Capitolo 2
Il fondamento apostolico


Se da una parte Gesù non scrisse nulla, ma si limitò a "proclamare il Regno di Dio" per le città e le campagne, dall'altra previde una continuazione all'opera iniziata. Con questo intento, sin dall'inizio della sua attività pubblica, chiamò con sé alcune persone istruendole e rendendole partecipi di tutti gli episodi della sua vita: È proprio su questi uomini e sulla loro specifica funzione che bisognerà soffermarsi cercando di capire in quale rapporto stanno con Gesù e con gli scritti che costituiranno l'oggetto di raccolta e di riconoscimento da parte delle chiese.

Ne consegue che il gruppo dei "Dodici" era insostituibile e non era suscettibile di successione nelle generazioni successive, mano mano che essi morivano naturalmente o a causa del martirio. Mi sembra che il Cullmann abbia ragione nel distinguere il periodo apostolico ("il fondamento della chiesa" Ef 2, 20), che « ha avuto inizio al tempo degli apostoli, e la chiesa post-apostolica che non è più quella degli apostoli, ma dei vescovi » (1) Poco prima egli aveva spiegato in che cosa consiste questa diversità:

« La missione essenziale degli apostoli» , osserva il prof. Salvoni, «è quella di testimoniare la realtà che essi hanno potuto contemplare . . . Per questo l'insegnamento degli apostoli non può essere discusso . . . Ricevere l'insegnamento apostolico significa essere ammaestrati dallo stesso Cristo. Per tale aspetto . . . essi continuano a predicare ancor oggi il Cristo . . . attraverso i loro scritti che tale parola preservano » (2) .

Nel cristianesimo delle origini c'erano tre autorità: le Scritture ebraiche, Gesù e gli Apostoli. Questi ultimi continuano l'opera iniziata da Gesù, trasmettendo tutto quello che avevano ricevuto o che continuavano a ricevere. Nasce così una nuova fase, quella della "tradizione orale", risalente a Gesù e che ha come protagonisti appunto gli apostoli.

Il prolungamento dell'attività del Cristo nei credenti e perciò nella chiesa viene svolto nei discorsi d'addio riportati nel quarto vangelo (cc. 14-16). Mi limiterò a riportare solo alcune affermazioni di Gesù:

Nell'economia del discorso della storia del canone occorre tirare alcune riflessioni dai testi riportati:

1. Gesù sottolinea lo stretto rapporto che intercorre fra lui e gli apostoli: la loro continuità sarebbe stata assicurata dallo Spirito Santo. Come Cristo si riferisce continuamente al Padre che l'ha mandato, così gli apostoli si riferiscono allo Spirito Santo, sia nella comprensione piena della verità (Gv 16, 12), sia nelle cose che restano da annunciare. Questa garanzia fa si che gli apostoli riportino fedelmente gli insegnamenti e i lòghia di Gesù, senza manomissioni o mutilazioni.

2. L'altra garanzia per le successive generazioni è costituita dalla testimonianza di questi uomini. Gli apostoli-testimoni sono coloro che assicurano alla chiesa tutto ciò che Gesù ha detto o che avrebbe detto. Sono testimoni oculari, diretti. Non hanno mediato da altri queste cose, ma le hanno vissute in prima persona accanto al Maestro. Questo fatto è estremamente importante per il canone neotestamentario proprio perché « per i primissimi cristiani i dodici rappresentano il "canone", cioè il metro di riferimento, il modello per mezzo del quale si poteva stabilire, finché essi vissero, l'autenticità del messaggio cristiano » (3) .

Essi sono i futuri trasmettitori dell'annuncio (At 1, 21 ss) e dell'insegnamento che Gesù ha affidato o, se vogliamo, i nuovi "tannain" della tradizione risalente a Gesù. Mandando loro è come se Gesù andasse di persona a parlare con la gente: questa funzione è espressa molto bene dalla figura dello "shaliach" (4) che, nella legislazione giudaica, era uno che poteva comparire al posto di un altro. Il delegato rappresentava in pieno il delegante, con la stessa autorità e funzione. Questi a sua volta non poteva trasmettere ad altri l'incarico ricevuto, ma doveva rimetterlo a chi glielo aveva affidato. Gli apostoli sono i rappresentanti di Cristo in maniera particolare e unica perché devono gettare le fondamenta di un nuovo edificio. A loro e ai "profeti" Paolo attribuisce le stesse immagini di Cristo: « fondamento» (Ef 2, 20), « colonne» (Gl 2, 9) della chiesa. Il caso dell'apostolo Paolo è unico, come vedremo, perché fu testimone del "Risorto" e non della vita terrena di Gesù.

L'unicità della funzione dei "Dodici" risalta anche dalla elezione di Mattia: la scelta del successore di Giuda, attraverso l'uso del sorteggio, viene lasciata in definitiva a Dio; i candidati dovevano però far parte del nucleo che era sempre vissuto con Gesù, dal battesimo di Giovanni fino alla risurrezione; ancora una volta viene ribadito il concetto apostolo-testimone oculare degli eventi fondamentali della vita di Gesù.


Note a margine

(1) O. Cullmann, "Studi di Teologia Biblica", Roma 1969, 23 Oss. torna al testo

(2) F. Salvoni, "Da Pietro al Papato", Excursus n. 3, Genova 1970, 217. torna al testo

(3) C.Fr. Moule, "Le origini del N.T.", Brescia 1971, 249. torna al testo

(4) Rimando all'art. di K.H. Rengstorf, in "Grande Lessico del N.T.", vol. I, Brescia 1965, coll, 1105-1185 per le varie concezioni di apostolo, La rivista "Concilium" ha dedicato tutto il fascicolo quarto (del 1968) al problema sella successione apostolica. torna al testo

Dopo questo questo secondo capitolo della seconda parte dell'opera " Il Romanzo della Bibbia", relativa al Nuovo Testamento, di Franco Rossi, edito dalla Libera Facoltà Biblica Internazionale di Via Del Bollo 5, Milano, 1980, puoi proseguire la lettura nel terzo capitolo.