sbagli, perché Gesù sarà accanto a voi, a recuperare i vostri sbagli. Niente sarà irrecuperabile se voi alla sera di ogni giornata vi metterete sotto la luce di Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, il nostro Fratello più grande e, pregando, gli chiederete di ricucire ciò che avete strappato. Lo faccio anch’io ogni sera: tutte queste cose che dico a voi, io le vivo. Ogni sera chiedo al Signore di ricucire, di rimettere insieme quei cocci che ho fatto; e il Signore, che è fedele, lo fa».[8]

«Qualche volta voi avete paura del “per sempre”, ma nell’amore pieno è insito questo “per sempre”. È tale l’amore: in Cristo, Dio dà la vita per noi. È questo amore che viene costituito sacramento, come è sacramento il battesimo, come è sacramento l’eucaristia, come è sacramento ciò per cui io sono padre, vescovo di questa comunità e i parroci sono i vostri padri nella fede.

Senza il sacramento del matrimonio noi non riusciremmo a capire Dio come invece lo capiamo. Dio ci parla di sé nell’amore dello sposo e della sposa, del padre e della madre, in questo amore vicendevole, reciproco, e verso i figli. Se non ci fosse questa esperienza noi non riusciremmo a conoscere l’amore di Dio come di fatto lo conosciamo.

Questa chiesa è molto bella, splendida; l’arco che sta sopra di noi, è un gioiello. Però questa è un’immagine lontanissima di Dio, infinitamente più lontana dell’amore che si portano due sposi, che si vogliono bene anche nella fatica di ogni giorno. Perché si fa fatica a vivere in due, bisogna perdonarsi ogni giorno altrimenti, il giorno dopo, si fa più fatica. Eppure vi dico che nelle mie visite pastorali, quando andavo nelle case a trovare gli ammalati e gli anziani, ho visto cose belle, cose grandi, nell’amore con cui due sposi si amano, nell’amore con cui il papà e la mamma amano i loro figli pur nella fatica e nelle difficoltà.

Io vi dico che in questo amore c’è proprio Dio. Dio ha fiducia, Dio mette se stesso nell’amore sponsale e nell’amore parentale di un papà e di una mamma. Dio gode di fare belle le sue cose. Quando voi, a un certo punto, vi regalate l’anello e vi fate i regali, ci mettete tutto il vostro cuore. Dio ci fa dei regali da Dio. Troppo bello per essere vero? È vero! Questo è il sacramento del matrimonio. Bisogna scoprirlo; se noi capissimo veramente cos’è il sacramento del matrimonio,  il nostro cuore si allargherebbe».[9]

Per sconfiggere la paura e acquistare fiducia, dobbiamo vincere l’orgoglio e chiedere aiuto al Signore con la preghiera che deve entrare a far parte della nostra vita di coppia. L’invito del Patriarca è discreto, conscio che l’abitudine al colloquio con Dio, sia da soli che in coppia, non fa più parte della nostra mentalità. Siamo uomini che “non devono chiedere mai”, quindi lontani dal pensare che Dio ci è Padre e a Lui ci dobbiamo rivolgere come tale perché illumini il nostro cammino di fidanzati e di sposi.

«Bisogna sconfiggere la paura, e avere fiducia. Bisogna anche un po’ buttarsi. Nella vita è così! Se io avessi voluto tante garanzie prima di diventare vescovo, non lo sarei mai diventato, non avrei mai accettato di fare il vescovo. Ho accettato l’avventura della paternità in maniera piena, e mi sono detto: “Capiti quello che capiti, questa è la strada sulla quale mi pare che il Signore mi chiami” e il Signore, giorno per giorno, anche nella croce, mi ha sostenuto e mi ha condotto. Quindi bisogna sconfiggere la paura mediante la fiducia.

Poi, ragazzi, c’è un grande mezzo per vivere e per costruire il vostro fidanzamento in vista del dono di Dio, ed è la preghiera. Voi fate fatica a pregare insieme, lo so; quante volte me l’avete detto. Ma io vi dico che anche un segno di croce fatto insieme è un grande dono. Provate qualche volta, anche andando in un santuario, entrando in una chiesa, a pregare un attimo insieme, proprio in vista di ciò che Dio sta preparando per voi. Pregare significa mettersi alla scuola di Gesù, che sarà accanto a voi tutti i giorni. Gesù sa cosa vuol dire la fatica, perché nella sua vita ha lavorato, faticato, sofferto molto.

Dovete imparare a conoscere Gesù, a diventare suoi discepoli. È la conoscenza più bella e più grande; è quella che ci aiuta di più, che sconfiggerà tutte le paure, che vi aiuterà a portare tutte le difficoltà, in una fedeltà che sarà gioia. All’inizio sarà fatica, ma la sicurezza della fedeltà diventerà la gioia più grande della vostra vita. [10]

«Sarebbe molto importante se imparaste a pregare insieme. Magari foste capaci di pregare dopo una bella litigata. Probabilmente nella preghiera fatta insieme trovereste il bandolo per recuperare anche una litigata. Le litigate sono inevitabili, ma vanno recuperate, anzi, vanno recuperate il giorno stesso, perché il giorno dopo diventa più difficili.

Non è pensabile una vita a due, a maggior ragione da fidanzati e da sposi, se non impariamo a perdonarci. Il perdono è la cosa più bella che ci sia. Ci costa, ma poi dà tanta gioia e tanta pace. Noi nasciamo dal perdono di Dio. La nostra vita cristiana nasce da un perdono: nasce dalla croce di Cristo che è il perdono che Dio ci dà nel sangue del Figlio. Ragazzi, mi capite?

Imparate a perdonare, anche nelle stupidaggini, anche nelle piccole cose. Qualche volta si è nervosi, non perché si hanno temperamenti cattivi, ma perché si è stanchi, si è lavorato tutto il giorno, perché sul lavoro c’è stato uno scontro col collega, con il principale. Si torna a casa carichi di nervoso, e allora una rispostaccia può arrivare. La vita è così, ma ci vuole la capacità di perdonare e anche di fare il primo passo. L’amore comincia con il perdono”.[11]

  All'indice

 

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PRESENTAZIONE  

Don Silvio Zardon

 

IL NUOVO SUSSIDIO PER GLI ANIMATORI DEI CORSI

Agli animatori sacerdoti e sposi, impegnati nella formazione dei fidanzati al matrimonio, vogliamo consegnare queste pagine, che, forse con presunzione, chiamiamo sussidio. È più giusto dire che queste pagine vengono restituite, perché buona parte di esse è frutto di esperienze e di tanti anni di lavoro vissuti insieme nei numerosi corsi parrocchiali, vicariali e diocesani (sono una novantina i corsi per circa milleduecento coppie di fidanzati all’anno). Con lo stesso criterio abbiamo redatto il primo Sussidio nel 1994.

La Commissione ha ripreso in mano questo materiale, lo ha aggiornato e arricchito di altri apporti e di nuove esperienze fino agli ultimi tempi. Lo ha poi elaborato con diligenza e amore.

Ora ci sembra giunto il momento di poter mettere in mano agli amici questo materiale rinnovato, che non ha nessuna pretesa di essere esaustivo, ma solo l’esigenza di offrire dei flash, che verranno arricchiti, sviluppati dalla ricerca, dalla riflessione e dall’esperienza degli animatori stessi.

La proposta della Commissione mira, anzitutto, ad evitare  alcuni limiti o rischi, che tutti bene conosciamo, e cioè che i corsi siano più che altro funzionali alla celebrazione del matrimonio; che la loro durata sia troppo breve, insufficiente per un inizio di conversione; che ai corsi i fidanzati partecipino con una certa passività, o  poco coinvolti. 

Si insiste perché i corsi si caratterizzino decisamente:

·        per l’accoglienza e la conoscenza reciproca e fraterna dei partecipanti che sono persone   adulte;

·        per l’annuncio e ascolto della Parola di Dio attraverso la storia e nella Bibbia;

·        per l’esperienza di comunione ecclesiale;

·        come luogo dove si riaccende la fede, fino all’adesione libera alla persona di Gesù;

·        per l’approfondimento dell’amore umano, dono di Dio all’uomo e alla donna.

 

IL SUSSIDIO SI SVILUPPA IN TRE CAPITOLI

Capitolo primo

Le cinque mete descrivono le caratteristiche formative del corso. Di esse il Direttorio della pastorale familiare sottolinea: “I contenuti proposti dagli Itinerari di Fede, partendo dalla realtà umana vissuta dai fidanzati e illuminandola e interpretandola con l’annuncio del Vangelo, dovranno permettere ai fidanzati di giungere a conoscere e a vivere il mistero cristiano del matrimonio” (DPF 58).

Le cinque mete: biblica, cristologica, antropologica, ecclesiologica, etico – spirituale si ispirano concretamente agli orientamenti teologici e pastorali delle “Premesse” del Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti (R.I.C.A.).

Nel piano formativo, nessuna meta va isolata dalle altre, perché di per sé ogni meta è convergente e complementare alle altre. Tutte cioè, nella mente degli animatori, dovranno essere sempre compresenti, anche se, a volte, una potrà avere maggior peso sulle altre. Tutte insieme dovranno intrecciarsi per costruire un unico tessuto. Lo scopo, infatti, è di offrire ai fidanzati il “perché vero” della celebrazione del matrimonio nel Signore. Quando una donna e un uomo si vogliono bene, Dio è presente in loro, è all’opera, è la causa e il protagonista della loro storia d’amore. Dio da sempre ha un suo progetto sull’amore e sul matrimonio di ogni coppia.

Ma quale percorso proporre ai fidanzati per giungere a comprendere e condividere questo perché?

Anzitutto, si impegneranno seriamente nella “conoscenza di sé” personale e di coppia, della storia della vita, dell’esperienza dell’amore, della religiosità, e nella conoscenza del contesto sociale, culturale e politico, in cui si svolge la loro esistenza.

In questa lettura attenta verranno a conoscere quanta ricchezza e quante risorse essi pos­siedono e non potranno non riconoscerle quali doni di Dio. Questa scoperta, oltre che a stupire i fidanzati, li porterà ad aprirsi verso inedite prospettive (mete biblica e antropologica, ­spunti presenti anche nelle altre mete).

Il secondo impegno sarà quello di accompagnare i fidanzati a scoprire quanto la loro, la nostra umanità viene illuminata dalla Parola di Dio, che a noi viene dalla Bibbia. Dio, in Gesù Cristo, sua Parola incarnata, bene parla della vita e dell’amore, suoi doni; bene dice dell’uomo e della donna, sue creature, tanto da renderli partecipi del suo progetto e da chiamarli a partecipare alla comunione della sua vita e del suo amore trinita­rio come sacramento per tutti gli uomini (mete biblica, cristologica, ecclesiologica, spunti presenti anche nelle altre mete).

Il terzo impegno viene di conseguenza. I fidanzati avvertono di essere i destinatari dei doni della creazione e della salvezza ‑ doni della paterna tenerezza di Dio ‑ e non pos­sono non domandarsi: ora che cosa dobbiamo fare? Qui inizia il cammino faticoso ma affascinante della ricerca e della risposta all'unico Dio appassionato dell’uomo (meta etico - spirituale, spunti presenti anche nelle altre mete).

Capitolo secondo

Vengono tracciate alcune piste che riguardano il Metodo e il Dialogo. Questi suggerimenti non sono motivati solo da criteri tecnici: essi corrispondono ad uno stile di rispetto per le persone, per le loro esigenze, ma soprattutto corrispondono allo stile inaugurato da Gesù, che amava stare con le persone, le ascoltava, dialogava e condivideva con loro il tempo, la fatica, il cibo, l’amicizia e forse anche l’allegria.

Così, man mano che si procede nel cammino di formazione, nei fidanzati dovrebbe risvegliarsi il fascino per la persona di Gesù e l’interesse per la proposta del matrimonio cristiano.

Capitolo terzo

Descrive una Proposta per un corso di fidanzati. I contenuti per i dieci incontri previsti sono illustrati nelle cinque mete. Gli animatori, oltre il corso e per la necessaria sua integrazione quanto gli aspetti della formazione umana, indicheranno ai fidanzati come utilizzare debitamente l’apporto del Consultorio diocesano S. Maria Mater Domini, nelle sue tre sedi a Venezia, Marghera ed Eraclea.

 

VERSO GLI ITINERARI DI FEDE

Ricordiamo che il Patriarca sempre raccomanda che la formazione al matrimonio avvenga come CAMMINO di FEDE: pertanto i tradizionali corsi per i fidanzati devono trasformarsi, sia pure gradualmente, in veri e propri «itinerari di fede» (Il granello di senapa 65; cf Evangelizzazione e sacramento del matrimonio, C.E.I. 78-82; Familiaris consortio 66).

Il Documento Base della Catechesi precisa che ogni comunità ecclesiale è chiamata ad impostare la formazione cristiana alla fede e quindi ai singoli sacramenti attraverso «cammini di fede».

Questi orientamenti vengono così sintetizzati da “Il Direttorio della pastorale familiare”: «Per la finalità che la contraddistingue, questa preparazione non può non avvenire se non nel contesto concreto di una comunità cristiana che professa la fede, la celebra nel culto, la esprime nella vita. Essa chiama in causa la responsabilità dell’intera comunità cristiana nelle sue varie articolazioni ed espressioni: dai presbiteri ai laici, dai coniugi ai fidanzati» (DPF 55).

SOGGETTO DELLA FORMAZIONE ALLA FEDE É LA COMUNITÀ ECCLESIALE

Il necessario riferimento alla comunità cristiana, che come tale è la prima responsabile con il suo pastore della formazione alla fede dei cristiani e ai sacramenti e quindi al sacramento del matrimonio, evidenzia il compito del presbitero e degli sposi nella parrocchia, insieme chiamati all’edificazione della comunità stessa e alla sua missione evangelizzatrice degli uomini.

È quanto affermano i Vescovi italiani: “L’Ordine e il Matrimonio significano e attuano una nuova forma del continuo rinnovamento della salvezza nella storia. L’uno e l’altro specificano la comune e fondamentale vocazione battesimale ed hanno una diretta finalità di costruzione e di dilatazione del popolo di Dio”.

Proprio per questo vengono chiamati sacramenti sociali: “Alcuni propagano e custodiscono la vita spirituale mediante un ministero unicamente spirituale: è il compito del sacramento dell’Ordine; altri fanno questo mediante un ministero ad un tempo corporale e spirituale e ciò si attua con il sacramento del matrimonio, che unisce l’uomo e la donna perché generino una discendenza e la educhino al culto di Dio (S.Tommaso, Contra Gentes, IV 58)” (ESM 32).

La comunità cristiana non vive se manca il ministero presbiterale, ma non vive neanche se manca il ministero coniugale.

IL MINISTERO PASTORALE

Il ministero del pastore è al servizio della comunità e dei carismi e ministeri doni dello Spirito. Il presbitero è chiamato a far emergere e a discernere nei battezzati questi doni perché ne prendano coscienza, li accolgano e li sappiano mettere in circolazione per il bene di tutta la comunità. La “Pastores dabo vobis” di Giovanni Paolo II afferma: “I presbiteri, poiché la loro figura e il loro compito nella Chiesa non sostituiscono, bensì promuovono il sacerdozio battesimale di tutto il popolo di Dio, conducendolo alla sua piena attuazione ecclesiale, si trovano in relazione positiva e promovente i laici”.

Il presbitero, sacramento di Gesù pastore, ha dunque il compito di rivelare ai fidanzati, attraverso il carisma proprio, la presenza del Signore nel loro amore; li aiuterà a scoprire e a vivere la vocazione sponsale offrendo loro la testimonianza di come egli vive la fedeltà alla sua vocazione.

Il presbitero, come padre spirituale, guiderà i fidanzati alla necessaria comprensione del progetto di Dio sull’amore umano e sul matrimonio e sarà loro sostegno, con la vicinanza discreta, con la sua disponibilità per la preghiera, l’ascolto della Parola, l’Eucaristia e la Riconciliazione.

IL MINISTERO CONIUGALE

Il Vaticano II, riprendendo una intuizione dei Padri, definisce la famiglia “piccola chiesa, chiesa domestica” (LG 11). Questa intuizione si rifà alla Bibbia, dove il rapporto uomo – donna è l’immagine di Dio: “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gn 1, 27). Dio crea la coppia come realtà  comunitaria e rivela che l’essenza della sua relazione con l’uomo è relazione comunitaria. Ogni volta, infatti, che la Bibbia parla della natura dei rapporti tra Dio e l’umanità – alleanza - lo fa in termini sponsali.

La coppia è all’origine di ogni vita comunitaria e la Chiesa, per imparare come essere comunità, dovrà guardare alla coppia. La Chiesa è chiesa se è segno di comunione. Questo per dire, anzitutto, che tra gli sposi e la Chiesa vi è un intrinseco legame, l’una si esprime attraverso i simboli dell’altra.

Facciamo qualche esempio.

Nella Chiesa si corre il rischio di dare troppa importanza all’organizzazione, alla funzionalità; a fare “cose” per gli altri, ma non con gli altri. Una coppia, una famiglia, dove il sacramento del matrimonio è vivo, diventa un luogo profetico, dove la persona trova il suo spazio, la sua libertà e i ruoli non sostituiscono le persone. I genitori, prima di essere genitori sono sposi, i figli prima di essere figli sono persone. La logica dei ruoli invece è funzionale, e nelle logica dei ruoli le persone non hanno posto.

Dentro la comunità cristiana può esserci il rischio di vivere una fede disincarnata che passa sopra l’uomo. Anche qui la coppia, che ha una vita molto concreta, diventerà coscienza critica dentro la comunità stessa proprio per indicare come assumere i problemi e le varie situazioni della vita.

Nel riscoprire il matrimonio la comunità parrocchiale saprà valorizzare la sponsalità, la fraternità, la comunione.

Qui è bene ricordare che, per una visione più completa del progetto di Dio sull’amore, la Rivelazione cristiana conosce un altro modo per realizzare la vocazione della persona umana all’amore: la Verginità.

Questa tema preziosissimo è già esposto nella meta ecclesiologica, e andrà ripreso con la debita attenzione.  

IL GRUPPO PARROCCHIALE DEGLI SPOSI

É questa, allora,  la principale ragione dell’insistenza del nostro Patriarca (Gds 66) perché in ogni parrocchia si promuova il GRUPPO SPOSI, nel quale fare un cammino di fede per riscoprire che proprio nel e con il sacramento del matrimonio Dio li chiama a rivelare l’Amore trinitario a tutti gli uomini. Quanto sarebbe bello e determinante che gli sposi donassero questa testimonianza, oltre che nella loro famiglia, chiesa domestica, ai futuri sposi della propria parrocchia!

Come tutte le realtà pastorali, anche il gruppo sposi ha bisogno della convinzione e della passione del parroco, il quale metterà in moto ogni possibile risorsa perché il gruppo diventi soggetto attivo capace di darsi progressivamente un progetto e una metodologia.

In questo stesso contesto gli sposi hanno un loro specifico compito nella promozione e il sostegno dei Gruppi d’Ascolto avviati nella nostra Chiesa in occasione del bimillennio della Nascita di Gesù.

 

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STRUTTURA DEL SUSSIDIO

 

Capitolo primo

Mete della Formazione al matrimonio       

Meta antropologica

-          il matrimonio

-          la vita umana

-          la generazione

-          l’amore e la sessualità

-          le tappe della storia

-          la nascita della coppia

-          la decisione per il matrimonio

-          l’inizio della vita di coppia

-          la decisione per il figlio

-          ogni uomo ha le sue radici, la sua storia, il suo ambiente

-          l’indifferenza religiosa

-          parlare di amore dell’uomo e della donna è toccare la struttura dell’essere umano

-          nell’amore uomo donna si attua l’incontro con Dio

-          Dio è amore

-          alcune conseguenze

-          vivere l’amore sponsale è partecipare all’amore di Dio per l’uomo

-          educare all’amore è educare alla relazione

 

Meta biblica                                        

-          l’annuncio sull’amore uomo – donna e sul matrimonio

-          la Rivelazione di Dio

-          la Bibbia

-          come leggere la Bibbia con i fidanzati

-         percorriamo la Bibbia

 

Meta cristologica

-          occorre la fede per celebrare il sacramento del matrimonio

-          vocazione al matrimonio

-          è necessario recuperare la radici della propria fede

-          occorre iniziare un percorso nel tempo

-          riappropriarsi del Battesimo fondamento della vita cristiana

-          nella comunità della Chiesa per imparare il volto di Dio

-          l’uomo cerca Dio, ma di più ancora Dio cerca l’uomo

-          solo con Gesù è possibile conoscere Dio Padre

-          l’esperienza vera di incontro con Gesù Cristo

-          Cristo è il centro della formazione del cristiano

 

 

Meta ecclesiologica

-          la Chiesa e i  sette Sacramenti

-          il sacramento del matrimonio, brevi cenni storici

-          questa è la fede della Chiesa sul matrimonio

-          il matrimonio cristiano èla vocazione alla santità

-          la famiglia è chiesa domestica

-          il ministero degli sposi

-         matrimonio e verginità: doni diversi dell’unico amore

 

Meta etico - spirituale

-          Il sacramento trasforma, eleva e salva l’amore coniugale

-          contenuti etico – spirituali

-          che cosa è la meta etico – spirituale?

-          realizzare un progetto

-          la meta etico – spirituale per i fidanzati cristiani

-          legge e norma morale

-          il contesto in cui viviamo è cambiato: ciascuno ha sua morale oggi

-          come reagisce la Chiesa

 

Capitolo secondo

Suggerimenti sul Metodo e sul Dialogo

Suggerimenti metodologici

-          l’obiettivo della formazione al sacramento del matrimonio

-          una porta aperta

-          momenti diversi

-          esperienza di Chiesa

-         animatori competenti

 

Suggerimenti sul dialogo

-          dialogo

-          numero dei partecipanti

-          avvio di una discussione

-          coordinamento di una discussione

-          relazione informativa e gruppi di studio

-         saper parlare e saper ascoltare

-          l’arte dell’ascolto

-         conclusione

 

Capitolo terzo

In cammino verso il sacramento del matrimonio

proposta per lo svolgimento di un corso

-          premesse

-          prima parte

-          la mia storia

-          la nostra storia

-          la scelta dei fidanzati di sposarsi in chiesa

-          seconda parte

-          l’incontro con la Bibbia

-          prima si accoglie Cristo…

-          questa è la fede della Chiesa nel sacramento del Matrimonio

-          la famiglia è Chiesa domestica

-          il ministero degli sposi

-          il progetto etico - spirituale di fidanzati e sposi

 

La liturgia del Sacramento del Matrimonio

-         premessa

-          essere cristiani è aderire ad una Persona, non ad un’idea

-          valore del patto matrimoniale

-          davvero il matrimonio è un sacramento permanente

 

Bibliografia

 

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CAPITOLO PRIM O

 

METE

DELLA FORMAZIONE

AL MATRIMONIO

 

META ANTROPOLOGICA

Premettiamo alcuni tratti del modo di concepire oggi

il matrimonio,

la vita umana,

la generazione,

l’amore e la sessualità

 

  Il matrimonio

Per la quasi totalità della gente il matrimonio rappresenta ancora il modello di rapporto di coppia largamente preferito (80 %, mentre il 15 % preferisce la convivenza non matrimoniale).

La concezione del matrimonio appare tuttavia diversificata tra i vari gruppi sociali: nello zoccolo duro del generale consenso sull’importanza della dimensione sentimentale vi è chi sottolinea la centralità della dimensione istituzionale come garante di stabilità e di serietà, e subordina il rapporto di coppia alla procreazione e alla dedizione ai figli.

Vi è chi invece in gradi diversi pone piuttosto l’accento sulla relazione di coppia dove la dimensione istituzionale può avere un senso soltanto in quanto esprime stabilità e impegno reciproco, ma senza costrizione.

Di fronte alle varie immagini del matrimonio, sembra che siano le donne, più degli uomini, ad insistere sulla dimensione del rapporto d’amore e sulla parità dell’attribuzione di poteri e responsabilità, oltre che nella divisione dei compiti.

Il 10% ritiene il matrimonio assolutamente indissolubile, il 58% lo ritiene scindibile solo in casi gravi. Vi è un 38% che ritiene che la dimensione istituzionale del matrimonio ne fondi la stabilità e l’eticità, come ritiene che il sacrificio sia una dimensione importante e positiva del matrimonio stesso

Si avanza l’ipotesi che non si tratti tanto di un atteggiamento di passaggio da una cultura dell’indissolubilità a una cultura della dissolubilità consensuale, quanto di un modello o concezione a sé stante corrispondente a un modello matrimoniale in cui la dimensione istituzionale e di responsabilità del vincolo hanno valore in sé, anche se possono venire messi in discussione in casi di provata e socialmente riconoscibile gravità.

La vita umana

Il tema o il valore vita è molto presente oggi e in genere favorito. Su tutti i fronti della vita dell’uomo si parla del suo valore. Pensiamo a quanta cura si dedica ai bambini, quelli che vengono positivamente voluti e magari scelti. C’è una tensione positiva di cura anche della vita emarginata, per esempio quella degli anziani, almeno a livello di propositi.

Che poi la cura corrisponda proprio ai bisogni della gente, è più difficile dirlo. Si può arrivare anche ad una certa mitizzazione della vita. La vita è mitizzata quando è identificata con il presente, con la capacità di goderne il benessere diffuso; con il mito dell’eterna giovinezza, dove la morte non farebbe più parte del processo naturale della vita, e dove il malato, soprattutto anziano e cronico, si trova di fatto senza famiglia. Pensiamo alla vita accolta in un primo momento, e poi con una certa facilità soppressa con l’aborto (vedi un embrione che si prevede portatore di handicap); pensiamo al rifiuto razzista di extracomunitari, in persone che generalmente sono attente ai temi dell’emarginazione; pensiamo all’amore declamato per gli anziani e al contemporaneo interesse perché passi una legge sull’eutanasia delle vite anziane dichiarate inutili.

La generazione

Legata alla cura particolare che oggi si dà ai figli accolti, negli ultimi anni si è riscoperta una connotazione positiva all’esperienza della generazione, che per molte coppie rimane un’esperienza significativa anche quando la fatica di voler un bambino le ha accompagnate per un tempo lungo e laborioso.

É indubbio che la generazione e la gestazione aiutano la coppia a crescere, a diventare più responsabile di fronte alla vita sia come sposi, sia come genitori, a capire che ci sono cose nell’esistenza che vanno oltre l’egoismo dei due.

Tuttavia, accanto a ciò ci sono anche risvolti di ambiguità. Nel contesto d’oggi, infatti, l’avere un figlio può essere vissuto come un peso per influsso di elementi di cultura oggettiva che generano una pressione sulle coscienze. Il peso è economico, ma specialmente psicologico: la coppia può sentirsi incapace di sostenere sull’immediato responsabilità consistenti e continuative, necessarie ad accogliere e ad accudire un bambino. E il peso diventa a volte una vera e propria paura.

Dall’altro lato, il desiderio del figlio può diventare spesso eccessivo: su di lui si scaricano tutte le frustrazioni della propria esistenza individuale o di coppia. Oggi, in corrispondenza con lo sviluppo della bio-tecnica, è facile giustificare l’intervento artificiale per ottenere quel figlio che risponda a tale desiderio e alle frustrazioni che vi si accompagnano.

Il desiderio del figlio non sembra d’altronde la cosa più sacrosanta del mondo e in quanto tale buona?

La conseguenza sarà di ottenere e di vivere il figlio come un qualcosa che si conquista solo con le proprie mani, di fronte al quale sarà difficile vivere un minimo di gratuità.

L’amore e la sessualità

Molti segnali oggi parlano di una valorizzazione della sessualità in modo più ricco e consistente, più consapevole che in passato. Di fatto è una valorizzazione che si costruisce attorno a quella visione della sessualità che si definisce personalistica: la sessualità umana non è solo un elemento corporeo o fisico, ma proprio attraverso la mediazione del corpo, essa rivela in un certo modo il mistero stesso della persona, unitotalità di corpo e di spirito. Quell’unitotalità che si manifesta anche attraverso la strutturazione sessuale della corporeità, dell’incontro con l’altro e, in modo tutto speciale, dell’incontro di amore uomo - donna.

Tutti gli elementi dell’attuale valorizzazione della sessualità sono interpretati al meglio, e possono trovare la loro sintesi attorno a tale visione personalistica. Tuttavia, il valore può accompagnarsi al disvalore, che può originare ambiguità.

A causa di esperienze di fatto o sulla base di immagini diffuse attraverso i mass media, c’è oggi la tendenza, magari inconsapevole, a ridurre la sessualità:

·         al bisogno: se la sessualità è solo bisogno inteso in forma deterministica, sarebbe impossibile plasmarlo umanamente fino a configurarsi come amore dono di sé;

·         all’emozione: se fosse così, l’emozione non sarebbe recuperabile dalla libertà: nel progetto possibile della libertà, l’emozione, invece, gioca il ruolo di anticipare in forma di figura simbolica quanto può interpellare la libertà a decidersi, e cioè un amore buono e promettente per il futuro. L’emozione fa nascere un amore possibile, ma poi è la libertà che lo fa diventare vero e totale amore come dono di sé; 

·         al diritto individualistico: ridurre l’esperienza della sessualità all’esercizio di un diritto è impoverirla e snaturarla. La cultura libertaria di oggi tende a questo. Ma l’atteggiamento dell’esercizio di un diritto è quello di chi sempre rivendica qualcosa di fronte agli altri e mai di chi dà qualcosa. Ciò impedirebbe di vivere la sessualità come mediazione dell’amore; l’amore deve diventare un donare qualcosa, un donare se stessi anche e proprio attraverso la gestualità sessuale.

  Se non si superano questi schemi riduttivi nell’intendere la sessualità, schemi molto diffusi oggi, sarà difficile vivere l’amore uomo-donna, le sue espressioni corporee,  destinate a compiersi nella generazione, la quale richiede il dono di sé per essere vissuta come una benedizione e insieme un compito che Dio stesso affida all’umanità in vista del futuro buono.

E sarà tanto più difficile che si formino coppie e famiglie capaci di dedicarsi al servizio di una nuova cultura per la vita.

 

La storia della coppia

e della famiglia

nella sua esperienza umana e di fede

 

 

 

 

Le tappe della storia

La trama sottile e multiforme dei rapporti coniugali e familiari è sempre più ricca di ogni tentativo di descrizione e dl studio sistematico, perché ogni coppia costituisce una realtà a sé, dotata di una creatività sempre sorprendente e imprevedibile, come è imprevedibile e sorprendente ogni storia interpersonale umana, e tanto più quanto i legami sono così intimi da condizionare reciprocamente i destini dei protagonisti.

Tuttavia è stato possibile identificare in questa trama alcune costanti, che gli studi psico-sociologici condotti non in modo astratto ma con attenzione fedele all’esperienza, hanno messo in evidenza: momenti particolari, che da un lato ne caratterizzano e puntualizzano il cammino e dall’altro vengono definiti momenti-crisi, non perché siano inevitabilmente legati al pericolo di rottura dell’armonia coniugale e familiare, ma perché implicano per la coppia una rinegoziazione del rapporto che la tiene unita, una revisione dei ruoli e delle funzioni, un ridimensionamento della relazione.

Momenti delicati, quindi, perché se in passato per la maggioranza queste tappe si susseguivano con naturalezza oggi, anche per la fragilità psicologica generale e per la speculare complessità dei rapporti interpersonali, non sempre la coppia è sufficientemente elastica, serena, capace di riadattarsi con semplicità alle novità che attraversano la sua vita.

Può accadere che a questi passaggi la relazione si inceppi, che scoppi la crisi, che non raramente si realizzi una rottura.

Evidentemente un cammino di fede e di formazione al ministero coniugale non può trascurare questi elementi esistenziali che, se vengono consegnati al destino di ogni coppia e alla responsabilità personale che solo ad essa compete, vanno almeno brevemente richiamati perché nello stile, nella mentalità, nelle modalità del cammino non si prescinda dal tener conto di questi aspetti, se non altro per poter individuare le origini di eventuali crisi e indirizzare le persone in difficoltà allo specialista adeguato.

Si presentano quindi qui brevemente le varie tappe della storia della coppia, per richiamare anche se solo per cenni, l’attenzione sull’elemento umano, esistenziale, psicologico che è l’unica trama sulla quale e con la quale si costruisce l’ordito del cammino di fede, cammino radicalmente, totalmente e profondamente costituito da questa esistenza concreta, evolutiva e problematica, come ogni esistenza umana.

I brevi cenni intendono tracciare il quadro esistenziale in cui si gioca concretamente il cammino di fede.

La nascita della coppia

Quando una coppia nasce? Al primo incontro? Al primo bacio? Al primo rapporto sessuale? Le risposte non possono essere date in modo cosi semplicistico, perché la nascita di una coppia è una realtà complessa, nella quale interagiscono elementi corporei, razionali, simbolici, spirituali, che la fanno evolvere dalla dimensione dell’attrazione, propria dell’innamoramento, alla scelta etica di un impegno per l’altro, di assunzione dell’altro in un rapporto di responsabilità, di costruzione e avvio della realizzazione di un progetto comune.

Si può dire che la coppia nasce quando lo stare insieme dei due partners matura nella coscienza e nella volontà di un progetto, non solo sognato o verbalizzato, ma già abbozzato in alcune scelte etiche personali, messe in comune.

É un’esperienza che, come tutte le esperienze di evoluzione, porta con sé la fatica della crescita: In questo caso, la fatica si concretizza nella “rinuncia” almeno temporanea ad ulteriori libertà di scelta, cioè in un almeno tentato impegno di fedeltà, nell’accettazione di un “diverso” del quale dopo l’iniziale abbaglio dell’innamoramento appaiono anche gli aspetti meno gradevoli e gratificanti, nell’impegno da porre in atto per formulare e avviare un progetto di vita comune.

Il rifiuto di affrontare questa fatica lascia il rapporto nell’ambiguità, nella confusione, che consente alla coppia un’unità fragilissima, determinata solo da esperienze superficiali e momentanee: ci può essere un modo di stare insieme che non fa mai nascere veramente la coppia.

La decisione per il matrimonio

Costituisce spesso (insieme a motivi di carattere socio-economico, evidentemente) l’intoppo che genera fidanzamenti lunghissimi assimilabili, per molti aspetti, a vere e proprie convivenze.

Esiste oggi nella coppia una specifica resistenza alla decisione, dovuta all’insicurezza diffusa, al timore per il futuro, alla “comodità” che la permanenza nella famiglia di origine può assicurare e anche, naturalmente, all’evoluzione di una cultura che ha sempre più sottratto consenso e sostegno sociale e giuridico all’istituto matrimoniale, valorizzando nel contempo gli aspetti più personalI e intimistici del rapporto coniugale.

Le stesse famiglie di origine tendono a non incoraggiare i fidanzati alla scelta decisiva, spesso perché la coppia matura non ha guadagnato negli anni la sufficiente indipendenza dai figli e non è sicura di poter vivere serenamente da sola.

Questa indecisione può manifestarsi in due modi: o con il cambio frequente del partner, o con la rottura del rapporto, magari dopo molti anni, proprio nell’imminenza delle nozze.

Nei confronti della difficoltà di assumere la decisione per il matrimonio, un aiuto psicologico può essere dato alla giovane coppia dallo stesso cammino di fede: le coppie già sposate che vi partecipano possono testimoniare la soddisfazione, la sicurezza, la gioia del matrimonio, pur tra le inevitabili difficoltà.

L’inizio della vita di coppia

Le lunghe esperienze di vita di coppia che oggi frequentemente precedono il matrimonio, non sembrano sempre preservare dalle difficoltà del cammino in comune: numerose, infatti, sono le rotture matrimoniali che vengono denunciate nei primi anni (qualche volta mesi) di matrimonio.

In effetti la totalità della convivenza, l’esigenza da essa imposta di una collaborazione nella gestione di molti piccoli e grandi problemi organizzativi e pratici, la messa in comune di interessi ed impegni, la “costrizione” nel ridotto spazio di un appartamento, l’ingerenza, spesso deleteria, delle rispettive famiglie di origine, l’insostenibilità delle possibili difficoltà economiche o lavorative, i ritmi assillanti degli orari.. .sono altrettanti elementi che mettono a dura prova due giovani che si erano abituati ad un ritmo di vita e di rapporti abbastanza deresponsabilizzato rispetto a queste cose: dall’incontro settimanale o quotidiano “festivo”, nel tempo libero, il passaggio alla convivenza quotidiana richiede pazienza, capacità di accoglienza e di sopportazione, disponibilità a perdonare e a riprendere continuamente il dialogo, tutte capacità che non si improvvisano e che impegnano sul piano psicologico, relazionale, morale.

Anche in questo caso l’isolamento della coppia può risultare fatale per la sua buona riuscita: il rapporto sincero e profondo, su tematiche appassionanti e impegnative come quello che può nascere da un cammino di fede con altre coppie, sostiene in queste iniziali difficoltà e promuove una volontà e capacità di superarle.

La decisione per il figlio

Nel progetto di Dio come nella storia umana, vita e amore sono legati: l’una dipende dall’altro. Da “tomba dell’amore”, come viene spesso definito il matrimonio, esso diventa culla della vita e dell’amore. Ma questa è un’altra decisione faticosa, che spesso tarda a realizzarsi nella vita della coppia, non solo per l’uso indiscriminato della contraccezione e per l’influenza di una diffusa mentalità anti-life, ma anche per dinamiche interpersonali che si instaurano tra i due sposi. Si è constatato infatti che raramente la coppia dichiara apertamente di non volere figli: più frequentemente afferma di volerne solo rimandare la programmazione a tempi più favorevoli ma nell’attesa essa si organizza sempre più chiaramente in modo da non avere spazio per il figlio.

Questo gioco al rimando, che spesso dura anni, è altamente ansiogeno e spesso sembra essere una delle cause psicologiche della sterilità, la cui diffusione, attualmente, ha raggiunto il 20% delle coppie.

Evidentemente poi l’ansia, di cui non si sono chiarite o non si vogliono chiarire le cause, incide sfavorevolmente su tutto il rapporto creando, alla nascita del figlio, situazioni di difficoltà molto maggiori del “normale”.

Anche nei confronti della reale difficoltà causata da questa decisione, il gruppo ha una sua funzione equilibratrice perché favorisce il chiarimento delle posizioni, l’uscita dalle ambiguità, la testimonianza della possibilità di superare questo scoglio e soprattutto aiuta a comprendere il significato della fecondità davanti al Signore e a far crescere il bisogno di dar corpo al proprio amore, uscendo dalle secche di una mentalità contraccettiva per disporsi, anche attraverso la scelta di metodi più compatibili con una visione cristiana della vita e dell’amore, a dar razionalità alla propria fecondità, senza mortificarla con interventi manipolatori, ma leggendola nell’eterno progetto di Dio che, come ricorda il Concilio Vaticano II, nel dare la vita costituisce i genitori “cooperatori de1l’amore di Dio e quasi suoi interpreti.

Sullo sfondo della Parola di Dio che annuncia l’incarnazione del Figlio, la coppia cristiana può imparare la disponibilità di Maria nell’accogliere l’annuncio dell’angelo. Maria, simbolo di tutta la chiesa, ha accettato, accogliendo quel figlio, di entrare nel progetto di Dio, progetto che era certamente più grande del suo.

Il figlio che le sarebbe nato è stato per così dire il suo “rischio”, ma è stato anche la sua salvezza, la salvezza dell’intera umanità.

Per la coppia, decidersi per il figlio è entrare nel progetto di Dio, è continuare l’incarnazione della sua parola, è continuare la creazione della vita.

Possiamo dire, con una bella espressione di Tagore, che “Ogni bambino che viene al mondo è segno che Dio non si è stancato degli uomini”. Dio ha bisogno di co-creatori: è questo il segno di un’alleanza che si trasmette e si celebra “di generazione in generazione”.

Generare non significa solo trasmettere la vita biologica, ma anche trasmettere tutti quei valori, in particolare la fede. che hanno fatto più viva la nostra vita.

Ogni uomo ha bisogno di radici, ogni uomo ha la sua storia, ha la sua radice, ha il suo luogo

É crescente nella società attuale la tensione verso un tale radicamento: l’uomo, cioè, ha bisogno di radici e ha bisogno di una storia.

Del resto, ciò è profondamente vero anche per la Chiesa e quindi per il cristiano.

La Chiesa, infatti, ha una sua storia: nella storia è accaduta la salvezza.

La Chiesa, ha la liturgia le cui radici si spingono fino ai tempi dell’Antico Testamento.

La Chiesa, ha un grande e stupendo libro, la Bibbia, la cui parte più antica è stata formulata ben 3000 anni fa.

Di conseguenza, la comunità cristiana deve sempre contare sul fatto che Dio ha agito e continua ad agire ancora oggi; essa stessa è l’unico luogo dove l’agire di Dio verso il mondo può essere spiegato, conosciuto, commentato ed accolto. Dunque, l’uomo può riconoscere la sua identità solo là dove si sente in stretto legame con una storia, vi sia totalmente inserito e vi racchiuda e spieghi tutta la sua vita. Ciò vuol dire che per fare un vero cammino di fede è necessario non estraniarsi mai da questa storia personale e comunitaria. Ma quanto è vero per ogni singola persona, è vero anche per la coppia uomo - donna.

Ogni coppia costituisce una realtà a sé, dotata di una creatività sempre sorprendente e imprevedibile, tanto più quando i legami sono così intimi da condizionare reciprocamente i destini dei protagonisti.

Chi guida gli incontri di formazione dei fidanzati al matrimonio, deve rivelare concretamente questa attenzione.

Il quadro esistenziale dei due, in cui ordinare una prima traccia del loro cammino, potrebbe formularsi su alcune piste essenziali quali ad esempio:

1.     l’esistenza personale, umana e di fede, dentro la storia della propria famiglia e della comunità religiosa e civile;

2.     la nascita della coppia;

3.     la decisione per il matrimonio.

Queste piste che, almeno in parte, potranno essere oggetto di dialogo negli incontri, nascono da alcune esigenze:

·         proporre ai fidanzati un cammino umano - religioso sul tracciato esistenziale della coppia, per evitare il rischio di un percorso astratto, teorico, giocato sopra le teste delle persone;

·         aprire l’interesse concreto e lungo nel tempo, o addirittura permanente, per questi temi;

·         sottolineare la dimensione evolutiva e dinamica della vita di coppia (anche, naturalmente, della prossima vita coniugale e familiare), proprio a partire da una determinata situazione e da una determinata età di coppia;

·         ribadire, infine, la connessione strettissima tra cammino esistenziale e cammino di fede nelle sue mete e dimensioni, attraverso le quali i fidanzati potranno prendere coscienza del dono ricevuto e della necessità di porlo al servizio della situazione concreta in cui si trovano.

I due fidanzati hanno deciso di sposarsi in Chiesa per la loro fede in Dio.

Credere significa avere maturato che Dio è sempre all’opera nella sua creazione  e nella storia ed anzi è tutt’altro che al termine dell’opera sua. 

Dio anche ai nostri giorni può produrre, ad esempio in questa coppia di fidanzati fra poco  sposi, qualcosa di così nuovo che,  se qualcuno ce lo raccontasse, forse non ci crederemmo. Del resto, non facciamo tutti troppo poco affidamento sul fatto che Dio agisca continuamente nella storia?

Un indizio di questa nostra difficoltà o incapacità si mostra nel fatto che noi, nelle stesse nostre riunioni parrocchiali, quasi mai raccontiamo le opere di Dio che ci accadono nell’oggi, i suoi segni e le sue meraviglie.

Invece, nella Chiesa delle origini, come ci viene narrato, le cose stavano altrimenti (cf At 4, 23-31).

Che dei giovani si amino, che poi decidano di sposarsi e di sposarsi nel Signore, possono essere eventi di cui si possa parlare nella comunità cristiana come di nuove opere di Dio nella storia?

Oggi quale segno lascerebbero alla comunità due giovani che si amano, qualora raccontassero quanto accade nella loro vita come nuova opera di Dio nella storia?

Questo atteggiamento dovrà essere la novità degli incontri di formazione dei fidanzati e di conseguenza troverà la sua motivazione nell’ipotesi descritta di seguito.

  L’amore dell’uomo e della donna

  L’indifferenza religiosa in genere è la situazione dei fidanzati che chiedono di sposarsi in Chiesa

L’indifferenza religiosa, intesa come abbandono della pratica religiosa, ma principalmente come carenza o assenza di tensione del trascendente, appare in continua crescita. Oggi l’uomo sembra accontentarsi del presente senza avvertire la spinta a superarsi. La cultura, almeno occidentale, appare segnata dal silenzio di Dio.

Può l’uomo vivere senza questa dimensione? Come risvegliarla? L’amore dell’uomo e della donna può essere la strada per accendere il senso di Dio, il senso della trascendenza?

Parlare di amore dell’uomo e della donna è toccare la struttura dell’essere umano come aperto all’altro

L’amore è percepire che l’io non è tutto, non è autosufficiente, non basta a se stesso e sente il desiderio dell’altro. Nell’amore l’io perde la sua sovranità ed onnipotenza, scopre il senso del limite ed allora esce da sé in cerca di una pienezza che viene dal di fuori, dall’alterità.

Ora è evidente che quando l’io perde  la sua onnipotenza e non insegue fantasmi di autosufficienza, si apre ad accogliere l’altro e non solo l’altro, ma anche l’Altro, Dio.

Nell’amore uomo - donna si attua, in maniera conscia o inconscia, l’incontro con Dio

Il fenomeno dell’innamoramento tra due persone, quando è autentico, appare un atto di umiltà, forse il più radicale. É una resa spesso senza condizioni. É un ammettere con tutto l’essere, che l’uomo non basta a se stesso, che ha bisogno dell’altro: una porta questa dietro la quale se ne possono aprire altre, fino a quella che immette all’Altro che è Dio.

Dio è amore

Solo in un’esperienza autentica di amore umano può essere percepito e riconosciuto che Dio è amore. Inoltre, si deve riconoscere che la fede attecchisce dentro il clima di fiducia, di speranza nel futuro.

Ora, solo chi ama ed è amato, è attraversato da questa speranza e quindi è disponibile a camminare alla ricerca di un di più di un qualcosa che trascende il presente.

Alcune conseguenze di questa visione:

·         La fede consiste essenzialmente nel trascendere il proprio io e nell’uscire dalla propria presunta onnipotenza. Il baricentro dell’uomo non è dentro di sé, ma fuori. Solo spostandosi, emigrando verso l’altro, l’uomo cresce nella propria identità e libertà. L’altro, tra cui Dio, non è un limite, ma un’opportunità, non è una minaccia, ma una risorsa. Pertanto nell’amore dell’uomo e della donna avviene, si attua, inizia il cammino di fede. Fede è lasciare la propria terra, il proprio io, il proprio orizzonte, e andare verso un’altra terra, verso l’altro, verso un altro orizzonte. Abramo ne è il segno tipico e fondante.

·         Può innestarsi un autentico annuncio evangelico.

Dalla relazione uomo-donna può essere meglio compresa la relazione uomo - Dio, popolo-Dio.

Per capire la fede occorre guardare all’amore, per vivere la fede bisogna vivere l’amore.

  Questa è la proposta dei profeti.

Osea è il primo a tracciare questa strada, ma anche Geremia ed Ezechiele l’hanno percorsa.

Essi hanno intuito che nell’amore dell’uomo e della donna è riflesso l’amore di Dio per l’umanità. I due sposi, vivendo il loro amore, rendono presente l’amore di Dio, lo rivelano, lo comunicano: sono la parabola vivente, il segno sacramentale di quell’unico amore.

Per imparare a conoscere Dio occorre guardare a quell’amore, per imparare a vivere Dio occorre vivere quell’amore con tutte  le sue caratteristiche.

·         Si potrebbe dire che, per essere credenti, bisogna prima imparare ad amare.

Si potrebbe addirittura arrivare a dire che non è importante educare alla fede, ma che è importante educare all’amore, perché l’uomo e la donna che si amano vivono già la fede, si incontrano già con Dio, anche se non lo sanno, anche se dovessero verbalmente rifiutarlo.

Vivere l’amore sponsale, dunque, è già partecipare a Dio, al suo amore per l’uomo

Amando come Dio, in Gesù, l’amore coniugale può purificarsi, consolidarsi, elevarsi. Si tratta dello stesso amore. Già per natura l’uomo è creato così e quindi questa spinta non è l’uomo a darsela: è la risposta ad una chiamata che viene dal di fuori. L’uomo risponde ad un appello e questo appello, per chi è credente, viene da Dio. Da tenere sempre presente che il punto di partenza, però, è di natura affettiva.

Si intuisce che l’amore dell’uomo e della donna è la base, il fondamento per scoprire il senso della fede, come vivere la fede, come crescervi

Educare all’amore è educare alla relazione con l’altro

Non si può ridurre l’amore a sentimento, al provare emozione. L’emozione è ancora un movimento dell’io che esprime la tendenza a cercare l’altro per sé. L’amore, invece, è mettere l’altro al centro. Quando questo è reciproco, nasce la vera relazione d’amore, nasce quell’alleanza tra due persone che si rispettano nella loro alterità e si incontrano senza possedersi.

Sentimenti, emozioni, attrazione sono realtà positive ma che devono entrare nella logica dell’alterità e non dell’identificazione.

Il confine, comunque, tra amore e fede è sottilissimo: vivere l’amore è già vivere la fede, vivere la fede è una chiamata a vivere l’amore.

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META BIBLICA

 

Mettere nelle mani dei fidanzati la Bibbia

per iniziarli all’annuncio della Parola di Dio

perché giungano

ad una risposta di fede

personale e di coppia.

 

Nella Bibbia viene annunciata la buona Novella sull’amore dell’uomo e della donna e sul matrimonio

L’annuncio apre una prospettiva nuova sull’amore tra l’uomo e la donna, ben diversa rispetto a quella suggerita dal buon senso e dalla mentalità comune. L’amore tra l’uomo e la donna è stato voluto da Dio e rientra nel suo progetto di salvezza. Scegliere il matrimonio cristiano non è una questione solo personale, perché significa collaborare con Lui a quel grandioso progetto che è stato annunciato nelle Beatitudini (Mt 5, 1-12) e riguarda tutti gli uomini,  quel progetto che Gesù ha chiamato Regno di Dio.

La Rivelazione di Dio

Da sempre gli uomini cercano Dio con la loro sete di vita, di verità, di sicurezza e di felicità. Da sempre Dio li illumina, li assiste e li sostiene in questa ricerca; li attrae segretamente a sé per le molte strade delle religioni e delle culture.

La sua provvidenza si estende a tutta la storia umana.

Fin dalle origini, Egli guida il cammino delle persone e dei popoli, tra i pagani suscita degli uomini giusti. E questa azione di Dio è narrata dagli elementi di verità, di bontà e di bellezza presenti nella storia e nella religiosità  umane.

Il cristiano è consapevole dei valori positivi insiti nell’uomo, che è creatura di Dio, e nelle religioni, che esprimono sete di Dio, ma la Sacra Scrittura gli insegna anche che tramite questi valori Dio ha parlato e parla tuttora. É consapevole anche che l’esperienza di due persone che si sentono attratte l’una verso l’altra, si amano e decidono di sposarsi è ricca della grazia del Signore. Ricchezza per i due ma anche per tutta la comunità cristiana.

Secondo la Bibbia, Dio non si è limitato a creare l’uomo e tutto l’universo, ma è continuamente all’opera e vuole far sentire la sua continua e benevola presenza. La Bibbia ci fa conoscere un Dio che vuole comunicare con l’uomo, di sua iniziativa gli va incontro e gli parla, ancor prima che l’uomo vada in cerca di Lui.

Infatti la Bibbia racconta che  ad un certo punto della storia (siamo alle origini del popolo di Israele) Dio esce dal silenzio e apre un dialogo esplicito e diretto. Si pone di fronte all’uomo come interlocutore personale, lo chiama apertamente a sé e gli manifesta progressivamente il suo progetto di salvezza.

Così Dio si rivela e, rivelandosi, parla di se stesso e del suo disegno d’amore verso l’uomo. Nel suo infinito amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, affinché entrino in comunione con lui. Pur rimanendo invisibile, parla  attraverso eventi e parole, intimamente connessi tra loro, con e nella storia del popolo di Israele.

Infine, in Gesù Cristo, Dio ha portato a compimento la sua rivelazione; ha detto tutto del Padre e dando se stesso ha detto anche quello che le parole non avrebbero mai potuto dire.

Nulla si può aggiungere come ulteriore perfezione della Rivelazione, fino al giorno in cui la condizione umana sarà trasfigurata e il Signore Gesù si manifesterà nella sua venuta gloriosa.

La Bibbia

La rivelazione di Dio non è un fatto solo del passato. In una comunità cristiana dove i credenti con fede leggono la Sacra Scrittura, Dio continua tuttora a rivelarsi. Infatti, la Bibbia contiene la Parola di Dio ed è essa stessa Parola di Dio.

Certamente l’atteggiamento più adeguato è quello dell’ascolto desideroso, stupito e riconoscente davanti ad una Parola che non finisce di sorprendere perché sempre nuova, mai udita prima, capace di cambiare il cuore di pietra dell’uomo in cuore di carne. Ma anche se non è questo l’atteggiamento iniziale, man mano che ci si accosta alla Bibbia, è essa stessa che aiuta a suscitarlo. Durante gli incontri di formazione al matrimonio, è talvolta sorprendente come i fidanzati, scettici all’inizio, dopo la lettura di qualche pagina fatta insieme, si lascino prendere molto seriamente dagli interrogativi che la parola di Dio pone sulla vita e sulla fede. “Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio... essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12). Anche i discepoli di Emmaus erano scettici e disorientati eppure proprio mentre il misterioso compagno di viaggio spiega loro le Scritture si sentono riscaldare il cuore ritrovando così le ragioni della speranza (Lc 24,13-35). Gesù il risorto, camminando con loro lungo la strada di Emmaus, fa risplendere la verità contenuta della Bibbia. Senza di lui i discepoli non possono cogliere il significato pieno del progetto  di salvezza, già annunciato dai profeti, che Dio attua nella storia. Analogamente, per la comprensione dei testi sacri, non si può fare a meno dell’interpretazione della Chiesa garantita dallo Spirito Santo secondo le promesse stesse di Gesù.

In questa luce l’accostamento alla Bibbia può aiutare i fidanzati a pronunciare  il iniziale di fede, invogliandoli poi a continuare nello studio e nella riflessione della Parola, che dovrebbero divenire impegno permanente.

Non si possono prevedere tempi precisi, ma bisogna tenere conto del tempo necessario per rendere i partecipanti alla formazione capaci di accostare la Bibbia personalmente e in coppia; per abituarli a dare attenzione alla Parola di Dio scandita dalla Liturgia e a capirne il significato esegetico, storico, teologico, spirituale, esistenziale almeno nelle sue linee essenziali.

Leggere la Bibbia con i fidanzati

La Parola di Dio apre una prospettiva nuova sull’esperienza di amore che i fidanzati stanno vivendo: il loro amore è voluto da Dio e rientra nel suo progetto di salvezza.

Leggendo la Bibbia scopriranno che la loro storia d’amore si pone sotto lo sguardo di Dio, in quanto è un momento compiuto e singolare della vocazione universale a partecipare al suo amore.

Ascoltando la Buona Novella gli uomini scoprono di essere fratelli in Cristo, figli dello stesso Padre. Le parole e i gesti di Gesù, smascherano l’egoismo che si nasconde nell’amore dell’uomo, e infondono nella coppia il desiderio di amarsi seguendo il modello stesso di Cristo che ha amato e ama la sua Chiesa come uno sposo fedele e appassionato (Ef 5,25-33).

L’amore di Dio richiama l’amore della coppia alle esigenze della donazione e del servizio, secondo la logica del Regno. I fidanzati, e gli sposi saranno aiutati a capire, proprio dall’ascolto della Parola, che l’amore non può essere privatizzato perché non si esaurisce all’interno dei loro progetti, esposti alla tentazione di autosufficienza, ma è chiamato, nella conversione e nella vigilanza continua, a rendersi presente nel mondo come segno di libertà nel Signore.

Percorriamo la Bibbia…

-         per accostarci alla persona di Gesù e scoprirla magari fino al punto di sentirci rivolgere: «Voi chi dite che io sia?» (Mt 16, 15);  oppure per un quid in più: «Vieni e seguimi» (Mc 2, 14; Lc 5, 27). Sconvolgente!

-         per conoscere che le storie coniugali e familiari narrate nella Bibbia sono per la coppia annuncio, giudizio, insegnamento. I fidanzati e gli sposi, messi a confronto con queste storie di vita, possono individuare e capire l’infinita varietà delle forme nelle quali Dio manifesta il suo amore.

 

Testi della Bibbia suggeriti per un Itinerario di Fede:

dell’Antico Testamento:

Genesi cc. 2 e 3; i Profeti: Isaia c. 5; 54,1-10; cc. 56-66; Geremia 31,31-34; Ezechiele cc. 16 e 23; Osea c.8; Cantico dei Cantici; Tobia 7, 9-17.

del Nuovo Testamento:

Matteo 5,1-12; Matteo 7,21-29; 19,3-6;  22,35-40; Marco 10,6-9; Giovanni 2,1-12; 15.9-12; Apocalisse 19,1-9; Romani 8,31-39; 1 Corinzi c. 7; 2 Corinzi c. 13; 2 Colossesi 11,2; 3,12-27; Efesini 5,21-33; 1 Giovanni 3,16-24; 4,7-12.

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META CRISTOLOGICA

Aiutare i fidanzati a dire un sì personale alla persona di Cristo  

Risvegliare, cioè, in essi il senso religioso e riscoprire il volto di Dio Padre manifestato all’uomo nella persona di Gesù Cristo.

 

Occorre la fede per celebrare il sacramento del matrimonio

Il sacramento del matrimonio chiama gli sposi a collocarsi nella vita, nel cuore della Chiesa. Di conseguenza, perché sia celebrato, occorre la fede, occorre aver incontrato la persona di Gesù, occorre avergli detto almeno un sì iniziale, personale, libero, in un rapporto di fiducia, un sì aperto all’amore e al servizio responsabile verso tutti, un sì pronto a lasciarsi coinvolgere nella missione della Chiesa.

Dentro a questa realtà nasce la terza meta della formazione al matrimonio: riconoscere e rimotivare, in un clima di rispetto e di fiducia, la fede dei due che chiedono di sposarsi in Chiesa, quella fede che nel tempo magari si è assopita dentro di loro.

Ci vuole tempo per renderli consapevoli del dono che stanno vivendo, il vero amore lo si comprende giorno dopo giorno. Dio chiama a sé una donna e un uomo per consegnare all’una la vita dell’altro e ad ambedue quella del figlio, e il compito di custodirle nel suo amore.

Dunque, il tempo che precede il matrimonio è preziosissimo per i futuri sposi sia sul piano umano, sia sul piano cristiano. Per questo gli va data la massima attenzione.

Vocazione al matrimonio

Gli animatori, in quanto credenti, non possono ignorare o lasciare a lato la realtà che i fidanzati sono chiamati a vivere in questo periodo: tutto ciò che caratterizza il tempo del fidanzamento ha la forza di mettere in luce la vocazione che viene da Dio e la missione che i due si preparano a vivere nel sì che pronunceranno nel e con il sacramento del matrimonio.

Difatti, l’amore che i due vivono nasce da spinte affettive e sentimentali - l’innamoramento - le quali pian piano evolvono verso un progetto anche razionale e organizzato, senza che per questo siano soffocati, ma solo orientati, l’istinto e l’affettività.

Per i credenti, l’amore ha un elemento in più: è la realtà di due battezzati, di due persone immerse nella morte e nella risurrezione di Gesù e compromesse definitivamente con Lui nella sua Chiesa. Essi però possono ora non averne consapevolezza.

É necessario allora recuperare le radici della propria fede

Le logiche del rapporto dei fidanzati battezzati, quindi, senza trascurare alcun elemento  della corporeità e dell’emotività, traggono ispirazione dalla Pasqua di Cristo, dalla quale germoglieranno nuove e più ampie motivazioni di vita.

Insieme, quindi, con la riscoperta delle radici della propria fede da parte del singolo fidanzato, si  dovrà mirare alla scoperta della fede da parte della coppia dentro la trama del loro amore: cioè la scoperta della presenza di Cristo in mezzo a loro e nell’esperienza quotidiana  e nell’ascolto della Parola di Dio nella Bibbia.

Occorre iniziare un percorso nel tempo

Naturalmente si deve avere coscienza da parte di tutti che si tratta di un cammino appena iniziato, da continuare poi lungo tutta l’esistenza coniugale e familiare.

Ed è proprio il Patriarca che motiva chiaramente la trama di questo percorso: l’accoglienza della novità dell’evangelo di salvezza contenuta nel sacramento del matrimonio  richiede fede nella potenza della Parola del Padre, che è Gesù Cristo Signore (…). Questo atteggiamento di fede è pregiudiziale e cioè solo iniziale e necessario. Nel mondo di oggi non c’è ragione che lo faccia accogliere. I cuori, all’annuncio della lieta notizia li prepara il Padre (…). Il matrimonio cristiano è una notizia divina: non c’è sintonizzazione possibile del cuore dell’uomo su questa lunghezza d’onda, se non è creata da Dio stesso. E dalla Pasqua di Cristo viene la forza per viverlo. Il matrimonio cristiano si comprende solo nella fede e si vive solo nella grazia di Cristo. Se non si fa quindi in qualche  modo un’esperienza vera d’incontro con  Cristo, non è pensabile che ci si possa aprire ad accogliere il matrimonio cristiano. Prima si accoglie Cristo e, in Lui, Dio nostro Padre; poi si accoglie la partecipazione dell’amore di Dio nel matrimonio (cf Gds 65).

Nella realtà odierna, in cui si assiste ad una progressiva scristianizzazione, la Chiesa è chiamata a non dare per scontata una fede là dove è ancora infantile. La fede deve essere risvegliata mediante il ripensamento e la formulazione di un’azione pastorale che privilegi l’opera di evangelizzazione o, meglio, di rievangelizzazione.

Riappropriarsi del Battesimo fondamento della vita cristiana

Perciò, parlare di formazione di cristiani adulti, di recupero della fede, in una parola di conversione, diventa innanzi tutto un discorso sulla Chiesa intesa come comunità di fratelli chiamati a realizzare il ritorno alla fede attraverso la riscoperta e la riappropriazione del significato profondo del Battesimo come fondamento della vita cristiana (cf DPF 52).

Questa realtà mette in luce  l’importanza degli incontri con i fidanzati. Essi sono giovani-adulti che chiedono il sacramento del matrimonio in numero ancora rilevante e questo loro riavvicinarsi alla Chiesa è un’opportunità forse unica per l’annuncio del Vangelo, che può concretizzarsi anche in un itinerario di fede.

L’itinerario di fede diventa, allora, una proposta non solo per iniziati, ma un’autentica attività missionaria aperta a tutti.

Nella comunità della Chiesa per imparare il volto di Dio

Il compito della Chiesa, dei cristiani è di dire Dio all’uomo di oggi, di farlo incontrare e riconoscere progressivamente come un Dio Padre, cioè come Dio pieno di amore per la vita umana, alleato dell’uomo, di ogni uomo, della coppia uomo-donna. É Dio Padre che fa crescere l’uomo e la donna e li educa all’incontro e alla comunione piena tra di loro e con Lui.

Certo non è facile parlare di Dio Padre, se non sappiamo di quale padre si tratta. Infatti, con l’immagine di Dio Padre, oggi si possono giustificare tutti i paternalismi, tutte le forme dispotiche terrene. Nella concezione patriarcale della famiglia, Dio era posto al vertice della scala sociale per giustificare tutti i piccoli padri - padroni che avevano sotto di loro dei minori, compresa la moglie, posti in tutela per tutta la vita.

É per questo che ci siamo impegnati nel cammino per riscoprire un Dio che non si dà come un oggetto tra altri oggetti, ma come il volto di una Persona che si affaccia e si volge a noi per mezzo di segni.

Gli incontri di formazione dei fidanzati al matrimonio diventano una guida preziosa, oltre che per un’educazione alla vita, proprio per la riscoperta di questo volto, volto di Dio Padre, cammino mai esaurito.

L’uomo cerca Dio, ma di più ancora Dio cerca l’uomo

Un primo atteggiamento verso la riscoperta del volto di Dio, in chi guida la ricerca dei fidanzati, s’ispirerà alla sua convinzione di fede che l’uomo, pur tra dimenticanze, distrazioni e sospetti, non smette di cercare Dio e, più ancora, che Dio cerca l’uomo, si offre al suo riconoscimento, al dialogo, si fa interlocutore come risposta ai suoi interrogativi.

Così ha fatto sempre con il Popolo d’Israele e così continua con l’uomo d’oggi. Prova ne è il suo amore fedele, il suo farsi prossimo all’uomo nella persona del Gesù. É il mistero dell’Incarnazione.

É qui che bisognerà aiutare i fidanzati a leggere la propria storia personale e di coppia perché scoprano i segni della presenza di Dio nella loro vita contemplando la persona di Gesù.

Solo con Gesù è possibile conoscere Dio Padre

É Gesù che ci rivela Dio Padre attraverso quello che fa e dice. Gesù dà dignità a tutte le persone: ai peccatori, alle donne, ai bambini, ai malati, agli ignoranti, a tutti coloro che nel vangelo sono chiamati piccoli. Questa benevolenza di Gesù ci dice che Dio è Padre. Il suo farsi compagno di strada con i peccatori per ridare loro un nuovo futuro, con i deboli per sostenerli nel cammino della vita, ci vuole dire quanto questo Dio ci è Padre.

Dio vuole essere Abbà anche nei nostri confronti; vuole che ci avviciniamo a Lui con lo stesso atteggiamento filiale, la stessa libertà audace e fiduciosa di Gesù. Gesù  cerca in tutti i modi di risvegliare il sentimento vivo della paternità e della tenerezza di Dio. Gli uomini si stupiranno di convincersi che sono amati dall’eternità e chiamati per nome; che non sono nati per caso e non sono mai soli nella vita e nella morte.

L’uomo può non amare Dio, ma non può impedire a Dio di amarlo per primo.

L’esperienza vera d’incontro con Gesù Cristo

La formazione di cristiani adulti - e tali sono certamente i futuri sposi - è fondata sull’esperienza d’incontro con Cristo nel vivo della vita della Chiesa (Parola, predicazione, liturgia, amicizia), dove Dio è il Dio di Gesù Cristo, che si è rivelato in Gesù di Nazaret e ha posto la sua dimora nell’umanissima vita della Chiesa, il Dio dell’Antico e del Nuovo Testamento.

É Dio che si rivela, che entra nella Storia e vi agisce. É Dio che chiama il singolo uomo in Gesù Cristo.

Cristo è il centro della formazione del cristiano

Cristo diviene, allora, il centro della formazione del “cristiano adulto”. Occorre conoscere Cristo come parola di Dio incarnata, diventata uomo che si dona sulla croce. Cristo come meta dell’uomo, come via alla verità.

Conoscere Gesù, però, non è ancora seguirlo: l’uomo può arrivare a conoscere Cristo ma senza seguirlo.

La dissociazione tra il conoscere Cristo e il seguirlo, tra il vedere la meta e il percorrere la via, in altre parole, tra conoscenza e sequela di Gesù Cristo, mette a nudo l’intima divisione dell’uomo: l’uomo dimostra di non fidarsi di Gesù, di non affidarsi a Lui, pur conoscendolo.

Un uomo è credente cristiano solo quando comprende e decide la propria vita per Gesù Cristo e la sua causa. Vivere nella fede, infatti, non è accettare qualcosa, ma accettare Qualcuno: la persona di Gesù Cristo.

 

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  META  ECCLESIOLOGICA

 

Aderire liberamente alla Persona di Gesù,

e di conseguenza vivere la sua amicizia,

porta i fidanzati a scoprire e a riscoprire la Chiesa come una comunità di fratelli.

 

 

Per capire cosa significhi “chiesa”, bisogna partire dai segni che Gesù ha lasciato: i sette sacramenti

La prima fondamentale meta della formazione al sacramento del matrimonio è la scoperta o riscoperta della fede incentrata sulla persona di Gesù Cristo, riconosciuto e accolto come il Signore: egli ci rivela che Dio è Padre suo e Padre degli uomini.

Di conseguenza, vivere l’amicizia con Gesù rivela la Chiesa come una comunità di fratelli dove insieme essi fanno esperienza esistenziale del comandamento nuovo: «Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati» Gv 17, …) e insieme imparano a credere e a contemplare la sua reale presenza: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro». Così edificano la Chiesa.

Allora, per comprendere meglio che cosa significhi essere Chiesa, dobbiamo partire da questi segni, attraverso i quali riceviamo la salvezza.

I sacramenti sono la memoria di Gesù, di alcune sue scelte fondamentali perché diventino anche le nostre scelte, perché diventino luoghi della sua presenza che ci salva e ci fa liberi.

I sacramenti ci immergono nell’alleanza e nell’amore appassionato di Gesù per l’umanità. E chi ci racconta questa realtà è l’amore di un uomo e di una donna.

Il Sacramento del Matrimonio

Il matrimonio come sacramento

è generato nella coscienza ecclesiale dallo Spirito di Cristo

É certo che il matrimonio non è stato presentato né proclamato sacramento direttamente da Gesù Cristo e neppure dalla Chiesa apostolica (cf Concilio di Trento, DS 1601 e 1801). É stato invece formulato come sacramento all’interno della coscienza ecclesiale dal sec. XI al secolo XII. A cominciare dal IV secolo, viene costituita una liturgia nuziale ispirata alle tradizioni familiari che ancora erano conservate. Nel corso del IX secolo la Chiesa, per sostenere con più convinzione l’indissolubilità del matrimonio, per scoraggiare i matrimoni di cui non rimaneva chiara documentazione e per combattere i matrimoni imposti alle donne in seguito al rapimento della sposa, interviene sempre più sul matrimonio dei cristiani e chiede che venga celebrato pubblicamente. Cioè alla porta della chiesa e alla presenza del popolo. Dal secolo mille il sacerdote, riassumendo un compito che nell’antichità era del padre di famiglia, diventa co–protagonista del rito, colui che sanziona la dimensione giuridica del matrimonio davanti alla società e alla Chiesa.

Per prendere coscienza che il matrimonio è un sacramento come il battesimo, l’eucaristia, la cresima, la penitenza e l’ordine, la Chiesa, dunque, ha impiegato dodici secoli. Ci sono volute esperienze, riflessioni e discussioni per comprendere che il matrimonio è insieme realtà umana e mistero di salvezza.

Il punto di partenza di questa presa di coscienza da parte della Chiesa è la frase di Paolo nella lettera agli Efesini (5, 31-32): «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande».

La Chiesa ha sempre detto che nel matrimonio dei cristiani c’era una novità, ma ha impiegato dei secoli per scoprirla in tutta la sua profondità. La novità in assoluto per i battezzati è Gesù: lui opera una creazione che fa nuove tutte le cose, anche il matrimonio.

La teologia medioevale, e in particolare S. Tommaso d’Aquino, ha sviluppato una vera teologia sul matrimonio come sacramento, che può essere riassunta così: tutta la realtà umana del matrimonio, come fatto umano e naturale e come fatto sociale e culturale, è stata presa ed elevata da Cristo a sacramento. Essa entra nel piano della salvezza cristiana. Fra gli sposi circola una comunicazione spirituale e cioè un amore che viene da Dio e tutto ciò avviene senza compromettere o svilire la realtà umana di genitalità, eros e amore umano. Leone XIII poteva poi affermare nell’Enciclica Arcanum divinum che il matrimonio sacramento è un «modello dell’Incarnazione di Gesù Cristo, che si esprime nella comunità ecclesiale» (PL 176, 860).

Il riconoscimento ufficiale del matrimonio come sacramento si avrà nel Concilio di Trento (1545 – 1563).

Una tappa fondamentale dell’evoluzione è data da Concilio Vaticano II.

Come si giustifica questa maturazione tardiva circa la sacramentalità del matrimonio? La coscienza circa la sacramentalità viene generata e suscitata primariamente dallo Spirito di Cristo, autore, guida e ispiratore della Chiesa, il quale usufruisce della disponibilità maturata nella comunità ecclesiale attraverso i secoli.

Il cristiano battezzato, che si sposava prima che il matrimonio fosse proclamato sacramento, veniva beneficato dell’amore di Cristo sposo della Chiesa: era il medesimo amore di Cristo ricevuto nel Battesimo e poi, nell’Eucaristia, che veniva, per sua innata vitalità, maturandosi in forma nuova.

Dopo la proclamazione della sacramentalità del matrimonio, il cristiano, sposandosi, riceve sacramentalmente l’amore sponsale di Cristo entro la Chiesa, sua sposa. Potremmo dire che un rito sacro è sacramento quando, mediante esso, lo Spirito Santo innesta e unisce a Cristo - Chiesa.  É un essere resi membra del Corpo mistico eccelsiale di Cristo, figli di Dio, viventi nel medesimo amore di Cristo risorto, ma sempre e solo nella Chiesa e con essa.

Il sacramento del matrimonio

non si è costituito isolato dagli altri sacramenti

Il comune presupposto fondante  di ogni sacramentalità è costituito dal Battesimo e dall’Eucaristia. Tale presupposto innesta ogni altro sacramento in Cristo risorto operante nella comunità ecclesiale.

Il matrimonio appartiene, dunque, ai sette segni sacramentali. Dio, attraverso l’amore degli sposi, parla, si comunica si rende presente, vuole mantenere vivo in mezzo agli uomini la certezza che la sua alleanza d’amore con gli uomini è accaduta, accade e accadrà.

Dio ama gli uomini: questo è l’annuncio biblico. La pienezza di questo amore di Dio si realizza sulla Croce di Cristo, nella sua Pasqua. L’uomo - e quindi anche gli sposi - si convince ed accetta di essere amato da Dio nel momento in cui vede e contempla Cristo crocifisso e risorto. É la Croce a rivelare l’amore con cui Dio ama e genera la Chiesa di Cristo (cf Mc 15, 39).

Ma l’amore con cui Dio ama gli uomini e l’amore con cui Egli ama e genera la Chiesa, ha a che fare con l’amore di una donna e di un uomo che si amano e vivono la loro vita sponsale.

La fonte e la ragione dell’amore coniugale è Cristo: è Lui che lo chiama ad essere sacramento dell’amore di Dio per gli uomini e dell’amore di Cristo per la Chiesa. La Croce di Cristo diventa allora la causa e il fondamento dell’amore coniugale.

La Chiesa, nel celebrare il sacramento del matrimonio, fa dell’amore coniugale il lieto annuncio. In due sposi che si amano, la Chiesa vede Cristo che ama; nel loro promettersi fedeltà per tutta la vita, la Chiesa vede Cristo che è fedele e che ama con un amore che non verrà mai meno.

Questa è la fede della Chiesa sul matrimonio (cf Ef 5, 21-31).

Il significato specificamente cristiano del matrimonio sta qui: Gli sposi sono ministri del sacramento e, al tempo stesso, coloro che lo ricevono. Con una libera scelta, ispirata dall’amore, l’uomo e la donna si legano l’un l’altro, impegnando la propria persona e l’intera esistenza.

Il consenso nuziale, progetto globale di vita, donazione personale totale, include come sua espressione propria la reciproca totale donazione dei corpi. I due promettono di essere reciprocamente fedeli per tutta la vita, di amarsi e onorarsi, di accogliere con responsabilità i figli che Dio donerà loro e di educarli nella fede cristiana. Il loro stesso consenso è elevato a sacramento, segno che esprime, contiene e comunica l’amore di Cristo per la Chiesa.

Gesù dà agli sposi lo Spirito Santo, per renderli capaci di amarsi con carità coniugale, partecipando alla sua donazione pasquale. Li consacra come coppia, non più solo come singole persone, come è avvenuto con il Battesimo; li chiama a edificare insieme il Regno di Dio, modellando la loro comunione di vita sulla nuova alleanza di Dio con il suo popolo.

Il matrimonio cristiano è una specifica vocazione alla santità,

cioè una chiamata alla pienezza di vita, all’interno della comune vocazione battesimale: è una modalità della sequela di Cristo.

Di conseguenza, nei futuri sposi dovrà maturare la consapevolezza che scegliere il sacramento del matrimonio, non è solo una risposta a Cristo, ma è anche una risposta all’appello della Chiesa: essa, in nome di Cristo, chiede ai battezzati di vivere il loro amore nella, con e per la comunità ecclesiale, affinché diventi un segno della presenza di Gesù Cristo in mezzo agli uomini.

Ecco, allora, riassunto l’obiettivo della “Formazione al matrimonio”, di cui i cristiani, in primo luogo i pastori e gli animatori, devono essere consapevoli: consegnare alla comunità ecclesiale il mistero del matrimonio cristiano come un segno e un’icona dell’amore di Dio.

Ricorda il Patriarca agli sposi: «La cosa più grande che voi sposi dovete fare è consentire che Dio si riveli con questo linguaggio umano, dolcissimo, del matrimonio, della paternità e maternità, dell’amore sponsale… Si diffonda sempre più nelle parrocchie la coscienza del matrimonio e del ministero coniugale per la crescita di comunità di cristiani adulti».

La famiglia è Chiesa domestica

La vocazione cristiana dei fidanzati e degli sposi è una vocazione ecclesiale.

Stabilendo tra loro un legame, che dev’essere per sempre, gli sposi si assumono l’impegno di vivere, altrettanto per sempre, nella Chiesa e in essa servire Cristo. A partire dal fidanzamento, il cammino della coppia è infatti indirizzato alla scoperta di questo impegno. Due battezzati che si sposano nel Signore, danno dunque vita ad una chiesa domestica.

La famiglia è una vera comunità ecclesiale: l’origine e il fondamento di questa ecclesialità sta nel matrimonio celebrato nel Signore, peculiarità che non deve mai essere perduta neanche in nome di una totale dedizione ai figli e alla famiglia. Ciò richiede agli sposi di continuare ad essere tali anche quando sono genitori, perché non venga mai meno il lieto annuncio dell’amore coniugale. Essi devono amare i figli non solo in forza di un sentimento personale, ma anche come genitori che si amano tra di loro con un amore così grande  che non può non traboccare. La comunione coniugale è, quindi, in primo luogo ecclesiale e in forza di ciò lo diventa anche la comunità familiare.

Il sacramento è la radice pasquale ed evangelica della chiesa domestica, dal momento che in esso due sposi cristiani, obbedienti al loro battesimo e alla loro vocazione che ne deriva, offrono a Dio la loro vita sponsale e familiare perché Dio la destini al suo disegno e non ai loro progetti.

Questo è il profondo significato che lega il matrimonio alla famiglia.

Possiamo allora trarre due conseguenze.

Essendo il matrimonio il fondamento e la radice della realtà evangelica della famiglia, l’identità cristiana della famiglia sarà strettamente legata alla qualità cristiana del matrimonio. Concretamente, avremo genitori cristiani nella misura in cui sapranno essere cristiani anche come sposi.

Gli sposi - genitori saranno fedeli alla volontà di Dio solo se matureranno la consapevolezza del dono che Dio affida alla loro storia nuziale. Questa è la loro vocazione originale, questa storia è il segno esistenziale e concreto, scelto da Dio per rivelare agli uomini la storia della sua alleanza con loro.

Il ministero degli sposi

Oltre ad essere un dono di Dio per gli sposi e per la famiglia, il matrimonio è un dono per la comunità cristiana, perché gli sposi «in forza del loro ministero, non soltanto sono l’oggetto della  sollecitudine pastorale della Chiesa, ma ne sono anche il soggetto attivo e responsabile,  in una missione di salvezza che si compie con la loro parola, la loro azione, la loro vita» (ESM 54). Infatti, in forza del sacramento, gli sposi «sono consacrati per essere ministri di santificazione e di edificazione della Chiesa» (ESM 44-47; cf LG 11; AA 11).

Prima del Concilio il tema della ministerialità coniugale non era presente nella Chiesa se non implicitamente, per il fatto che i due battezzati che si sposavano, erano considerati ministri della celebrazione del loro matrimonio. Solo il rinnovamento dell’ecclesiologia attuato dal Concilio ha aperto il discorso sul ministero coniugale.

Il termine ministero può evocare ambiti e situazioni proprie del presbitero ed essere concepito come incompatibile con la vita ordinaria degli sposi e della famiglia. Il Vaticano II e il magistero successivo hanno fatto molta chiarezza su questo punto: nella Chiesa Cristo chiama tutti battezzati a completare e perfezionare la sua opera salvifica nel mondo.

Così anche gli sposi, che hanno celebrato il sacramento del matrimonio, si trovano coinvolti in una ministerialità, in un servizio originale e proprio, insieme a tutti gli altri battezzati, compresi i chiamati alla «verginità e al celibato per il Regno dei cieli» (cf ESM 29).

Non si tratta di un elenco di cose da fare, non si tratta nemmeno di fare cose diverse da quelle che sono richieste a due sposi, a due genitori; si tratta piuttosto di vivere la vita di tutti i giorni con intenzionalità e modalità diverse.

Il ministero coniugale è prima di tutto un fatto di fede, quindi di conversione del cuore. Fede e conversione per credere che il Signore, non solo benedice e protegge l’amore di due sposi, ma addirittura se ne serve per compiere il suo disegno di salvezza; fede e conversione per credere che la Chiesa ha bisogno che la vita degli sposi sia vissuta e coinvolta nel suo cammino e nella sua storia.

Dire ministero coniugale significa anche affermare che il matrimonio non è proprietà degli sposi: è un dono che essi ricevono da Cristo e dalla Chiesa. Di questo dono devono rendere conto dentro le logiche della vita coniugale. Ciò significa sapersi perdonare meglio e più in fretta, impegnarsi quotidianamente nella fedeltà, aprirsi alla fecondità fisica e spirituale, aprirsi alla vita. Tutto ciò diventa benedizione per la Chiesa e per il mondo.

Non è necessario che due fidanzati si sposino in Chiesa per realizzarsi e per realizzare i loro progetti umani; se si sposano in Chiesa è perché  intendono compromettersi con il progetto che Dio ha su di loro, attraverso il quale la Chiesa manifesta la sua alleanza con Cristo.

 

  Matrimonio e verginità: doni diversi dell’unico Amore

La rivelazione cristiana conosce due modi specifici per realizzare la vocazione della persona umana, nella sua interezza, all’amore: il matrimonio e la Verginità. Sia l’uno che l’altra, nella forma loro propria, sono una concretizzazione della Verità più profonda dell’uomo, del suo essere ad immagine di Dio» (FC 11, cf ESM 29).

Nella Chiesa i vari ministeri e carismi s’intrecciano, pur rimanendo in se stessi divisi, perché manifestino insieme la realtà dell’unico amore, la sorgente dell’unica realtà: Dio!

Ogni carisma prende consistenza, diventa fecondo se vissuto in armonia con tutti i carismi, perché Dio è Amore e l’amore è la manifestazione della multiforme sapienza di Dio così che ogni carisma, ogni ministero non può essere vissuto se non nell’insieme di questa consonanza carismatica – ministeriale che la Chiesa possiede come dono dello Spirito Santo: Colui che fa essere.

Gli sposi che vivono la consapevolezza che il loro amore è un dono, continuamente trasformato dall'azione dello Spirito, si rendono pienamente disponibili perché quest’amore diventi il luogo dove prende vita l’altro –  il figlio – profezia di Dio e dove l’amore generoso, gratuito e crocifisso di Cristo si rende manifesto.

L’amore gratuito della verginità diventa luogo della profezia, luogo in cui si manifesta il Regno di Dio qui e ora, il già e il non ancora. Il primato di Dio su ogni altro interesse. «In forza di tale primato nulla può essere anteposto all’amore personale per Cristo e per i poveri in cui egli vive» (Vita consacrata, 84).

La vita coniugale viene così ad essere segno del mistero del Figlio di Dio fatto carne fondamento e misura di tutte le cose create; la vita consacrata a mostrare, a indicare il Figlio di Dio fatto uomo come traguardo escatologico a cui l’uomo tende.

In questa proiezione sia l’amore dei coniugati sia l’amore dei consacrati esige la sequela.

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  META ETICO - SPIRITUALE

Il Sacramento del Matrimonio e la realtà umana dell’amore coniugale

 

Il sacramento del Matrimonio non è qualcosa che si aggiunge dall’esterno né entra in concorrenza con la realtà umana della coppia e dell’amore coniugale. Esso costituisce piuttosto un’interiore trasformazione ed elevazione della realtà umana, che viene salvata e diviene salvante, pur permanendo nella sua struttura originale. L’amore umano è, quindi, arricchito di significato e motivazioni nuove in connessione col mistero di Cristo.

Infatti, «Gli sposi cristiani ricevono la grazia di un’elevazione del loro amore, che li abilita e li impegna ad una crescente attuazione di quei valori umani di donazione, di fedeltà e di generosa fecondità che nel Vangelo trovano pienezza di verità e di motivazione» (ESM 45).

Per elaborare i contenuti più precisi della realtà etico – spirituale dei fidanzati e degli sposi dev’essere continuamente interpellata l’esperienza delle coppie nella loro concreta situazione.

Allora, il senso biblico, teologico, antropologico e liturgico di spiritualità non significa affatto vita cristiana che astrae i credenti - e così i fidanzati e gli sposi - dalla concretezza del loro tempo, del loro ambiente e della società in cui vivono: significa piuttosto essere costituiti memoria di Cristo nel tessuto concreto della propria esistenza personale, coniugale, familiare, ecclesiale e sociale.

Nella casa appunto si rende verificabile per tutti che l’annuncio della vita cristiana è un lieto annuncio.  Il cammino verso la santità personale e di coppia valorizza i gesti quotidiani  i più importanti per mantenere l’armonia all’interno della casa, quindi  della coppia e della famiglia , vissuti non nella ricerca degli interessi personali , ma nella logica dell’amore  realizzato da Gesù nel suo mistero pasquale.

Allora, che cosa è questa meta etico - spirituale  ora dei fidanzati, domani degli sposi?

Significa anzitutto prendere coscienza, scoprire il dono che siamo, il dono ed anche il compito del nostro essere e diventare, di stupirci di questo. Stupirci dell’ormai vicino matrimonio e di quello che potremo costruire insieme, delle potenzialità che abbiamo e che forse non conosciamo; stupirci del progetto che Dio ha per noi: non siamo qui per caso. Scoprire che dietro a questo nostro amore c’è una chiamata, un progetto, una vocazione che viene da Dio stesso.

Allo stesso tempo, la meta etico – spirituale, implica comprendere da parte dell’uomo e della donna che il loro amore è stato da essi pensato, ed è sempre in costruzione: l’amore è una cosa troppo seria per essere lasciata al caso o alla spontaneità. L’amore, se è qualcosa che prende tutta la vita di una donna e di un uomo, prende anche la loro razionalità, intelligenza, volontà, e va oltre la loro sensibilità e affettività.

 

La meta etico - spirituale è realizzare un progetto

Il matrimonio, allora, è amore che diventa storia, che significa guardare insieme verso la stessa direzione; è amore che diventa progetto, concretezza, decisione. Allora, non solo devo essere innamorato della sposa o dello sposo, ma anche di quello che insieme costruiamo e della strada che insieme percorriamo.

La meta etico - spirituale per i fidanzati cristiani

É il vivere ciò che i due hanno scoperto e per cui si sono innamorati. Il bello è che su questa realtà essi possono spalancare le porte alla Parola di Dio, al Vangelo, alla Chiesa e a quanto essa propone, fedele e obbediente a Gesù.

É anche un itinerario quotidiano che aiuta a scoprire gli sbagli, i peccati, il ricominciare, il chiedere perdono, il ripuntare il dito perché siamo andati fuori strada.

In questo senso parliamo di legge o norma morale

In questo percorso ci sono anche delle norme, delle leggi, non solo nella comunità ecclesiale ma anche nella comunità civile. Per fortuna nessuno quando nasce deve ripartire da zero: noi abbiamo alle spalle anche il patrimonio di altri che hanno lavorato, costruito, scoperto; potremo pensare alla storia come ad un lungo cammino di umanizzazione che lentamente ha anche scoperto cose nuove.

Le norme, le leggi, sono anche il patrimonio di chi ha già percorso quella strada e ci ammonisce su cosa siamo chiamati a confrontarci. Per cui se noi guardiamo alla cultura della società tradizionale, potremmo descriverla come un blocco monolitico, dove il confine tra lecito e illecito, tra il bene e il male era piuttosto chiaro e definito: chi faceva qualcosa di diverso, rischiava di estraniarsi dal contesto culturale dei nostri paesi. C’era una realtà molto omogenea e lo sfondo della nostra società era quello di una cultura sostanzialmente cristiana.

Il contesto in cui viviamo è cambiato: ciascuno ha la sua morale, oggi

Il contesto in cui viviamo ora è quello del pluralismo, della libertà di pensare e di credere, dove non è più facile trovare un consenso neanche su quelle cose che vengono chiamate evidenti. Anche su alcuni punti fondamentali, su alcune cose che fino a ieri sembravano evidenti, come il rispetto della vita, rischiano di non trovarsi più d’accordo.

Nel nostro attuale contesto non esistono più principi universali, tutto è relativo alle situazioni, alle persone, alle circostanze, è solo il soggetto che deve decidere. C’è una morale che mette al centro il desiderio, il diritto assoluto al benessere, per cui tutto ciò che porta alla felicità, all’appagamento diventa positivo, mentre tutto ciò che comporta sacrificio diventa negativo, problematico. Pensiamo ai dibattiti sul tema dell’eutanasia: la qualità della vita, il rispetto, viene prima del significato della vita stessa.

 

In questa situazione, come reagisce la morale cristiana basata su principi chiari e definiti?

A.   Come cristiani dovremo porci delle domande fondamentali per riscoprire chi è l’uomo, che cosa vuol dire amare, che significato ha la persona, la vita, che cosa vuol dire giustizia, responsabilità.

Riguardo la famiglia, la sessualità, dobbiamo chiederci che cosa significhi fedeltà, responsabilità nella procreazione. E possiamo cercare di dare all’atto sessuale, come gesto umano, un significato preciso, che va riscoperto, oppure dobbiamo accettare che esso sia un contenitore vuoto al quale dare il significato che più ci conviene, per cui per l’adolescente è provare se tutto funziona, per il fidanzato diventa un momento per dire il suo amore alla ragazza, per lo sposato diventa amare la moglie o decidere di avere un figlio, ma anche semplicemente uno sfogo fisico?

B.    Potremo porci altre domande. Cos’è per il cristiano la felicità? Il Vangelo risponde: è la consapevolezza che c’è una beatitudine più grande che noi possiamo toccare su questa terra ma che sarà piena nel cielo.

Quali sono i miei doni? Sono i talenti che il Signore mi ha dato e che sono chiamato a fruttificare.

Qual è il compito del cristiano, cosa significa diventare persona, costruire coppia? In termini cristiani è realizzare  la chiamata di Dio.

Come cristiani, dunque, dovremmo porre i puntini sulle i per quanto riguarda la questione morale.

Bene si colloca qui l’esigenza di arricchire il discorso sulla morale coniugale, che è fondata sul sacramento del Matrimonio.

La legge di vita per il cristiano è lo Spirito di Cristo, che viene effuso nella celebrazione del sacramento del Matrimonio ed è lo Spirito che dev’essere guida in tutte le scelte dell’esistenza (senza per questo prescindere dall’eventuale apporto delle scienze antropologiche) e quindi anche della vita sessuale umana.

C.    Come leggere la Parola di Dio

Spesso la Parola di Dio è presa come un grande libro di morale dove si pensa e si spera di trovare una risposta a tutti i singoli problemi.

Poi sfogliando le pagine per cercare la risposta che soddisfi il mio desiderio mi accorgo ad esempio che sul problema dell’AIDS, sui rapporti prematrimoniali o su altre questioni  mi dice niente o poco e quel poco legato ad un contesto tutto particolare.

 

Allora, qual è il contributo che la fede e la Parola di Dio danno alla nostra meta etico – spirituale?

La Bibbia prima di dirmi quello che devo fare, mi dice chi sono, chi è l’uomo, cosa significa amare, che senso ha la sessualità, che valore ha la fecondità. La Parola di Dio è prima di tutto un grande orizzonte, che illumina e dà un significato nuovo al mio essere persona, al mio essere sposato, al senso della vita.

Nella Bibbia al centro di tutto c’è la persona di Gesù Cristo, la cui singolarità  è che è Dio e uomo.

La “Gaudium et Spes” (22) – un testo molto bello dei Vescovi a Concilio – dice che Gesù Cristo è l’ideale dell’uomo, l’uomo pienamente realizzato. Dio, creando Adamo ed Eva aveva nella sua mente Gesù Cristo come ideale di uomo. Allora, quando parliamo della morale cristiana, cioè di una morale che fa riferimento a Cristo, parliamo di una morale che è sì divina ma anche umana. Gesù unisce il cielo e la terra. Il Concilio dice: «chiunque segue Gesù Cristo uomo perfetto, diventa anche lui più uomo».

Seguire Cristo per gli sposi, significa fare del proprio amore un segno attuale dell’amore stesso di Cristo,  narrare con il proprio legame personale e intimo, quel legame personale e intimo di Gesù con la sua Chiesa che è la rivelazione suprema dell’amore di Dio per gli uomini. Da questo discende che i tre valori del matrimonio, unità, fedeltà e fecondità sono esigenze irrinunciabili per essere sposi al seguito di Cristo:

·       Unità come parabola vivente di quel legame che Gesù sposo ha voluto con la sua sposa la Chiesa. L’unità tra marito e moglie con tutte le sue innumerevoli sfaccettature è chiamata ad essere segno visibile di quell’unità che il Signore ha da sempre cercato con gli uomini a partire dalle promesse fatte ad Abramo fino alla croce di Cristo.

·       Fedeltà come espressione del legame fedele di Dio con il suo popolo. La fedeltà tra sposi è chiamata a testimoniare la forza vincente dell’amore, non del proprio amore sempre esposto alle difficoltà, ma di quello del Signore che non si dà mai per vinto ed è sempre disposto a ricominciare (cf. Osea). Fedeltà che non equivale ad indissolubilità, perché è ben di più, in quanto impegno costante ad alimentare il rapporto di amore tra marito e moglie in modo sempre nuovo e originale.

·       Fecondità come espressione dell’amore creativo di Dio. Quando l’amore è grande, talmente grande da essere come una ricchezza che trabocca, tende a dilatarsi e a dare vita a qualcosa di nuovo. In tale contesto di amore è avvenuta la Creazione e in tale contesto il Signore vuole che avvenga la generazione di ogni uomo. L’amore degli sposi è chiamato a dilatarsi in ogni direzione, non esclusivamente in quella biologico, perché sono molte le situazioni in cui il loro amore è chiamato ad essere creativo in modo unico e insostituibile facendosi accoglienza, servizio e dono.

La Chiesa riunita a Concilio, guidata dai Pastori, oltre ad aver invitato tutti i cristiani a mettersi accanto ad ogni uomo, a cercare le strade per migliorare la vita umana, per giungere alla pace, alla giustizia, sottolinea nella Gaudium et Spes l’importanza di ricomprendere il senso dell’essere sposati, dell’essere coppia, dell’essere genitori,  dell’amarsi, del vivere la sessualità in un certo modo.

Allora la vita etico-spirituale di due fidanzati, di due sposi,

è determinata dalla scelta per Cristo,

cioè da una scelta profonda e totalizzante che impegna tutta la persona e tutta la vita. Anche per quanto riguarda l’apertura alla generazione, l’incontro dell’esperienza umana con la verità di Cristo porta a scoprire l’intrinseco significato della fecondità: non è un puro fatto biologico, ma espressione di una verità più profonda dell’amore di coppia.

Dentro ogni scelta coniugale c’è un atteggiamento di fiducia reciproca,

una fiducia di saper fare insieme qualcosa di nuovo, di affidare la propria vita e reciprocamente accogliere quella dell’altro. Ciò che viene realizzato in termini simbolici nella sessualità umana coniugale. In questo affidarsi non c’è solo l’espressione dell’amore di coppia totale e per sempre, ma l’apertura della coppia al nuovo, al futuro, alla speranza di poter far nascere da questa unità una creazione nuova.

All’intenzionalità del gesto può corrispondere biologicamente la procreazione del figlio secondo il progetto di Dio Padre. Allora il figlio è segno degli sposi, segno della loro unità, segno della loro partecipazione all’amore creativo di Dio, dunque è solo “dono” di Dio: non appartiene alla tecnica della manipolazione genetica.

Solo coltivando questa prospettiva potrà facilmente realizzarsi l’armonia tra vita morale e vita spirituale degli sposi (cf LG 14; SC 5; ESM 43, 45, 49, 50; FC 13, 34, 56, 57; HV; Nuovo Catechismo degli adulti: La verità vi farà liberi).

 

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CAPITOLO SECONDO

 

SUGGERIMENTI SUL METODO E SUL DIALOGO

 

SUGGERIMENTI METODOLOGICI

L’obiettivo della formazione al sacramento del Matrimonio

Anche se gli incontri sono limitati, l’obiettivo della formazione è quello di percorrere un itinerario di fede proposto ai giovani, che chiedono il Matrimonio cristiano. Questi giovani generalmente sono incerti sulle motivazioni di tale richiesta, sono lontani ormai da qualche tempo da una realtà di fede vissuta e non colgono la dimensione comunitaria ed ecclesiale della fede.

In una tale situazione di partenza e con tutti i limiti di un corso, qualsiasi équipe e qualsiasi metodo non possono che sentirsi parziali od insufficienti; l’opera degli animatori va affidata all’azione dello Spirito Santo perché Lui solo può farla maturare e fruttificare.

É difficile tracciare un metodo e dei contenuti per un cammino di fede da fare con i fidanzati, perché le situazioni possono essere molto diverse e quindi solo la coppia animatrice e il sacerdote possono essere in grado di proporre le modalità di presentazione e  la qualità e quantità dei contenuti.

Anche se il programma va definito prima di cominciare, è opportuno che poi sia percorso con elasticità, preoccupandosi maggiormente che i fidanzati comprendano e partecipino piuttosto che siano trattati tutti gli argomenti nel tempo stabilito.

Occorre anche tener conto che, in un itinerario di fede, più importante delle cose che si dicono, è innescare il desiderio di conoscere. Per questo l’itinerario va modulato oltre che sul programma predefinito anche sugli interrogativi e sugli interessi che via via emergono.

Man mano che si procede con il cammino di formazione, nei fidanzati dovrebbe risvegliarsi il fascino per la persona di Gesù e l’interesse per la proposta del Matrimonio cristiano.

Una porta aperta.

Va ricordato che per la maggior parte dei fidanzati la formazione al Matrimonio costituisce un’occasione irripetibile per riaprire sull’universo della fede cristiana una porta che da parecchi anni è chiusa. Ecco perché gli animatori devono essere più testimoni che insegnanti, essi stessi si devono sentire coinvolti nelle proposte che si accingono a fare per essere loro stessi portati a compiere un itinerario di fede insieme con i fidanzati. Le persone non devono semplicemente acquisire nozioni, ma verificare le loro convinzioni con la verità della fede e i loro vissuti con l’annuncio di una novità per la loro vita. Tutto questo non s’impara con lezioni ma si scopre pian piano personalmente, attraverso il dialogo, il confronto, la ricerca paziente e umile: ciò di cui si tratta non è solo una dottrina ma una scelta di vita.

Momenti diversi

L’itinerario di fede può avvalersi di momenti diversi: lettura meditata della Parola di Dio, liturgia, relazioni informative, discussione, scambio di esperienze, ecc.  tutti con un denominatore comune: cercare il coinvolgimento personale per evitare che nessuno si senta uno spettatore passivo. Per vincere l’indifferenza, il metodo del dialogo offre una grande efficacia, perché se ben guidato, può mettere in moto le risorse personali per una crescita comune di tutti i partecipanti. Non va peraltro trascurata la capacità comunicativa della liturgia che, con i suoi simboli e suggestioni, può trasmettere ciò che nessun altro linguaggio umano può dire. Si possono proporre, secondo i casi, momenti di preghiera, la riconciliazione comunitaria, l’eucaristia.

Esperienza di Chiesa

Un lavoro di questo tipo deve essere accompagnato con continuità dagli animatori - testimoni che dovranno essere presenti durante tutto il corso di formazione, perché essi stessi ne sono partecipi. Proprio l’incontro umano tra persone che, in clima di amicizia, si interrogano con sincerità sui valori più importanti della vita, è il contesto più favorevole per percorrere un itinerario di fede. Anzi di più, è una testimonianza di vita cristiana,  perché incontrarsi fraternamente insieme per crescere nella fede è già esperienza di Chiesa.

Gli animatori devono avere una sincera disponibilità a confrontarsi con i fidanzati, i quali generalmente partono da presupposti e convinzioni diverse. Non devono avere pregiudizi nei loro confronti, perché altrimenti, essi non possono cogliere la loro originale ricchezza umana e valorizzare quella fede che talvolta traspare, appena, dalle loro affermazioni. Anzi gli animatori dovrebbero avere nei loro confronti un atteggiamento pieno di stima e di fede perché si trovano di fronte a persone  che vivono un’esperienza umana di amore che il Signore, già con il Sacramento del Battesimo, ed ora con il sacramento del Matrimonio, sta trasformando in un dono prezioso per la loro famiglia, per la Chiesa e per il mondo. Accostarsi ad esso per i credenti è in ogni caso una ricchezza.

Animatori competenti

Con questo approccio gli animatori devono essere molto preparati, devono cioè avere una buona padronanza degli argomenti relativi alla fede ed al sacramento del matrimonio. Solo così possono trovare nelle varie situazioni, spesso impreviste, il modo di inserirsi e dare il loro contributo per far sì che i fidanzati scoprano il lieto annuncio di Gesù nella loro esperienza di amore.

Agli animatori non può mancare un po’ di tecnica. Saper guidare una riunione, saper moderare una discussione può rendere il lavoro più facile ed efficace. Il dialogo può essere difficile in un gruppo di persone, che non si conoscono e che generalmente non sono abituate a parlare di Matrimonio cristiano e di fede.

Per questo seguono alcuni suggerimenti pratici sul metodo del dialogo.

 

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SUGGERIMENTI PRATICI SUL METODO E SUL DIALOGO

Dialogo

Il dialogo si basa sulle interazioni tra persone che discutono insieme. Un’interazione è innanzitutto uno scambio di idee tra le persone. Suppone una comunicazione interpersonale. L’interazione è un fenomeno vitale per i partecipanti ad un corso. Se vi sono pochi scambi, con lunghi silenzi, oppure interventi che cadono a vuoto e non suscitano alcuna reazione, vuol dire che i partecipanti rimangono passivi e che non hanno messo in moto le loro energie per vivere un comune processo creativo. Un processo creativo comune è fatto invece di partecipazione attiva caratterizzata dalle interazioni tra le persone: azione - reazione, domanda - risposta, dare – ricevere. Per l’animatore, aumentare la partecipazione consiste nel provocare le interazioni. E per provocare le interazioni, non basta che si adoperi per moltiplicare i brevi scambi fra i singoli partecipanti e lui stesso, ma occorre anche intensificare gli scambi dei membri tra di loro. L’interazione può diventare la leva dell’efficacia e della creatività dei fidanzati perché stimola la riflessione di ciascuno attraverso l’intervento degli altri.

Il confronto e lo scontro delle idee, quando c’è clima di cooperazione, creano una tensione positiva necessaria per progredire. Quando c’è un clima di partecipazione egualitaria e di corresponsabilità, tale tensione positiva mette in moto facilmente interazioni ricche e creative.

Dopo qualche incontro quando si raggiunge un certo affiatamento, l’interazione porta ognuno ad evolvere le proprie idee per effetto delle idee degli altri, sia nel senso di uno stimolo, sia nel senso di una sintesi, d’una partecipazione e d’una crescita d’informazione immediatamente integrata. Quando è così «il corso è creativo», nel senso che insieme si trovano idee nuove, alle quali nessuno aveva pensato e che vengono fatte proprie dal gruppo dei partecipanti. É creativo non solo per i fidanzati ma anche per gli animatori.

Numero dei partecipanti

Il numero dei partecipanti ad un corso è uno dei fattori più delicati per la riuscita del metodo del dialogo.

Tra i fidanzati si deve instaurare un clima familiare di incontro tra persone che parlano insieme volentieri, dove ben presto ci si conosce e ci si chiama per nome. Questo clima si può instaurare in un «piccolo gruppo»: dieci coppie al massimo quindici. Oltre questo numero i partecipanti rischiano di ritrovarsi in un gruppo anonimo dove non trovano le condizioni per un coinvolgimento personale. Basti pensare per esempio alla fatica di interagire con quaranta persone, alle dimensioni della stanza, al volume della voce e così via. In questo caso, piuttosto che forzare la collaborazione e il dialogo, conviene dividere i partecipanti in gruppi più piccoli. 

Avvio di una discussione

Il modo più comune in cui i partecipanti interagiscono è parlare tra di loro su di un argomento concordato e guidati da un animatore.

Prima di ogni discussione occorre presentare l’oggetto della discussione. La semplicità e la chiarezza  sono fondamentali perché ogni partecipante, per collaborare, deve sapere esattamente di che cosa si parla. La presentazione deve introdurre soltanto l’argomento. Nell’introduzione di un argomento non conviene dire le cose più immediate, quelle cioè che vengono subito in mente anche agli ascoltatori e che potrebbero dire anche loro: quelle cose, finché non vengono dette, sono un buon potenziale per avviare la discussione, perché appena ci sarà lo spazio qualcuno le dirà.

Dopo l’introduzione alla discussione c’è la fatidica attesa che qualcuno parli. Generalmente è controproducente che l’animatore si mostri preoccupato per il silenzio, chieda aiuto quasi implorando che qualcuno rompa il ghiaccio, oppure rompa direttamente il ghiaccio rispondendo lui stesso alle domande che ha posto agli altri. Solo se il silenzio diventa troppo lungo e porta disagio allora, con molta tranquillità, l’animatore può invitare qualcuno, che di solito parla con facilità, ad iniziare.

Le domande poste dall’animatore devono provocare delle risposte immediate, cosa non del tutto ovvia. Talvolta le domande, che sembrano stimolanti in fase di preparazione, sul campo invece risultano del tutto inefficaci o addirittura controproducenti perché, anziché stimolare, bloccano. É buona regola, prima di usare una domanda come stimolo al dialogo, rivolgerla a se stessi o agli altri animatori per verificare se effettivamente fa scaturire velocemente reazioni e risposte.

In fase di avvio di discussione, e non solo, è molto utile riformulare gli interventi individuali: ciò dimostra la piena accoglienza da parte dell’animatore, incoraggia ad intervenire, valorizza gli interventi anche di quelli che non riescono a spiegarsi bene e obbliga tutti ad ascoltare le opinioni espresse. A tale scopo può essere anche utile scrivere su un cartellone una o due parole per ricordare ogni intervento fatto: infatti i partecipanti, avendo davanti anche un semplice richiamo visivo, fissano gli interventi fatti e si sentono più stimolati ad interagire.

L’azione dell’animatore è efficace se riesce a stimolare le interazioni per far sì che ciascuno evolva le proprie idee per effetto delle idee degli altri e la discussione diventi cioè creativa.

É molto importante che l’animatore sia coinvolto nel processo creativo dei fidanzati. Infatti è molto stimolante per lui essere convinto che non solo i partecipanti evolveranno tramite il lavoro fatto insieme, ma anche lui stesso evolverà. Sarà invogliato ogni volta a scoprire nuovi punti di vista e nuovi agganci per presentare le cose in modo più incarnato e alle persone che ha davanti. A loro volta anche i partecipanti saranno invogliati a collaborare perché avranno la sensazione di essere tutti coinvolti in un reale processo creativo comune.

Per mettere in atto un processo creativo, occorre che l’animatore abbia padronanza dell’argomento da trattare e del modo per condurre la riunione, ma soprattutto che abbia la netta percezione sulla situazione dei partecipanti che si crea davanti a lui: il livello di attenzione, stato d’animo, disponibilità a collaborare e atteggiamento collettivo nei suoi confronti. Inoltre è importante che assicuri la sua presenza a tutti gli incontri dell’itinerario altrimenti non riuscirà ad essere coinvolto nell’evoluzione del gruppo che a sua volta non lo sentirà presente.

Coordinamento di una discussione

Lo svolgimento di una discussione interattiva raramente avviene spontaneo e richiede un attento coordinamento da parte dell’animatore. L’animatore, infatti, con opportuni accorgimenti, che non devono mai pesare sui partecipanti, può dare un forte impulso all’intensificarsi delle interazioni.

Eccone alcuni:

·        dare spazio a tutti, specie a quelli che sono pigri, senza però insistere troppo per non mettere a disagio quelli che fanno molta difficoltà a parlare in pubblico;

·        valorizzare gli interventi fatti, citandoli non appena se ne presenta l’occasione ricordando la persona che li ha fatti e usando gli stessi termini. Ciò dà rilevanza alla collaborazione dei partecipanti e implicitamente la promuove;

·        far rientrare con eleganza la discussione quando si va fuori tema, cioè non ammonire ma ricordare l’importanza dell’argomento e gli obiettivi condivisi;

·        evitare che la discussione si frantumi in chiacchiere tra singoli: è molto meglio prevenire mantenendo alta la concentrazione piuttosto che intervenire quando  la situazione è già degenerata;

·        evitare che la discussione sia monopolizzata da due membri, in questo caso la discussione potrà essere anche vivace ma la maggior parte delle persone ne è esclusa e rischia di non sentirsi coinvolta in ciò che viene detto;

·        nei momenti difficili non fare uso dell’autorità derivante dallo status di animatore per imporsi, perché l’autorità riconosciuta e accettata è quella che deriva dalle capacità e dai risultati ottenuti sul campo;

·        non ridicolizzare o giudicare negativamente l’intervento di un partecipante, altrimenti si troverà a disagio e difficilmente parlerà ancora davanti a tutti, anche gli altri ne potrebbero risentire e saranno meno invogliati a parlare;

·       ricordare, con estrema delicatezza, a chi sta facendo un intervento–fiume di lasciare  spazio anche agli altri evitando toni aggressivi, perché ogni aggressione da parte dell’animatore provoca facilmente la solidarietà del gruppo verso l’aggredito e una tacita alleanza contro l’animatore;

·       non lasciarsi implicare in una contesa con chi contesta per partito preso o perché vuole assumere il ruolo di leader; ciò rischia di esasperare una situazione difficile che può degenerare in uno scontro diretto che è estremamente dannoso per tutti; è sempre meglio reagire ad una aggressione, spiegando con molta calma e chiarezza le proprie ragioni, piuttosto che arrabbiarsi e mettersi sulle difensive.

Relazione informativa e gruppi di studio

Talvolta, per mettere in atto un processo creativo, possono servire delle informazioni approfondite sull’argomento, che si possono trasmettere mediante una relazione informativa, che può essere tenuta anche da un esperto.

Ciò che resta di una relazione, per quanto bene sia svolta, è molto poco. É stato dimostrato che mediamente l’80/90 % di informazione viene perduto. É una perdita impressionante, che si può comunque recuperare efficacemente con il metodo dei gruppi di studio.

Il gruppo di studio, oltre alle funzioni di rielaborare o attualizzare i contenuti della relazione informativa, ha anche quella di recuperare i contenuti stessi. Subito dopo la relazione, vanno creati i gruppi di studio di circa 8/10 persone guidati da un animatore che, oltre ad avere ben presente tutta la relazione, ha preparato una serie di domande e stimoli per alimentare il confronto. Così mettendo insieme il 10/20% di contenuti che ciascuno ha conservato, si può ricostruire  e assimilare in modo attivo gran parte della relazione.

Se una relazione non è stata sufficientemente assimilata, non è produttivo chiedere subito ai partecipanti delle riflessioni nuove a partire dalla relazione stessa, perché si otterranno contributo poveri e insoddisfacenti. Prima si recupera il contenuto della relazione, poi lo si elabora.

Saper parlare e sapere ascoltare

Il linguaggio ecclesiale, che si acquisisce e si usa frequentando gli ambienti di Chiesa, non sempre è il linguaggio adatto e compreso: molte espressioni potrebbero essere fraintese generando stanchezza e disagio.

Tuttavia, per certi concetti, occorrono le parole adatte perché le parole sono un tutt’uno con concetto stesso. In questi casi le parole nuove vanno introdotte con parsimonia, spiegate con chiarezza e richiamate più volte come un ritornello, in modo da essere assimilate da tutti. Va richiamata la nuova parola introdotta e mai un suo sinonimo perché il sinonimo, non essendo stato ancora introdotto, genera confusione e vanifica il lavoro fatto per spiegare la parola stessa. Una volta assimilata bene questa parola, basterà richiamarla e con essa verrà richiamato il concetto ad essa associato.

Il processo  creativo dipende da come l’animatore parla nel gruppo. Il parlare infatti serve, oltre che per trasmettere dei contenuti, anche per esprimere atteggiamenti e stati d’animo. Il gruppo è più sensibile al modo con cui vengono trasmesse le idee, più che alle idee stesse. É molto importante quindi prestare attenzione a certi atteggiamenti che facilitano la comunicazione.

Eccone alcuni:

·     saper improvvisare, presentare i contenuti in modo elastico, adattandosi alla situazione che può essere sempre diversa; così è più stimolante per i partecipanti ma anche per l’animatore stesso, perché vede i suoi contenuti da punti di vista sempre diversi scoprendone aspetti nuovi; e viene così coinvolto per davvero nel processo creativo che lui stesso promuove;

·     avere una attenta percezione del grado di interesse con cui il gruppo segue, in modo da aggiustare il tono e le parole il più possibile per mettersi in sintonia con chi ascolta;

·     usare spesso immagini piuttosto che ragionamenti; nessun ragionamento ha effetto quanto un’immagine;

·     essere divertente facendo anche dello spirito autoironico (spesso il giudizio dei partecipanti su un animatore dipende non tanto dalle cose che dice ma da come le dice e dalla simpatia che suscita);

·     interagire il più possibile con i membri del gruppo (battute di spirito, richiami ad interventi fatti dai partecipanti anche in incontri precedenti…);

·     prevedere, durante un suo intervento massiccio, che comporta un ascolto faticoso, il sollievo degli ascoltatori, ad esempio una battuta, per riportare l’attenzione ad un buon livello;

·     controllare il tempo: un intervento non deve  durare troppo perché può stancare, ma neanche troppo poco perché può deludere.

Saper ascoltare

Non basta saper parlare: occorre anche saper ascoltare. Dal modo con cui un animatore ascolta gli interventi dei partecipanti, dipende gran parte della loro partecipazione al processo creativo.

L’animatore deve innanzitutto essere attento e dimostrare interesse per qualsiasi tipo di intervento. Lo può fare in tanti modi: riproponendo agli altri l’idea principale, scrivendo su di una lavagna la parola che lo può ricordare, o semplicemente mostrando con l’espressione del viso attenzione e interesse verso chi parla. Ciò aiuta tutti, soprattutto i timidi la cui partecipazione dipende dal modo in cui vengono ascoltati.

Molto importante è conoscere le esigenze dei problemi di fidanzati (empatia). Quando loro parlano, si accorgono se chi li ascolta li capisce oppure no. Non c’è soddisfazione a parlare con una che non capisce. L’ascoltatore che non capisce scoraggia chi parla. L’animatore, per invogliare al dialogo, deve saper ascoltare, in altre parole, deve essere in grado di capire cosa dicono i fidanzati e cosa intendono dire anche quando non riescono ad esprimersi bene. In caso contrario, i fidanzati si sentiranno poco incentivati a parlare e quindi faticheranno ad interagire anche con gli altri partecipanti.

Per conoscere le esigenze dei fidanzati, oltre che l’esperienza personale, occorre anche un po’ di cultura sulle dinamiche della relazione di coppia, oggi facilmente ottenibile grazie alle numerose pubblicazioni divulgative sull’argomento. Conoscere non per dare consigli ma per saper ascoltare.

Conclusione

Questi suggerimenti non sono motivati solo da criteri tecnici: essi corrispondono ad uno stile di rispetto per le persone e per le loro esigenze, ma soprattutto corrispondono allo stile inaugurato da Gesù che si faceva prossimo alle persone e non le indottrinava frettolosamente ma stava con loro, le ascoltava, dialogava, condivideva con loro il cibo e l’amicizia.

Molti dei giovani che vengono a chiedere il Matrimonio cristiano si accostano alla Chiesa dopo anni di lontananza. Il corso di formazione può essere molto importante non solo per il loro matrimonio, ma anche per la loro fede e per il futuro rapporto con la comunità cristiana.

Se dopo il corso di formazione, i fidanzati manifestano il proposito di continuare, possiamo dire che l’obiettivo è stato raggiunto: forse il desiderio di approfondire il valore del sacramento del Matrimonio e di incontrare più da vicino Gesù si è risvegliato.

Sarebbe auspicabile che le comunità parrocchiali, anche se incalzate dalle troppe cose da fare, non trascurassero l’importanza di questo loro proposito, perché è un’indicazione preziosa: forse il seme della fede sta maturando e fruttificando, e sono già pronte le basi per un successivo lavoro di formazione permanente come sposi cristiani.

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CAPITOLO TERZO

 

PROPOSTA

PER LO SVOLGIMENTO

DI UN "CORSO" DI FORMAZIONE

AL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO  

IN CAMMINO VERSO IL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO
 
PROPOSTA PER LO SVOLGIMENTO DI UN CORSO

Premesse.

·     Mentre tutti, presbiteri e laici, vogliamo tenere vivo nella nostra Chiesa l’intento di realizzare veri e propri percorsi di fede, con molta realtà continuiamo a programmare e a svolgere i tradizionali corsi con lo sguardo però puntato verso questo obiettivo. É noto che  in diocesi sono già sorti dei gruppi di questo tipo anche a seguito dei  corsi.

·     Sarà bene che il corso si svolga almeno in dieci incontri e molto per tempo rispetto al giorno della celebrazione del Matrimonio.

·     Obiettivo: annunciare e far scoprire ai fidanzati il significato del Matrimonio cristiano che si fonda sull’amore e sulla fede. L’uomo e la donna si sposano nel Signore perché si amano e credono in Dio e hanno scelto di celebrarlo in chiesa convinti che il loro amore e il loro Matrimonio corrispondono al  progetto di Dio.

·     Si propone di giungere a questo obiettivo attraverso due momenti, utilizzando con puntualità quanto è descritto e proposto nelle cinque mete. È naturale che l’attenzione ai contenuti di una singola meta sarà efficace, se mantenuta nel contesto delle altre. Va sottolineato che la meta antropologica, qui descritta, non esaurisce tutto il discorso in quanto punta di più sull’aspetto biblico e teologico che sugli elementi propri delle scienze umane. Competente in questo campo è il Consultorio diocesano S. Maria Mater Domini.

 

PRIMA PARTE (quattro - cinque incontri più o meno)

In questa prima parte vogliamo offrire ai fidanzati l’opportunità di leggere e interpretare la loro storia personale e di coppia - la  parola di Dio si rivela già nella storia dell’esistenza di ogni persona - per motivare e orientare la loro scelta di sposarsi e di sposarsi nel Signore.

I contenuti di questa prima parte sono descritti principalmente nella meta antropologica.

Il primo incontro è quello dell’accoglienza (saluto, escalation dei nomi, provenienza e parrocchia, la fatica, la gioia e le ragioni del convenire, le paure e le attese…),  momento molto importante per i partecipanti perché li predispone ad accogliere e a condividere la responsabilità del cammino. Inoltre, un’accoglienza fatta all’insegna del rispetto, della stima, dell’ascolto, della partecipazione, del fidarsi e affidarsi, rende il cuore libero e festoso e quindi rende più facile e più bello lo svolgersi degli incontri. È il modo per dire che “Siamo una Chiesa accogliente e mite che aspetta con cuore aperto i futuri sposi” (Marco Cè).

La Chiesa, secondo l’ecclesiologia conciliare, è una chiesa – comunione, è popolo di Dio. Il soggetto formativo è la comunità in quanto tale. La vera corresponsabilità della comunità parrocchiale sta nella capacità di essere concretamente vicina a tutti non solo mediante il pastore ma anche mediante i laici, che condividono, secondo il loro carisma, la missione della Chiesa. É auspicabile che nella formazione ai sacramenti e quindi anche al matrimonio, oltre al ministero pastorale sia all’opera anche il ministero coniugale.

Volendo definire il ministero degli sposi, potremmo dire che esso consiste nello stare  con l’altro, nel pensare con l’altro, nel guardare nella stessa direzione con l’altro e nel rispondere al progetto di Dio con l’altro.  Per gli sposi il con indica che le persone stanno insieme nella parità,  stanno insieme per essere l’uno a servizio dell’altro, per imparare reciprocamente l’uno dall’altro. L’amore è autentico quando uno va all’altro per apprendere più che per insegnare. Gli sposi così esercitano il loro ministero in casa e così edificano la Chiesa.

  Ed è in questa ottica che il ministero coniugale può aiutare la Chiesa a stare con i fidanzati ritenendoli persone importanti e riconoscendo che in esse c’è lo Spirito con i doni della creazione e della salvezza.  

Prete e sposi, insieme sono quella Chiesa che guarda al mondo dei fidanzati come a un campo, in cui possono fiorire i segni di Dio: la storia è il luogo in cui Dio abita e lavora.  La coppia dovrebbe comunicare e accentuare nella Chiesa queste espressioni del suo ministero.

  Negli incontri successivi aiutare i fidanzati a leggere la loro storia.

>  Scelgo di sposarmi perché amo?

La mia storia.

Rileggendo le pagine della mia storia, in quale momento mi è apparsa come nuova la parola amore? mamma e papà, il loro essere sposi, quale posto hanno occupato e occupano in questo mio viaggio dentro l’amore? e la gente della mia parrocchia, la scuola, gli amici mi hanno dato una mano per crescere in questa avventura? oggi, mentre dichiaro di amare la persona che presto sposerò, posso dire di aver aperto il mio cuore a  qualcuno, genitori, fratelli, persone del mio territorio?  a chi mi chiedeva aiuto ho   saputo dare una risposta di amore? ho saputo farmi prossimo?

Continuando la lettura di queste pagine della mia storia, come vedo la mia vita, come mi appare, la considero un dono o qualcosa che mi appartiene, che è mio, assolutamente mio…? Qual è il senso, la direzione che io sto dando alla mia vita?

La nostra storia di coppia.

La prima fase della relazione uomo – donna nasce con l’evento dell’innamoramento. Si apre il percorso dell’amore. L’amore è il dono di sé, della propria vita, all’altro; è un consegnarsi - affidarsi, che esige la non appartenenza. L’amore, prima di tutto, esige da ambedue di aver accolto la propria vita come dono, per comprendere che l’amore diventa lo spazio reale dove prende vita l’altro, più l’amore è disinteressato più l’altro prende vita, respira vita e cresce nella libertà. I due fidanzati, mentre stanno per sposarsi, possono chiedersi con quale esperienza di amore escono dalla loro famiglia di origine e dal loro contesto sociale dove ho vissuto fin dall’infanzia? Risposta che solo la vita può e potrà dare.

           

Scegliamo di sposarci in Chiesa perché crediamo?

Mi pare di credere in Dio!? Penso di credere!?

Ognuno cercherà di descrivere il senso e la qualità della sua fede in Dio, nel desiderio che questa sia la ragione che lo spinge a sposarsi in chiesa.

Puoi dire: ho scoperto segni della presenza di Dio nella mia vita?  Ho scoperto che Egli è in ogni luogo, in ogni esperienza segnata da gesti di amore come nei fatti dolorosi? Ho scoperto che è  presente in tutto ciò che mi circonda e nel divenire della storia mia e di tutti?

Prego Dio?  cos’è la mia preghiera?

Da ragazzo hai frequentato la parrocchia e poi solo raramente, o meglio l’hai snobbata.  Crescendo e ragionando su ciò che ti era stato detto e che avevi vissuto, hai ritrovato Dio?

Ancora non vado a Messa, la mia fede in genere la vivo fuori della parrocchia, la vivo operando nei gesti quotidiani, che sono spesso gesti di generosità. 

Tu che ne pensi?

Chi è Gesù per te? Che cosa racconteresti di lui a uno che te lo chiede? Che cosa significa per te credere in Gesù Cristo? Ti fidi di lui fino al punto da consegnarli la tua vita?

Spesso persone, più o meno come te, dicono: a Gesù ho riservato poco tempo, e anche oggi lo penso troppo poco; e aggiungono: il fatto del matrimonio mi sembra  buono per riprendere a riflettere seriamente sulla persona Gesù.

Considerazione:

nella seconda parte del corso, prendendo in mano il Vangelo, ci dedicheremo molto alla persona, ai gesti e agli insegnamenti di Gesù.

Il giorno del vostro matrimonio incontrerete la persona di Gesù. Avendolo conosciuto un po’ di più, sarà per voi come incontrare un familiare caro da tempo perso di vista.

Quasi ripercorrendo le espressioni più significative del dialogo comune sull’amore e sulla fede, gli animatori potrebbero evidenziare:

·     credere è un atteggiamento interiore dei piccoli passi che attraversa la nostra storia;  

·     credere è capire e riconoscere che la vita è un dono, qualcuno me l’ ha regalata; è capire e riconoscere che, con la vita, mi è stato regalato anche l’amore, anche lo stesso amore uomo - donna;

·     credere è sentirsi in comunicazione, in relazione con colui che mi ha fatto questi regali: Dio.

·     È la sua prima comunicazione – rivelazione all’uomo attraverso la creazione opera dello Spirito Santo; poi Dio parlerà nella persona di Gesù ancora  nella Chiesa attraverso la S. Scrittura nella Bibbia, pure essa opera dello stesso Spirito.

·     Credere è contemplare questo Dio Amore che prende l’iniziativa per ciascuno sulla vita e sull’amore.

·     Credere è ringraziare Dio per questi suoi doni.

·     Credere è capire e riconoscere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio, inviato a noi uomini proprio per farci conoscere e accogliere il suo amore di Padre.

·     Si deve riconoscere che la fede nasce e vive là dove c’è l’amore, dentro un clima di fiducia, di speranza.

·     Per capire la fede occorre guardare all’amore, per vivere la fede bisogna  vivere l’amore.

·     Credere è tutto questo.

 

SECONDA PARTE (dal quinto incontro più o meno).

Questa seconda parte dovrebbe essere utilizzata per offrire ai fidanzati l’occasione di rileggere questa loro storia personale e di coppia, riempiendola di contenuti positivi alla luce della Parola di Dio rivelata nella Bibbia. Si tratta di presentare una prospettiva della vita sponsale che segua la logica di Gesù Cristo e non semplicemente la logica  del buon senso e del mondo. È il progetto nuovo, fondato sulle Beatitudini, che immerge il Matrimonio nel regno di Dio.                          

I contenuti di questa parte sono descritti nella meta biblica.

L’incontro con la Bibbia

libro in genere non conosciuto dai futuri sposi – dovrà essere adeguatamente preparato dai responsabili del corso in modo da suscitare nei partecipanti un atteggiamento stupito, gioioso, riconoscente davanti alla Parola di Dio. È una Parola che non può mai finire di sorprendere perché sempre nuova, mai udita prima, capace di cambiare il cuore di pietra dell’uomo in cuore di carne (cf Ez 36, 26).

Occorre pertanto un’introduzione del libro della Bibbia, della parola “Parola di Dio” e della Rivelazione di Dio all’uomo.

Il dialogo durante l’incontro coinvolgerà quindi subito i fidanzati: cosa pensi della Bibbia? Di essa cosa hai letto e cosa ti viene in mente? È il libro più diffuso nel mondo, perché? Durante la Messa vengono letti dei brani della Bibbia e alla fine della proclamazione di ognuno si annuncia: è Parola di Dio. Che effetto ti fa? Pure durante   la celebrazione del vostro Matrimonio saranno letti dei brani della Parola di Dio, che voi stessi sceglierete.

Dunque, la proposta della Parola nella Scrittura dovrà promuovere nelle coppie il desiderio, addirittura la disponibilità a prendere in mano la Bibbia insieme durante la vita coniugale e familiare, in un percorso permanente con la comunità parrocchiale.

Sappiamo tutti che l’esegesi e la teologia biblica offrono grandi unità di testi, con un loro messaggio profondo e inesauribile.

Per un corretto ed efficace approccio iniziale alla Bibbia occorre conoscere i Documenti del Magistero ecclesiale sul Matrimonio cristiano, sulla famiglia chiesa domestica, sul ministero coniugale, sulla vita spirituale e morale degli sposi, attingendo abbondantemente alla fonte biblica della Parola di Dio: Lumen Gentium 11 2 35, Apostolicam auctuositatem 11, Gaudium et Spes 48-52, Evangelizzazione e sacramento del Matrimonio, Familiaris Consortio, Comunione e Comunità nella Chiesa domestica 8-18.   

Gli animatori, chiamati ad aiutare i fidanzati a dire di sì alla persona di Gesù Cristo, potranno trovare utili a questo scopo i contenuti della meta cristologica .

“Prima si accoglie Cristo e poi si accoglie la partecipazione dell’amore di Dio nel Matrimonio” (Gds 65, Marco Cè).

Si tratta di risvegliare in loro la fede, che consiste nello scoprire e accettare il volto di Dio Padre manifestato nella persona di Gesù Cristo, il suo Figlio.

Bisogna che essi conoscano Gesù, lo incontrino, ne facciano un’esperienza personale, libera, in un rapporto di fiducia e di confidenza. Dovranno scoprire che aver fede non vuol dire accettare qualcosa, ma accettare Qualcuno: la persona di Gesù Cristo.

Il compito della Chiesa è di annunciare Gesù all’uomo per fargli riconoscere progressivamente, in quello che egli fa e dice, che  Dio è Padre pieno di amore per la vita umana, è l’alleato dell’uomo, di ogni uomo, è l’alleato della coppia uomo – donna.

Gesù cerca in tutti i modi di risvegliare il sentimento vivo della paternità e della tenerezza di Dio.

Gesù è Dio che entra nella storia e vi agisce. Il suo farsi  compagno di strada con i peccatori per ridare loro un nuovo futuro, con i deboli per sostenerli nel cammino della vita, ci rivela quanto Dio è Padre. Occorre conoscere e incontrare Gesù Cristo, e in lui e con lui si scoprirà la bellezza, la grandezza di essere amati e chiamati per nome dal Padre fin dall’eternità.

Gesù allora diventa il punto centrale di questo nostro incontrarci, la persona nella quale investire ogni interesse. In nessun caso può essere dato per scontato. Di per sé, senza questo evento, non si può procedere.

I fidanzati dovrebbero finalmente stupirsi, quasi increduli, di fronte a questo Gesù Cristo tutto per ogni uomo, tutto per loro due, che proprio a causa di lui si amano e a causa del suo nome stanno per sposarsi in chiesa.

Dovrebbe farsi strada in loro quasi il rammarico, il pentimento di non avergli dato importanza, di non avergli dato retta finora.

A questo punto, proprio continuando a leggere insieme il Vangelo, dovrebbe nascere nei giovani il fascino per la persona di Gesù.

Proviamo a prendere in mano due testi di Giovanni: 1,35-39 e 2,1-10.

Indicazioni pratiche:

·     l’assemblea dei fidanzati, che si svolge nella cattedrale di S. Marco, è un’occasione  per vivere un’esperienza ecclesiale della persona di Gesù, resa presente dal Patriarca Marco Cè;

·     altra esperienza viva di Gesù può essere la celebrazione della liturgia penitenziale.

Questa è la fede della Chiesa nel sacramento del Matrimonio

La Chiesa, nel celebrare il sacramento del Matrimonio, fa dell’amore coniugale il lieto annuncio: nei due sposi che si amano, essa vede Dio Padre che ama l’umanità, vede Gesù Cristo che ama la Chiesa come sua sposa.

Dio ama gli uomini, questo è l’annuncio biblico, annuncio che conferma e illumina i segni di questo amore di Dio venuti alla luce nella lettura della storia personale e di coppia dei fidanzati fin dall’inizio degli incontri.

La pienezza di questo amore di Dio si realizza sulla Croce di Cristo, nella sua Pasqua. Dio sposa l’umanità sulla Croce. L’uomo si convince e accetta di essere amato da Dio nel momento in cui vede Cristo morto e risorto.

A questo punto, perché non leggere qualche brano della passione di Gesù con i fidanzati?

L’amore, con cui Dio ama gli uomini e l’amore con cui Gesù ama e genera la Chiesa, ha a che fare con l’amore di una donna e di un uomo essi si legano l’un l’altro, impegnando la propria persona e l’intera esistenza; il consenso nuziale per questo progetto globale di vita include, come espressione propria, la reciproca totale donazione anche dei corpi; i due promettono di essere reciprocamente fedeli per tutta la vita, di amarsi e onorarsi, di accogliere con responsabilità i figli che Dio donerà loro e di educarli nella fede cristiana.

Dal momento del consenso, il loro amore è sacramento, segno che contiene e comunica l’amore di Cristo per la Chiesa. Gesù si rende presente, entra per restare nella vita degli sposi e li consacra come coppia, non più solo come singole persone, come è avvenuto nel Battesimo.

Cristo li chiama a edificare insieme il Regno di Dio e la Chiesa. Il Matrimonio cristiano, allora, è una chiamata alla pienezza di vita all’interno della comune vocazione battesimale. È una modalità della sequela di Cristo.

È riassunto così l’obiettivo della formazione al matrimonio: consegnare alla comunità cristiana e alla comunità degli uomini l’amore coniugale divenuto sacramento, cioè segno e icona dell’Amore trinitario.

Il punto di partenza è questo: la fonte e la ragione dell’amore coniugale è Gesù: è Lui che lo chiama, attraverso lo Spirito Santo anima della Chiesa, ad essere sacramento e segno dell’amore di Dio per gli uomini e di Cristo per la Chiesa.

Il Patriarca raccomanda agli sposi: “La cosa più grande che voi sposi dovete fare è consentire che Dio si riveli con questo linguaggio umano, dolcissimo, del Matrimonio, della maternità e paternità, dell’amore sponsale”.

Indicazioni pratiche:

-      approfondire la preparazione della liturgia del Matrimonio.

-      invitare i fidanzati a partecipare all’Eucaristia come esperienza di fede.

La meta ecclesiologica sviluppa, come conseguenza naturale, oltre al sacramento del Matrimonio, i temi: la famiglia chiesa domestica e il ministero coniugale. Il sacramento è la fonte di questi due aspetti originali della coppia e della famiglia. Qui vengono appena annunciati, l’approfondimento e la loro concretizzazione dovranno avere spazio dalla celebrazione del Matrimonio in poi.

La famiglia è chiesa domestica

Con la celebrazione del sacramento del Matrimonio, gli sposi assumono l’impegno di vivere nella Chiesa, perché essi, essendosi sposati nel Signore, danno vita ad una chiesa domestica. La famiglia è una vera comunità ecclesiale. S. Giovanni Crisostomo dice: “Fate della vostra casa una chiesa, della vostra chiesa una famiglia”.

  Il ministero degli sposi

Gli sposi, celebrato il Matrimonio, si trovano coinvolti in una ministerialità, in un servizio originale e proprio, insieme a tutti gli altri battezzati. Il ministero coniugale non consiste in un elenco di cose da fare e nemmeno non vuol dire fare cose diverse da quelle che sono richieste a due sposi, a due genitori; ma piuttosto è il vivere la vita di tutti i giorni con intenzionalità e modalità diverse. Il ministero coniugale è prima di tutto un atto di fede, è credere che il Matrimonio non è proprietà degli sposi, ma è un dono che essi ricevono da Gesù e dalla Chiesa, attraverso il quale realizzano il progetto di Dio per loro: manifestare al mondo l’Amore trinitario.

Gli animatori trovano un’ampia trattazione del prossimo tema nei contenuti della meta etico-spirituale.  

Il progetto etico - spirituale dei fidanzati e degli sposi.

Gesù Cristo, con il dono del sacramento del Matrimonio agli sposi, eleva il loro amore coniugale e li abilita ed impegna ad una crescente attuazione dei valori umani di donazione, di fedeltà, di unità e di fecondità (cf ESM 45).

  Il sacramento del Matrimonio non è qualcosa che si aggiunge dall’esterno né entra in concorrenza con l’amore umano, ma lo trasforma ed eleva, cioè lo salva e lo rende salvante. In questa ottica sacramentale, gli sposi vengono costituiti ‘memoria di Cristo’ all’interno della propria casa, nel tessuto del loro tempo, dell’ambiente e della società in cui vivono; loro compito, infatti, è anche quello di mettersi accanto ad ogni persona, di cercare le strade per migliorare la vita umana, per giungere alla pace, alla giustizia.

I fidanzati avvertono di essere destinatari dei doni della creazione e della salvezza - doni gratuiti di Dio - e non possono  non domandarsi: ora che cosa dobbiamo fare?

È proprio della formazione etico–spirituale ricercare insieme, animatori e fidanzati, risposte adeguate:

·     Continuare, anzitutto, a prendere coscienza del dono che siamo, del dono della vita, del nostro essere persona; del nostro essere coppia e di quanto potremo costruire insieme.

Tutto ciò non accade a caso, l’amore è una cosa troppo seria per essere lasciata al caso o alla spontaneità. L’amore è qualcosa che prende tutta la vita di un uomo e di una donna: la razionalità, la volontà, la libertà, oltre che la sensibilità, l’ affettività, l’istintualità.

Tutto fa parte di una vocazione che viene da Dio.

·     E’ prendere coscienza che il Matrimonio è amore destinato a diventare storia.

·     Fino ad un recente passato, nella comunità ecclesiale e nella società civile esistevano delle norme, delle leggi nelle quali il confine tra lecito e illecito, bene e male era chiaro e definito: chi faceva qualcosa di diverso, si estraniava dal contesto culturale e sociale, sostanzialmente definito cristiano. Contesto ora cambiato: non è più facile trovare consenso neanche nelle cose evidenti; sono messi in discussione i principi universali, tutto è relativo alle situazioni, alle persone. È il soggetto che deve decidere! al centro è messo il desiderio, il benessere, l’appagamento.

·     Di fronte a questo quadro così complesso e contraddittorio, la Chiesa interviene. Come?

Prova ne sono i documenti, gli interventi, le esortazioni di una Chiesa sempre presente e sollecita per trovare e indicare vie e modalità nuove sui vari problemi che riguardano la vita, la persona, la giustizia, la libertà, i diritti dell’uomo, della donna, dei bambini, l’amore sponsale, il matrimonio, la famiglia, la convivenza sociale.

·     Su queste realtà e su questi valori, la Chiesa apre le porte alla Parola di Dio, convinta che qui vi si possano trovare significati e orizzonti nuovi al senso della vita, avvalendosi anche delle scienze umane e della storia. 

È per questa fede, che la legge di vita della Chiesa è la persona di Gesù Cristo. È la legge di vita che la Chiesa propone a tutti, anche ai non cristiani: Gesù Cristo ideale di ogni uomo (cf GS 22).

   

>   Gli animatori,

cammin facendo con i fidanzati, oltre a capire e ad approfondire quanto detto, si impegnano a ricercare la via etico – spirituale  più vera e più giusta per ricomprendere il senso dell’essere persona umana,  dell’essere sposati, dell’essere coppia, dell’essere genitori, dell’amarsi, del vivere la sessualità in un certo modo.

 

La Chiesa,

parlando di morale cristiana vuol dire perseguire esigenze molto forti come la fedeltà, l’indissolubilità, l’unità, la fecondità e la castità, che non sono atteggiamenti di persone speciali, ma di persone normali. 

In particolare, a proposito della fedeltà, indissolubilità e unità, dentro ad ogni scelta coniugale ci deve essere un atteggiamento di fiducia reciproca, una fiducia di saper fare insieme qualcosa di nuovo, di affidare la propria vita e reciprocamente accogliere quella dell’altro. In questo affidarsi non c’è solo l’espressione dell’amore di coppia totale e per sempre, ma l’apertura della coppia al nuovo, al futuro, alla speranza di poter far nascere da questa unità una creazione nuova.

All’intenzionalità del gesto può corrispondere biologicamente la procreazione del figlio secondo il progetto di Dio Padre. Allora il figlio è segno degli sposi, segno della loro unità, segno della loro partecipazione all’amore creativo di Dio, dunque è solo dono di Dio: dono che non appartiene alla tecnica della manipolazione genetica.

Anche per quanto riguarda l’apertura alla generazione, l’incontro dell’esperienza umana con la verità di Cristo porta a scoprire l’intrinseco significato della fecondità: non è un puro fatto biologico, ma espressione di una verità più profonda dell’amore di coppia

(cf LG 14; ESM 43, 45, 49, 50; FC 13, 34, 56, 57; HV; il nuovo Catechismo degli adulti, La Verità vi farà liberi).

In conclusione, gli animatori avranno cura di avvertire i fidanzati che queste sono solo alcune risposte sul tema della morale cristiana per la vita di coloro che si sposano nel Signore. La formazione etico-spirituale richiede ulteriori delucidazioni e approfondimenti del magistero della Chiesa.

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LA LITURGIA DEL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO

Premessa

È innegabile che il cammino proposto da questo “sussidio”, non pretende di essere esaustivo. Vogliamo però, a conclusione, portare all’attenzione degli animatori degli incontri per la formazione dei fidanzati al Matrimonio cristiano la considerazione che esiste comunque una formidabile, quanto semplicissima “guida” cui fare riferimento in questa esperienza: il libretto che illustra “il rito” della liturgia del matrimonio, cui si consiglia di dedicare dello spazio, meglio se con il parroco o con il sacerdote che presiederà la celebrazione liturgica e magari anche con i testimoni e qualcuno degli invitati, più vicini alla coppia.

È opportuno allora, a questo punto, spendere qualche riga sulla “Liturgia del Sacramento del Matrimonio” per dare alcune indicazioni sul significato delle “parole” e dei “gesti” che i fidanzati/sposi compiono come “ministri” del proprio Sacramento. Sarà necessario anche mettere in risalto l’importanza della proclamazione della Parola del Signore nella celebrazione Eucaristica nella quale viene inserito il rito del Matrimonio; i fidanzati dovranno essere consigliati a scegliere essi stessi le letture, guidati dal sacerdote che li seguirà nella preparazione ultima al Sacramento.   

Essere cristiani, dunque, è aderire ad una Persona, non ad un’idea

L’uomo può accedere alla comunione con Dio trinitario solo in, con e per Cristo. La celebrazione di ogni sacramento, proprio ha la sua forza dalla Pasqua di Gesù Cristo, diventa mediazione di comunione trinitaria.  Cristo, nel suo mistero pasquale, il mistero della sua donazione totale sulla Croce, è il centro di ogni azione liturgica. Così egli in ogni sacramento comunica il suo amore unendosi sponsale verso la sua Chiesa in favore di tutta l’umanità.

Con il sacramento del Matrimonio gli sposi cristiani, nel loro amore, sono resi conformi a Gesù Cristo e partecipi dell’amore divino trinitario, come è comunicato e vissuto da Cristo nella sua unione con la Chiesa, sua sposa.

Afferma Giovanni Paolo II che del sacramento del Matrimonio gli sposi sono “protagonisti e celebranti” (FC 51), man mano che essi comprenderanno il nuovo stato sociale – ecclesiale che vengono ad assumere sposandosi nella prospettiva cristiana, che li pone al centro della celebrazione del rito, ma anche della comunità cristiana.

Per questo sarà bene che le stesse domande e le preghiere, che si svolgono durante la celebrazione liturgica, esprimano la loro coscienza di vivere in unione con Gesù Cristo, sacramento della nuova alleanza e sposo della Chiesa. Non dovrà sembrare che essi siano convocati in chiesa per ricevere unicamente una benedizione religiosa.

Il contesto del rito liturgico dovrà suscitare un esplicito riferimento alla realtà sacramentale in Cristo propria del Matrimonio, già nelle domande ai coniugi, che dovrebbero assumere questo significato: “Volete voi amarvi di un amore perfetto – agape – di cui Gesù ci ha dato l’esempio?” e “Volete voi essere nella vostra famiglia e nel mondo il segno visibile, l’immagine dell’amore di Gesù per la Chiesa?”.

Nel rito i due si offrono vicendevolmente l’anello: è questo, nella comunità ecclesiale, memoria dell’alleanza di Dio con il suo popolo, alleanza già posta nella creazione e che si viene realizzando nella storia della salvezza. L’anello ha un altro significato come compimento della liturgia nuziale: un coniuge, mettendo l’anello all’altro, annuncia rivela la sua decisione di vivere la propria esistenza in comunione con l’altro, così da costituire insieme una “carne sola” in Cristo. Per questo il presbitero prega: “Gli sposi, che li recheranno, custodiscano integra la loro fedeltà; rimangano nella sua fedeltà; vivano sempre nel reciproco amore”.

La celebrazione liturgica del Matrimonio ha una dimensione comunitaria, non si può ridurre ad un fatto privato tra il presbitero e gli sposi. Anche se è facile, si dovrà studiare la rivalutazione dell’assemblea cristiana quando si celebra questo sacramento. É atto dell’intera Chiesa, l’assemblea è soggetto integrante dell’azione liturgica e quindi del gesto sacramentale.

Il sacramento del Matrimonio è dono di Cristo per la Chiesa: chiede agli sposi di impegnarsi attivamente nella loro vita coniugale come membri della Chiesa verso il mondo. Il sacramento non sottrae il Matrimonio al quotidiano, ma lo proietta verso il futuro escatologico come cammino comunitario ecclesiale.

Valore del patto matrimoniale

Nella celebrazione della liturgia matrimoniale, gli sposi come ministri creano con lo Spirito di Cristo il sacramento nuziale esprimendo il consenso sul vincolo matrimoniale relativamente al presente.

In realtà, essi il loro amore l’hanno iniziato fin dal primo incontro con la percezione di un amore nascente, che con immensa gioia hanno accettato e assecondato; hanno conosciuto fasi di difficoltà, di incertezze, di armonizzazione affettiva e spirituale.

Sono giunti alla decisione di sposarsi fra progetti e speranze rinnovate. Sono divenuti ministri del sacramento attraverso una lenta maturazione. Il matrimonio in chiesa non costituisce il momento decisivo isolato, ma il momento che ratifica e celebra un impegno spesso molto lungo nel tempo.

Certamente i coniugi offrono all’altare un consenso che si configura in modo nuovo in rapporto agli atteggiamenti antecedenti e costituisce un punto stabile in relazione al futuro matrimoniale. Ma non bisogna isolarlo dal vissuto d’amore antecedente.

“Davvero il Matrimonio è un sacramento permanente”

Si vuole affermare che gli sposi si impegnano ad attualizzarlo in forme sempre nuove. Ogni espressione successiva d’amore vicendevole fra gli sposi non è puramente un atto ripetitivo del loro amore, ma una rinnovata concretizzazione che arricchisce e approfondisce la realtà sacramentale del Matrimonio. Permeata dall’amore sponsale di Cristo mediante il sacramento, la coppia viene sollecitata ad essere sempre nuova, creativa l’uno verso l’altra, verso i figli. Il sacramento matrimoniale non è dono statico, qualcosa di già ricevuto, che si conserva inalterato, ma continua ad evolversi e a rinnovarsi in forme nuove e più intense.

Il consenso d’amore dei coniugi viene a partecipare dell’amore sponsale che Cristo, in forme nuove, dona alla sua Chiesa. E il sì che i coniugi pronunciano non è un impegno limitato alle loro persone, né solo alle loro attività personali, ma è una risposta alla chiamata del Signore di partecipare alla sua alleanza con l’umanità della Chiesa.

Gli sposi sono impegnati dal Signore, nella celebrazione sacramentale, a consentire che la loro vocazione all’amore e al Matrimonio possa svilupparsi pienamente in essi.

Rompere il Matrimonio con il divorzio è recare ferita al sacramento, che opera in permanenza nel proprio vissuto umano ed ecclesiale.

Il Matrimonio è basato primariamente sulla fedeltà del Signore, e quindi sulla fedeltà dei coniugi: è il Signore che per primo li ha amati.

La fedeltà coniugale è solo una risposta a Dio.

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