SANT' AGOSTINO

354 - 430

Del santo che più di ogni altro ha parlato di se stesso - ma lo ha fatto con sincerità e semplicità, convertendo in confessione, cioè in lode a Dio, tutto ciò che gli appartiene - non è facile parlare. Uomo e maestro, teologo e filosofo, moralista e apologista, santo e polemista: tutte immagini che traspaiono come in filigrana, e tutte valide, a chi osservi da vicino Agostino di Ippona, vescovo e dottore della Chiesa. L'uomo, anzitutto, con le inquietudini, le debolezze, le ansie, quale ci si presenta alla lettura delle sue Confessioni, nelle quali mette a nudo la sua anima con sincerità e candore.

Sulle soglie della giovinezza (era nato a Tagaste in Tunisia nel 354 dal pagano Patrizio e dalla cristiana Monica), Agostino sperimenta le contraddizioni del suo spirito, che ha sete di verità e si lascia sedurre dall'errore. Lo studio di una certa filosofia lo porta all'eresia manichea. Avverte il richiamo della perfezione morale, ma si sente "involto nella caligine della carne". Impara retorica a Cartagine, poi insegna grammatica a Tagaste finché a 29 anni prende la via del mare e dopo una breve tappa a Roma raggiunge Milano, dov'è vescovo il grande S. Ambrogio.

La sua conversione al cristianesimo, propiziata dalle amorose premure e dalle lacrime della madre, che riesce perfino a convincerlo a separarsi dalla donna con la quale convive da quattordici anni e gli ha dato un figlio, Adeodato, giunge a maturazione in un episodio singolare e misterioso per lo stesso Agostino che, accogliendo l'invito «Prendi e leggi», trova nelle parole dell'Apostolo la sferzata decisiva: «non vi fate travolgere dalla carne e dalle sue concupiscenza». Agostino chiede il battesimo al vescovo Ambrogio, poi torna in veste di penitente in Africa, dov'è consacrato sacerdote e poi vescovo di Ippona, trovando nella sincera adesione alla verità cristiana e nella multiforme attività pastorale la pace del cuore alla quale anelava il suo spirito tormentato dagli affetti terreni e dalla sete di verità: «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore non ha pace, finché non riposa in te».

Amato e venerato, per le umanissime doti di cuore e di intelligenza, muore il 28 agosto del 430 a Hippo Regius, antica città presso la moderna Bona in Algeria, mentre i Vandali la cingono d'assedio. Vent'anni prima la Roma imperiale aveva conosciuto l'umiliazione inflittale dal re barbaro Alarico e questo evento inaudito per quanti erano convinti della incrollabilità della città eterna spinse il vescovo di Ippona a scrivere l'altro suo capolavoro, la Città di Dio. L'impero romano sì andava sfaldando, sotto la pressione dei vicini popoli invasori.

Il 28 agosto Ippona era assediata. Agostino morente viveva profondamente quel dramma. Benché confidasse totalmente in Dio, non poteva sentirsi alieno dalle sofferenze del suo popolo. Fin dalla sua ordinazione sacerdotale (391), ma soprattutto dal giorno della sua consacrazione a vescovo (395) si era identificato con esso nella ricerca del trionfo della causa di Dio e nel servizio della Chiesa.

La promozione dell'unità della Chiesa fu una delle sue maggiori aspirazioni. Fondò comunità religiose perché vivessero più profondamente questa unità. E volle che ne fossero segno e fermento. Secondo l'espressione di san Possidio, Agostino, morto, vive nei libri che ha lasciato ai posteri. I suoi resti mortali si venerano nella Chiesa Agostiniana di san Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.

La festa liturgica ricorre il 28 agosto.

 

S. Agostino : Un Santo per rimanere sempre giovani

 

S. Agostino e il primato dell'amore

Sant’Agostino è un oltremodo moderno, che ha fatto dell'amore il primato della sua vita, della sua filosofia e della sua interpretazione della religione cristiana. Ha cominciato presto a riconoscere dentro di sé l'amore come la forza dirompente della sua vita. È diventato famoso il ritornello che lo ha accompagnato per tutta la sua adolescenza

«desideravo amare ed essere amato». Spesso riconosce sinceramente nelle sue Confessiones di aver tentato ogni esperienza d'amore, pur di soddisfare questo bisogno che si portava dentro, anche se poi ha dovuto ammettere di avere sbagliato tante volte, perché il risultato non era la pace e la gioia, ma un maggiore tormento. Ciò nonostante Agostino non ha mai smesso di cercare la soluzione a questo vero problema, finché proprio nella prospettiva cristiana ha incontrato la risposta più congeniale, la vera corrispondenza al suo desiderio. Attraverso il Cristo incarnato ha conosciuto l'amore di Dio, o meglio il Dio-Amore, che si dona a noi attraverso il suo Spirito, perché la nostra esperienza d'amore non sia più solo parziale o deludente, ma sempre più piena e soddisfacente, al punto da portarci addirittura all'esperienza dell'amore di Dio sempre più diretta e appagante.

Per Agostino, all'amore non solo non dobbiamo rinunciare, anche se spesso è fonte di tante delusioni, ma dobbiamo farne dell'amore la strada maestra proprio per raggiungere la felicità che tutti cerchiamo e che si risolve in una comunione d'amore con Colui che è l'Amore. Le tante delusioni nascono da un amore molto imperfetto, egoistico, possessivo. Quando questo piccolo amore viene purificato alla presenza e allo sguardo dell'unico amore vero, che è lo stesso amore di Dio posto nel nostro cuore proprio per indicarci la vera misura dell'amore, allora ogni atto d'amore diventa un'esperienza sublime. Mentre risponde alle esigenze dei nostri cuori e allo stesso unico comandamento dell'amore (di Dio e del prossimo), diventa anche l'occasione per avvicinarci sempre di più a quell'Amore assoluto, che costituisce la vera fonte della nostra felicità.

Il linguaggio di Agostino è il linguaggio dei giovani di sempre, appassionati della vita e soprattutto dell'amore. Basterebbe rileggere qualche brano delle Confessioni al libro IV, che sono come la sinfonia dell'amore e dell'amicizia. Tutto è già scritto nel nostro cuore e basterebbe proprio «lasciarsi portare dal proprio cuore», come dice la scrittrice Susanna Tamaro, una delle più fedeli interpreti del testo agostiniano, che fa eco al famoso slogan di Agostino, «ama e fa' ciò che vuoi». Ma nel cuore dobbiamo tutti, soprattutto i giovani, imparare a leggere bene la presenza di quell'Amore, che è lo Spirito, e che è l'unico a garantirci la sincerità e la validità dei nostri desideri, perché è solo lui la verità del nostro amore. «L'amore, l'amicizia, sono veri solo quando sei tu, Signore, che annodi due persone con il vincolo del tuo stesso amore, cioè con il tuo Spirito, che ci hai dato» (Cf. Conf IV, 4, 7). Gli amici sono uno dei beni indispensabili alla vita, come la salute, ma quando sono veri amici, cioè quando hanno imparato ad amare, a condividere («a gioire con chi è felice, e a piangere con chi piange», Rm 12, 15) con la stessa misura dell'amore che si portano nel cuore e che è appunto lo stesso amore di Dio (Cf. Lettera 130, 2, 4).

«Volete rimanere giovani ?», ci ripete oggi Agostino, «non tralasciate di amare, cercate sempre di amare di più. State solo attenti alla radice del vostro amore, all'intenzione che vi porta. Se questa radice è la benevolenza, la misericordia, la generosità dello stesso amore di Dio, siate lieti, continuate ad amare. Se la radice fosse un'altra, purificatevi ; imparate dal vostro Maestro interiore, che è sempre lo Spirito di Cristo che abita nel vostro cuore, a trovare la radice giusta, che fa dell'amore umano addirittura 1' amore di Dio stesso» (Cf. Commento alla 1 Gv VII, 8). L'amore vero è la sintesi della vita e di tutta l'esperienza cristiana. Tutto è bello e significativo solo se alla fine potremo sentirci dire : «Vieni, servo buono e fedele, perché mi hai sempre amato nell'amore per ogni fratello».

La strada dell'amore vero è anche la strada della vera civiltà. «Due amori - dice Agostino, fedele interprete della Bibbia -, hanno costruito due città: 1' amore di sé spinto fino al disprezzo di Dio ha costruito la città terrena, quella di Babilonia ; l'amore di Dio spinto fino al disprezzo di sé ha costruito la città celeste, quella di Dio» (Cf. La città di Dio XIV, 28). La città di Dio, quella che resterà per sempre, cominciamo a costruirla qui ogni giorno attraverso la nostra fedeltà all'amore vero, che diventa così la vera legge della storia e del suo futuro.

P. Giovanni Scanavino. O.S.A.

 

 
   
 
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