Fra la
vasta piana del Sele e le soglie del Cilento, a metà altezza
del gruppo del monte Vesole, si erge, austero e solitario,
l'antichissimo Santuario della Madonna del Granato.
Il Santuario fu edificato intorno al X secolo dagli abitanti di
Capaccio, sfuggiti alla malaria e all'eccidio della distruzione
di Paestum da parte dei Saraceni, su un sito ove un tempo
sorgeva un antichissimo tempio pagano dedicato alla dea Giunone,
cui era sacro il frutto del melograno (dal latino granatus).
Dopo l'insediamento in Capaccio della sede vescovile (di cui non
si hanno date certe) il Santuario divenne cattedrale della
diocesi Capaccio-Paestum.
Dallo spazio antistante la chiesa, posta su uno spuntone di
roccia, si gode un panorama di straordinaria bellezza che
abbraccia l'intera pianura del Sele e che consente di scorgere,
in lontananza, gli ovattati rilievi della costiera amalfitana
che, irti e scoscesi, calano verso il mare.
Il santuario, precedentemente dedicato a Santa Maria Maggiore e
dal XV secolo a Santa Maria del Granato, con facciata molto
sobria, è di stile romanico a tre navate, la centrale più alta
con tetto a due spioventi e le due laterali più basse con tetto
ad unica falda.
Le tre navate incrociano sul fondo un transetto, con tre absidi,
posto ortogonalmente ad esse.
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Oltre alla chiesa, l'insieme architettonico
comprende un massiccio campanile con monofore a guisa di
feritoie, testimonianza delle antiche fortificazioni, ed alcuni
volumi di epoche successive e formanti una piccola cittadella
conventuale con refettorio, sale comuni e celle.
L'interno, di notevole interesse artistico, presenta il soffitto
finemente decorato con al centro un dipinto raffigurante la
Madonna del Granato; il pulpito in marmo bianco del XV secolo
con sottostanti resti di affreschi a tema religioso e fregi
decorativi; lo splendido pavimento del transetto realizzato con
materiali di spoglio provenienti dall'antica città di Paestum e
dalla Capaccio bizantina; un'urna marmorea in cui furono riposte
le reliquie di S. Matteo Apostolo, ritrovate sotto le mura
dell'antica Velia e traslate nel 954 nella Cripta del Duomo di
Salerno; l'altare maggiore dell'antico Santuario riconsacrato,
nel marzo 1991, dal vescovo di Vallo della Lucania monsignor
Giuseppe Rocco Favale, dopo una lunga opera di restauro.
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Il Santuario, restaurato nella sua veste
architettonica nel 1708 ad opera del vescovo di Capaccio Mons.
Francesco Nicolai, e successivamente nel 1836 per volere del
vescovo Mons. Michele Barone che fece costruire un ampio
edificio annesso al tempio per accogliere il clero costituito in
comunità eremitica, vive tutt'oggi lassù, in ossequio alle
leggi di Cristo e di Dio osservando e conservando l'antico
culto.
Attualmente, meta continua di pellegrinaggi provenienti da ogni
luogo, il Santuario è affidato alle cure di un religioso
dell'Ordine dei Carmelitani dell'antica Osservanza.
Nonostante il suo enorme valore storico e artistico il Santuario
è ancora poco conosciuto e non inserito negli itinerari
turistici della provincia di Salerno. |