LA PRIMA LETTERA AI CORINZI
Problemi introduttivi e significati più rilevanti
a cura di Gianfranco Sciotti - articolo tratto da Ricerche Bibliche e Religiose, n. 3, III Trimestre 1973, pp. 9-27

INDICE

I) La città di Corinto
II) Soggiorno di Paolo e fondazione della chiesa
III) Occasione :

A) L'esistenza dei partiti legati ad Apollo, a Paolo, a Cefa, a Cristo
B) L'immoralità
C) Controversia fra cristiani in tribunale
D) Abusi nella cena del Signore
E) Altri
IV) Contenuto
V) Luogo e data di composizione
VI) Autenticità
VII) Unità ed integrità
VIII) Conclusione
Bibliografia


I. La Città di Corinto.

A. I natali della città risalgono ad un millennio avanti Cristo. Gli scavi archeologici (1) condotti dal 1985 in poi, hanno dimostrato una progredita civiltà già al IX secolo a.C., accentuatasi parallelamente all'influenza macedone, tanto da meritare la definizione di Cicerone: « Totium Graeciae lumen» (2) Subì, comunque, la stessa sorte di tutta l'Acaia non appena le aquile romane toccarono la terra greca; e nel 196 a.C., a seguito di un tentativo di ribellione, venne assediata e distrutta dalle legioni del console L. Mummio. Ma la sua felice posizione geografica determinò, un secolo dopo, un rinnovamento tale da restituirle la sua antica fama. Giulio Cesare nel 44 a.C. ne ordinò la ricostruzione e la destinò ad ospitare una colonia di veterani e di liberti (Colonia Laus Iulia Corinthus); cosicché non tardò molto ad inserirsi, per fasto, ricchezza e traffico, tra le città più in vista dell'epoca. Nel 27 a.C. Ottaviano Augusto la elevò al rango di capitale dell'Acaia (3) .

B. Quanto alle religione, vi si trovavano i culti più disparati: il culto di Iside e Serapide, di Cibele, degli dèi di Roma, di Poseidone, di Esculapio e molti di quei culti misteriosofici, vanto del variopinto olimpo greco. Ma il culto dominante era quello reso alla dea Afrodite Pandemos, il cui tempio sorgeva sull'Acrocorinto, la collina alta 576 m. a sud della città. In questo tempio veniva esercitato, come rito religioso, la « prostituzione sacra» da più di mille cortigiane(4) tuttavia era il culto «della lussuria » quello che imperava, tanto che vennero coniate espressioni come korinqia¢cesqai (fornicare), korinqi¢ako¢rn (meretrice, fanciulla corinzia)(5) korinqiasqh¢j (cacciatore di meretrici) e proverbi come ou¢ panto£j a¦ndro£j Ko¢rinqon e¦st' o¥ plou¤j che nello scritto di Orazio suona come « Non cuinus hominum contingit adire Corinthum »(6) per la vita dispendiosa che vi si conduceva.

C. Accanto ai veterani romani, ai liberti ed ai greci, non vi mancavano gli ebrei (7) Un'iscrizione, posteriore solo di qualche anno all'apostolo Paolo, testimonia l'esistenza di una «sinagoga degli ebrei ». D'altra parte il commercio abbastanza florido, la strategica posizione della città coi porti di Cencrea sul mar Egeo e di Lecheo sul mar Ionio, la scarico ed il transito delle merci per via terra da un porto all'altro (ad evitare il periplo del Peloponneso) (8) erano tutti motivi sufficienti ad attirare a Corinto una popolazione abbastanza eterogenea e cosmopolita(9) per cui divenne «il rifugio comune di tutti, il cammino e la via di passaggio di tutti gli uomini »(10) , tanto che il Momsen la chiama « la meno greca delle città greche».

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II. Soggiorno di Paolo e fondazione della chiesa

In questa città, satura di spirito peseudoreligioso, di lussuria e di malcostume, arrivò verso il 51 d.C. l'Apostolo delle genti, al termine del suo secondo viaggio missionario(11) Il primo contatto coi Corinzi « non fu con sublimità di parola o di sapienza . . . ma in modo dimesso, timido e tutto trepidante» (12) e ce n'era il motivo: proveniente da Atene, l'Apostolo aveva l'animo turbato a cagione dell'impressionante noncuranza che gli ateniesi avevano manifestato alle sue parole. Ma a Corinto le cose andarono ben diversamente. Grazie al provvidenziale incontro con Aquila e Priscilla, due giudei di origine pontica (13) Paolo potè soggiornarvi senza preoccupazioni economiche poiché, assieme ad essi, lavorava nella fabbricazione di tende (14) Come d'abitudine, prese subito contatto con la colonia giudaica e con i proseliti; ma ben presto la Sinagoga passò dal sospetto all'ostilità aperta ed a Paolo non rimase che separarsi, seppure con dolore, dai suoi connazionali: « Il vostro sangue ricada sul vostro capo! Io sono senza colpa. D'ora in poi mi rivolgerò ai gentili » (15) Uscito dalla Sinagoga, incontrò un certo Tizio il Giusto il quale gli mise a disposizione la sua casa come luogo di adunanza. Quivi, con alcuni giudei che accettarono di seguirlo, avvennero le prime riunioni della Chiesa di Corinto. Nel frattempo il numero dei fratelli aumentava; e dalla Sinagoga, ove evidentemente qualche segno era rimasto, il Capo, Crispo (16) chiese d'essere battezzato. Fu poi la volta di Erasto, il tesoriere della città(17) Le ostilità dei Giudei si fecero più pressanti e l'apostolo venne condotto in tribunale davanti al proconsole Gallione il quale, accortosi che la natura dell'azione giudiziaria non era politica o penale ma solo religiosa, non volle interessarsene. Di lì a qualche tempo, dopo un anno e mezzo del suo arrivo a Corinto, Paolo se ne partì con Priscilla ed Aquila per le coste della Siria. Lasciava dietro di sé una chiesa numerosa ed amata, non senza preoccupazioni, però, dell'ambiente in cui essa chiesa doveva testimoniare ed operare. Lo confortava la decisione di voler comunque restare in contatto con quei fratelli, pronto a correggere qualsiasi deviazione a causa delle numerose tentazioni che la città offriva. Ma Corinto doveva dire ancora qualcosa al cuore di Paolo; in essa aveva iniziato la sua feconda corrispondenza alle chiese con l'invio a Tessalonica delle due lettere canoniche, le prime appunto del suo epistolario.

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III. Occasione

Dopo la partenza dell'Apostolo, le cose mutarono profondamente in seno alla Chiesa. Le acque dell'unità, della pace e dell'ordine furono ben presto inquinate; e dall'antica altezza morale a cui l'aveva portata l'Apostolo non rimasero che pochi segni. Nonostante il battesimo, la vecchia natura umana tornò in primo piano, con gli inevitabili conflitti che sempre porta con sé. Paolo, che pure manteneva continui contatti con essa, dovette accorgersi che la Chiesa di Corinto stava seguendo una strada ben diversa da quella alla quale l'aveva indirizzata. In una lettera (18) sfortunatamente non pervenutaci, aveva richiamato i Corinzi ad una vita migliore ed alla necessità di separarsi da quegli elementi che, con agire scandaloso e disonesto, potevano in qualche modo compromettere la stabilità della Chiesa e l'efficacia della predicazione ai pagani. La risposta dei Corinzi però non lo dovette soddisfare: conservavano sì un buon ricordo di lui, lo stimavano come nessun altro, ma . . . ecco, questo consiglio di separarsi dai disonesti, dagli idolatri e simili era sempre troppo generico, troppo vago, comunque inapplicabile alla realtà storica della vita a Corinto; significava, insomma, dover uscire dal mondo, isolarsi dalla società, non avere più rapporti con la folla di peccatori che, invece, occorreva convertire . . . Era evidente che i Corinzi non avevano capito il discorso di Paolo! (19) .

Ma c'è di più. Mentre l'Apostolo si trovava ad Efeso, nel corso del terzo viaggio missionario (54-57 d.C.), notizie poco rassicuranti sulla situazione dei fratelli di Corinto lo turbarono profondamente. Alcuni della « casa di Cloe» (20) giunsero ad Efeso e fecero il quadro di una situazione che sembrava precipitare da un momento all'altro. Anche Apollo (21) ebbe modo di riferire sui gravi elementi che mettevano in pericolo la Chiesa e che si possono riassumere nei seguenti:

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A. L'esistenza di partiti legati ad Apollo, a Paolo, a Cefa, a Cristo

L'apostolo dovette esserne molto amareggiato e, forse, paventò l'idea di « correre o di aver corso invano», con grave pregiudizio di tutta l'opera svolta a Corinto! Era accaduto che all'interno della Chiesa si erano formati ben quattro partiti. Alcuni si rifacevano ad Apollo; benché continuassero a professare la fede in Cristo, si sentivano attratti dalla forte personalità dell'alessandrino, di natura eminentemente speculativa, noto per eloquenza ed eleganza di linguaggio. Altri parteggiavano per Paolo la cui predicazione, stilisticamente poco rilevante (22) aveva però la forza di penetrare più a fondo, generando crisi e prese di coscienza estremamente impegnative. Due forme di eloquenza diverse, ambedue valide e positive che i Corinzi avrebbero dovuto, invece accogliere senza difficoltà di sorta.

La comunità giudaica di Corinto, in continuo avvicendamento coi nuovi venuti da Gerusalemme, dalla Palestina, dall'oriente e dall'occidente, doveva contare fra i suoi membri molti ebrei convertiti al Cristianesimo. Alcuni erano stati portati a Cristo da altri apostoli, molti forse da Pietro stesso di cui potevano vantare l'amicizia oltre che la stirpe. Paolo, si sa, non era tenuto in gran conto, non avendo personalmente conosciuto Gesù. La fama di « minimo tra gli apostoli » doveva essere giunta anche a Corinto. Ed ecco allora il partito di Cefa (23) .

Ma la confusione non finiva qui. Un quarto partito, quello di Cristo, rifiutava la logica dell'adesione ad un uomo, apostolo eloquente oratore che fosse. Ma anche questo partito era in realtà motivo di eguale turbamento per l'unità della Chiesa (24) .

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B. L'immoralità

Il negativo influsso del culto di Afrodite Pandemos aveva determinato ad una pericolosa rilassatezza di costumi sessuali al punto che la fornicazione era divenuta un atto indifferente, quasi la soddisfazione di un bisogno naturale. Per di più, un membro della comunità viveva con la moglie di suo padre. L'incesto era considerato reato dalla stessa legge romana eppure veniva tollerato nella Chiesa con estrema leggerezza!

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C. Controversie tra cristiani in tribunale

I rapporti  tra fratelli presentavano una grave incrinatura. I contrasti venivano portati davanti ai tribunali pagani, come si trattasse di nemici; evidentemente la Chiesa non godeva più di alcun credito nel dirimere certe difficoltà ed i fratelli, malauguratamente occorsi in simili frangenti, non avevano alcuna fiducia nell'arbitrato di altri fratelli.

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D. Abusi nella cena del Signore

I disordini di cui Paolo fu informato turbavano pure la cena del Signore, sia nella prassi che nello spirito! Questo particolare momento della vita comunitaria finiva in una scandalosa occasione per far vivere, sotto altra forma, i mali della vanità e dell'ambizione, dello sfoggio di chi ha e dell'amarezza di chi non ha. Invece di unire e di edificare, la cena era motivo di separazione e di abbrutimento nel vizio del bere.

All'udire tali notizie, l'animo di Paolo dovette rasentare lo scoramento. La diletta Chiesa di Corinto, il «sigillo del suo apostolato »(25) la «lettera di raccomandazione che poteva essere letta e conosciuta da tutti gli uomini »(26) caduta ora così in basso, vittima della divisione, dello scandalo, della vergogna! E la sua precedente missiva possibile che fosse stata così fraintesa? Che cosa fare adesso per rimediare a tanto male? Tale doveva essere la folla di pensieri quando come prima decisione l'apostolo pensò di inviare subito a Corinto il giovane discepolo Timoteo. Contemporaneamente, temendo uno scarso successo della missione di Timoteo a motivo della sua giovane età(27) decise di scrivere ai Corinzi una seconda lettera chiara questa volta e senza mezzi termini (= 1a ai Corinzi).

A Corinto, nel frattempo, non tutti erano allineati su queste scandalose posizioni. Molti fratelli tenevano ancora in grande stima l'apostolo e chissà, presagendo il prossimo passo di Paolo per richiamarli all'ordine, cercarono di approfittare dell'occasione. Misero per iscritto alcuni punti ai quali non sapevano dare una risposta ed altri che non erano sufficientemente chiari alla Chiesa ed incaricarono una delegazione, formata da Stefana, Fortunato ed Acaico (28) di partire subito per Efeso onde sottoporli al giudizio ed all'insegnamento di Paolo, che avrebbero trovato presso la casa di Aquila. La delegazione raggiunse l'apostolo quando questi aveva probabilmente già iniziato la lettera; quale non dovette essere la gioia di Paolo nel riabbracciare quei fratelli corinzi e, con essi, la Chiesa tutta! Ora, oltre i punti di cui era venuto a conoscenza precedentemente, deve trattare quelli inviategli dai corinzi stessi(29) cioè i seguenti:

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E. Altri

a) A Corinto alcuni sostenevano l'impurità di ogni relazione sessuale e i vari casi di matrimonio non consumato generavano situazioni molto complicate. Non era raro il caso di un coniuge che, pur volendo vivere il matrimonio in senso totale, trovasse difficoltà nell'altro magari ligio alle nozze virginali. Non tutti poi erano d'accordo sulla opportunità delle nozze, né sulla sorte delle vedove che volessero rimaritarsi. Qual era l'insegnamento di Paolo al riguardo?

b) Esisteva pure disaccordo sul modo di considerare le carni sacrificate agli idoli. Se gli idoli non esistono, poiché c'è un solo Dio, non c'è nulla di scandaloso nel cibarsi delle carni « sacrificate », sostenevano alcuni. Ma si arrivava poi ad estremi preoccupanti: se gli idoli non esistono allora si può tranquillamente partecipare ai riti idolatrici e sedersi a mensa, secondo l'uso pagano, nel tempio di Serapide o di qualche altro idolo (30) Ma questo, pensavano altri, significava venir meno alla coerenza cristiana e tradire la fedeltà al Vangelo.

c) Inoltre, alcune donne nel profetizzare e nel pregare non si coprivano il capo. E la prassi, mentre trovava alcuni consenzienti, incontrava l'opposizione di altri. per cui anche l'abbigliamento femminile nella profezia e nella preghiera era motivo di contrasto e di confusione.

d) Nel culto, poi, sembrava regnare l'anarchia completa: manifestazioni estatiche, glossolaliche, rivelazioni e profezie rischiavano non solo di non giovare a nulla ma peggio si ponevano come ostacolo a chi si presentasse per la prima volta ad un'adunanza o a chi, giovane nella fede, avesse bisogno di parole semplici e chiare.

e) Connesso al punto precedente, v'era poi chi si vantava dei propri carismi nei confronti di coloro che ne avevano altri o che non ne avevano affatto, come se il Signore avesse elargito i carismi secondo il merito personale dei singoli!

f) Ed infine, alcuni cominciavano ad avere dubbi sulla resurrezione dei morti; ed altri, che pure di essa non dubitavano, erano ansiosi di conoscere quale fosse la natura dei corpi rivestiti della resurrezione.

Nasce così dalla penna di Paolo, nella casa efesina di Aquila, la nostra 1 a lettera ai Corinzi. Manca. è vero, di sistematicità ma ha il pregio di «trattare gli argomenti più vari, senz'altro ordine e senz'altro legame che i dubbi o i bisogni dei suoi corrispondenti» (31) .

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IV Contenuto(32)

Dopo il saluto iniziale, 1, 1-9, nella prima parte Paolo condanna i partiti nella Comunità, chiarisce e definisce la natura del vero evangelizzatore; la predicazione della Parola di Dio non ha nulla a che fare colla « sapienza umana», ma basa la sua potenza e la sua efficacia sulla « follia della croce di Cristo». Rimprovera i Corinzi di tollerare in modo scandaloso il colpevole di incesto ed esprime su costui un severo giudizio (5, 1-13). Condanna poi l'uso di portare davanti ai tribunali pagani le liti tra fratelli ed esorta a risolvere ogni controversia in seno alla Comunità (6, 1-11).

Nella seconda parte della lettera, Paolo risponde ai quesiti che i Corinzi gli avevano sottoposto: il rapporto tra matrimonio e verginità, le seconde nozze delle vedove (7, 1-40); l'uso di mangiare le carni sacrificate agli idoli (8, 1-13), con l'inciso dell'inviato (9, 1-27); il velo delle donne nella profezia e nella preghiera (11, 2-16); la corretta partecipazione alla Cena del Signore (11, 17-34); i carismi ed il loro uso (12, 1-10); e la resurrezione dei morti (15, 1-58).

Infine esorta i Corinzi a partecipare alla colletta per i fratelli di Gerusalemme (16, 1-4); annuncia il suo progetto di recarsi presto a Corinto (16, 5-9); ed aggiunge qualche informazione su Timoteo, Apollo, Stefana, Fortunato ed Acaico (16, 10-18).

Termina la lettera coi saluti e con il richiamo ad amare il Signore (16, 19-24).

Tale e nelle linee generali il piano della lettera. Probabilmente fu la stessa delegazione formata da Stefana, Fortunato ed Acaico a riceverla dalla mano dell'Apostolo ed a consegnarla ai fratelli di Corinto affinché fosse letta e meditata da tutti.

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V. Luogo e data di composizione

Il luogo è certamente Efeso, come risulta dal riferimento di Paolo steso in 1 Co 16, 5-8.

La data (33) invece, è controversa. Si deve ricavare dalle circostanze di tempo e di luogo della vita dell'Apostolo. Questo ovviamente non è sempre facile. Sappiamo che Paolo giunse ad Efeso, nel corso del terzo viaggio missionario, nel 55 d.C. e vi rimase fino al 57 d.C. (34) .

Secondo Ph. Bachmann, E.B. Allo(35) ed altri, l'Apostolo avrebbe scritto la sua lettera nel 55, dopo i tre mesi di predicazione tra gli Ebrei della Sinagoga.

Secondo altri (36) l'avrebbe scritta nel 56, spiegandosi meglio in tal modo i fatti intercorsi tra la 1a e la 2 a lettera ai Corinzi, cioè le nostre due canoniche (37) .

Altri ancora sono in favore del 57, in ciò appoggiati dal progettato viaggio di Paolo di 1 Co 16, 5-8. Tra costoro ci sono A. Wikenhauser (38) S. Cipriani(39) .

Tutto sommato la data più probabile sembra proprio essere quella del 57, tenuto conto dell'affermazione di 1 Co 16, 5-8: « Giungerò da voi dopo che avrò attraversato la Macedonia . . . Rimarrò ad Efeso sino a Pentecoste ». Comunque sappiamo da Luca che Paolo dovette anticipare la partenza da Efeso a causa del tumulto degli argentieri(40) .

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IV. Autenticità

Si può con ragione affermare che nessuna lettera di Paolo ha prove di autenticità come la nostra. Clemente Romano è il primo, nel 96 d.C., ad attribuirla a Paolo, nella lettera(41) che, a nome della Chiesa di Roma, scrisse a quella di Corinto a motivo d'un nuovo turbamento in quella Comunità. E' poi la volta di Ignazio di Antiochia (+110 d.C.)(42) di Policarpo (+156 d. C.)(43) Di Ireneo(44) di Clemente Alessandrino(45) di Tertulliano(46) Nel Canone Muratoriano (170 d.C. circa) appare al primo posto.

In tempi recenti soltanto Bruno Bauer(47) ed alcuni studiosi olandesi(48) ne hanno negato l'autenticità. E' sintomatico comunque il fatto che neppure la vecchia scuola di Tubinga, ben nota per le sue posizioni ultracritiche, si sia schierata con Bauer e gli olandesi (49) .

Un'attenta analisi della lettera rivela, poi, così evidenti motivi interni di autenticità da sciogliere ogni ulteriore riserva al riguardo. Lo stile, la lingua, l'esattezza dei dati storici, le caratteristiche spirituali, morali, etiche della città e della Chiesa di Corinto costituiscono quella prova inconfutabile a base della prima affermazione di questo paragrafo (50) .

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VII. Unità ed integrità

A. Unità. La corrispondenza tra Paolo ed i Corinzi è stata più ampia di ciò che noi possediamo. Non ci è pervenuta, infatti, la lettera di cui l'Apostolo parla in 1 Co 5, 9ss. La nostra per la varietà e la molteplicità degli argomenti ha suggerito a più di un critico la formulazione di teorie compilatorie(51) La 2a lettera ai Corinzi (che in verità è la terza) presenta elementi meno unitari, il che è servito a coinvolgere nella diatriba sull'unità anche la 1 a ai Corinzi. L'unità della nostra non sembra tuttavia in pericolo. E' sostenuta dalla totalità dei primi manoscritti e delle antiche versioni. La varietà e la molteplicità degli argomenti, apparentemente non legati fra loro, piuttosto che contraddire il carattere unitario della lettera, lo confermano. occorre infatti tenere presente l'occasione della sua compilazione: a motivi disciplinari e morali si aggiungono motivi d'ordine pratico e dottrinale, in risposta alle particolari esigenze dei fratelli di Corinto. Inoltre la compilazione della lettera avvenne in un certo lasso di tempo e l'Apostolo teneva conto delle notizie man mano che queste gli pervenivano.

Insomma, non ci sembra che sussistano ragioni ed elementi tali da contestare l'unità della nostra.

b. L'integrità. Il testo della lettera è immune da interpolazioni, alterazioni, aggiunte e sottrazioni di parti. E' integro. E' un dato indiscusso, sul quale non sono mai sorti dubbi da parte di chicchessia. Al limite, eventuali interpolazioni o alterazioni dovrebbero essere anteriori alla formazione del «corpus paulinum»; ma una tale possibilità, del resto non appoggiata da versioni e testi antichi, alla luce dell'indagine storico-critica è alquanto difficile se non impossibile a documentare.

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VIII. Conclusione
Termina così l'indagine introduttiva della nostra lettera, una delle «quattro grandi lettere» (assieme a Romani 2 a Corinzi e Galati) di cui nessuno, né Marcione né la scuola di Tubinga né altri, ha mai voluto negare la marcata paolinicità. Una lettera che risponde, a distanza di venti secoli, anche ai problemi ed alle esigenze del nostro tempo, se è vero che lo spirito disordinato di Corinto non è assente, purtroppo, dalla nostra vita cristiana. « Più e meglio di tutte le altre epistole paoline essa ci presenta il quadro vivo e realistico della situazione interna di una delle primitive comunità cristiane, l'incontro della nuova fede con una delle capitali del paganesimo e la complessità dei problemi delicati che sorgono negli animo dei neofiti. Luci e ombre, virtù e vizi, entusiasmi e fiacchezze, problemi di fede e di morale, di liturgia e di disciplina: tutto ciò è presentato come in uno schermo cinematografico. La Chiesa di Corinto rivive sotto i nostri occhi » (52) «Se consideriamo la profondità di pensiero contenuta nella prima lettera di Paolo ai Corinzi, ci sale alle labbra una lode a Dio che sa sempre trarre il bene dal male. il disgusto, l'amarezza che si accumularono nell'animo di Paolo contro i Corinzi non sono forse largamente compensati? Avrebbe egli mai dettato questo capitolo magnifico, fondamentale per la teologia di tutti i secoli, questo splendido elogio della carità, senza gli errori e i disordini che si verificarono nella Chiesa di Corinto? . . . Colui che si scandalizzasse constatando questi tristi episodi della primitiva chiesa cristiana. o quegli altri che di tempo in tempo attristarono la chiesa di Dio, scruti anzitutto nel suo intimo per vedere se non vi sia penetrata mai neanche l'ombra della defezione e impari, alla scuola di Paolo, a conoscere la duplice legge della nostra natura, la doppia forma della nostra esistenza terrena, finalmente rifletta su questa idea, espressa così bene dal Wernl : " Paolo si prodigò prevalentemente nel compito di educare le masse che egli dovette anzitutto trarre dal fango e dal sudiciume per portarle all'altezza del Vangelo; una grande parte del suo lavoro consisteva cioè nell'elevare la gente a quel livello spirituale in cui Gesù già aveva trovato i suoi discepoli di Palestina (53) .
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Bibliografia

1) per le notizie su Corinto si rimanda agli articoli delle varie Enciclopedie e dei Dizionari Biblici, nonché ai resoconti apparsi in «The American Journal of Archaelogie», 37 (1933), pp. 554-772; 39 (1935), pp. 53-75; 40 (1936), pp. 21-45, 366-484; 41 (1937) pp. 539-552; 42 (1938), pp. 362-370; 44 (1940), pp. 255-77, 592-600.

2) Per le «note introduttive» si rimanda alla Bibliografia generale alle Epistole Paoline ed alla Bibliografia Generale alla prima lettera ai Corinzi, rispettivamente a pp. 166s e a p. 222 dell'opera «Introduzione alla Bibbia», V/1, Marietti, Torino 1966.


NOTE A MARGINE

1. Furono eseguiti sotto la direzione della American School of Classical Studies di Atene. I risultati vennero pubblicati nella Collezione Corinth, apparsa a Cambridge (Massachussets) dal 1920 e in frequenti resoconti apparsi in The American Journal of Archaeology dal 1933 in poi. torna al testo

2. Pro Lege Manlia, 5. torna al testo

3. E la città fu certamente all'altezza della situazione: agli sguardi dei visitatori offriva la grandiosità delle sue innumerevoli costruzioni, l'Agorà, il tempio di Apollo in stile dorico, il tempio di Afrodite Pandemos sull'Acrocorinto, le meravigliose fontane Glauke e Pirene (rivestita quest'ultima di marmi da Erode Attico), arrivando così a superare il periodo precedente in splendore e prosperità. torna al testo

4. Strabone, VIII, 6, 20. torna al testo

5. Platone, Rep. III, 404; Aristofane, Fragm. 133. torna al testo

6. Epist. 1,17,36, torna al testo

7. Filone, leg. ad Gaium, 36. torma al testo

8. I primi tentativi di tagliare l'istmo furono quelli di Nerone e di Erode Attico; ma il progetto venne realizzato soltanto nel XIX secolo (1881-1893). torna al testo

9. Si pensa ad una popolazione di circa 600.000 persone. E.B. Allo la ritiene però esagerata (Première Epître aux Corinthiens, Paris, 1934, X). torna al testo

10. Aristide, Or., 3, 23. torna al testo

11. Il primo contatto di Paolo con la città di Corinto è narrato da Luca in At 18, 1-22. torna al testo

12. 1 Co 2, 1-4. torna al testo

13. Provenienti da Roma, a motivo del decreto di Claudio dell'anno 49 d.C. di espulsione di tutti i giudei dalla capitale a causa di certi disordini da loro forse provocati, cfr At 18, 2; cfr Svetonio; Claud. XXV, 11: «Impulsore Chresto assidue tumultuantes». E' diffusa l'opinione che Svetonio si riferisse al diffondersi del Cristianesimo a Roma. Dice A. Omodeo: «Che la notizia si riferisca al movimento cristiano credo sia da mantenere, come pure la realtà del decreto d'espulsione, contro cui Loisy, Actes, 685-9, solleva dubbi, riducendolo al semplice divieto d'assembramenti di cui parla Dione Cassio. LX, 6, 6» (Paolo di Tarso, apostolo delle genti, Ed. Scientifiche Italiane, Napoli, 1956, p. 232). torna al testo

14. At 18, 3. torna al testo

15. At 18, 6. torna al testo

16, At 18, 8. torna al testo

17. Rm 16, 23. torna al testo

18. 1 Co 5, 9. torna al testo

19. 1 Co 5, 10. torna al testo

20. 1 Co 1, 11. torna al testo

21. Cf At 18, 27 e 1 Co 16, 12. Luca narra in At 18, 24ss il primo contatto di Apollo col Vangelo. Il nome è un'abbreviazione di Apollonio o Apollodoro. Oriundo di Alessandria, è probabile che fosse un seguace di Filone che, oltre a seguire il metodo di interpretazione allegorica, accordava Mosè con Platone. Per maggiori notizie su Apollo, famoso per eloquenza ed eleganza di parola, cf C. Spicq, L'Epître aux Hebreux, I, Paris 1952, pp. 210-219. torna al testo

22. 2 Co 11, 6. torna al testo

23. Si è cercato di collegare il « partito di Cefa» ad un ipotetico soggiorno di Pietro a Corinto, per il fatto che Dionigi di Corinto, verso il 170 d.C., nella lettera alla Chiesa di Roma afferma che a fondare la Chiesa di Corinto sono stati Pietro e Paolo. Così Eusebio, Hist. Eccl. II, 25, 8. Ma la notizia non trova fondamento alcuno. torna al testo

24. Così la maggior parte degli esegeti. La reazione di Paolo in 1 Co 1, 13 fa supporre che lo stesso Apostolo vedesse nel partito « di Cristo » un gruppo in polemica con gli altri. Di più, in 2 Co 10, 7 appare chiara la posizione polemica di questo partito con Paolo. Non tutti sono di questo parere, scrive A. Omodeo: «Troppo si è fantasticato sui partiti di Corinto. La critica moderna ormai esclude completamente che in Corinto vi fosse un partito antipaolino che si richiamasse a Cristo, il cosiddetto partito «dei cristiani». La frase 1 Co egò de Cristoû, se non è un'interpolazione deve essere separata da ciò che precede ed è il motto dell'unità cristiana levato da Paolo» in p. c.. p. 314. Chi riprende l'idea dell'interpolazione, o della glossa, cita 1 Co 3, 22, ove la menzione di Paolo, Apollo e Cefa viene separata da quella di Cristo; e pure 1 Clem 47, 3: «Vi ha scritto (Paolo) di se stesso, di Cefa e di Apollo, perché anche allora aveva provocato delle discordie», segno, si dice, che Clemente non aveva letto del partito «di Cristo», la cui inclusione nel testo della lettera dev'essere posteriore al 96 d.C. Tuttavia l'ipotesi della glossa non poggia su basi critiche. torna al testo

25. 1 Co 9, 2.3. torna al testo

26. 2 Co 3, 2. torna al testo

27. 1 Co 16, 10ss. torna al testo

28. 1 Co 16, 17. torna al testo

29. 1 Co 7, 1. torna al testo

30. Cf i biglietti di invito alla mensa di Serapide nei papiri d'Ossirinco, I, 110; III, 523. torna al testo

31. F. Prat, Teologia di S. Paolo, I, S.E.I., Torino 1938, p. 85. torna al testo

32. Data la varietà di «piani» della lettera nei molti testi di Introduzione alla 1a Lettera ai Corinzi e d'Introduzione Generale alla Bibbia, si rimanda ad essi per uno schema più particolareggiato. torna al testo

33. Occorre precisare che la cronologia della vita di Paolo negli ultimi tempi è stata ricostruita su basi che hanno come punto di riferimento l'incontro di Paolo con Gallione, a Corinto. Ciò è stato possibile per il ritrovamento nel 1905 a Delfi d'una iscrizione relativa al proconsolato di Gallione in Acaia. Questa nuova cronologia retrodata, in effetti, di quattro anni circa quella tradizionale. Cf Fausto Salvoni, Vita di Paolo e Lettere dalla Prigionia, Centro Studi Biblici, Milano, Anno Acc. 1958-1969, pp. 39-42. torna al testo

34. Secondo la cronologia tradizionale. Vedi nota precedente. torna al testo

35. O. c., LXXXVI.LXXXIX. Cf L. Cerfaux, L'Eglise des Corinthiens, Paris 1946, p. 7. torna al testo

36. Così Meinertz. G. Ricciotti ed altri. torna al testo

37. Tra la prima e la seconda lettera ai Corinzi, è probabile che Paolo abbia fatto un viaggio a Corinto non molto proficuo (2 Co 7, 2-12); tornato ad Efeso potrebbe aver scritto quella lettera «molto severa», anche questa non pervenutaci, di cui parla in 1 Co 7, 8-9; 10, 10; 12, 14; 13, 1. In seguito inviò Tito a Corinto per essere informato della situazione e, dopo la sommossa degli argentieri (At 19, 23), partì per la Macedonia. Avendo qui incontrato Tito con le notizie di Corinto, scrisse la 2a lettera canonica. Gli avvenimenti così ricostruiti non incontrano però il favore di tutti; per cui le cose potrebbero anche essere andate diversamente. Si rimanda comunque l'analisi di questi dati alle note introduttive della 2a lettera ai Corinzi. torna al testo

38. Introduzione al N.T., Paideia 1963, Brescia, p. 371. torna al testo

39. Introduzione alla Bibbia, Marietti, Torino 1966, p. 230. torna al testo

40. At 19, 23ss. torna al testo

41. Ad Cor 47, 1. torna al testo

42. Ad Eph. 16, 1 e 1 Cor 6, 9s; Ad Rom 5, 1 e 1 Cor 4, 4. torna al testo

43. Ad Phil. II, 2. torna al testo

44. Adv Haeres. III, II, 9; IV, 27, 3; etc. torna al testo

45. Strom. IV, 21, 132s; Paed. i, 6, 33; II, 1, 4. torna al testo

46. De praescr., 33 e 1 Cor 15, 12. torna la testo

47. Filosofo e storico tedesco (Eisemberg, 1809-Rixdorf, 1882), fu uno dei maggiori rappresentanti del neohegelismo. negò la storicità di Gesù e l'autenticità dell'epistolario paolino (cf. la sua opera Kritik der paulinischen Beiefe, pp. 1850-52). torna al testo

48. Tra gli altri, Loman, Naber, Van den Berg e lo svizzero B. Steck. torna al testo

49. Occorre tuttavia notare l'opinione di qualche altro critico che ammette dei «rimaneggiamenti non paolini » (Volter, J. Weiss, Hartke); o delle « interpretazioni cattolicizzanti» (Weiss); oppure un «rivestimento ed ampliamento a cura di un redattore marcionita, con revisione di un editore cattolico » (H. Delafosse). torna al testo

50. Per una più ampia indagine sui dati in esame, cf. E.B. Allo, o.c. LII-LXXXIV. torna al testo

51. Dopo C.F. Bauer (1792-1860, fondatore della «nuova scuola di Tubinga»), un certo numero di critici ha appoggiato questa tesi: J. Weiss e M. Coguel ritengono che la nostra contenga in realtà tre lettere. W. Schmithals in «Die Gnosis in Korinth», Gottingen 1955, p. 12, sostiene la tesi di una lettera A, inviata da Paolo a Corinto tramite Stefana; e di una lettera B, inviata tramite la gente di «casa Cloe». Sia A che B sarebbero state poi riunite nella nostra. torna al testo

52. S. Cipriani. Le Lettere di S. Paolo, ed. Pro Civitate Christiana, Assisi 1965, III ed., p. 112. torna al testo

53. G. Holzner, L'Apostolo S. Paolo, ed. Morcelliana, V ed., Brescia 1961, pp. 383-384. torma al testo