Capitolo 3
L'elenco della Bibbia presso gli Ebrei


INDICE DELLA PAGINA
I vari ritratti della Bibbia:
1. Il ritratto samaritano
2. Il ritratto biblico presso gli alessandrini
3. Il ritratto biblico a Qumran
4. Fissazione definitiva del canone
I vari ritratti della Bibbia

In epoca cristiana la sacralità degli scritti biblici fu detta "canonicità" e il loro elenco "canone", dalla parola greca (kanòn) che è pur essa una traslitterazione dell'ebraico qanèh, con il senso di "canna", strumento lineare di misura del tempo antico. Da Tale primo significato derivò l'altro di "professione di fede", che i cristiani compivano al momento del loro battesimo e quello di "norma" codificata dalle varie chiese, su cui regolare la condotta dei cristiani.

Siccome i libri biblici contengono la norma su cui tessere la vita umana e conoscere la fede genuina, essi furono detti "canonici", vale a dire normativi per i credenti.
Verso il IV secolo dopo Cristo il termine "canone" passò quindi ad indicare la lista dei libri ispirati, vale a dire l'insieme di quegli scritti sui quali i credenti dovevano regolare la propria esistenza. È appunto in questo senso che qui si prende la parola "canone".

Gli scritti degli Ebrei erano più numerosi di quelli della Bibbia attuale. Alcuni, andati persi, non entrano in considerazione: così il poetico "Libro del giusto" (YaShaR) da correggersi probabilmente in "Libro del Canto" (ShiYR) mediante una semplice trasposizione delle consonanti (ShYR anziché YShR) che solo erano scritte perché gli Ebrei non segnavano le vocali. Andò pure perduto l'altro scritto poetico dal titolo "Il libro delle guerre" (Nm 21, 14). Almemo nove sono i titoli dei libri in prosa ricordati nella Bibbia ebraica, che ora più non sussistono, come la "Meditazione (Midrash) del profeta Iddo", "Gli annali dei re di Israele" o "Gli annali dei re di Giuda" (1)

In questi ultimi anni (dal 1947) furono rinvenuti molti altri scritti antichi degli Ebrei in undici grotte poste lungo la sponda nord-occidentale del Mar Morto, in vicinanza dello Wadi Qumran, dove erano stati occultati dagli Esseni prima della catastrofe giudaica del 70 d.C. Erano anch'essi ritenuti sacri e inclusi nella Bibbia, oppure no? inspirati da Dio e quindi normativi per la religiosità e la vita pratica dell'ebreo, oppure no?

Dobbiamo quindi scoprire, nei limiti del possibile, se, allo stato attuale della conoscenza, vi fossero vari ritratti della Bibbia ebraica presso i vari gruppi giudaici precristiani.
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1. Il ritratto samaritano

La Bibbia samaritana si è arrestata alla prima fase dell'adolescenza, perché accoglie per sacri solo i cinque libri della Legge, e li ritiene una infallibile guida pratica di vita spirituale e sociale. Lo dimostra chiaramente il Pentateuco samaritano tuttora in uso nella liturgia sacra delle 200 famiglie samaritane, oggi esistenti nei pressi di Nablus, nella Palestina centrale. Prova certa che al tempo della separazione dei Samaritani dalla nazione ebraica solo questa prima delle tre sezioni bibliche era già stata "canonizzata", ossia ritenuta "sacra".

Alcuni scrittori ecclesiastici - ad esempio Ippolito ed Epifanio - affermano che anche i Sadducei, il partito sacerdotale ebraico, respinsero i profeti e gli altri scritti posteriori (2) Probabilmente la loro asserzione è esagerata, perché l'uso dei Salmi nella liturgia del Tempio mostra che essi non li respingevano, come invece facevano per le tradizioni farisaiche. Tuttavia per i Sadducei il Pentateuco, ossia i cinque libri di Mosè, erano assolutamente normativi, mentre gli altri scritti, anche se usati nel culto, non erano ritenuti ispirati e non potevano quindi servire per interpretare autoritativamente la "Legge". Questa doveva essere interpretata con se stessa e ogni tradizione che la commentava doveva essere riesaminata a sotto posta a discussione.

Secondo G.Z. Leiman (3) la raccolta della legge sarebbe stata del tutto completa e canonizzata verso il 450 a.C. o, secondo A.C. Sundberg verso il 400 a.C.
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2. Il ritratto biblico presso gli alessandrini

I giudei di Alessandria d'Egitto, non conoscendo più l'ebraico, usarono una traduzione greca della Bibbia, che era già ultimata verso il 130 a.C. Essa si chiama la versione dei LXX (traduttori), perché, secondo la leggenda, sarebbe stata preparata ad opera di 70 (o 72) interpreti, come vedremo meglio nel volume seguente. Infatti il prologo, premesso dal nipote dell'Ecclesiastico (Siracide), parla di libri normativi, vale a dire "Legge, profeti e altri scritti".

Anche il secondo libro dei Maccabei (scritto poco dopo la morte di Nicanore, 160 a.C.) riporta una lettera che gli Ebrei di Gerusalemme inviarono ai loro confratelli d'Egitto, risalente verso la metà del 2° secolo a.C., della quale riporto uno stralcio:

I libri dei re sarebbero i profeti anteriori (o storici per noi); i profeti sono i nostri scritti profetici, quelli di Davide sono i Salmi; le lettere dei re circa i doni sono le lettere dei re persiani, di cui alcune vengono riportate anche nel libro di Esdra (6, 3-12; 7, 12-26). Manca la "Legge" che era fuori causa perché conservata gelosamente da tutti.

Amanti com'erano dell'ordine e della logica, i greci riclassificarono gli scritti ispirati secondo il loro contenuto e non secondo l'ordine cronologico o teologico usato dai loro fratelli palestinesi. Suddivisero quindi la Bibbia in quattro grandi classi: diritto (Legge, da loro detta Pentateuco, perché risultante di cinque [pènte] volumi), storia, profezia e poesia.
È l'ordine che nel I secolo d.C. seguì lo scrittore ebreo palestinese Giuseppe Flavio, perché scrisse in greco, ed è quello tuttora seguito da gran parte delle Bibbie tanto cattoliche che protestanti, nonostante che ormai esse traducano i libri biblici direttamente dall'ebraico che ha un ordine diverso (4) .

Per quanto riguarda l' estensione della Bibbia greca sussistono opinioni diverse in quanto i manoscritti che abbiamo risalgono solo al 4° secolo d.C., per cui non è facile determinare quali libri fossero inclusi nella versione dei LXX (settanta) al tempo degli Ebrei. I codici ora esistenti, assieme agli scritti sacri della Bibbia ebraica, aggiungono, oltre ai sette libri chiamati dai cattolici deuterocanonici, altri scritti pseudoepigrafi. La loro presenza non prova tuttavia che tali scritti godessero della medesima autorità dei libri propriamente sacri ed ispirati da Dio. Possiamo senz'altro escludere tale punto di vista per i motivi che seguono:

a) Verso la metà del 1° secolo d.C. tali libri erano già esistenti, eppure Giuseppe Flavio, che utilizzò la LXX nelle sue opere, di fatto quando riferì la lista dei libri sacri, accolti come tali dagli Ebrei, ne elencò solo 22, corrispondenti alle lettere dell'alfabeto ebraico e ai libri del canone palestinese (ebraico), come vedremo (5) .

b) Non vi furono discussioni tra gli Ebrei di Palestina e quelli di Alessandria circa il numero dei libri sacri, per cui non dovevano esservi delle differenze nei loro rispettivi elenchi. Le discussioni che sorsero verso la fine del 1° secolo d.C. in Palestina (come vedremo in seguito) riguardano solo alcuni libri protocanonici, che ancor oggi sono inclusi nella Bibbia ebraica, non i cosiddetti libri deuterocanonici (6) il cui testo era noto anche in Palestina (Tobit aramaico, Sirach ebraico, Lettere di Geremia).

c) Filone, il più valido rappresentante del giudaismo alessandrino morto verso il 54 d.C., senza presentare alcun elenco dei libri sacri, parla « di leggi e di oracoli pronunciati dai profeti, di inni e di altri libri che giovano ad accrescere e perfezionare la scienza e la pietà » ("De vita contemplativa" 3, 25). Quindi, oltre alla legge (Torah), egli conosceva pure gli altri raggruppamenti biblici, vale a dire: i Profeti (« oracoli proninciati dai profeti »), gli « inni » (= Salmi) e altri scritti (= i Ketuvim). Per omissione forse accidentale, Filone non accenna nelle sue opere ai seguenti scritti biblici: Ezechiele, il Cantico, Rut, Proverbi, Lamentazioni, Ecclesiaste, Esdra, Ester, Daniele. Pur parlando di argomenti toccati dai libri deuterocanonici, non vi ricorre mai. Dai suoi scritti appare anzi che la norma suprema del comportamento ebraico deve essere la Legge mosaica, da lui ritenuta sacrosanta. Infatti egli cita solo il Pentateuco come Scrittura sacra, per cui sembra che il filosofo alessandrino gli attribuisca un'autorità maggiore, anzi unica.
Dalle opere di Filone risulta quindi che il canone alessandrino all'inizio del 1° secolo dell'era cristiana era più ristretto di quello palestinese e identico al samaritano (Torah, Pentateuco). Tale fatto spiega perché negli altri due gruppi della Bibbia greca (profeti ed altri scritti o ketuvim) siano stati introdotti anche altri libri (non ancora ben fissi, cioè "canonizzati"), che non saranno mai accolti nel canone biblico dagli Ebrei, vale a dire i cosiddetti libri deuterocanonici.

d) Ciò è confermato pure dalla maggiore accuratezza con cui fu tradotto il Pentateuco, proprio perché, avendo un'autorità normativa assoluta, doveva essere presentato in greco con la maggiore precisione possibile. Gli altri scritti sono stati invece tradotti con minore precisione. Così il Geremia greco presenta una recensione diversa da quella ebraica; il libro di Giobbe è notevolmente abbreviato; i libri deuterocanonici di Tobia e Giuditta sono conservati in due recensioni diverse: una breve ed una più lunga. Daniele ed Ester hanno delle aggiunte deuterocanoniche. Queste varianti documentano il minor valore sacro attribuito alle due classi dei testi biblici, aggiunte in seguito al Pentateuco, perché canonicità e accuratezza del testo procedono di pari passo. La minore autorità, attribuita agli altri scritti, specialmente ai deuterocanonici, permetteva infatti maggiore libertà di traduzione, di recensioni (Tobia) e di rielaborazioni (sintesi).

e) Lo stesso prologo, premesso dal nipote dell'autore dell'Ecclesiastico (Siracide), da lui tradotto nel 130 a.C., stabilisce una netta distinzione tra gli scritti sacri e il libro di suo nonno. Segno che i primi erano sacri, mentre non lo era al medesimo modo quello da lui tradotto (7) .

f) Sbaglia di conseguenza chi sostiene che gli alessandrini avevano un canone più ampio, includente anche i deuterocanonici per il fatto che essi si trovano nei manoscritti greci della LXX. Se tale fatto fosse una ragione sufficiente per ritenere sacri quei libri, dovremmo accogliere come sacri anche gli altri scritti che vi si trovano, ma che non furono invece mai ritenuti ispirati dalla chiesa cattolica (ed orientale), vale a dire il 3° di Esdra (che si trova anche nella Volgata latina assieme al 4°), il 3 e 4 Maccabei, il Salmo 151 di Davide, i Salmi di Salomone, le odi di Salomone, l'orazione di Manasse e via dicendo.

Si può quindi concludere che nel 1° secolo a.C., ad Alessandria, solo la Legge era ritenuta ispirata da Dio e normativa. Per la seconda classe (Profeti) e particolarmente per la terza (Scritti), non ancora ben fissate, si lasciava maggiore libertà testuale, perché la fissità del testo procede di pari passo con la convinzione della sua sacralità e ispirazione. La maggiore libertà lasciata agli alessandrini a queste due parti della collezione biblica, in modo da includervi anche i libri deuterocanonici e alcuni pseudoepigrafi, ci fa capire che qui la parte più sacra della Bibbia era costituita dal Pentateuco. Gli altri scritti, anche se fossero stati ritenuti sacri, lo erano in misura inferiore. Il canone alessandrino si avvicina di più a quello samaritano, che non a quello posteriore ebraico.
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3. Il ritratto biblico a Qumran

Nello Wadi Qumran dimoravano in vita comunitaria alcuni Esseni, che, contrari al sacerdozio di Gerusalemme, vi attendevano con viva impazienza la venuta del Messia per ristabilire libertà e culto. La loro biblioteca, occultata nelle grotte sulla costa nord-occidentale del Mar Morto e scoperta di recente (dal 1947), presenta una numerosa serie di libri che si possono ripartire in quattro grandi categorie (8) :

1. I testi sacri dei giudei. Sono testimoniati tutti, in modo più o meno frammentario, ad eccezione del libro di Ester. È difficile supporre che tale omissione sia accidentale, in quanto gli Esseni di Qumran dovevano osteggiare un libro che presentava una nuova festa, quella di Purim ( o "sorte"), contro il loro tradizionalismo riguardante le solennità religiose, anche se essi avevano in più la festa dell'uva e quella dell'olio.
Almeno sette manoscritti frammentari di Daniele documentano la stima che tale libro godeva presso gli Esseni di Qumran. Non si può dubitare della sua sacralità - come pensano alcuni - per il fatto che esso sta scritto su papiro anziché su pergamena, ben più resistente. Anche se di solito gli Esseni usavano la pergamena per gli scritti sacri, non ne facevano tuttavia una regola assoluta. Tanto più che Daniele è citato con la formula prammatica degli scritti sacri: infatti, per sostenere che i buoni saranno purificati attraverso la prova, il "Florilegio" (o "raccolta di testi sacri") osserva che ciò: « sta scritto nel libro del profeta Daniele » (Florilegio II, 3 da Dan 12, 10-13 Moraldi p. 376). Dai frammenti che possediamo non risulta che vi si trovassero le aggiunte deuterocanoniche greche, quali le storie di Bel e del dragone, della casta Susanna e il cantico dei tre fanciulli nella fornace arroventata.
Un caso a parte è costituito dal Salterio; che era anzi stimato a Qumran come libro sacro, in quanto vi si trovano frammenti di 19 salteri (grotta quarta), assai simili al testo attuale e frammenti anche di un suo commento. Diverso è invece il rotolo frammentario del Salterio rinvenuto l'anno 1956 nella grotta 11 e, risalente per la grafia al I secolo d.C., è pubblicato da J.A. Sandres (11 Q Ps a.B). Contiene 41 salmi in ordine diverso da quello masoretico (tra il 93 e il 150) con l'inclusione di altri sette non canonici (apocrifi), scritti con una grafia risalente al 1° secolo dell'era cristiana. Il salmo 151, composto si dice « dal giovine pastor Davide », noto per pietà e umiltà, presenta una forma ancora più estesa di quella esistente nella versione greca dei LXX.
Due altri salmi erano già conosciuti in una versione siriaca (152-153), mentre del tutto nuovi sono un inno al creatore, un cantico per Sion e una preghiera perché Dio ci preservi dal male. Anche questi salmi apocrifi sono attribuiti al re giudaico e mancano di ogni impronta dualistica propria di molte composizioni essene. Vi è pure un brano dell'Ecclesiastico (frammenti del cap. 31). Una nota finale ricorda che Davide compose ben 3600 salmi e 450 cantici religiosi destinati ad accompagnare i sacrifici quotidiani dell'anno, del sabato e delle feste con un totale di 4050.
La stranezza del salterio qumranico è stata spiegata in modo diverso:

2. Testi deuterocanonici : sono presentati qualche volta in frammenti greci, ma più spesso in aramaico o in ebraico, sia pure in modo assai frammentario. In greco appare la lettera di Geremia; in ebraico sono presenti frammenti del Siracide (Ecclesiastico) che, assieme agli altri frammenti rinvenuti nella fortezza di Masada, confermano il testo già conosciuto sin dalla fine del secolo scorso, e che era stato firtuitamente scoperta un una gheniza (o "ripostiglio") della sinagoga del Cairo. Il testo è assai buono, particolarmente nella sua prima parte, e documenta come la versione greca e siriaca abbiano molti difetti.
Di Tobia sono stati rinvenuti quattro manoscritti aramaici e uno in ebraico. Il testo qumranico conferma la tradizione lunga di questo testo, come ci è testimoniata dal codice sinaitico e dalla Vetus Latina; quest'ultima anzi sembra rispecchiare l'originale meglio del manoscritto greco, che presenta delle omissioni e qualche errore di traduzione.
Non possiamo tuttavia concludere che a Qumran i libri deuterocanonici fossero posti al medesimo livello degli scritti sacri. Può darsi, ma non si può essere certi. La loro presenza si potrebbe spiegare con una certa fluidità del terzo raggruppamento degli "Scritti", perché a quel tempo la Bibbia non era ancora stata ben definita nella sua completezza. Ad ogni modo si tratta pur sempre di una setta che sta al di fuori del giudaismo ufficiale (rabbinico).

3. Pseudoepigrafi . Sono testi esclusi dal canone da tutte le confessioni religiose. È testimoniata a Qumran la presenza di Enoc, ritenuto di origine profetica e citato, come testo profetico, anche nel Testamento dei XII patriarchi: « Ho letto nel libro di Enoc ». Il passo riferito a senso è quello stesso riportato da Giuda e riguarda la triste situazione dei malvagi (9) Importanti per la difesa del calendario solare, seguito a Qumran ma rifiutato nel santuario di Gerusalemme, sono il "Libro dei Giubilei" e "I Testamenti dei XII patriarchi". Tra i manoscritti di Qumran appare anche una preghiera di Nabonide (10) che documenta l'esistenza di leggende circa Daniele e chiarisce la preistoria del libro di Daniele. Vi si aggiungono tra gli altri un apocrifo sulla Genesi (11) e, ultimo in ordine di ritrovamento (fu edito nel 1977), il Rotolo del Tempio (il più lungo ivi ritrovato, mt 7,30), scritto probabilmente ritenuto sacro a Qumran, perché presentato come un discorso diretto di Dio. Per questo il nome di Jahveh vi è scritto in caratteri quadrati normali, anziché con la grafia arcaica conservata per tale nome in quasi tutti gli altri testi di Qumran (12) Questi scritti più che rendere probabile l'esistenza presso la setta dissidente di Qumran di un canone biblico più esteso, documentano che prima dell'era cristiana l'estensione della Bibbia non era ancora stata fissata nella sua completezza e che perciò la terza sezione biblica dei Ketuvom o Scritti era la più fluida.

4. Testi riguardanti la comunità degli Esseni. Un buon numero di libri trovati a Qumran contengono regole, inni e notizie utili per la comunità. Tali sono, ad esempio, La Regola della Comunità, il Documento di Damasco, la Regola per la Guerra, il Rotolo di rame con l'elenco dei luoghi in cui stavano occultati i "tesori" della comunità, le Hodayot o inni d'uso comunitario, i Commenti (Pesher) di Nahum o di Habacuc e via dicendo. Importanti, come sono le regole dei fondatori di ordini religiosi, anche questi scritti avevano un valore normativo per la guida della comunità, anche se non si ritenevano necessariamente di origine divina e non godevano perciò la stessa sacralità dei libri ispirati. Il fatto che si scrivano dei commenti a Nahum e ad Habacuc, ci fa capire come questi commenti non fossero posti al medesimo livello dei libri profetici.

Si può quindi concludere che al tempo dei rotoli di Qumran (200 a.C. - 66 d.C.), oltre alla legge, la prima parte del canone già fissata dal tempo dello scisma samaritano, anche la parte profetica doveva essere completa dal tempo maccabaico (2° secolo a.C.). La terza parte degli "Scritti" era tuttora assai fluida e comprendeva, assieme agli scritti sacri attuali, anche altri libri ritenuti di valore per la setta qumranica.

Una teoria dopo l'altra è stata suggerita circa la fissazione del canone, anche se ognuna fu poi lasciata cadere. Fino al 18° secolo, tra i protestanti del passato, dominò in modo preponderante l'idea che Esdra fosse stato il responsabile della finale compilazione dei testi biblici degli Ebrei (4 Esdra 14, 28 ss). Poi si dovette abbandonare tale ipotesi perché risultò che alcuni libri della Bibbia (ad esempio Esdra, Nehemia, Daniele a alcuni salmi), hanno avuto la loro redazione finale solo dopo l'epoca di Esdra.
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4. Fissazione definitiva del canone

Nel 19° secolo divenne popolare l'idea emessa da Elia Levita, uno scrittore del 16° secolo, secondo la quale «gli uomini della grande assemblea» creata da Esdra sarebbero state le persone che, per ispirazione divina, avrebbero fissato il canone biblico. Questa teoria suscita le stesse difficoltà dell'ipotesi precedente e per di più manca di esattezza storica, perché oggi si dubita della stessa esistenza di questa grande "sinagoga" ("assemblea"), mai ricordata dagli scrittori antichi (Giuseppe Flavio, Filone, pseudoepigrafi). Anche i dubbi sorti verso l'epoca di Cristo circa la canonicità di alcuni libri biblici (Cantico, Ecclesiaste, Ezechiele) ci fanno capire che a quel tempo il canone biblico non era ancora stato definitivamente stabilito.

Secondo una terza teoria un'assemblea di rabbini raccolti a Jabneh (o Jamnia) avrebbe fissato il canone verso il 90 d.C.

Si sa che, durante l'assedio di Gerusalemme del 70 d.C. R.Johanan ben Zakkai riuscì con uno stratagemma ad evadere dalla città assediata, a penetrare nel campo nemico e ad ottenere un colloquio con il generale Vespasiano, il futuro imperatore, dal quale ebbe il permesso di fondare una nuova scuola di ebraismo a Jabneh (Jamnia in greco) sulla costa del Mediterraneo, pochi chilometri a sud dell'odierno Tell-Aviv, e di ricostruirvi il Sinedrio, il più alto tribunale ebraico. Questo, eliminati ormai i poteri politici e legislativi, si trasformò in un'assemblea di dotti vincolante tutti gli Ebrei sia della Giudea sia della diàspora. Verso l' 80 vi stava a capo il famoso Gamaliele II e all'inizio del 2° secolo il celebre rabbi Aqibà.

Per questo studiosi di valore, come H.H.Rowley e Jack P.Lewis misero infatti in dubbio che vi sia stata una decisione ufficiale:

Jack P.Lewis conclude così il suo studio: Siccome la Mishna, redatta nel 2° secolo d.C., presuppone già l'esistenza di una raccolta fissa della Bibbia e siccome il suo materiale risale ben più addietro, è necessario concludere che il canone biblico venne sostanzialmente fissato verso la fine del 1° secolo o all'inizio del 2° e che corrispondeva all'elenco attuale dei libri sacri degli Ebrei, senza i deutericanonici. Tale fissazione non costituì però una vera novità, perché non faceva altro che cristallizzare la tradizione comune tra i rabbini precedenti, seguita da tutti i pii Ebrei. A questi anni probabilmente risale il detto di Rabbi Juda il principe (Judah han-Nasi): « Essi (ossia i rabbini) ci presentarono la legge, i profeti e gli Scritti, e noi li abbiamo approvati » (Baba Bathra 13 b). Gli scritti non ammessi furono chiamati "libri esterni" (sefarim hitzunim), vale a dire "apocrifi". Si può dire che la fissazione del canone biblico camminò di pari passo con la stabilizzazione dell'attuale testo masoretico, avveratasi proprio in tale periodo.

Che i maestri (rabbini) di jabneh abbiano accolto quel che già si ammetteva comunemente anche prima, risulta chiaramente da alcuni testi di Giuseppe Flavio e del quarto libro di Esdra:

a) La terstimonianza di Giuseppe Flavio.

Questo scrittore giudaico, prima condottiero delle truppe in rivolta, poi passato ai Romani, nel libro "Contro Apione" (composto tra il 94 e il 96) ammette solo il canone ebraico attuale, in quanti parla di soli 22 scritti biblici nella cui cifra globale è impossibile far rientrare i deuterocanonici:

Quindi Giuseppe Flavio ritiene sacri solo i 22 libri esistenti nella Bibbia ebraica, senza includervi i deuterocanonici che non si possono in alcun modo far rientrare nel numero globale di 22 scritti dato dallo storico ebraico e nella descrizione che egli presenta di tali scritti.

b) Il canone di Esdra.

Con la separazione di Rut dai Giudici e delle Lamentazioni da Geremia, si raggiunge il numero 24, che è appunto il totale degli scritti sacri secondo i rabbini e secondo lo stesso 4 libro di Esdra. Per quest'ultimo scritto, composto verso la fine del 1° secolo dell'era cristiana, secondo un racconto del tutto leggendario, l'anno ventitreesimo dopo la distruzione di Gerusalemme da parte di Nabucodonosor, vale a dire nel 557 prima dell'era cristiana, Esdra se ne stava in Babilonia e si lamentava con Dio del fatto che la Legge del Signore era stata bruciata. Allora sotto l'impilso dello Spirito Santo per 40 giorni e 40 notti dettò a cinque segretari 94 libri. Poi ricevette l'istruzione di farne conoscere 24 a tutti gli uomini « sia ai puri sia agli impuri », ma di tenerne nascosti altri 70 riservato solo « ai saggi esistenti in mezzo al popolo ». Questi 70 volumi sono i cosiddetti libri pseudoepigrafi, tra cui vi è pure l'apocalittico libro di Esdra (4 Esdra 14, 45 s). Non è possibile precisare meglio l'estensione e il numero preciso di questa letteratura apocalittica: il 70 è un numero simbolico apocalittico indicante perfezione (10x7).

I 24 libri di dominio pubblico sono i libri sacri, corrispondenti alla Bibbia ebraica. L'apocrifo libro di Esdra conferma quindi che alla fine del 1° secolo era già esistente presso i rabbini la raccolta dei libri sacri così come ora l'hanno gli Ebrei, equivalente alla prima parte della Bibbia cristiana, senza però i deuterocanonici, i quali non possono rientrare in tale numero complessivo.

Dal momento che il 4 di Esdra è uno scritto apocalittico, e quindi non ben visto dai rabbini, si capisce come esso cerchi di minimizzare gli altri scritti sacri dicendoli di dominio pubblico, « sia per i puri sia per gli impuri », mentre al contrario esalta il valore degli scritti apocalittici, riservandoli  ai « saggi », quali libri di ispirazione superiore. Appare dunque che i vari circoli ebraici possedevano diverse raccolte di libri sacri, che stimavano più o meno secondo i propri gusti e le proprie tendenze. L'elenco ufficiale dei testi sacri risale invece ai rabbini, che più di altri seppero conservare la tradizione ebraica e attribuire il giusto valore ai vali scritti allora circolanti e presentati come rivelazione divina. Tale elenco appare definitivamente fissato verso la fine del 1° secolo d.C., vale a dire nel periodo tra la seconda distruzione del tempio del 70 d.C. e la dispersione definitiva della nazione giudaica dopo la brutale vittoria romana su Gerusalemme e i ribelli guidati da Bar Cochba (132-135 d.C.). La mancanza di polemiche tra i giudei palestinesi e i giudei alessandrini di lingua greca, ci fa capire come tale canone (ristretto) sia stato accolto anche da loro senza difficoltà alcuna.
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Note a margine

(1) Rispettivamente 1 Re 22, 45 (re di Giuda); 2 Re 10, 34 (re di Israele). Gli altri scritti sono: Cronaca di Samuele il Veggente (1 Cr 29, 29); Cronaca del profeta Natan (1 Cr 29, 29; 2 Cr 9, 29); Cronaca di Gad il Veggente (1 Cr 29, 29); Profezia di Abia di Shilo (2 Cr 9, 29); Cronaca di Iddo il Veggente ( 2 Cr 9, 29; 12, 15); Midrash del profeta Iddo (2 Cr 13, 22); Cronaca del profeta Shemaia (2 Cr 12, 15). torna al testo

(2) Ippolito, Confutazione delle eresie o, 29; Epifanio, Haereses 1, 14. Ache le dottrine dei sadducei sono conformi ai libri sapienziali dove non vi è un'idea chiara della resurrezione, per cui la letteratura rabbinica attribuisce ai sadducei questa massima: "Come la nube si disfà e scompare, così l'uomo discende nella tomba e più non ritorna". Di fatto essi negarono la resurrezione (Mt 22, 23 e par.) e l'esistenza degli angeli. Solo Dio era per loro un essere spirituale (At 23, 8). Negatori della tradizione rabbinica (halakak), i sadducei applicavano rigorosamente la legge del taglione. Secondo G. Flavio si mostravano duri e arroganti verso quelli che non erano membri del loro partito (cfr N. Holzmeister, Storia dei tempi del Nuovo Testamento, Marietti 1950, pp. 269-292). torna al testo

(3) S.Z. Leiman, The Canonisation of Hebrew Scripture. torna al testo

(4) In Italia oltre alle traduzioni degli Ebrei, segue l'ordine ebraico (almeno quasi sempre) anche la Bibbia Concordata edita da Mondadori. torna al testo

(5) Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche 6, 160; Contro Apione 8, 38-40; cfr J. Carmignac, in Revue de Qumran 5 (1965), pp. 249-252. torna al testo

(6) Solo per l'Ecclesiastico sappiamo dalla Tosefta Yadajim 2, 13-14 che esso "non sporca le mani" (= non è sacro), ma ignoriamo quando e chi abbia deciso ciò. torna al testo

(7) Si vedano i testi del capitolo precedente sulla formazione della Bibbia. torna al testo

(8) R.E. Murphy, "The Dead Sea Scrolls and the Bible". Ch 2 The Old Testament in the Light of the Scrolls and Framments, Westminster 1956 pp. 29-52; Baillet, in Rev. Bibl. 63 (1965) 54-56. Sui Salmi cfr il libro completo di J.A. Sanders, "The Dead Sea Psalms Scroll", Cornell University Press, Ithaca N.Y. 1977; L.H. Eybers "Some Light on the Canon of the Old Testament of the Qumran Sect", in "The Canon and Masorah of Hebrew Bible", New York, Ktav 1974; J. Strugnell, "Notes in the Text and Transmission of the Apocryphal Psalms" 151 (Syr II) and 155 (Syr III), in Harv. Theol. Rev. 59 (1966) 258-281; J.T. Milik, "Dieci anni di scoperte nel deserto di Giuda", Torino, Marietti 1957. torna al testo

(9) Test. Levi 14, 1 alcuni codici mancano del nome di Enoc; Test. Neftali 4, 1, Cfr Charles, "Apocripha and Pseudoepigrapha" II pp. 312-337. Non si è ancora trovata nel testo attuale di Enoc una citazione del tutto autentica a Giuda 14; forse deriva da un'altra recensione oppure vi è citato a senso Enoc 1, 9. Anche una citazione di Dt 25, 9 riguardante lo scalzato e lo sputacchiato per non avere voluto adempiere il suo dovere di sposare la cognata vedova e così suscitare una discendenza al fratello morto, viene attribuita da alcuni codici a Enoc, ma si tratta dell'errore di un ammanuense per "Mosè" (cfr Test. Zabulon 3, 4). torna al testo

(10) Essa è assai utile per spiegare alcuni brani di Daniele, riferiti a Nabucodonosor. Cfr Freedman, "The Prayer of Nabucodonosor", in Bull. Amer. Society Oriental Research 145 (1959) 31. torna al testo

(11) N. Avigad e Y. Yadin, "A Genesis Apocryphon. A Scroll from the Wilderness of Judea". Jerusalem, Magnes Press (ebr. inglese) 1956; J. Fitzmyer. "The Genesis Apocryphon of Qumran Cave 1", Bibl. Or. 18, 1, 2 ediz., Roma, Istituto Biblico 1971. torna al testo

(12) Yagael Yadin, condottiero ed archeologo, figlio di colui che nel 1947 comprò i primi rotoli del Mar Morto, ne pubblicò nel 1977 l'opera tanto attesa in quattro volumi di ca. 900 pagine. J.A. Sanders, "Cave 11: Surprises and the Questions of Canon", in Leiman, "Canon and Masorah" (bibl.) 1974 pp. 37-51. torna al testo

(13) H.Rowley, "The Growth of the Old Testament", London, Rutchinson 1950 p. 176; cfr pure J.P.Lewis, "What do We Mean by Jabneh?" in Leiman (ed.), "The Canon and Masorah of the Hebrew Bible", New York, Ktav 1974 pp. 254-261. torna al testo

(14) I tredici libri profetici sono gli storici: Giobbe, Giosuè, Giudici, con Rut che ne è un'appendice, Samuele (1.2 contano per uno), Re (1-2 contano per uno), Cronache (1-12 contano per uno), Esdra-Nehemia (un libro solo), Ester; seguono i grandi profeti Isaia, Geremia (con Lamentazioni che è un'appendice), Ezechiele, Daniele e i 12 profeti minori (un solo libro). Il conteggio finale: 5 (Legge) + 13 + 4 (inni e precetti morali), corrisponde alle 22 lettere dell'alfabeto ebraico. torna al testo

(15) I quattro libri con inni e precetti morali sono: Salmi, Cantico, proverbi, Ecclesiaste. torna al testo



Dopo questo questo terzo capitolo della prima parte dell'opera " Il Romanzo della Bibbia " di Fausto Salvoni, edito dalla Libera Facoltà Biblica Internazionale di Via Del Bollo 5, Milano, 1980, puoi proseguire la lettura nel quarto capitolo.