LA PRIMA LETTERA AI CORINZI
Il battesimo per i morti (1 Corinzi 15, 29)
a cura di Fausto Salvoni - articolo tratto da Ricerche Bibliche e Religiose, n. 4, IV Trimestre 1973, pp. 7-17

INDICE

Introduzione
A. Critica Testuale
B. Le interpretazioni
    1) Il battesimo vicario per i morti
    2) In vista della resurrezione
    3) Il termine «battesimo» va inteso in senso metaforico
C) Correzioni
    1) Interrogazioni retoriche
    2) L'ipotesi di Nolli
D. Ipotesi personale: battesimo dei «vivi» per quando saranno «morti»



Introduzione

Nella prima lettera ai Corinzi si parla di un «battesimo per i morti» che ha suscitato le più svariate interpretazioni(1) Ecco come il passo letteralmente suona:

Se non vi fosse resurrezione dei morti che faranno coloro che si immergono (=battezzano) per ( üpèr) i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché mai si immergono per loro? (1 Co15, 29).

Sembra che si alluda ad una specie di battesimo vicario nel quale alcune persone vive si facevano battezzare per delle persone già morte, come ancora oggi usano i Mormoni. per utilità dei lettori presento brevemente le conclusioni più importanti emesse in questi ultimi anni per spiegare un passo, che J.R. Dummelow chiama molto «difficile »(2) e W.J. Conybeare non ancora completamente spiegato (3) .

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A. Critica Testuale

Il testo è abbastanza sicuro: ma nei codici F (Cambridge sec. IX) e G (Dresden, Boernerianus, secolo IX) appare il presente «fanno » (poièsousin ). La correzione non ha valore in quanto sembra un semplice tentativo di eliminare il difficile futuro del testo (4) .

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B. Le interpretazioni

1) Il battesimo vicario per i morti

Alcuni studiosi (Lietzmann, J Weiss, A. Vacant, A. Plummer)hanno inteso il passo nel senso più ovvio e ammettono che a Corinto esistesse l'uso di battezzare dei vivi per le persone morte senza battesimo (battesimo vicario). Paolo, senza approvarlo né disapprovarlo, lo utilizza come argomento ad Hominem per difendere la propria tesi sulla resurrezione(5) Il fatto che si usi la terza persona plurale (« che faranno») anziché la seconda plurale (cf. «voi», v. 31) fa capire che tale uso non era praticato da Paolo e forse nemmeno dalla comunità di Corinto, ma solo da un gruppo di Corinzi. Tale pratica esisteva certamente nel 2° secolo presso alcune sette eretiche: come i montanisti (6) i marcioniti(7) e i cerintiani(8) .

Ce ne offre una descrizione il Crisostomo (m. 407):

« Quando moriva un catecumeno (marcionita), si nascondeva sotto il letto del morto un uomo vivo. Accostandosi al letto del defunto essi si mettevano a parlare con lui e gli chiedevano se fosse disposto a ricevere il battesimo. Al posto del morto che stava zitto, rispondeva il vivo nascosto sotto il letto, che si battezzava poi al posto del defunto » (9) .

Il battesimo per i morti fu praticato nelle chiese africane sino al tempo di Agostino e di Fulgenzio che lo biasimano(10) esso fu pure condannato dal Concilio di Cartagine (11) In Germania persistette ancora più a lungo perché vi fu combattuto da Buscardo di Worms(12) .

A favore di questa interpretazione stanno la sua semplicità, il fatto che i vocaboli conservano il loro valore usuale: üpèr indica infatti «a favore » (dei morti), i morti sono davvero i defunti. Ma vi è pure qualcosa che non quadra. Anzitutto non è documentabile tale battesimo vicario del 1° secolo; esso è infatti contrastante con tutta la teologia di Paolo per il quale il vivo deve operare la propria salvezza; dopo la morte non vi è alcuna possibilità di modifica (cf. Rm 2, 6; 2 Co 5, 10; Ga 6, 7 e Ap 2, 23; 20, 12; 22, 12).

Non troviamo mai nel Nuovo Testamento l'idea di quei Maccabei, che compirono un sacrificio di espiazione a favore dei soldati defunti (2 Mac 12, 38s).

Sembrerebbe strano che Paolo adduca una pratica superstiziosa e non buona, senza aggiungervi una nota di biasimo. Di più è inspiegabile la forma plurale « che faranno? », quando per alludere a un uso già esistente, sarebbe stato più logico adoperare il presente: « Che fanno? ». Di conseguenza altri autori cercarono altre soluzioni.

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2) In vista della resurrezione

I commentatori greci interpretano spesso il passo come un'ellissi nella quale sarebbe stata omessa la parola «resurrezione » prima dei «morti ». Il passo dovrebbe essere così tradotto: « Che faranno coloro che si battezzano in vista della resurrezione dei morti? » o «per ottenere la resurrezione dei morti?» ( üpèr tês anastàseos tôn nekrôn ). «Perché si battezzano in vista della resurrezione dei morti?». E' la tesi sostenuta da J.W. Garvey, da A. Clarke e da R. Erdman. Il primo così scrive:

Rm 6, 3-11 rende il passo di Paolo assai chiaro. I morti cristiani costituiscono una classe particolare della quale il Cristo è capo e anche primogenito già risorto. Con il battesimo ci uniamo a questo gruppo e quindi anche al Cristo, esprimiamo simbolicamente la nostra speranza di risorgere con questo gruppo in virtù della potenza di Cristo... Se non vi è resurrezione, anche il battesimo che la simboleggia, è privo di valore (13) .

Anche questa ipotesi presenta notevoli difficoltà: anzitutto perché è stata eliminata nell'ellissi la parola «resurrezione » che rende l'espressione assai enigmatica? Spesso nell'espressione: «Resurrezione dei morti » si sottintende la parola «morti », lasciando solo «resurrezione »; qui invece stranamente si sottintende il vocabolo « resurrezione». Inoltre la preposizione üpèr non ha il senso di «in vista di, per ottenere » che è invece proprio di eis (cf At 2, 38). Anche il futuro « che faranno? » resta incomprensibile nel caso del battesimo attuato continuamente nella chiesa; dovrebbe essere usato il presente « che fanno? »

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3) Il termine «battesimo» va inteso in senso metaforico

Il Godet, riprendendo un'ipotesi già emessa dal card. Bellarmino al Concilio di Trento, sostenne che qui Paolo parla di un battesimo figurato. Il contesto parla di pericoli: vi si legge infatti «noi corriamo pericoli » ( kindunéuomen ) « io vado alla morte » ( ápothnésko ), « ho combattuto con le fiere » ( etheriomàchesa ); è quindi logico sospettare che anche l'immersione, qui presentata, significhi immergersi nella sofferenza, nel martirio, nella morte (cf Mc 10, 38; Lc 12, 50). Il passo quindi si dovrebbe tradurre: « Che faranno coloro che sono immersi (nel martirio) per divenire dei morti? », per entrare cioè con il martirio nel regno dei morti? E' pure il pensiero di J. Mac Knight, secondo il quale il credente deve essere disposto a subire anche la morte (= essere battezzato in essa) per testimoniare in tal modo la propria fede nella «resurrezione dei morti» (14) Questa interpretazione spiega il futuro, perché si tratta di un possibile futuro martirio che attende i cristiani.

Però di solito, quando il battesimo ha il senso simbolico, è unito con « calice» o con frasi esplicative come « battesimo del quale io ho da essere battezzato », che qui invece mancano totalmente (Mc 10, 38s; Lc 12, 50). Inoltre questa ipotesi non salvaguarda il senso di üpèr che indica «a favore dei morti », non movimento «verso i morti »(15) in questo caso vi dovrebbe essere la preposizione eis.

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C. Correzioni

Date le difficoltà precedenti alcuni esegeti moderni introducono delle correzioni testuali che si riducono in gran parte a modificare solo la punteggiatura mancante nei codici più antichi. Ecco le principali ipotesi.

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1) Interrogazioni retoriche

Il Dürselen in uno studio del 1903 ha spezzato la frase in una serie di domande retoriche usuali nello stile paolino e dà al vocabolo « fare» il senso di « ottenere». Ecco la traduzione da lui suggerita: «Che otterranno coloro che sono battezzati? per i morti? (= per essere solo morti?). Infatti se i morti non risuscitano perché farsi battezzare? per loro? (per essere uno di loro) » (16) E' l'ipotesi accolta da B.M. Foschini, C. Spicq, F Spadafora ed altri (17) .

A tali domande il credente risponde con la negativa;; che si fa battezzare non lo fa per divenire semplicemente un morto come tutti gli altri, ma per ottenere la resurrezione dai morti, che quindi è così difesa.

Anche questa ipotesi, pur essendo possibile data l'originaria mancanza di interpunzione negli antichi manoscritti greci, crea delle difficoltà, perché da ad üpèr a favore di ») il senso innaturale di eis « verso » « per divenire uno dei morti », il che non è mai testimoniato per la preposizione üpèr.

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2) L'ipotesi di Nolli

Di recente G. Nolli, in un articolo apparso sull' «Osservatore Romano» ha suggerito un'interpretazione nuova. Così egli traduce il passo: « Coloro che si fanno battezzare in cosa supereranno i morti? perché allora si fanno battezzare? Riguardo a noi stessi (üpèr autôn = üpèr emôn autôn) perché mai ci esponiamo ogni istante ai pericoli? »(18) .

Egli congiunge la prima preposizione üpèr (per) con il verbo poiéo (fare) traendone il senso di «superare ». Il secondo üpèr (autôn ) è congiunto come inizio alla frase del v. 30 e per di più il pronome autôn (loro) è inteso come abbreviazione di « noi stessi», in quanto sarebbe stato omesso il pronome «noi » (emôn ). Si tratta, come ognuno vede, di una ipotesi complicata, anche se spiega il futuro perché il «supereranno » riguarda il tempo futuro della morte e non il momento del battesimo. E' poi possibile spostare le parola « üpèr autôn»al seguente v. 30, premettendovi un punto, in quanto l'interpunzione non appare nei codici antichi ed è sempre frutto di interpretazione. E' però difficile attribuirvi il senso di «riguardo a noi stessi », in quanto nulla fa supporre un cambiamento di oggetto dai « morti » precedenti, al « noi » maestatico di Paolo. Anche il senso di « superare » dato al verbo üpèr-poiéo (nel quale lo üpèr starebbe al posto di perì-poiéo )(19) è assai discutibile perché il verbo perì-poiéo significa: « salvare, conservare, ottenere, guadagnare », ma non «superare ».

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D. Ipotesi personale: il battesimo dei «vivi» per quando saranno «morti»

Accogliendo in parte i suggerimenti di Nolli, ecco come io interpreterei il passo paolino: « Che cosa si procureranno a favore dei morti (= a favore di quando saranno morti) quelli che si immergono? perché allora si immergono? In loro favore perché noi pure corriamo pericoli ogni ora? Ogni giorno io muoio ...»

Il verbo « che cosa si procureranno» è futuro perché si riferisce a dei « morti ». non ancora morti al momento del battesimo: nell'attimo in cui si fanno battezzare i cristiani sono tuttora vivi, ma questa immersione dovrebbe giovare per il tempo in cui saranno «morti», essendo un simbolo di resurrezione (cf Rm 6, 5; Cl 2, 12). Se non vi fosse resurrezione tale segno non varrebbe più a nulla.

Siccome il battesimo è quello comune che si attuava di continuo nella chiesa a mano a mano che qualcuno si convertiva, Paolo usa giustamente il participio presente ( oi baptizòmenoi ) e il verbo al presente: «perché si battezzano? » ( baptìzontai? ).

Che il verbo « fare» ( poièin ) possa avere anche il senso di «procurarsi », appare anche in altri passi biblici (20) Che il vocabolo «morti » possa usarsi anche per persone tuttora viventi ma che devono morire, non fa meraviglia: anche in 1 Pt 4, 6 si legge: « Per questo la buona notizia è stata annunziata anche ai morti ». vale a dire alle persone vive che poi sono divenute morte (21) I morti sono quindi la categoria dei cristiani defunti, alla quale parteciperanno pure i Corinzi che si fanno battezzare.

Ora, se non vi fosse la resurrezione dei morti, quelli che si battezzano non compiono nulla a favore di quando saranno morti, perché i morti cristiani non si diversificheranno dagli altri morti senza speranza (22) .

In tal modo il v. 29 (battesimo per i morti) è in perfetto parallelismo con il v. 30 (fatiche di Paolo) e hanno entrambi il medesimo scopo di mostrare come quanto si compie (battesimo - fatica) implichi l'idea della resurrezione dei credenti. Infatti, per questi credenti, che devono divenire fisicamente dei morti, Paolo lavora con grande energia subendo sacrifici d'ogni genere, correndo il rischio di morire lui pure (23) Non vale la pena faticare così se i cristiani, quando saranno morti, si troveranno nella identica situazione degli altri morti, senza alcuna resurrezione. Mentre, se vi è resurrezione, il battesimo varrà « a favore di essi quando saranno morti » perché di fatto i credenti, uniti a Cristo, ridiverranno vivi con la resurrezione gloriosa: «Anche se nuore egli vivrà» (Gv 11, 25s). Paolo non si interessa qui della eventuale resurrezione degli empi, poiché essa non sarà mai una resurrezione per la gloria, ma solo un risorgere per andare alla punizione. In questa resurrezione (gloriosa) sta proprio il coronamento della speranza cristiana e la ragione del battesimo cristiano.


NOTE A MARGINE

1. J.W. Horsley nel Newbery House Magazine nel giugno 1889 ricordava già allora l'esistenza di ben trentasei opinioni diverse. Eccone alcune: per Lutero si tratta di un battesimo compiuto sulla tomba dei morti (ma non è documentato il senso locale di üpèr ); per Calvino i «morti » sarebbero dei cristiani moribondi che venivano battezzati come se fossero già morti. Così pure l'ipotesi del Bengel; ma in tal caso ci si aspetterebbe os «come » (dei morti), non üpèr «per». torna al testo

2. J.R. Dummelow, A Commentary on the Bible, New York 1944, p. 919 « very obscure allusion». presento qui in edizione riveduta, quanto ho già scritto nella dispensa Iniziazione cristiana, Milano 1967, pp. 195-200. torna al testo

3. W.J. Conybeare, J.S. Howson, The life and Epistles of Paul, Grand Rapids 1954, p. 453 «no satisfactory explanation. torna al testo

4. Alcuni lo spiegano come un futuro logico, ma in tal caso perché al v. 29b vi è il presente «si battezzano» e non il futuro? Alcuni ricorrono al futuro di cortesia, però si usa solo con i verbi di domanda, e corrisponderebbe al nostro «Ti pregherei» per «ti prego». Gli si potrebbe dare il senso di futuro anteriore: «Che avranno fatto a favore dei morti coloro che si battezzano?» La risposta sottintesa sarebbe: «Nulla! avrebbero perso il loro tempo». Ma questo uso del futuro è alquanto dubbio. torna al testo

5. Lietzmann, Handbuch zum Neuen Testament III, 2 1907 (ab e.); J. Weiss, Kritical exegetischer Kommentar di H.A. Meyer 2 1925 (a.l.); A. Vacant, Baptème des morts, Dic. Bible I 1442; A. Plummer, Baptism for the Dead, in Hastings, Dictionary of the Bible I, 245; V. Jacono, Le lettere di Paolo, Marietti, Torino a.l.; A, Hoepke, bàptô in Grande Lessico, Paideia, Brescia (trad.) 2, col. 77-78 (I, 540 tedesco Kittel, Th.W. N.T.): « Probabilmente 1 Co 15, 29 è soltanto un'argomentazione tattica, intesa ad ironizzare le incoerenze dei Corinzi; o forse allusione a una pratica non cristiana. Il battesimo vicario è attestato in varie sette gnostiche... Tutte le interpretazioni che escludono il battesimo per i morti sono inconsistenti » (ivi). Non si riesce tuttavia a documentare l'esistenza di simili battesimi pagani o cristiani al I° secolo. torna al testo

6. I Montanisti (da Montano loro fondatore), erano diffusi in Africa settentrionale, dove arrivarono dalla Frigia; presso di loro dominava la profezia (già usata nei culti di Attis e Cibele) per cui i profeti erano ritenuti superiori ai vescovi; vigeva pure una forte austerità morale, pronta al martirio. Sul loro battesimo cf. Filastrio, Adv Hhaer. 49 PL 12; 1166A « hi mortuos baptizant». torna al testo

7. I Marcioniti (da Marcione loro fondatore) sostenevano che la materia proviene da un dio malvagio opposto al Dio buono, creatore delle anime, per cui occorre liberarsi dalla materia per salvarsi. Ammettevano il battesimo dei morti, cf Tertulliano, Adv. Marcionem 5, 10 PL 2, 495 CSEL 46, 605. torna al testo

8. Per tale battesimo dei cerintiani, da Cerinto eretico gnostico del 1-2° secolo. contro cui, al dire di Ireneo, avrebbe polemizzato l'apostolo Giovanni, cf. Epifanio, Haereses 28, P4 41, 384 C-385A. torna al testo

9. G. Crisostomo, In 1 Co hom. 40, P4 G1, 347. torna al testo

10 Agostino (m. 430), Opus imperfectum 6, 38 PL 45,1597; Fulgenzio (m. 533), Ep. 11, 4 e 12, 20 PL 65,379. torna al testo

11. Conc. di Cartagine 3 tenuto nel 397, cf. Hefele-Leclercq vol. 2, 68. torna al testo

12. Buscardo di Worms (m. 1025) scrisse un libro per sostenere che i morti non vanno battezzati: De mortuis non baptizandis, 4, 37 PL 140,734. torna al testo

13. J.M. Mc Garvey - P.Y. Pendleton, The Standard Commentary (Thess. Corinth. Galat. Roma.), Cincinnati, Standard Publish. Comp., pp. 152ss; A. Clarke, Commentary, New York, 6,285; R. Erdman, Fist Epistle of Paul to the Corinthians, Philadelphia 1928, p. 145. torna al testo

14. J. Mc Knight, Apostolical Epistles, Nashville 1954, p. 202; Godet, Commentaire sur la premièr Epitre aux Corinthiens, 1887, ad locum. Così pure Edward, Commentary in the First Epistle to the Corinthians, 1885 ad locum. torna al testo

15. Per tale motivo lo Schlatter (Paulus, der Bote Jesu, Stuttgart 1934, p. 423) vi vede un sostegno per l'idea che il martirio avrebbe un valore di suffragio per i già morti. torna al testo

16. Dürselen, Die Taufe für die Tofen. A Co 15, 29, in «Theologischen studien und Kritiken» 1903, pp. 291-308. torna al testo

17. B.M. Foschini, Those who are baptized for the Dead, in 1 Co 15, 29. An Exegetical Historical Dissertation, Worchester, The Hefferman press, 1951 (estratto da «Cath Bibl. Quart.» 12, 1950, pp. 260-276.379-388; 13, 1951, pp. 172-198.276-283); C. Spicq, in «Rev. Sciences Phil. Theol.» 37 (1953), pp. 156s; F. Spadafora in «Rev. Bibl.» 1 (1953), pp. 147s. torna al testo

18. G. Nolli, Il battesimo per i morti in «Oss. Rom.» 6 febbraio 1963. torna al testo

19. Cf. J.H. Moulton-N. Turner, A Grammar of N.T. Greek, vol. III Syntax, Edinburgh 1963, p. 270. Lo scambio üpèr e perì è chiaro da Ef 6, 18, dove l'apostolo suggerisce di pregare « per (perì) tutti i santi» e anche « per (üpèr ) me». torna al testo

20. Tale senso si ha, ad esempio, in Lc 16, 9 (procuratevi degli amici); 12, 3 (delle borse); Gv 4, 1 (discepoli); Odissea 2, 126 (procurarsi gloria kléos). Tale senso è accolto (sia pure con riserva) da Héring o. c., p. 142 « quel résultat obtiendront ». torna al testo

21. Cf F. Salvoni, Cristo andò nello spirito a proclamare agli spiriti in carcere, Ric. Bibl. Rel. VI (1971) n. 1/2 (specialmente pp. 78-85). Siccome Pietro parla di «morti » già morti, anche se evangelizzati da vivi, usa il passato; Paolo che parla di «morti » futuri, usa il futuro: «otterranno ». torna al testo

22. Affine a quanto ho scritto è il pensiero Hermann Cremer: « (occorre) farsi battezzare con la speranza della resurrezione, poiché, per chi si fa battezzare senza questa speranza, il battesimo non ha senso » (cf. 5, 29.32). Se i morti non risorgono ( oi nekròi ouk egeìrontai, v. 29.32) a che vale soffrire (v. 30)? H. Cremer - J. Kogel, Biblisch-Theologisches Worterbuck10 Gotha 1915, p. 198. torna al testo

23. Pur non essendo necessario nella presente ipotesi, preferisco unire il « per loro» all'inizio del v. 30 « Per loro perché anche noi corriamo pericolo... » anziché congiungerlo con la fine del v. 29 « perché si battezzano per loro» (cioè per il momento in cui anch'essi saranno « morti»). torna al testo