SACERDOZIO DELLE DONNE

a cura di Fausto Salvoni - articolo tratto da Ricerche Bibliche e Religiose, n. 2, II Trimestre 1977 pp. 9--25


INDICE

Introduzione
I. Analisi del documento
    1) La tradizione
    2) L'esempio di Gesù
    3) La prassi apostolica
    4) Le ragioni determinanti
II. Alcune osservazioni
    1) Testi biblici non valorizzati
    2) Il sacerdozio ministeriale
Bibliografia


Introduzione

La società odierna va sempre più riconoscendo la parità dei diritti tra uomo e donna: voto, stipendio, eliminazione dello sfruttamento femminile che la rendeva asservita all'uomo. Il problema, impostato secondo la moda corrente, in termini di lotta per la liberazione della donna, assume talora risvolti incomposti e aberrazioni, quali la libertà sessuale, libera gestione del proprio corpo, facoltà di abortire liberamente a spese dello Stato. Il problema divenne ancora più attuale nel 1975 con l'organizzazione, sotto gli auspici dell' O.N.U., dell'anno internazionale per la Donna, a cui partecipò anche il Vaticano. Il movimento indusse ad inserire la donna in ogni campo di lavoro, per cui le stesse chiese si interrogarono, per vedere se fosse possibile immettere la donna anche nel campo pastorale o sacerdotale. Nei paesi scandinavi le donne furono ammesse al pastorato per decreto dei rispettivi parlamenti: Norvegia (1938), Danimarca (1947), Svezia (1959). Le chiese luterane, in gran parte, conferiscono l'ordinazione pastorale alle donne, seguite da alcune chiese metodiste, presbiteriane e riformate (1) In Italia un atto sinodale della chiesa valdese del 1962 ha deciso: « Il sinodo... riconosce nelle sorelle che siano state a questo chiamate la piena validità del Ministero della Parola ».

Il documento della commissione Fede e Costituzione del consiglio mondiale delle chiese ad Acca nel Ghana costatava il progressivo sviluppo del movimento favorevole alle ordinazioni delle donne (2) L'ultima assemblea dal Consiglio Mondiale delle Chiese, tenutasi a Nairobi nel dicembre del 1975, suggerì di continuare su questa strada e di proseguire nello studio del problema senza lasciarsi arrestare da motivi d'ordine ecumenico(3) .

Simili antecedenti fecero sorgere anche in campo cattolico una tendenza favorevole che si appoggiava soprattutto sul suggerimento del Vaticano II: « Siccome ai nostri giorni le donne hanno una parte sempre più attiva in tutta la vita sociale, è di grande importanza una loro più larga partecipazione anche nei vari campo dell'apostolato della chiesa » (Apostolicam actuositatem n. 9). Di qui i vari studi che sorsero per vedere se in tale partecipazione si potesse far rientrare anche la scelta delle donne al sacerdozio; sull'argomento si esaminarono i dati biblici, storici, canonici, sociologici e psicologici per sottolineare se fossero ormai cadute le ragioni negative che si ricollegano all'ambiente socio-culturale del passato necessariamente transitorio (4) Il 3 luglio 1975 il sinodo generale anglicano ha riconosciuto che « non esiste alcuna obiezione di fondo all'ordinazione sacerdotale delle donne ». La conferenza tenuta a Detroit (Michigan, USA), che aveva per titolo Women in Future , affermava che il sacerdozio si deve considerare una chiamata all'azione nella quale le donne possono trovare il loro posto adeguato. Quindi anche alcuni cattolici giunsero alla conclusione che non vi è « alcuna obiezione teologica fondamentale all'eventualità di donne sacerdoti » (5) La novità assunse maggiore acutezza quando la chiesa anglicana ammise le donne al ministero in quanto essa, secondo la chiesa cattolica, ha vere ordinazioni sacerdotali che sono invece rifiutate dalle chiese protestantiche luterane. Il primo caso in questa direzione avvenne nel 1971 con la loro ordinazione da parte del vescovo anglicano di Hong Kong; esso fu poi seguito dalla decisione favorevole del sinodo generale della chiesa anglicana canadese, riunitasi a Québec (giugno 1975).

Le chiese ortodosse si mostrarono subito rigidamente contrarie alla innovazione moderna (6) anche Paolo VI presentò subito le sue riserve in due lettere indirizzate all'arcivescovo anglicano di Canterbury, Dr Coggan (7) nell'allocuzione ai membri della Commissione di studio sulle funzioni della donna nella società o nella chiesa, ai membri del comitato internazionale per la donna (18 aprile 1975) e, infine, in modo particolare il 6 dicembre 1976 nel discorso rivolto alle partecipanti del centro italiano femminile.

Secondo il papa la donna, pur possedendo una «immagine e somiglianza di Dio» identica a quella dell'uomo, la realizza nella «maniera peculiare », per cui « la donna si differenzia dall'uomo non in dignità di natura, ma in differenza di funzioni ».

« Occorre guardarsi da una subdola forma di svalutazione della condizione femminile, nella quale è possibile incorrere, quando si volessero misconoscere quei tratti diversificanti iscritti dalla natura in ambedue gli essere umani. Appartiene invece all'ordine di creazione che la donna realizzi se stessa come donna, non certo in una gara di mutua sopraffazione nei confronti dell'uomo, bensì in armonia e fervida integrazione, basata sul rispettoso riconoscimento dei ruoli propri a ciascuno » (Oss. Rom. 6/7 dicembre 1976).

Per ordine del Papa la S. Congregazione per la dottrina della fede è intervenuta con la Dichiarazione Inter Insigniores del 15 ottobre 1976, festa di S. Teresa d'Avila, ma pubblicata nell' Osservatore Romano solo il 28 gennaio 1977, della quale voglio qui presentare i punti fondamentali per poi aggiungervi alcune note critiche dal punto di vista evangelico (7bis) Gli argomenti sono tratti dalla tradizione, dall'atteggiamento di Gesù, dalla prassi apostolica che, secondo il Papa, mantengono un valore permanente.

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I. ANALISI DEL DOCUMENTO

1) La tradizione

Salvo alcune sette eretiche di derivazione principalmente gnostica (8) la tradizione sia orientale sia occidentale ha sempre rifiutato di ammettere le donne al ministero sacerdotale. Più che sulla sottomissione della donna, derivata dall'ambiente socio-culturale del tempo, essa poggia — al dire della Dichiarazione — sulla tradizione ricevuta dal Cristo. Ce lo testimoniano gli antichi documenti della disciplina ecclesiastica siriani, noti sotto il nome di Didascalia degli Apostoli (metà del III secolo) e di Costituzioni apostoliche (a cavallo tra il IV e il V secolo). Lo stesso afferma la collezione egiziana dei venti canoni pseudo-apostolici che si trovano nel Synodos alessandrino e che furono tradotti in molte lingue (9) Anche per il Crisostomo le donne, al pari della maggioranza degli uomini, sono escluse dal compito sacerdotale, perché questo è un dono divino non concesso a tutti(10) .

Al tempo della scolastica, quando si impose la dottrina sacramentaria, i canonisti esclusero dal sacerdozio le donne perché, come disse Innocenzo III in una lettera dell' 11 dicembre 1210 ai vescovi Palenzia e Burgos, « nonostante che la beatissima vergine Maria superasse per dignità ed eccellenza tutti gli apostoli, non a lei, bensì a costoro il Signore affidò le chiavi del regno dei cieli» (11) Bonaventura addusse pure un altro argomento, quello che il sacerdote, essendo segno e rappresentante del Cristo, deve essere necessariamente maschio.

« Si deve dire che l'esclusione delle donne dal sacramento dell'ordine non proviene dal volere della chiesa. Infatti in questo sacramento la persona che si ordina rappresenta il Cristo mediatore »(12) .

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2) L'esempio di Gesù

La dichiarazione evidenzia due fatti tra loro ricollegati: dapprima mette in rilievo che Gesù ha valorizzato le donna tanto da opporsi al diritto giudaico e alla sociologia del tempo. Contro l'uso corrente egli conversa pubblicamente con la samaritana (Gv 4, 27), non tiene in alcun conto lo stato di impurità legale dell'emoroissa (Mt 9, 20ss), si lascia accostare da una peccatrice ben nota (Lc 7, 37ss), perdona all'adultera mostrando in tal modo che non si deve essere più severi con una donna che con un uomo (Gc 8, 3-11). Contro l'uso del tempo Gesù afferma la parità dei diritti e dei doveri tra i due coniugi (Mc 10, 2-11; Mt 19, 3-9). Elogia la vedova che dona la sua piccola offerta nel tesoro del tempio (Mc 12, 45) e la Maria di Betania che gli ha espresso il suo affetto versandogli addosso un profumo costoso. Di essa Gesù dichiara che il suo gesto sarà predicato dovunque assieme al Vangelo (Mc 14, 3-9; Mt 26, 6-13). Nelle parabole di Gesù, Luca, accanto a un episodio riguardante un uomo, aggiunge spesso un parallelo che ha per soggetto una donna: accanto al pastore che rinviene la pecora, appare la donna che ritrova la moneta perduta (Lc 15, 8-10. 4-7); di fronte all'amico importuno, si vede la vedova che con la sua insistenza, ottiene giustizia dal giudice iniquo (Lc 18, 1-8; 11, 5-8); di fronte ai servitori del padrone appaiono le dieci vergini in attesa dello sposo (Lc 12, 35-38; Mt 25, 1-13).

Nel suo ministero itinerante Gesù è accompagnato da alcune donne, come ricorda Luca: « Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratrice di Erode, Susanna e molte altre che lo assistevano con i loro beni» (Lc 8, 2s). Anzi, contro il diritto giudaico che non dava valore alla testimonianza di una donna, Gesù appare prima alle donne e affida loro il messaggio pasquale da recare agli undici apostoli (Mt 28, 7-10; Lc 24, 9s; Gv 20, 11-18).

Eppure, nonostante la sua rottura con la posizione subordinata delle donne nell'ambiente a lui contemporaneo, Gesù non sceglie nel ministero apostolico delle donne, ma solo degli uomini — osserva la Dichiarazione —. Segue quindi che era sua volontà il non assumere le donne nel ministero sacerdotale, che succede a quello apostolico(13) «Gesù Cristo non ha chiamato alcuna donna a far parte dei dodici. Se egli ha fatto così non è stato per conformarsi alle usanze del tempo, perché l'atteggiamento da lui assunto nel confronto delle donne, contrasta singolarmente con quello del suo ambiente e segna una rottura voluta e coraggiosa » (Dichiarazione n. 5).

Ai Dodici Gesù conferisce il potere di reggere la Chiesa — « io dispongo per voi di un regno» (Lc 22, 29) —; prima della sua passione, li fa partecipare al banchetto pasquale, a loro affida la missione di insegnare e di conferire il Battesimo ad ogni creatura (Mt 28, 16-20; At 1, 2). Solo uomini sono pure i 72 discepoli inviati in missione durante la vita pubblica (Lc 22, 27).

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3) La prassi apostolica

Paolo che, contro la mentalità giudaica, non ebbe timore ad accogliere tra i suoi collaboratori il convertito dalla gentilità, Tito (cfr Ga 2, 3), si guardò bene dall'affidare il ministero sacerdotale alle donne, nonostante che la civiltà ellenistica fosse più libera al riguardo (14) Di conseguenza i presbiteri e i vescovi furono sempre dei maschi. Questa prassi ha un valore permanente e quindi è valida ancor oggi — continua la dichiarazione — perché poggia sul fatto che, secondo l'insegnamento di Paolo, conforme a quello dell'Antico Testamento, « capo della donna è l'uomo» (1 Co 11, 3; cfr. 8, 12; Ef 5, 22-24). Qui l'apostolo non si pone su di un piano filosofico, nel quale tale asserzione potrebbe anche essere contestabile (come la è infatti per la mentalità moderna), ma sul piano delle fede. Paolo non intende tuttavia la superiorità dell'uomo come quella di un dominatore, bensì come quella di un dono che deve spingere fino al sacrificio, secondo l'esempio di Gesù.

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4) le ragioni determinanti

I motivi fondamentali di tale comportamento stanno in queste tre proposizioni:

1. Quando amministra i sacramenti che richiedono il carattere sacerdotale, il ministro non agisce in nome proprio bensì in rappresentanza di Cristo (in persona Christi, cf. 2 Co 5, 20).

2. Si conseguenza secondo la tradizione ecclesiastica, il sacerdote deve essere un segno di Cristo salvatore. Paolo infatti scriveva: «noi siamo ambasciatori di Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro » (2 Co 5, 20). Egli elogia i Galati perché lo hanno accolto «come un angelo di Dio, anzi come lo stesso Cristo Gesù» (Ga 4, 14). Per cui Cipriano poteva scrivere: «Il sacerdote opera davvero in vece di Cristo» (15) .

3. Appunto in quanto segno di Cristo, il sacerdote deve essere un uomo e non una donna. Si tratta di esigenza, di «somiglianza naturale ». Ad esempio la cena del Signore che non è una semplice narrazione, ma un atto che comporta i gesti e le parole di Cristo, diviene un segno efficace perché il Cristo opera per mezzo del ministro che consacra l'Eucarestia (16) La chiesa, non per desiderio di arcaicità, ma per dovere di fedeltà, non può quindi ordinare a sacerdoti delle donne.

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II. ALCUNE OSSERVAZIONI

1) Testi biblici non valorizzati

Alcuni testi biblici non sono stati valorizzati come si doveva. Ad esempio se è vero che «i battezzati in Cristo sono rivestiti di Cristo», ne viene che dinanzi a Dio «non vi è più né schiavo né libero, non vi è più né maschio né femmina», perché tutti sono « uno solo in Cristo Gesù» (Ga 3, 27s). Dunque dinanzi a Dio la distinzione tra uomo e donna non vale più, nonostante che tale ideale, in un mondo concreto, debba raggiungere gradualmente la sua manifestazione più completa.

La dichiarazione introduce una distinzione tra i «cooperatori di Dio » (synergoi theoi, 1 Co 3, 9; 1 Te 3, 2) e i « collaboratori di me, Paolo» ( synergoi mou, Rm 16, 3; Fl 4, 2s). I primi sono soltanto degli uomini quali Apollo, Timoteo e lo stesso Paolo, mentre tra i collaboratori dell'apostolo si possono trovare tanto degli uomini quanto delle donne, che in qualche modo aiutano l'apostolo nel suo ministero (17) Tuttavia la dichiarazione non fa alcun cenno a Rm 16, 7 dove si legge: « Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e miei compagni di prigionia; essi sono degli apostoli eminenti e sono appartenuti a Cristo prima di me ». Si sa che il titolo di apostolo non era riservato solo ai Dodici (18) Ora il problema verte su Junia (Giunia), nome che può riferirsi tanto a un uomo (che però non è attestato altrove; abbreviato forse da Junianus) quanto a una donna. Gli antichi esegeti erano favorevoli a una donna che sarebbe stata sposa o sorella di Andronico e parente di Paolo. In tale caso una « donna» sarebbe stata annoverata tra gli stessi «apostoli » che nel presente caso sono collaboratori di Dio e non di Paolo (19) .

Non sono valorizzati i motivi relativizzanti di alcuni passi. E' un fatto che alcuni passi biblici non hanno un valore assoluto, ma relativo alla cultura locale; essi valgono sempre, ma solo ogni qualvolta sussista il medesimo ambiente culturale. L'ammette la stessa dichiarazione per l'obbligo fatto alle donne di « portare il velo» quando pregano (1 Co 11, 2-16) che oggi non è più normativo (n. 4). Il « tacciansi le donne nelle assemblee» (1 Co 14, 34s)(20) — per la dichiarazione — deve essere ristretto alla funzione di insegnamento ufficiale nell'assemblea cristiana, perché altrove Paolo riconosce alle stesse donne il diritto di profetizzare nell'assemblea (1 Co 11, 5).

Si tratta quindi di vedere se anche la posizione della donna, secondo la Bibbia e i padri della chiesa, non sia da intendere in modo relativo alla cultura del tempo. Naturalmente non è il mutamento sociale che deve stare alla base di questa ricerca, bensì l'analisi stessa della Bibbia in tutto il suo insieme, che deve farci capire se una data affermazione biblica sia imperitura oppure caduca e legata al comportamento socio-culturale del tempo. E' uno studio che va ripreso ex-novo e che non è ancora stato compiuto in modo adeguato. Legata all'ambiente del tempo è di certo la frase di Tommaso d'Aquino: «La donna è in uno stato di sottomissione», ripetuta poi nel decreto di Graziano (21) Non è qui il luogo di discutere tale problema, è solo sufficiente l'averlo suggerito. Va solo aggiunto che presso alcuni scrittori medievali, vi era una certa esitazione circa la non validità dell'ordinazione femminile perché essi riconoscevano le diaconesse che allora erano ordinate (sacramentalmente?)(22) I teologi del sec. XVII e XVIII, che non ignoravano la storia della liturgia, conoscevano bene tale problema che suscitava perplessità nelle loro menti. La ragione non vale perché l'ordinazione delle diaconesse ora non si ritiene un sacramento, ma fa capire come l'armonizzazione dei vari passi biblici, possa rendere non apodittico ciò che alcuni vogliono sostenere con l'altro passo paolino: « Tacciansi le donne nell'assemblea!».

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2) Il sacerdozio ministeriale

Il punto di maggior disaccordo con la dichiarazione romana sta nella stessa esistenza del ministero sacerdotale. Il sacerdote, quando esercita il suo ministero, agisce nella persona di Cristo. Ciò che nella Bibbia è attribuito ad ogni fedele, che con fede si accosta alla cena del Signore, viene qui riferito in modo particolare al sacerdote, prete o vescovo che sia. Solo essi, secondo la Dichiarazione, possono compiere ciò che al contrario i primi credenti attuavano tramite la propria fede. Ad esempio nella cena del Signore il centro è stato spostato dal mangiare e dal bere di tutti i membri — di qui viene il nome cena — a quello della consacrazione, che solo il ministro consacrato può attuare. Mentre all'origine tutti i cristiani compivano questo segno dopo aver accolto quello battesimale, con il tempo solo un gruppo particolare di credenti detti «sacerdoti», che sono di conseguenza segno di Cristo, poterono celebrare la messa. L'amministrazione del rito (sacramento) è diventato più importante della fede di chi lo riceve, mentre nella Bibbia domina l'idea contraria. Dal ravvedimento indispensabile per ottenere il perdono dei peccati, si è passati all'assoluzione conferita dal ministro a ciò deputato. Non è qui il caso di ripetere quanto ho già dimostrato nei volumi sul sacerdozio, sul battesimo e sulla penitenza in corso di pubblicazione presso l'Editrice Lanterna di Genova, ai quali rimando.

Il ragionamento cattolico poggia quindi sulla esistenza di un ministero sacerdotale, nel quale il sacerdote scelto da Gesù quale suo rappresentante deve essere un maschio. La conclusione vale fino a che sussiste il presupposto, ma con il crollo di esso cade pure tutta la costruzione poggiata su di esso. Dal momento che in Cristo tutti — uomini e donne — sono sacerdoti secondo il Nuovo Testamento e dal fatto che il ministero propriamente sacerdotale non sussiste, ne deriva che non vi è motivo di assumere le donne a sacerdoti, perché non vi sono nemmeno supersacerdoti maschi. Anche le donne, come sacerdoti in Cristo, potrebbero pregare, insegnare, partecipare ai segni cristiani in parità con i maschi. Si tratta solo di vedere, Bibbia alla mano, se qualcosa è stato loro espressamente vietato. Il sacerdozio è svolto da Gesù Cristo e dai fedeli a lui congiunti; alla comunità cristiana non rimane che la diakonìa o servizio cristiano. Da questo servizio le donne non possono essere escluse, Tutti infatti « uomini e donne» sono immagine di Cristo perché in lui non vi è più né maschio né femmina, ma un essere solo Cristo Gesù (Ga 3, 27). Gesù ha tolto le barriere ed ha chiamato tutti i suoi discepoli a testimoniare.

Che le donne possano entrare in una classe speciale di «persone deputate a un particolare servizio della chiesa » (diaconesse) non dovrebbe suscitare alcun problema in quanto esse esistevano fin dai primordi della chiesa, come ci documenta l'apostolo Paolo (1 Ti 3, 11; Rm 16, 1).

Quanto poi alla loro elezione a vescovi/anziani vi può essere maggiore difficoltà. Non se ne parla mai nella Bibbia, anzi il ricordo delle diaconesse accanto ai diaconi, mentre non si parla delle anziane o vescovesse accanto ai vescovi/anziani, potrebbe deporre a loro sfavore. Tutto dipende dall'analisi — ancora da effettuarsi — se tali dati biblici siano legati al tempo o no. Tutto dipende pure dal fatto se le differenti psicologie del maschio e della femmina, legate al sesso diverso, non sconsiglino certe attività a un gruppo, per affidarle a chi le può espletare più conformemente alla propria individualità. Anche se propendo per la negativa suggerisco un'indagine più penetrante ed acuta al riguardo. Siccome nel caso dei vescovi non si tratta di un rapporto con Dio — come al riguardo della preghiera e della profezia — bensì di una relazione con il prossimo (la comunità dei fedeli), allora anche la psicologia diversa dei due sessi può suggerire una differenziazione di servizio. Occorre vedere se il rapporto di differenza (non dico di sudditanza) della donna al marito, non risponda anche alla psicologia dei due sessi. Con la tendenza attuale alla parità incondizionata, si cerca di travolgere ogni barriera. Ad un eccesso mascolinista, può sorgere un eccesso femminista. Il futuro con più equilibrio indicherà meglio la giusta via di mezzo, che sappia contemperare la parità con la psicologia diversa dei due sesso.

Il grande psicologo olandese Buijtendijk ha bollato quel femminismo semplicista, che non vede altri mezzi per uguagliare la donna all'uomo che quella di mascolinizzarla. Ma questo giunge ad annientarla come donna (23) Se dovesse trionfare questo genere di femminismo le donne avrebbero ottenuto una vittoria di Pirro; di fatto esse avrebbero raggiunto solo la consacrazione definitiva della mascolinità, del mascolinismo più assoluto. La scelta dei vescovi/anziani solo tra uomini non può essere voluto da Dio come un annuncio profetico dei diversi doni insiti nell'uomo e nella donna?. Per esaltare il ruolo della donna nel mondo e nella comunità ecclesiale, non vi è che il mezzo di valorizzare sempre meglio il ruolo e la bellezza unica della sua femminilità (24) .

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BIBLIOGRAFIA

Sclgo alcuni testi in maggioranza italiani che possono essere utili per una più approfondita analisi del problema.

E. Gössmann, La donna come sacerdote? in Concilium 1968 n. 4, pp. 722-733.
J. Peters, C'è un posto per la donna nella funzione della  chiesa?, ivi pp. 734-747.
F.X. Remberger, Sacerdozio anche per la donna (tr.), in Rassegna di Teologia n, 9 (1968) 128-134.
A.M. Meer, Sacerdozio della donna, Morcelliana, 1971.
B. Gherardini, Donne «in sacris», in Deminarium 6 (1966) 179-198.
Vari, La donna nella chiesa, Roma, Teresianum 1969.
P. Gallay, Des femmes prêtres?, Paris - Bruxelles - Montreal 1973.
E. Gibson, Femmes et ministères dans l'Eglise, Tournai, Casterman, 1971.
L. Bouyer, Un sacerdozio femminile? in Oss. Rom. 13/14 dicembre 1976, p. 5 (da France Catholique Ecclesia n. 1562, 19 novembre 1976)
Un Commento alla Dichiarazione in Oss. Rom. 28 gennaio 1977 p. 3s.
William Baum ha pubblicato Un commento alla Dichiarazione della congregazione romana che viene tradotto e riportato in Oss. Roma 7/8 febbraio 1977 (non vi si legge nulla di nuovo: è solo un'esortazione a studiare il documento romano)
L. Scheffeczyk, Die Christus Präsentation als Wesensmoment des Piesteramtes, in Catholica 27 (1973) 293-311.
I. Raming, Der Ausschluss der Frau von priesterlichen Amt. Gottgewolte Tradition oder Diskriminierung? Colonia 1973.
D.H. Maes, La femme e le sacerdoce d'après Gabriel Vasquez, in Studia Moralia x, Roma 1972, 280-346.
H. Denis et J. Delorne, Le ministère et les ministères selon le Nouveau Testament, Paris 1974.
Jean Galot, La donna e i ministri nella chiesa, Assisi 1973; Sacerdozio e promozione della donna in Civ. Catt. 128 (1977, I) 218-235; La donna e il sacerdozio, ivi 117 (1966) 255-263.
M. Bruce e G.E. Duffield (coordinatori), Why not? Priesthood and the Ministry of Women. A Theological Study, Abingdon, Berkshire 1972.

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NOTE A MARGINE

1. Cf. J.E. Lynch, The Ordination of Women: Protestant Experience, in Ecumenical perspective, in Jourmal of Ecumenical Studies 12 (1975) 173-198. torna al testo

2. Foi et Constitution Conseil Oecuménique. La réconciliation des Eglises, Baptême, Eucharistie, Ministère, Presses de Taizé 1974 pp. 83-86 . 64-69. torna al testo

3. Lo studio ebbe inizio per incarico della conferenza di Nuova-Delhi 1961 e il problema fu discusso a Nairobi; cf. E. Lanne, Points chauds de la V e Assemblée mondiale du conseil oecuménique des Eglises à Nairobi, in Rev. Théol. de Louvain 7 (1976) 107-199 (les femmes dans l'Eglise). torna al testo

4. B. Lambert, L'Eglise catholique peut-elle admettre des femmes à l'ordination sacerdotale? in Documentation Catholique 73 (1976) p. 774. torna al testo

5. Frase pronunciata da F. Danielou durante una riunione indetta dall' Alliance International Jeanne d'Arc, riportata in Le Monde il 19/20 settembre 1965. torna al testo

6. Così l'arcivescovo ortodosso di Gran Bretagna, Atenagora di Tiatira, in Oss. Rom. 16/17 giugno 1975. La chiesa russa ha dimostrato il proprio disaccordo nell'Assemblea di Nairobi, cf. S. Virgulin, il parere della chiesa ortodossa sull'Assemblea di Nairobi, in Unitas 31 (1976) 166-167. La chiesa russa non vede obiezioni alla soluzione dei protestanti che non posseggono il sacerdozio sacramentale, ma vi vede un ostacolo alla causa dell'ecumenismo, e trova che il problema è da costoro impostato male in quanto basa la soluzione su considerazioni d'indole non religiosa giungendo spesso al secolarismo (decisioni scandinave). Anche i vescovi Vecchio-cattolici hanno approvato quasi all'unanimità un documento contrario al sacerdozio delle donne (cf. Oss. Rom. 23 gennaio 1977 p. 2). torna al testo

7. Il 30-11-75 e il 23-3-76 (AAS 68, 1976, pp. 599-601). In esso Paolo VI mostra la sua tristezza per tale decisione che è un nuovo minaccioso « ostacolo» sul cammino dell'unione. « Per fedeltà all'esempio del suo Signore la chiesa non si sente autorizzata ad ammettere le donne all'ordinazione sacerdotale ». torna al testo

7bis. S. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione circa la questione dell'ammissione delle donne al sacerdozio ministeriale, Città del Vaticano 1976. torna al testo

8. Su di esse cf. Ireneo, Adv Haer. 1, 13, 2 PG 7, 58 os, ed. Harvey, 114-122; Tertulliano, De praescriptione haereticorum 41, 5 CCL 1, 221; Firmiliano di Cesarea in Cipriano, Lettere 75 CSELL 3, 877s; Epifanio, Panarion 49, 2-3, GCS 31, 243-44; 78, 23; 79, 2-4; 37, 473.477-479; Origene, Commento ai Corinzi, Frammenti editi in Journ. Theol. Studies 10 (1909) 41-42 (n. 74). torna al testo

9. Didascalia degli Apostoli ed R.G. Connolly pp. 133-142; Costituzioni apostoliche 3, 6, 1-2; 3, 9, 3-4 F.X. Funk pp. 191-201; Synodos, can. 24-28 Testo greco in F.X. Funk, Doctrina duodecim apostolorum, Tübingen 1887 p. 71; testo siriaco: Octateuque de Clément 1, 3 c. 19-20; latino: Ms Verona Bibl. Capit LV ed Turner, Didascaliae Apostolorum in Berlin 1965 (TU 75) pp. 111-113; trad. copte, etiopiche, araba in S. Horner, The Statutes of the Apostoles or Canones ecclesiastici, Oxford, Univ. Press 1415. torna al testo

10. Crisostomo, De sacerdotio 2, 2 PG 48, 633. torna al testo

11. Innocenzo III Ep. 11 in Corpore juris Decr. lib. 5, tit. 38. De poenit, c. 10 Nova. A. Friedberg t. 2 col. 886-887. Cf pure Glossa in Decret. L. 1 tit. 33, c. 12 Dilecta V° Iurisdictioni; Tommaso, Summ. Theol. 2, 27, 5 ad 3 um; Pseudo-Albertus Magnus, mariale p. 42 ed. Borgner 37, 81. torna al testo

12. Bonaventura In IV Sent. Disat. 25 a. 2 q. 1 ed. Quaracchi t. 4 p. 649. Su questo problema cf. Jéan Rézette, Le sacerdoce et la femme chez S. Bonaventure, in Antonianum 51 (1967) 520-527. torna al testo

13. Riccardo di Midletown (Mediavilla), francescano della seconda metà del XIII secolo: «I sacramenti ricevono la loro forza dalla istituzione loro; ora il Cristo volle che il sacramento dell'ordine si conferisse solo ai maschi e non alle donne » (In IV Sent. Dist. 25. Opus Oxonense ed. Vivès 7. 19 p. 140); Durando di Saint-Pourçain « Cristo non ha ordinato che uomini ... nemmeno la sua madre... Quindi per volontà di Cristo le donne non si possono ordinare » (In IV Sent. Dist. 25 q. 2 ed. Vebetiis 1571 t. 364 v.). torna al testo

14. Sharon Kelly Heyob, The Cult of Isis Amomg Women in the Graeco-Roman World, Leida, Brill 1975. torna al testo

15. Sacerdos vice Christi vere fungitur (Cipriano, Ep. 63, 14 Hartel (SEL 3, 713). torna al testo

16. Cf Vaticano II, Costituzione Sacrosantum sulla Liturgia n. 7; Pio XII, enc. Mediator Dei 20-11-47 (AAS 39, 1947, p. 528). torna al testo

17. Cf. I. De la Potterie, Titres Nissionaires du Chrétien dans le Nouveau Testament, Louvain 1936 (Atti della settimana di missiologia). torna al testo

18. Cf. F. Salvoni, Da Pietro al Papato, Genova, Lanterna 1970. torna al testo

19. Cf. A. Viard, Epître aux Romains, in La Sainte Bible XI 2° parte, Paris 1951, p. 156. Lo Interpreter's Dictionary of the Bible, 2, 1026s pur confessando che non è altrove attestato un nome maschile di tale forma, dice che esso è più probabilmente maschile, per la semplice ragione che è riferito ad un «apostolo», il quale doveva essere un uomo, dando così per scontato quanto si deve invece provare cioè che solo un maschio possa essere un apostolo. Ma non potrebbe questo passi farci riflettere al riguardo? torna al testo

20. Molti critici negano l'autenticità paolina di 1 Co 14, 34 per i seguenti motivi: I versetti sono spostati altrove in importanti manoscritti; essi spezzano il contesto; presentano uno stile non paolino e non sono citati prima della fine del II secolo. Potrebbero essere una reazione al sistema gnostico di far parlare le donne, le quali andavano acquistando quivi un esagerato valore. Inoltre la frase «tacciansi le donne», secondo il contesto, riguarda il porre domande su punti non compresi; il «non permetto loro di insegnare» (1 Ti 5) è spiegato dal parallelismo come un insegnamento che ponga le donne in una situazione di «dominio» sui mariti; dove questo non si verifica la regola non varrebbe, dicono essi. torna al testo

21. Tommaso, Summa Theol. 2a 2ae p. 10a. ecc.; Dictum Gratiani in Caus. 34 q. c. 11 ed. Frieberg 1, col. 1254; Collezione concilio di Laodicea c. 44 (Bruns, Canones apostolorum et Conciliorum 1, Berlino 1839, p. 78); Gelasio, Ep. 14 ad universos episcopos per Lucaniam, Brutios et Siciliam constitutos; cf. R. Metz, la femme en droit canonique médiéval, in Recueil de la Socieé Jean Bodin 12 (1962) 59-113. torna al testo

22. E' ricordata tale idea da S. Bonaventura (in IV Sent. Dist. 26 q. 26 a. ed Quaracchi, t. 4 p. 650) e da Giovanni teutonico (Glossa de caus, 27 q. 1 c.23 « altri dicono che se una suora viene ordinata, riceve di fatto il carattere »). torna al testo

23. Cf. Buijtendijk, La femme; tr. in italiano La Donna, Firenze, Martinelli Editore 1967. torna al testo

24. Derrick Shervin Balley, The Man-Woman Relation, in Christian Thought, London 1959. torna al testo