CINEMA
 

CINEMA
 
 
Benvenuti a CINELUMEN il cineforum a cura dell’associazione culturale ALBALUMEN. Ogni settimana proporremo agli associati un titolo più o meno recente che possa avere interessanti spunti di riflessione.
La visione del FILM sarà preceduta da una INTRODUZIONE che, oltre a fornire in maniera sintetica le ovvie INFORMAZIONI quali regia, anno, attori, premi vinti....ecc, intende dare una CHIAVE DI LETTURA dell’opera stessa che possa calamitare l'attenzione di voi fruitori su alcuni temi o aspetti che rendono la visione più proficua oltre che interessante.
A fine serata s'intende raccogliere COMMENTI non solo attraverso un eventuale(e assolutamente NON obbligatorio) DIBATTITO, ma dando anche la possibilità ai partecipanti di contattare l'associazione attraverso un indirizzo E-MAIL
 
 
BLADE RUNNER
 
Titolo: BLADE RUNNER
Nazione e Anno: USA, 1982
Regia: Ridley Scott
Soggetto: tratto dal romanzo “Do androids dream of electric Sheep?” di Philip K. Dick
Sceneggiatura: Hampton Fancher e David Peoples
Fotografia: Jordan Cronenweth
Scenografia: Lawrence G. Paull
Costumi: Charles Knode, Michael Kaplan
Montaggio: Terry Rawlings, Marsha Nakashina
Musica: Vangelis
Interpreti: Harrison Ford (Rick Deckard), Rutger Hauer (Roy Batty), Sean Young (Rachel), Edward James Olmos (Gaff)
Genere:Fantascienza
Durata:124'
Trama: Los Angeles del 2019, la Tyrell Corporation ha sviluppato nuove tecnologie che consentono di fabbricare "Replicanti", cioè organismi viventi uguali in tutto agli essere umani, ma con una forza superiore e privi di sentimenti. Questi Replicanti vengono usati nelle colonizzazioni di altri pianeti e nelle esplorazioni pericolose.
Rick Deckard (Harrison Ford), ex-poliziotto ed ex-cacciatore di replicanti, viene costretto dal capo della polizia Bryant, a riprendere il suo vecchio lavoro per eliminare quattro replicanti fuggiti dalla schiavitù delle colonie e venuti sulla Terra. Il confronto con essi sarà spettacolare, con un finale assolutamente da non perdere.
 
 
Blade Runner è un film di fantascienza che ottenne ben poco successo nei cinema, ma in seguito la sua notorietà crebbe incredibilmente fino al punto di essere definito "il cult movie degli anni '80". Intendiamo toccare alcune tematiche trattate nel film in modo da rendere la visione dello stesso più interessante e completa.

1. (CYBERPUNK)

Il film è tratto dal romanzo “Do androids dream of electric Sheep?” del grande scrittore di fantascienza Philp K. Dick nato a Chicago il 6 Dicembre del 1928 e i cui scritti sono stati al centro, dopo la morte, di un clamoroso caso di rivalutazione letteraria avendo contribuito in maniera decisiva alla nascita e allo sviluppo del movimento CyberPunk.
La parola “cyber”, da ''Cibernetics”, indica una macchina capace di autoregolarsi. E Il movimento cyberpunk presuppone un rapporto intimo e organico con la tecnologia grazie alla quale, difatti, è possibile l'estensione delle capacità dell'uomo e finalmente il superamento dei propri limiti. Nessuna ferita altrimenti mortale spaventa più l'uomo del futuro prossimo. In parole povere la letteratura e il cinema CyberPunk hanno come assoluti protagonisti gli Androidi, i Cyborg, i Replicanti, macchine viventi uguali in tutto agli esseri umani, con una forza superiore, ma con una grossa incognita su sentimenti e morale.
Cosa differenzia l’uomo dalla macchina?
il corpo di uno, limitato, debole, mortale, rispetto alla prestanza fisica, alla forza, alla potenza dell’altro
O forse l’anima?
Può un cyborg avere una morale?
Lo stesso Philip Dick, nel romanzo in questione, aveva, a suo tempo, mostrato in modo più che esauriente l’attaccamento alla vita di un essere che vita non aveva.
Il passaggio dal romanzo al film aumenta l’attrattiva e radica il movimento cyberpunk, fornendo attraverso i costumi una precisa e forte suggestione; infatti con “Blade Runner” ci ritroviamo in un mondo dove ormai sono quasi indistinguibili i cyborg dagli esseri umani.

2. (AMBIENTAZIONE)

Il mondo di Blade Runner ricrea uno scenario ideale, spesso ripreso e citato nei successivi film come Matrix, Seven, Brasil, Batman Begins e il 5° elemento, attraverso la meticolosa descrizione di una città futurista, Los Angeles, che evidenzia una forte discendenza dalla città di Metropolis di Fritz Lang. La megalopoli del futuro, descritta dal regista nel 1926 si divide in due differenti livelli: una città di grattacieli e strade sopraelevate, che si slancia dalla superficie della terra verso il cielo, e una città sotterranea, costruita al di sotto della superficie terrestre, che produce con le sue macchine l'energia sufficiente al funzionamento di Metropolis. Nella prima città vivono gli appartenenti alle classi alte, ricchi industriali e manager. Nella seconda, una popolazione di schiavi operai addetti al funzionamento della città, che si presenta come un enorme meccanismo.
La Los Angeles di Blade Runner non è così nettamente divisa, ma è bensì una città dove i grattacieli, liberati dalla fogna della popolazione sovrabbondante, salgono al cielo superando la cappa nebbiosa e degradata per esplodere in gigantesche pubblicità e caotiche luci.

3. (PARABOLA CRISTOLOGICA)

Molti gli elementi semantici che ci permettono di accostare la figura di Roy, capo degli androidi, a quella di Cristo. Nell’ epocale sequenza dello scontro tra Roy e Rick, la colomba bianca (simbolo nell’iconografia cristiana dello spirito santo) e il chiodo conficcato nella mano sono chiari riferimenti cristologici ; Roy diventa un salvatore , luce divina nel tetro mondo di Blade Runner .
 
Titolo: FERRO 3 - la casa vuota -
Nazione: COREA DEL SUD
Anno: 2004
Regia: Kim Ki-Duk
Soggetto e Sceneggiatura: Kim Ki-Duk
Fotografia: Jang Seung-beck
Montaggio: Kim Ki-duk
Costumi: Koo Jea-heon
Musiche: Slvian
Interpreti: Seung-yeon Lee, Hee Jae, Hyuk-Ho Kwon, Jin-Mo Joo, Jeong-Ho Choi
Genere: Drammatico
Durata: 95'
Trama: Tae-suk viaggia sulla sua moto e, porta dopo porta, incolla volantini sulle serrature di tutte le case e si intrufola dove gli inquilini che la abitano sono assenti.
Tae-suk vi rimane fino a quando i proprietari non rientrano, ma non ruba mai nulla dalle case che abita temporaneamente. Vi rimane solo a fare la guardia per qualche giorno, aggiusta oggetti che non funzionano più e lava persino la biancheria sporca. Infine, prima di andarsene, rimette tutto a posto come prima. La cosa si ripete varie volte, fino a quando un giorno non entra in una casa lussuosa in cui incontra la donna del suo destino: una donna sposata di nome Sun-hwa, che soffre imprigionata in un matrimonio con un uomo che non ama più e che la maltratta...
 
Il film del SudCoreano Kim Ki-Duk, rientrato in extremis alla mostra del cinema di Venezia nel 2004 e li premiato alla regia, è un film intenso e fortemente intriso di colori e simboli di quella cultura orientale tanto affascinante quanto lontana e complessa. I tempi di visione e di comprensione del film stesso richiedono uno sforzo lontano dalle nostre abitudini occidentali, ma ben ricompensato dal suggerimento finale e chiarificatore del regista: “difficile dire se il mondo in cui viviamo sia una realtà o un sogno” .

Molte le tematiche offerte dalle POETICHE immagini del film.

Sin dall’inizio spicca IL SILENZIO tra i protagonisti, emarginati, l’uno che entra nelle case temporaneamente vuote cercandone calore e vita, restituendo alle sconosciute mura domestiche quella cura insolita anche per i proprietari, e l’altra una bellissima ex-modella oppressa e picchiata dal marito. Il silenzio come RIFUGIO dalle loro vite, dolcemente riempite dalle visite nelle altre case, nelle altre vite.

Lo sviluppo e la parte finale del film sposta sicuramente l’attenzione su quello che è il tema centrale: “difficile dire se il mondo in cui viviamo sia una REALTA’ o un SOGNO”. Tae-suk vive avendo imparato l’arte di occultarsi, di nascondersi a quei “180° di NON VISIONE” che ogni essere umano ha, oppure ritorna soltanto da spirito, da presenza percepita ma non reale??
Cercando la risposta a questa domanda nel film stesso è facile accorgersi di quanto Kim Ki-Duk offra immagini a sostegno dell’una e dell’altra tesi, anzi sembra proprio che il fine ultimo del film sia proprio lasciare lo spettatore con questo dubbio… “difficile dire se il mondo in cui viviamo sia una realtà o un sogno”…poi, d’improvviso, tutto si fa più chiaro, tutto torna: Ferro3 è anche un film sul cinema, sulla visione, su quei 180° di campo visivo degli esseri umani, ma anche su quei 180° di buio, dove si possa solo percepire e non vedere, è un film che sottolinea fortemente il potere di chi fabbrica e sceglie le immagini e quindi la visione dello spettatore, è un film che ho lo scopo (e anche il potere) di lasciarci con quei dubbi legati alla realtà e al sogno, al corpo e allo spirito, alla visione e alla non visione.


Kim Ki-Duk sorprende anche nella scelta del titolo e, dopo essersi presentato a Venezia con un’occhio disegnato sulla mano spiega così il soggetto del suo film:
“…stavo togliendo un volantino che era rimasto impigliato nella serratura della porta d’entrata del mio appartamento quando mi colpì il fatto che le case a cui i volantini erano ancora attaccati dovevano essere rimaste vuote per giorni. L’immagine di una casa vuota in cui nessuno entra rimanda la mente a una persona molto sola, tagliata fuori dal resto della società. Ho voluto fare un film su un uomo che entra in quella casa e che riempie quel vuoto con il suo calore. Ho voluto io stesso che il titolo internazionale del film fosse Iron 3. Chi gioca a golf sa che la mazza numero tre è quella meno usata. Immaginatela infilata in una costosissima borsa da golf, usata anch’essa solo di rado. In questa immagine vedo la metafora di una persona abbandonata o di una casa vuota. Al tempo stesso essa è però anche l'arma con cui Tae-suk salva Sun-hwa, diventando così anche il simbolo della speranza di un cambiamento…”.
Film Consigliati:
• 2046
Nazione e Anno: HONG KONG, 2004
Regia: Wong Kar Wai
Interpreti: Tony Chiu-Wai Leung, Gong Li, Faye Wong, Takuya Kimura, Ziyi Zhang, Carina Lau Ka Ling, Chang Chen
Genere: Drammatico
Trama: Era uno scrittore. Pensava di aver raccontato il futuro, in realtà era il passato. Nel suo romanzo un treno partiva una volta ogni tanto per una destinazione misteriosa, 2046, da cui nessuno era mai tornato indietro. Tranne lui.
Durata: 129’
Il nuovo cinema orientale sembra essere quello più aperto alla sperimentazione. Wong Kar Wai propone un film ibrido tra melò e fantasy.
• HANA-BI
Nazione e Anno: GIAPPONE, 1997
Regia: Takeshi Kitano
Interpreti: Takeshi Kitano, Kayoko Kishimoto, Ren Osugi, Susumu Terajima, Tetsu Watanabe, Hakuryu, Yasuei Yakushiji.
Genere: Thriller
Trama: Nishi, un poliziotto dalla morale professionale non proprio limpida, con sensi di colpa per la morte del figlio, la moglie gravemante ammalata e la Yakuza che lo perseguita, decide di fare una rapina in banca e di fuggire con la moglie in una località marittima.
Durata: 103’
Da takeshi Kitano, padre putativo di Kin Ki-Duk, un film premiato a Venezia sull’amore e la pittura.
• LA CITTA’ INCANTATA
Nazione e Anno: USA/GIAPPONE 2001
Reigia: Hayao Miyazaki
Genere: Animazione
Trama: La piccola Chihiro sta viaggiando con i genitori verso la sua nuova casa. Improvvisamente il padre e la madre vengono attratti da alcune strane rovine e si fermano per dare un'occhiata e per cercare qualcosa da mangiare. Quando cala la notte le porte di un nuovo straordinario mondo si aprono per Chihiro che, per ritornare al suo mondo e riabbracciare i genitori,dovrà affrontare avventure incredibili imparando così il senso dell'amicizia.
Durata: 125’
Nel cinema d’animazione, Miyazaki, prossimo premio alla carriera a Venezia, apre nuovi scenari visivi e narrativi.