BATTESIMO
di Fausto Salvoni

CAPITOLO TERZO
IL BATTESIMO DEI BAMBINI O «PEDOBATTESIMO»

Indice

1) Storia del pedobattesimo

2) La controversia odierna

3) Il pensiero biblico

a) Esaltazione dei bambini ad opera di Gesù

b) Necessità assoluta del battesimo

c) Il battesimo delle famiglie

d) Battesimo e circoncisione

4) Passi escludenti il pedobattesimo

5) Conclusione
1) Storia del pedobattesimo

I bambini al tempo apostolico non erano battezzati; essi iniziarono ad esserlo in Egitto nel II secolo; da tale regione l'uso passò poi ad altre contrade suscitando all'inizio non poche opposizioni. Ad esempio Tertulliano così scriveva:

Secondo la condizione, la disposizione e l'età di ciascuno è preferibile differire il battesimo, particolarmente quando si tratti di piccoli fanciulli. E' necessario far correre ai padrini il rischio di venir meno alle promesse in caso di morte o di esserne frustrati da una natura malvagia che si può andare sviluppando in seguito? Certo il Signore ha detto: Lasciate che i fanciulli vengano a me! Che vengano sì, ma quando sono cresciuti; che vengano sì, ma quando saranno in età di essere istruiti, quando avranno saputo chi è colui al quale si accostano. Che diventino cristiani, ma quando saranno capaci di conoscere il Cristo. Che ha mai a che fare questa età innocente con la remissione dei peccati? Con più circospezione si agisce con gli affari del mondo! Si affideranno dunque i doni divini a colui al quale non si affidano i beni terrestri?

« Passano 50 anni; Tertulliano non fu ascoltato e la chiesa di Cartagine ebbe subito la ricompensa; durante la persecuzione di Decio nel 250 le comunità si sgretolarono nell'apostasia e nella meschinità » (P.A. Gramaglia, Il battesimo dei bambini nei primi quattro secoli, Morcelliana, Brescia, 1973, p. 50). « A volte si accusa Tertulliano di polemizzare contro il battesimo dei bambini perché non avrebbe ancora conosciuto la teologia del peccato originale. Questo è errato. Tertulliano non ha la teologia agostiniana del peccato originale inficiata dal dualismo, ma egli conosce molto chiaramente ciò che significa peccato di Adamo e le conseguenze di questa colpa sugli uomini » (ivi p. 95). « Tertulliano aveva intuito benissimo la situazione di inclinazione al male che comprometteva ogni uomo con Adamo, ma a Dio piacendo non era un manicheo e non separava mai la responsabilità personale da questa situazione; il battesimo era per lui l'unico modo di ricuperare una bellezza interiore originale poiché solo l'azione dello Spirito santo e la libera cosciente conversione dell'uomo possono far rinascere l'uomo » (ivi p. 97).

Con Cipriano è all'opera una diversa visione delle cose. Per questo scrittore:

Non c'è alcun motivo che possa giustificare il desiderio di vivere nel mondo. Da questa concezione radicalmente negativa della vita. dall'identificazione pressoché abituale tra mondo e desiderio del piacere, antagonista di Dio, tra mondo e contesto in cui il cristiano è solo e sempre odiato, dalla prospettiva di un crollo definitivo in cui il mitico escatologismo era influenzato da una situazione storica di persecuzione e di epidemie, il cristiano usciva sfinito. I bambini dovevano quindi essere messi al sicuro il più presto possibile (ivi p. 102).

Vi si nota una certa incoerenza: «Se ogni bimbo che nasce proviene dalle mani amorose di Dio, come può essere impuro ed avere assoluto bisogno di una urgentissima purificazione battesimale?». Vi risponde Origene con la sua concezione platoneggiante per la quale il semplice ingresso dell'anima nel corpo materiale è già una contaminazione.

Accortosi che la prassi del pedobattesimo era teologicamente sguarnita e che pure poteva essere un argomento chiave per la sua teoria (platoneggiante), Origene cercò di renderla inattaccabile a livello pratico presentandola come tradizione apostolica. Certo nelle chiese d'Egitto e nella Siria, l'uso era ormai diffuso; si può presumere che Origene stesso sia stato battezzato verso il 185 ad Alessandria, ma non si hanno altri elementi per affermare che questo uso fosse generalizzato presso le famiglie cristiane... Con esso egli vuole dimostrare una possibile apostolicità della sua teologia (ivi p. 126).

Ma anche per Origene il vero battesimo è il battesimo degli adulti. « Nella sua teologia battesimale il sacramento è inscindibile da una precisa esperienza di vita che va da una conversione sincera fino alla misticità dell'unione con Dio. Il vero battesimo è quello dell'uomo adulto cosciente e libero da ogni compromesso. Per i bambini è solo un rito di purificazione; esso avrà significato quando la parola di Dio entrerà nel cuore e lo condurrà responsabilmente attraverso il deserto, purificandolo, fortificandolo e portandolo alla salvezza » (ivi p. 111).

E' vero che alcune iscrizioni di tombe cristiane del III secolo ricordano alcuni fanciulli battezzati, ma si tratta pur sempre di casi eccezionali a motivo della morte imminente, così come fanno ancor oggi i cattolici nel caso della cresima amministrata in pericolo di vita. I bambini nati da famiglie cristiane erano già in qualche modo ritenuti cristiani e venivano educati nella fede, senza però essere necessariamente battezzati; così va inteso pure il caso di Policarpo.

Nel IV secolo le testImonianze riguardanti il pedobattesimo sono ben scarse: vi domina l'usanza di ritardare il battesimo in età matura dopo un periodo di catecumenato, che in certi luoghi durava tre anni: Basilio, pur appartenendo a una famiglia di santi e pur essendo figlio di vescovo, fu battezzato a ventisette anni; il suo amico Gregorio Nazianzeno, pur esso figlio di un vescovo, ricevette il battesimo verso i trenta; Giovanni Crisostomo, nato verso il 347, fu battezzato solo nel 369. Girolamo fu battezzato a 19 anni dopo una vita goliardica assai dissipata; Agostino, pur essendo figlio di santa Monica, fu battezzato in tarda età. Ambrogio fu scelto vescovo mentre era ancora un semplice catecumeno; Costantino il Grande, Costanzo e altri imperatori si fecero battezzare solo in fine di vita. Per tale motivo si andò sempre più diffondendo il battesimo dei clinici, vale a dire di coloro che avendo rimandato il battesimo, si facevano battezzare da malati giacenti nel proprio letto (klìno vuol dire giacere a letto, da esso deriva la nostra clinica).

In questo periodo il battesimo fu visto soprattutto come remissione di peccati senza rilevare la sua efficacia unitiva con il Cristo e il suo legame con il dono dello Spirito Santo. A motivo delle infermità dei battezzandi si suppliva spesso all'immersione con la loro semplice abluzione.

Ad ogni modo non erano soltanto le famiglie più deboli di fede che rimandavano il battesimo, ma anche quelle di fede cristiana esemplare, come abbiamo visto dagli esempi sopra ricordati. Si deve quindi concludere che in questo vigeva tuttora la piena comprensione biblica del battesimo, il quale va congiunto con la fede e con la conversione del battezzando, E' evidente che la prassi del pedobattesimo non scomparve del tutto anche in questo secolo; essa continuò in Egitto (dove era sorta) come ce ne fanno fede Didimo il cieco,, Timoteo e Cirillo entrambi di Alessandria; a Costantinopoli nell'Asia Minore, dove tuttavia Gregorio di Nazianzo consigliava di attendere almeno i tre anni onde dare la possibilità al bambino di poter rispondere alle domande; in occidente (Africa settentrionale), dove la pratica si era infiltrata dall'Egitto (Cipriano).

Il differimento del battesimo in tarda età è stato spiegato in diverse maniere: vi ha influito la conversione in massa di molti pagani, la certezza che ricevendo il battesimo in fine di vita, il battezzato sarebbe andato subito in paradiso; il desiderio presso alcune famiglie aristocratiche di fare meglio carriera pubblica senza essere battezzati.. Vi ha pure influito la paura degli obblighi imposti al cristiano e il desiderio di evitare la durezza della penitenza per i cristiani erranti.. Tutto questo sembra essere confermato dall'analisi dei concili particolari di quel tempo: il pedobattesimo – come norma obbligatoria – è documentato in Africa solo al V secolo (Conc. Cartaginese del 397, del 407 e del 418), a motivo del peccato originale inerente nel bambino (Conc. Cartaginese del 418) mentre prima non se ne parlava affatto. Vi si vede l'interdipendenza con la problematica pelagiana e agostiniana circa la trasmissione del peccato di Adamo. Altrove, ad esempio, in Spagna, il concilio di Elvira (c.a. 305/6) emise numerosi canoni riguardanti il battesimo degli adulti incoscienti (energumeni) o ai gentili in caso di necessità, e li ammette solo quando ci sia stato un precedente desiderio. Al battesimo dei bambini non vi è nemmeno il più piccolo cenno. Anche nella Gallia i vari concili di Arles (314), di Valence (374), di Orange (441), di Arles (445) e di Tours (461) parlando, sia pure indirettamente del battesimo, non accennano mai neppure lontanamente al battesimo dei bambini. Si possono battezzare anche «gli energumeni» e i «muti» – precisa il concilio di Orange (can. 12) – ma solo quando « sia stato possibile cogliere la precedente volontà del soggetto ».

Al contrario con il secolo V si andò sempre più diffondendo il pedobattesimo dovuto sia al fatto che il rito, divenuto quasi un atto magico, opera per conto proprio, sia per l'accoglimento dell'idea di Agostino, il vero artefice del peccato originale, secondo cui anche i bambini se non sono uniti a Cristo tramite il battesimo sono destinati alle pene eterne dell'inferno, anche se queste sono più miti di quelle che colpiscono i peccatori rei di peccati personali. Infatti « con la generazione (leggi: atto coniugale) e con la nascita si trasmette il peccato e non la grazia». Ci vuole quindi il battesimo perché « chi non è con il Cristo è con il diavolo» e solo il battesimo unisce al Cristo.

Forse è per consolare i genitori per la morte di un bambino non battezzato o per reazione al pensiero della necessità del battesimo per i bimbi che si attribuì a Perpetua, piangente in carcere il piccolo fratello Dinocrate morto all'età di sette anni prima di essere battezzato, una visione nella quale la martire vide il ragazzo felice in cielo. E' a questo tempo che probabilmente va riferito il seguente canone non genuino di Ippolito (m. 325).

Che si tolgano gli abiti e si battezzino prima i fanciulli. Se possono rispondere, che rispondano personalmente. Se non lo possono che vi rispondano in loro vece i genitori o qualcuno della loro famiglia.

In seguito l'uso del battesimo dei bambini divenne una prassi comune per cui il battesimo degli adulti si limitò alle rare conversioni di persone già coscienti in terra di missione o dei non cristiani viventi in regioni civilizzate (ebrei, musulmani, ecc.).

Nel Medio Evo al posto della pena dell'inferno alla quale dovevano essere sottoposti i bambini morti senza battesimo, si sostituì l'idea del limbo o luogo nel quale costoro – come i saggi dell'antichità quali Platone e Virgilio – godono di una felicità terrena senza alcun dolore, ma anche privi della visione beatifica di Dio (riservata questa ai soli battezzati).

Al tempo della scolastica il battesimo dei bambini fu ritenuto una istituzione divina, pur essendosi diffuso solo alcuni secoli dopo il periodo apostolico. La sua validità fu sancita dal concilio Laterano IV (1215). Contro gli attacchi di Pietro di Bruys (m. 1137 o 1133), degli Enriciani (così detti dal fondatore Enrico di Losanna, un predicatore itinerante) e dei Valdesi che sostenevano la necessità della fede in colui che doveva essere battezzato, Innocenzo III (+ 1216) obbligò tutti questi «eretici» (?) a riconosce « il battesimo dei bambini, per mezzo del quale essi ricevono la salvezza pur non avendo peccati personali » (Denz. Sch. 794).

Il battesimo dei bambini fu giustificato con la fede dei genitori o con quella dei padrini oppure della Chiesa, in accordo con un pensiero già caro ad Agostino:

Il fanciullo è risanato con le parole di un altro (padrino) perché è stato ferito da un altro... Crede per mezzo di un altro, perché peccò per colpa di un altro (credit in altero quia peccavit in altero).
Essi sono portati alla Chiesa e se non possono corrervi con i propri piedi, vi corrono con i piedi altrui, pur di venie sanati. La madre Chiesa presta loro i piedi degli altri perché credano, la lingua degli altri perché facciano la loro confessione (di fede). Come essi sono ammalati per il peccato di un altro, così sono salvati per la confessione di un altro.

I fondatori del protestantesimo, Lutero e Calvino, pur essendo contrari alla magicità dei sacramenti cattolici e pur ammettendo che si devono attuare per fede, furono illogici quando, per tradizione, ammisero il battesimo dei bambini e si scagliarono con foga assurda contro gli anabattisti, rei di difendere la dottrina biblica del battesimo che va compiuto con la preesistente fede e il personale ravvedimento. I protestanti si irritarono al punto di accettare per questi poveri anabattisti, colpevoli solo di farsi ribattezzare da adulti (di qui il loro nome), la pena di morte per annegamento già accolta dai cattolici. Essi sostengono il principio della Bibbia unica norma, ma ammettono il battesimo dei bambini che viene dalla tradizione. Sostengono che la grazia divina abbraccia tutti e che il suo amore precede il nostro, ma stranamente ne usano per difendere il battesimo dei bambini, da loro accolto a priori come indiscusso. Si vede da queste riflessioni come sia difficile staccarsi del tutto dalle idee assorbite sin dalla propria infanzia.

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2) La controversia odierna

Tra il 1938 e il 1967 si è aperta una forte controversia circa la necessità del battesimo dei neonati (pedobattesimo), i cui protagonisti furono K. Barth, J. Jeremias, O. Culmann e K. Aland. Mel 1942 D. Bonhoeffer, in pieno periodo nazista, pur accettando la prassi antica, riteneva conveniente rimandare il battesimo all'età adulta. Karl Barth nel 1943 chiamava il battesimo « conoscimento e accettazione del dono divino della grazia» e di conseguenza difendeva come autentico il solo battesimo degli adulti, che ne hanno conoscenza e chiamava un non senso il battesimo dei bambini. Barth insisteva particolarmente sul fatto che il battesimo è la risposta umana alla grazia divina e l'accettazione personale, cosciente e responsabile della grazia di Dio che chiama, giustifica e santifica gli uomini. Ovviamente solo chi ne ha coscienza può essere battezzato, perché solo la fede può rispondere alla grazia di Dio e solo la fede può ubbidire. Nessuno può credere per un altro, nessuno può sostituire un altro nella fede che deve essere personale. Il battesimo dei neonati è quindi «una cattiva abitudine» che va eliminata.

Gli risposero lo Jeremias, che studiò la tradizione, e Oscar Culmann, che si soffermò maggiormente sull'aspetto biblico, ai quali rispose a sua volta Kurt Aland. Il problema intaccò anche i cattolici, tra i quali qualcuno ha incominciato a porre in dubbio la validità del pedobattesimo, così ad esempio il patrologo A. Gramaglia. La conferenza mondiale di Monreal (1963) ammise l'attuale disaccordo tra le Chiese al riguardo e difese la necessità di una consacrazione personale per entrare responsabilmente nel corpo di Cristo (n. 111). I delegati della Chiesa Battista vollero che vi si aggiungesse la seguente postilla:

Noi siamo disposti ad accettare quanto fu detto sul battesimo, ma applicandolo solo al battesimo dei credenti, vale a dire di coloro che sono capaci di compiere una personale professione di fede
Noi crediamo che i bambini appartengano a Dio e che nessun rito è necessario per assicurare loro la sua grazia.

Questa affermazione fu accolta pure dai Discepoli di Cristo, all'origine assai simili alle Chiese di Cristo. Mi sembra che essa sia in realtà pienamente conforme alla dottrina quale si deduce dagli scritti apostolici.

I sostenitori del pedobattesimo ammettono che il rito di iniziazione cristiana agisce per conto proprio e che la fede è assolutamente necessaria solo per gli adulti ma non per i bambini. Anche per il Culmann il bambino nasce automaticamente, senza alcun suo previo consenso, dai genitori in una data nazione che egli non si sceglie, per cui egli rimane anche nella Chiesa senza suo previo consenso. Per altri la fede può talora succedere al battesimo e dovrà essere emessa quando il bambino fattosi adulto avrà la capacità di accettare personalmente il cristo (A. Caprioli). Alcuni teologi insistono sulla fede corporativa biblica che anziché essere personale è legata al gruppo; nel caso del battesimo dei bambini sarebbe una fides aliena poggiante sulla fede dei genitori o della Chiesa (J. Duplacy, P. Benoit, A. Caprioli).

Oggi si fa facendo strada almeno presso qualche cattolico l'idea di un battesimo a tappe compiuto entro l'arco di più anni e che comprenderebbe un «catecumenato dei fanciulli» (Bonnard) e un lungo « cammino» (Gignac). All'inizio vi dovrebbe essere un semplice rito di «accoglimento» da parte della Chiesa con il quale il bambino viene presentato alla comunità, succederebbero poi vari riti preparatori ed infine il battesimo propriamente detto che si dovrebbe amministrare quando il candidato « sarà capace di una decisione personale per quanto riguarda il proprio avvenire» (Bonnard). L'accesso al rito battesimale « esige un impegno personale, libero, cosciente e serio che segni una tappa decisiva nella vita del credente» (Lapointe). Come si vede vi è un certo malessere nelle chiese, che tuttora praticano il battesimo dei fanciulli proveniente dal fatto che si è voluto mantenere una pratica ecclesiale, anziché giudicarla con il metro dell'insegnamento biblico.

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3) Il pensiero biblico

La discussione relativa al battesimo dei bambini non può essere risolta se prima non ci si metterà a studiare ex novo l'insegnamento biblico con tutta serenità e prontezza di ubbidienza. Non sto qui a ripetere quanto ho già presentato nel capitolo precedente circa la necessità della fede personale perché l'immersione nell'acqua divenga un vero battesimo e non resti una semplice abluzione corporea. Mi limito ad esaminare esegeticamente quei passi che di solito sono addotti dai fautori del pedobattesimo a favore della loro tesi. Essi si riconducono alle seguenti linee fondamentali: esaltazione del bambino da parte di Gesù, necessità assoluta del battesimo, il battesimo delle famiglie e il parallelismo con la circoncisione.

a) Esaltazione dei bambini ad opera di Gesù

Contro l'uso dei contemporanei che davano scarsa importanza ai bambini, Gesù ne esaltò invece il valore spirituale. Al vedere le meraviglie compiute da Gesù nel tempio di Gerusalemme e al sentire le lodi che i fanciulli gli attribuivano gridando: « Osanna al Figlio di Davide». i sacerdoti e gli scribi si sdegnano e gli dicono: «Non senti quel che dicono? Ma Gesù rispose loro: Sì! non avete mai letto ciò che dice la Bibbia: Dalla bocca dei bambini e dei lattanti ti sei procurato una lode? E uscì di là» (MT 21, 14 da Sl 8, 3). Questo episodio richiama il grido di esultanza di Gesù: « Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai saggi e agli intelligenti, ma le hai rivelate ai bambini. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto » (Mt 11, 25 s).

Per rispondere alla domanda dei discepoli: « Chi dunque è più grande nel regno dei cieli? Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: In verità vi dico, se non vi convertirete e non diverrete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18, 1-4). Tuttavia il passo sul quale usualmente si insiste per documentare la possibilità (anzi la necessità del battesimo dei bambini) è il seguente: «Lasciate che i bambini vengano a me e non li impedite, perché di essi è il regno dei cieli » (Mt 19, 13 e paralleli). dai primi secoli della Chiesa gli scrittori ecclesiastici hanno usato tali parole per difendere la possibilità del battesimo dei bambini. Lo ricorda Tertulliano (II secolo), ma per confutarne l'applicazione che si faceva e osservare di lasciar andare i bambini a Gesù, solo quando saranno cresciuti e potranno capire quel che fanno. Ne usano le Costituzioni apostoliche nel 380; le adopera Calvino nel secolo XV contro gli Anabattisti; se ne servono tuttora i difensori del pedobattesimo per i quali l'espressione « non li impedite » (mêkolùete autà) sarebbe stata sin dall'epoca apostolica un'espressione tecnica per indicare gli impedimenti battesimali. Come nel giudaismo i pagani erano ammessi alla circoncisione solo dopo previo esame delle loro disposizioni e attività anche civili, i primi cristiani avrebbero deciso che la mancanza di consapevolezza dei bambini non sarebbe stata un impedimento alla recezione del battesimo. Per questo il Boismard conclude: « E' dunque possibile che questa espressione (la quale tuttavia potrebbe anche essere un'aggiunta posteriore) sia indice che ben presto i cristiani si sono preoccupati di battezzare non solo gli adulti, ma anche i bambini in tenera età».

Ad ogni modo mi sembra assai strano volere trarre una simile conclusione dalle semplici parole: «Non li impedite di venire a me», mentre la redazione attuale dei vangeli (che è ispirata ed è quella che conta per noi!) esclude ogni riferimento al battesimo, che invece avrebbe dovuto essere messo in rilievo qualora con tali parole la Chiesa avesse inteso affermare la possibilità del pedobattesimo. Occorre quindi esaminare i contesti nei quali tale episodio si trova per dedurne il significato reale. Il racconto più arcaico è indubbiamente quello di Marco che meglio degli altri rispecchia l'originale espressione di Gesù. Esso ridonda di particolari commoventi: Gesù tocca i bambini, li abbraccia con affetto e ne usa per indicare le condizioni necessarie a un adulto per entrare nel regno dei cieli. Il bambino diviene così l'immagine vivente dell'abbandono fiducioso e umile che devono possedere le persone per essere ammesse al regno di Dio.

Allora gli portarono dei bambini perché* li toccasse, ma i discepoli li rimproveravano. Al vedere questo Gesù si indignò e disse loro: Lasciate che i bambini vengano a me, perché il regno dei cieli è di quell i (toioûton) che sono come loro. In verità vi dico che se uno non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà. E presili in braccio, li benediceva e imponeva loro le mani (Mc 10, 13-16).

Matteo, pur sintetizzandolo, introduce l'episodio nel medesimo contesto(ripudio giovane ricco) e gli dà il medesimo significato simbolico; vi aggiunge tuttavia che i bambini erano portati a Gesù, non solo perché fossero da lui toccati, ma anche perché pregasse su di loro (19, 13).

Poi gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse (per loro), ma i discepoli li rimproveravano. Invece Gesù disse: Lasciate stare i bambini e non impedite loro di venire a me, perché il regno dei cieli è di quelli che sono come loro (toioûton: lett. di gente simile ad essi). E imposte le mani, si partì di là (Mt 19, 13-15).

Matteo non riporta a conclusione la necessità della conversione per poter trasformarsi spiritualmente in bambino in quanto l'aveva già precedentemente riferita quando parlò della ricerca del primato da parte degli apostoli (Mt 18, 1-5). Anche in questo vangelo il bambino, che umilmente si affida ai propri genitori, diviene simbolo delle condizioni prerequisite a chiunque voglia entrare nel regno dei cieli (= di Dio).

Luca invece ne varia il contesto perché pone la benedizione di Gesù dopo la parabola del fariseo e dello strozzino, orgoglioso il primo ma pentito il secondo in modo tale da non osare nemmeno avvicinarsi all'altare. Anzi per sottolineare ancor di più la dipendenza del bambino dal proprio padre scrive che i bambini (paidìa) erano portati in braccio a Gesù – perché erano ancora dei lattanti (brefê), termine assai caro a Luca.. Il bambino può fare ancora qualche cosa per conto proprio, mentre il lattante deve dipendere totalmente dai propri genitori, così come il credente dovrebbe rimettersi in tutto e per tutto a Dio, suo Padre amoroso. Per il resto la frase è del tutto simile a quella di Marco – senza i particolari toccanti del secondo evangelista.

Gesù li chiamò a sé e disse: Lasciate che i fanciulli vengano a me e non li impedite, perché il regno di Dio appartiene a chi è come loro. In verità vi dico: Chiunque non riceve il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà affatto (Lc 18, 15-17).

Di conseguenza il racconto evangelico insiste sul fatto che noi adulti dobbiamo abbandonarci fiduciosamente a Dio, come se fossimo dei bambini, per appartenere al regno di Dio.. Di un battesimo dei bambini non vi è nemmeno l'ombra. Il contesto deve essere la base interpretativa di un passo biblico, il che è trascurato da chi usa le precedenti espressioni di Gesù per legittimare il battesimo dei bambini. Sembra che l'episodio si riallacci all'uso giudaico di presentare, durante il giorno dell'espiazione, dei bambini (ai quali era stato imposto un certo digiuno), a un rabbino perché li benedicesse e in tale modo li aiutasse a conoscere meglio in futuro la legge divina (Torà). I discepoli di Gesù si sarebbero indignati contro tali genitori che scambiavano il Maestro con uno dei comuni rabbini; Gesù al contrari ne approfittò per trarne una lezione intonata al rito dell'espiazione: se uno non si converte e non rinasce facendosi simile a un bambino, non può entrare nel regno di Dio. Di un battesimo dei bambini non si parla affatto, anche perché in quel momento non vi era ancora l'obbligo del battesimo nemmeno per un adulto. L'obbligo sarà emesso solo da Pietro nella prima Pentecoste cristiana a nome di Gesù secondo il comando dato dal risorto. I bambini già appartengono a Gesù, senza alcun bisogno di un particolare battesimo: ecco la conclusione, proprio opposta a quella dei pedobattisti, che mi sembra deducibile dalle parole di Gesù: lasciate venire i fanciulli a me...

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b) Necessità assoluta del battesimo

La si pretende dedurre dal colloquio con Nicodemo nel quale Gesù dice: «In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato di acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3, 5). Nessuno! quindi nemmeno un bambino può salvarsi senza battesimo.

anche qui occorre ripensare ciò che allora era il costitutivo del battesimo: non un semplice lavacro in acqua, bensì un'immersione simboleggiante la fede posseduta in Gesù e la conversione che il battezzando voleva attuare in se stesso. Ora un comando vale solo per chi è capace di realizzarlo. Quando un militarista dice: « Se uno non fa il servizio militare non è un buon cittadino », intende riferirsi a chi è già in età di fare il servizio militare e quindi non a bambini o a femmine, per le quali non vi è l'obbligo del servizio militare. Se per rinascere alla vita cristiana, come abbiamo già visto, occorre avere prima del battesimo la fede e il ravvedimento, se è necessario durante il battesimo professare la fede che si ha in Gesù quale inviato di Dio e proprio salvatore, è evidente che le parole di Gesù a Nicodemo adulto si restringono solo a coloro che, pur avendone la possibilità e avendone compresa la necessità, non si fanno battezzare.

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c) Il battesimo delle famiglie

Spesso il libro degli Atti parla del battesimo di intere famiglie, che quindi potevano avere dei bambini, i quali così sarebbero stati battezzati, senza fede personale, assieme ai propri genitori, secondo il principio che la fede del padre deve essere la fede di tutta la sua famiglia. Il procedimento è troppo spiccio perché suppone l'esistenza non documentata dei bambini e dimentica il contesto che è la norma interpretativa più esatta. Proprio da questo contesto risulta che in tali famiglie (oikoi) non vi erano bambini perché furono battezzati solo quelli che possedevano una fede personale, da essi manifestata.

Nel caso di Cornelio che era «timorato di Dio con tutta la famiglia» (At 10, 2) si sottolinea che « mentre Pietro stava ancora parlando di Gesù, lo Spirito Santo scese sopra tutti coloro che ascoltavano il discorso», per cui l'apostolo « li sentì parlare lingue (straniere) e glorificare Dio ». Allora ne trasse la conclusione che « non si poteva vietare il battesimo a coloro che avevano ricevuto lo Spirito Santo al pari di loro» (At 10, 47). Allora Pietro ordinò che anche quelli fossero battezzati, pur non essendo ancora circoncisi (At 10, 44-46). Ecco come si spiegano le parole dell'angelo a Cornelio che gli aveva ingiunto di andare a trovare Pietro dal quale avrebbe ricevuto delle notizie per cui sarebbe stato « salvato lui con tutta la sua famiglia ». Anche nella sua discolpa dinanzi ai fratelli di Chiesa, Pietro disse: « Avevo appena iniziato a parlare che lo Spirito Santo scese su loro, come era sceso su noi da principio (vale a dire il giorno della Pentecoste)» (At 11, 14 s). Si tratta dunque di una famiglia con gente adulta, perché i bambini non avrebbero potuto «ascoltare » (con fede) e parlare in lingue ignote, come avevano fatto gli apostoli (che erano adulti!) nel giorno della prima Pentecoste cristiana.

Anche nel caso del carceriere di Filippi, nonostante l'espressione « Credi nel Signore e sarai salvato tu e tutta la tua famiglia» (At 16, 31), appare che tutti i suoi familiari prima del battesimo avevano fede e quindi, non vi potevano essere dei piccoli fanciulli. Infatti prima di battezzarli Paolo e Sila « annunziarono il Signore a lui e a tutti quelli di casa sua»; il carceriere « giubilava con tutta la sua famiglia, perché aveva creduto in Dio » (vv. 32-34). il verbo « giubilare » (agalliàomai) nel Nuovo testamento indica sempre la fede gioiosa nel cristo, l'esultanza messianica che non può essere propria dei piccoli fanciulli, e che si può avere solo dopo aver accettato l'annunzio del Cristo.

Nel caso di Crispo, capo della sinagoga di Corinto, si legge che dopo la predicazione di Paolo «credette nel Signore assieme a tutta la sua famiglia; e anche molti dei Corinzi all'udire Paolo credevano e venivano battezzati» (At 18, 8). Siccome i piccoli fanciulli non possono credere, essi vanno esclusi da quella famiglia. Non ci dovevano poi essere dal fatto che il capo della sinagoga era necessariamente un anziano, vale a dire una persona sposata, di una certa maturità ed età, per cui si può facilmente supporre (data l'età giovanile con cui allora si sposavano i ragazzi) che i suoi figli fossero già cresciuti, in età di capire e di credere come dice appunto il libro degli Atti.

Il battesimo della famiglia di Lidia non è così chiaro, ma è pur sempre un ben magro appiglio per la tesi pedobattista. Vi si legge infatti: «V'era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiatira, una credente in Dio e il Signore le aprì il cuore per per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata con tutta la sua famiglia», Lidia invitò Paolo a dimorare presso di lei (At 16, 14-17). Anzitutto va notato che si tratta di una commerciante di porpora della quale non si nomina il marito: perché? Era forse nubile o vedova? Essa veniva poi da Tiatira, una città dell'Asia Minore, distante da Filippi (città della Macedonia) circa 350 Km. Ora tutto ciò rende certo che la sua famiglia battezzata non includeva dei bambini;; allora il vocabolo « famiglia » si estendeva anche a tutta la servitù, che collaborava per il buon andamento del lavoro.

Nel caso della famiglia di Stefana, sappiamo solo che Paolo ne battezzò «tutta la famiglia» (1 Co 1, 16). Essa dimorava a Corinto e fu «la primizia (convertita a Cristo) di tutta l'Acaia ». Pochi anni più tardi Paolo nella sua lettera ai Corinzi ne tesse un elogio: «Essi si sono messi a disposizione per il servizio dei santi (= cristiani). Anche voi siate quindi sottomessi a tali persone e a chiunque collabora e si affatica con essi» (1 Co 16, 15 s). Dobbiamo quindi concludere che anche in quella famiglia non vi potevano essere, quando fu battezzata, dei piccoli fanciulli perché tutti i suoi membri pochi anni dopo lavoravano strenuamente per la Chiesa e Paolo chiede ai fratelli di sottoporsi volontariamente (quasi fossero dei vescovi) a tali persone.

Da tutte le considerazioni precedenti mi sembra logico concludere che nelle famiglie battezzate, così come se ne parla nella Bibbia, non vi dovevano essere dei piccoli fanciulli e che da tutti i loro membri si richiese la fede individuale prima di ammetterli al battesimo.

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d) Battesimo e circoncisione

G. Leonardi nel simposio patavino del 1974 cerca di trarre un appoggio al pedobattesimo dal rapporto che l'apostolo Polo stabilisce tra il battesimo e la circoncisione. Egli suppone quindi « che il battesimo con cui moriamo e risorgiamo con Cristo sostituisce... la circoncisione ebraica e diventa la circoncisione di Cristo, per cui esso diventa il sigillo divino della salvezza offerta a tutti i popolo ». La circoncisione ebraica secondo l'autore dopo cristo e staccata da Cristo, rimane un semplice segno di appartenenza a un popolo. Quindi Paolo insegna che gli etnico-cristiani non sono obbligati a circoncidersi e che i giudeo-cristiani, pur potendo continuare a circoncidere i propri figli come usanza nazionale (tale prassi continua ancor oggi nella Chiesa copta ed etiopica), non la devono più considerare indispensabile per la salvezza, che si ottiene invece nel processo battesimale cristiano.

Per tale  motivo Paolo trasferisce al battesimo cristiano l'immagine del sigillo impresso da Dio col suo Spirito (2 Co 1, 22; Ef 4, 30) usata in Rm 4, 10 per indicare la circoncisione abramitica.

Di conseguenza egli conclude:

tenendo presente questo parallelo sostitutivo, è attendibile che il battesimo cristiano venisse conferito anche ai bambini nel battesimo di conversione dei loro genitori e che venisse conferito anche ai nati da cristiani all'ottavo giorno. Ovviamente come sigillo che lo Spirito di Gesù dava loro la forza e li impegnava, tramite la famiglia e la comunità educatrice a vivere la loro fede e a fare di tale sigillo l'impronta perenne e reale di un cristiano figlio di Dio e fratello di Gesù in rapporto al progresso dello sviluppo fisico ed educativo (p. 436).

Sono d'accordo con il leonardi nell'ammettere la sostituzione del battesimo cristiano alla circoncisione, ma non credo possibile trarre la conclusione che il battesimo fosse per questo amministrato nelle famiglie cristiane ai bambini che avevano raggiunto l'età di otto giorni o in genere ai bambini dei genitori che si convertivano. Tutto questo per una paroletta di gran valore, trascurata purtroppo dal leonardi (e in genere dai pedobattisti), vale a dire « che la circoncisione di Cristo » (Cl 2, 11), ossia il battesimo, agisce solo « per la fede (che si possiede) nella potenza di Dio, il quale risuscitò Gesù dai morti» (Cl 2, 12). Dunque vi è una profonda differenza tra la circoncisione e il battesimo: la prima è una meccanica asportazione del prepuzio, il battesimo è invece la spogliazione di tutto il nostro corpo mortale e peccaminoso attuata tramite la fede in Dio, che ha risuscitato Gesù prima crocifisso. Da un atto puramente esteriore (circoncisione) passiamo quindi alla accettazione personale e interiore del cristo tramite la fede, il che non è possibile ai bimbi incosciente. Di più come si può dire ai bambini: «Eravate morti per i vostri peccati e per la incirconcisione della vostra carne, ma, con il cristo, Dio ha dato vita anche a voi, perdonandovi tutti i vostri peccati» (Cl 2, 13). Dunque un'altra volta niente battesimo dei bambini.

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4) Passi escludenti il pedobattesimo

A. Trascuro ora la necessità della fede che deve essere personale e precedere il battesimo, perché ne ho già parlato nel capitolo precedente. Qui riporto solo alcune considerazioni paoline dalle quali risulta che i bambini dei cristiani di Corinto non erano affatto battezzati. Per provare che nel caso dei matrimoni misti il marito o la moglie non credenti sono santificati ossia in un certo senso già ricollegati alla comunità tramite il coniuge credente, Paolo così afferma: « Altrimenti anche i vostri figli sarebbero impuri, mentre sono santi » (1 Co 7, 14). Paolo non si riferisce qui ai figli nati da questi (congiunti) di mista religione, perché in tal caso avrebbe dovuto dire: «altrimenti i loro figli». Qui si rivolge invece ai figli dei cristiani di Corinto, ai quali indirizzava la sua lettera. Il parallelismo tra il coniuge non battezzato e i bambini corinzi suppone che anche questi non fossero battezzati, altrimenti la situazione sarebbe stata ben diversa tra i due casi: uno battezzato e un altro non battezzato. Ma se entrambi non erano affatto battezzati la conseguenza tra le due situazione appare evidente: come l'ambiente spirituale della famiglia cristiana fa beneficiare dei suoi beni anche i figli non ancora battezzati, così la solidarietà tra i due coniugi, di cui uno cristiano, fa partecipare in un certo modo ai benefici ci cristo anche il coniuge non ancora battezzato e convertito. Come questa santificazione o relazione con i benefici divini non esclude la futura conversione e il susseguente battesimo del coniuge incredulo (v. 16), così anche la santificazione dei «figli» non battezzati non esclude la loro futura conversione e il successivo battesimo, dopo il peccato personale per ottenere la loro individuale consacrazione al Cristo.

B. Il libro degli Atti chiarisce che, nelle famiglie che si convertivano, solo gli adulti credenti venivano battezzati ad esclusione dei piccoli fanciulli incapaci di credere. «Quando cominciarono a credere a Filippo, che recava la buona novella del regno di Dio e del nome di Gesù, uomini e donne venivano battezzati» (At 18, 12). Tra gli uomini e le donno non sono inclusi i bambini, che se fossero stati battezzati sarebbero dovuti venire ricordati. Possibile che tra le numerose famiglie di Samaria non ve ne fossero state di quelle che avevano dei bambini? Eppure ad essi non si fa il minimo cenno, anzi vengono esclusi da quanto si dice a riguardo della fede prerequisita e dal fatto che furono battezzati solo uomini e donne (già adulti e capaci di comprendere).

C. Paolo dopo aver detto che molti dei Corinzi erano ricolmi di ogni genere di malvagità prima della conversione, continua dicendo: « Ma vi siete fatti fare il bagno (battesimale, ap el û sasthe, aoristo medio ossia riflessivo da loûo «fare un bagno») e così siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù e nello Spirito del nostro Dio» (1 Co 6, 11). Si noti che l'azione del farsi battezzare è qui espressa con un verbo riflessivo, per indicare la libera volontà dell'individuo che lo accoglie e lo brama, mentre gli altri effetti spirituali interiori sono indicati con il passivo («siete stati lavati... »), perché attuati da Dio nel soggetto che di fronte ad essi rimane solo passivo. Dunque il battesimo deve essere voluto dal battezzando, che quindi non può essere un bimbo incosciente.

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5) Conclusione

Bisogna ridare al battesimo il suo pieno valore di accettazione cosciente del Cristo, di professione di fede nella sua morte e resurrezione. Si deve amministrarlo solo agli adulti desiderosi di « camminare in novità di vita» e così eliminarvi ogni tradizione umana. Sono ancora oggi pertinenti le parole di S ö ren Kirkegaard circa il battesimo dei piccoli bambini:

Una volta l'immortalità era l'alto scopo a cui si tendeva con il più grande sforzo possibile, che si rapportava a una trasformazione di tutto il carattere di questa vita. Ora, basta che un uomo o una donna si uniscano e subito ne viene fuori una creatura immortale; e poi con una spruzzatina d'acqua sulla testa... un cristiano con l'aspettativa di una beatitudine eterna. Non sarebbe però questo un modo un po' troppo a buon mercato per opere immortali? Il sacramento è divenuto un'oggettività e di un'oggettività un uomo serio sente il bisogno. Grazie tante! E per via di questa oggettività tutto è allora deciso, una volta per sempre, nel modo più semplice e più a buon mercato. Così ci resta tutta la vita per godere e divertirsi, per spassarsela e godere in questa vita e poi avere un'eternità a nostra disposizione, così che il divertimento possa continuare all'infinito.

Purtroppo in molte Chiese si è attuata una dissociazione temporale tra fede e battesimo, in quanto si dà valore all'atto battesimale in se stesso, senza che vi sia la fede nel battezzato, che è un bimbo incosciente. Non è la successiva accettazione del Cristo che conta, bensì il connubio esistente tra fede e battesimo al momento stesso dell'atto battesimale, il quale acquista valore di segno solo per la fede di colui che si fa battezzare e non per quella dei genitori, dei padrini o della Chiesa. Nonostante la fede della Chiesa o dei genitori il rito battesimale rimane pur sempre un atto magico per il bimbo incosciente, che a sua insaputa viene reso figlio di Dio per volere di un'altra persona. Invece al tempo degli apostoli tutto era compiuto nel segno della responsabilità e della piena consapevolezza di colui che lo compiva.

Mi sia permesso concludere con una citazione di A. Gramaglia: « Se si vuole continuare in questa prassi (pedobattista) occorre quindi assumersi in proprio la responsabilità del gesto che si compie; occorre fare i conti con tutta la teologia battesimale scritturistica che non scinde mai nella dinamica sacramentale fede personale grazia di Dio. Se si costruisce una una teologia del battesimo partendo da quel minimo imponderabile che giustificherebbe la sua validità in un essere umano ancora incosciente, si rischia di costruire una catena di gesti magici con cui la Chiesa tenterebbe Dio stesso. La norma è l'adulto, cosciente e responsabile... Per norma non mi riferisco solo alla necessità del catecumenato, ma soprattutto alla struttura del sacramento (io direi del "gesto"): si può parlare di sacramento ricevuto solo se e quando si esplica la fede personale e cosciente ».

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