DAL CRISTIANESIMO.....
      AL CATTOLICESIMO
di Fausto Salvoni

INTRODUZIONE GENERALE
ANSIA DI RINNOVAMENTO NEL CATTOLICESIMO ODIERNO
IL DISSENSO TEOLOGICO CONTEMPORANEO


Indice pagina

1) La gerarchia
a) Critica al moderno metodo burocratico di condurre la chiesa
b) Reazioni alle encicliche papali
c) Critica all'infallibilità pontificia
d) Azioni pratiche
2) Reazioni tradizionaliste
3) Paolo VI ponte tra i due estremi
a) Non fissismo immobile
b) Non ribellione
1) In favore del magistero ecclesiastico
2) In favore della struttura gerarchica
4) La vera risposta


Nei secoli 11° e 12° sotto l'impulso di movimenti spiritualisti, poi soffocati dalla gerarchia imperante, sorse l'aspirazione verso una religiosità più interiore, più sana, più aderente al vangelo. Qualcosa di simile si vede ora accadere in seno a tutte le chiese, ma specialmente in grembo al cattolicesimo dominato fino a ieri da un governo assolutista che non ammetteva discussioni. Dopo il Vaticano II, che si pensava destinato a far rifiorire la chiesa cattolica, un'ondata distruttiva si è abbattuta su di essa da parte di laici, sacerdoti e teologi di tale confessione. Anche se il tono della contestazione iniziale si è andato affievolendo con gli anni, tuttavia vi è ora da parte di molti una ricerca di qualcosa di nuovo che abbia a ridonare fiducia e credibilità al vangelo divenuto ormai superfluo per tanta gente di oggi. Due mi sembrano i punti verso i quali si è particolarmente rivolta la critica severa di tanti cattolici: la gerarchia e il magistero.

1) La gerarchia

Oggi il concetto di autorità è in crisi: si accusano i detentori del potere di aver abusato del proprio dominio, di essersi trasformati in un autoritarismo senza più possedere la duttilità necessaria per adattarsi alla realtà in continuo mutamento. Tale comportamento non poteva non ripercuotersi anche in seno al cattolicesimo nel quale ha sempre dominato il concetto di autorità e di potere derivato alla gerarchia da Gesù Cristo e in ultima analisi dallo stesso Dio. Talvolta le espressioni dei contestatori cattolici assumono un tono assai duro, come risulta dal seguente ordine del giorno approvato nel gennaio del '69 da un gruppo di sacerdoti francesi:

Voi vi chiamate successori degli apostoli, ma in realtà siete un'assemblea di sommi sacerdoti, di scribi e di farisei, che monopolizzano l'evangelo e il rango sacerdotale. Voi pretendete di rappresentare il popolo di Dio: Ma quale popolo? Quale Dio? Chi vi ha scelti? Chi vi controlla? Vi chiamate servi degli uomini, ma in realtà servite solo i ricchi e i potenti. Voi dialogate, ma di fatto decidete per conto vostro. Pretendete distribuire la verità, così come il banchiere dà il denaro. In ogni lotta rivoluzionaria attraverso la quale noi tentiamo di guidare il popolo, voi siete un ostacolo (Corr. Sera 28-5-69).

Il movimento italiano «7 Novembre» nell'aprile 1972 ha emesso un manifesto che tra l'altro dice di voler promuovere l'iniziativa per

superare il tipo di chiesa sacrale, burocratica e di potere attualmente esistente... obiettivo primario è la liberazione del prete dal condizionamento di tipo culturale, politico ed economico cui è soggetto.

Il movimento di emancipazione burocratica si è finora sviluppato du varie direttive:

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a) Critica al moderno metodo burocratico di condurre la chiesa.

Colui che meglio di tanti altri ha combattuto questo aspetto ecclesiastico è stato il cardinale belga Suenens che nel maggio 1969, in un'intervista alla rivista Informations Catholiques Internationales, presentò il papa come un prigioniero del sistema curiale.

Al centro prevale la tendenza, anche dopo il Vaticano II, di guardare tutto sotto l'aspetto formale e giuridico. Considerando la chiesa come una società perfetta, con un potere supremo ben definito, fornito di leggi universalmente valide, si tende a dare la priorità alla chiesa universale rispetto alle chiese particolari. «Ciò ci porta più vicino al Vaticano I che all'anno 2000 », si cerca più di reprimere... che di comprendere. Si tende così a considerare le diocesi come dipartimenti amministrativi e i vescovi come delegati del potere centrale.

Egli critica l'arretratezza della procedura ecclesiastica e circa i cardinali afferma:

Occorre che la chiesa trovi in questo collegio un'immagine fedele della sua diocesità. La piramide dell'età (l'età media delle recenti promozioni è di 59 anni), lo squilibrio delle nazioni (48 italiani su 83 europei, cioè la metà) aprono dei problemi che meritano uno studio attento, pronto a tener conto di una situazione complessa, ereditata da un passato che più non corrisponde al bene della chiesa.
La funzione dei nunzi è spesso equivoca in quanto stabilisce il dialogo con Roma a livello delle potenze politiche e la voce dei poveri non è ascoltata. Spessi anzi soffocata. E' uno dei grandi motivi di scontento per l'America latina.

Circa la collegialità egli propone la elezione del papa da parte del collegio episcopale, in modo e forme da stabilirsi.

L'uomo e il cristiano del 1969 rifiuta certe procedure o l'assenza di procedure; esige in caso di contestazione d'essere giudicato dai suoi pari a cielo aperto.

Per il cardinale «le encicliche e i documenti importanti della Santa Sede dovrebbero presentarsi sempre come frutto di un'ampia collaborazione tra Roma e le chiese particolari ». Già in un suo libro, presentando la chiesa come popolo di Dio, affermava che « il battesimo è la radice di ogni vita cristiana e religiosa, strutturata o meno... Nella chiesa la uguaglianza iniziale di tutti è fondamentale: non vi sono superbattezzati, non vi sono caste, non vi sono privilegiati ».

Intervistato da René Laurentin, lo stesso cardinale ribadì per Le Figaro « che la collegialità non è solo consultazione, ma corresponsabilità (...) Occorre ammettere la libera circolazione delle idee nella chiesa che è parte essenziale della libertà culturale e che è soffocata solo dai regimi totalitari... E' la soluzione dei problemi che disarma la critica ».

In un'ulteriore intervista a Robert Serrou apparsa il 2 luglio su Paris Match sostenne che migliaia di cristiani hanno oggi la sensazione di essere soffocati da certe strutture ecclesiastiche.

Io penso che a poco a poco si finirà col capire che non ci si può spogliare dei problemi attuali e che è vitale ammettere la discussione a cielo aperto... Credo che la forza della verità abbia un suo carattere salubre e tonico... So che sarò oggetto di attacchi. Ma io amo la chiesa e sono un capo. Sono quindi pronto a pagare di persona le mie convinzioni.

Il 12 maggio 1970 in un'ulteriore intervista a Le Monde criticò il papa per avere

proibito che la discussione sul celibato venisse sottoposta la parere dei padri conciliari, per avere sempre confermato, in dichiarazioni esplicite e reiterate, tale divieto, così da escludere l'azione collegiale propriamente detta, come del resto si è verificato a proposito del problema della regolazione delle nascite.

Si sono così impediti scambi di vedute con il papa e i vari vescovi.

Egli auspica che si lasci libero corso all'esercizio della collegialità e della corresponsabilità:

E' necessario che Roma autorizzi lo studio della questione concernente la vita del clero...
Noi vescovi dobbiamo guardarci da uno stile autoritario; il clero e i laici si guarderanno allora da uno stile contestatario... Il problema stesso del celibato non è il primo; ciò che principalmente è in gioco è la maniera stessa di concepire il governo della Chiesa.

In Olanda si è cercato di creare un vero consiglio pastorale composto di vescovi, sacerdoti e laici, il quale potesse ridare maggiore autorità ai vescovi minacciata dal potere dei nunzi, discutesse sui problemi diocesani, autorizzasse l'uso della pillola nei casi di coscienza gravi da lasciare al giudizio degli interessati, inducesse le chiese a rinunciare ai beni non indispensabili, denunciasse l'obbligatorietà del celibato sacerdotale. Evidentemente il Vaticano si è subito preoccupato e ha dato l'ordine di sospendere per il momento un'attività del genere.

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b) Reazione alle encicliche papali

Anche in passato alcune encicliche sono state oggetto di discussione; si pensi ad esempio alla enciclica "Unam Sanctam" (1302), che tanta opposizione suscitò da parte dei vari governi europei. Ma in genere si trattava di discussioni attuate da coloro che si ritenevano fuori della chiesa, mentre ora sono gli stessi credenti, laici o sacerdoti, che ufficialmente prendono posizione contro le encicliche. Tra queste, due principalmente hanno creato contrasti insanabili la "Humanae Vitae" sul controllo delle nascite e la "Sacri Celibatus" riguardante il celibato sacerdotale.

Per quella sul regolamento delle nascite non pochi vescovi hanno cercato di sminuirne il valore dichiarando che l'andar contro tali direttive sarebbe stato un peccato solo leggero (Austria), altri hanno detto che l'enciclica vale per l'insieme di tutti gli atti matrimoniali non per il singolo atto particolare del momento (Italia), che qualche credente può ragionevolmente raggiungere un'opinione personale opposta a quella papale (Germania, Inghilterra). Tuttavia in genere i vescovi hanno accolto globalmente l'enciclica, che fu contestata nel suo insieme dall'arcivescovo Roberts e dal vescovo di Minneapolis J. P. Shannon, il quale così scrisse al papa:

Nella mia esperienza pastorale ho appreso che per molte coppie di fedeli l'osservanza di questo rigido insegnamento è praticamente impossibile e mi è difficile credere che Dio possa esigere cose impossibili dalle creature umane... Mi rincresce dover ammettere che mi vergogno dei consigli dati a tanta brava gente; me ne vergogno perché essi erano permeati di falsa teologia e non corrispondevano alle mie intime convinzioni... Non posso quindi dare in coscienza il mio assenso e nemmeno un assenso esteriore alle direttive papali.

In un recente libro si asseriva la « discutibilità» (Fragwürdigkeit) del papato odierno e in un articolo dal titolo significativo "Der unberatend Papst" ( Il papa mal giudicante) si asseriva che proprio da questa enciclica viene la crisi attuale sulla autorità del papa presso tanti fedeli. « Siccome il papa deve decidere su tutto e quindi portare la responsabilità di tutto, ne deriva che egli è divenuto il papa dell'errore » (ist zum irrendem Papst deworden). Lo stesso invita i vescovi ad opporsi nel sinodo al papa, come l'apostolo Paolo fece contrastando Pietro.

La forte tensione circa il celibato del clero non si è affatto assopita, anzi si è accresciuta con la pubblicazione dell'enciclica "Sacerdotalis coelibatus" (24 giugno 1967).

Liberateci dai tabù medievali – si leggeva in un manifesto di un gruppo di sacerdoti di Casale Monferrato nel 1969 – che facevano della donna l'immagine del diavolo. Non è possibile proibire oggi il matrimonio dei sacerdoti per la stessa ragione di allora.

La reazione all'enciclica si è fatta sentire anche in alto loco in quanto l'episcopato olandese e tedesco, e vari concili nazionali di Olanda e di Austria, hanno richiesto al papa di riesaminare il problema. Il contrasto con l'Olanda fu vivissimo e minacciò una rottura scismatica. Ha espresso bene la situazione un docente di dogmatica dell'Antonianum di Roma quando, facendo propria l'idea di molti sacerdoti, ha scritto:

La legge ecclesiastica presuppone e presume, forse gratuitamente che Dio conceda il dono (del celibato) a chi si appresta a ricevere l'ordinazione sacerdotale, solo perché la sacra gerarchia ha così stabilito. Non è facile credere che Dio voglia sempre ciò che vuole la Chiesa... è difficile soprattutto dimostrare che la volontà di Dio, specialmente in questa materia, si identifichi ipso facto con la volontà della Chiesa docente. Se si tratta di un dono divino, di un dato sublime, eccelso non si deve porlo – in stato inflazionistico per una imposizione di legge, ritenuta valida e perciò necessaria.

Molti sacerdoti si mostrano contrari alla completa indissolubilità del matrimonio, che per certi casi non sarebbe né biblica né sorretta dalla tradizione, e si mostrano contrari alla attuale campagna antidivorzista che si svolge in Italia.. Alcuni docenti della Gregoriana che l'attuale campagna svolta dalla Civiltà Cattolica, dall'Osservatorio Romano e dallo stesso papa è controproducente; è «un deplorevole esempio di malcostume politico-religioso in contrasto con il principio di libertà sancito dal Vaticano II. Il suo primo risultato sarà un altro passo in avanti nel processo di allontanamento degli italiani dal cattolicesimo»

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c) Critica alla infallibilità pontificia

E' venuta nientemeno che dal vescovo di Indore (India), Mons. Francis Simons, secondo il quale la stessa infallibilità papale va messa in discussione. Gli apostoli, testimoni della vita di Cristo, ebbero l'assistenza dello Spirito Santo non perché avessero a divenire infallibili, ma per poter ricordare alcuni particolari della vita di Gesù dei quali erano stati testimoni. Il « Tu sei Pietro », prova solo che egli era il principe degli apostoli, ma non che godesse di speciali carismi di predicazione infallibile. Il cosiddetto carisma dell'infallibilità non ha impedito che:

pontifici, vescovi ed altri membri della chiesa cadessero in errori e dimenticanze. A causa del concetto stesso di infallibilità anche i buoni argomenti della dottrina cattolica cessano di esercitare il loro vero peso. Dietro di loro, infatti, la grande massa degli uomini vede solo degli strani contorcimenti teologici e non un tentativo di dire la verità. Perciò il dogma dell'infallibilità è un ostacolo al progressivo affermarsi dell'evangelo.

Sulla medesima linea direttiva si è posto Hans Küng nel suo libro "Infallibile?", che vorrebbe sostituire alla infallibilità della Chiesa (e del papa) il concetto di « indefettibilità», perché nonostante i suoi errori, la chiesa non potrà mai venire meno, come ha promesso Gesù cristo a Pietro (Mt 16, 18). Mi accontento qui di stralciare qualche frase dell'interessante volume:

E' particolarmente sconsolante il dover prendere atto che più il papa cerca di prendere sul serio il suo magistero, più questo sembra avvenire a spese della credibilità di questo stesso magistero (p. 21). Se per il magistero dei vescovi (e del papa) non si intende l'annuncio dell'Evangelo ma la regolazione d'autorità di tutte le dottrine, per cui coloro che dirigono la chiesa ne siano anche i maestri, si può obbiettare che questa monopolizzazione dei carismi in una « ierocrazia » dei pastori è chiaramente in contraddizione con il messaggio e con la chiesa del Nuovo testamento. Nessuno ha il diritto di credersi unico e originale possessore dello Spirito Santo! Nessuno ha il diritto di smorzare il possesso che ne hanno altri...
E' una non biblica assolutizzazione del servizio, quando chi presiede voglia considerarsi anche apostolo, profeta e dottore e voglie essere tutto in uno, quand'anche si dovesse per questo richiamare al triplice ufficio di Cristo (regale, profetico e sacerdotale). Il Nuovo Testamento non conosce sistemi ad una sola persona. Ciascuno ha il suo carisma! (p 266 s.). Errare è umano, errare è anche ecclesiastico, errare è anche papale: poiché anche la chiesa e il papa sono e restano sul piano umano. Avevamo tante volte dimenticato nella chiesa quel dato di fatto, ma vi siamo stati richiamati (dalle vicende dell'enciclica Humanae vitae ).
La chiesa si distingue da altre organizzazioni umane – ed è una differenza determinante – poiché a lei, quale comunità dei credenti in Cristo, è stata data in dono la promessa: la promessa di superare tutte le decisioni e tutti gli interventi mancati, tutti i peccati e i vizi; la promessa che la sua verità, pur tra tutte le difficoltà, non andrà distrutta; la promessa che in essa sopravviverà il messaggio di Gesù Cristo, che Gesù Cristo stesso resterà presso di lei nello Spirito, che essa sarà così mantenuta, pur tra tutti gli errori e le deviazioni, nella verità di Cristo. La promessa dice: Dio fa in modo che ci siano sempre la fede e la chiesa; e che la chiesa, pur con tutto il suo smarrirsi e il suo vagare, conservi in ultima analisi la direzione di fondo e il suo vagare, conservi in ultima analisi la direzione di fondo e trasmetta la verità di Cristo.
Anche se la chiesa si discostasse dal suo Dio, egli non si discosterà dalla chiesa. Essa può mettere un piede in fallo durante il suo cammino attraverso il tempo, può inciampare o spesso anche cadere, può finire tra i predoni e giacere a terra mezzo morta. Ma il suo Dio non le passerà accanto indifferente; egli verserà olio nelle sue ferite, la solleverà e per la sua salute pagherà anche ciò che non era previsto (p. 216 s.).

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d) azioni pratiche

Tuttavia gran parte di sacerdoti e laici, senza permettersi la critica pubblica della gerarchia o del magistero ecclesiastico, si sono messi ad agire come se gerarchia e magistero non esistessero. Molti laici, ad esempio, agiscono senza tenere in alcun conto, nei loro rapporti coniugali, l'enciclica sulla limitazione delle nascite. E non si credono per questo colpevoli, come al contrario si pensava in passato ogni qual volta che si disubbidiva alle decisioni papali o alla morale cattolica comune.

Molti sacerdoti lasciano il sacerdozio, chiedono la secolarizzazione per immettersi in un'attività più mondana e meno sacrale. Molti sono però i sacerdoti che si sposano, che annunciano formalmente alla loro chiesa il loro intento e che tuttavia vogliono restare nelle loro funzioni sacerdotali.

Uomini sposati chiedono il sacerdozio – scrive un gruppo di sacerdoti francesi –, preti sposati esercitano il loro ministero nella chiesa latina senza restrizioni, un certo numero di preti si sono sposati, altri si preparano a farlo, e questi preti vogliono restare nella chiesa... se il celibato ha un valore profetico, il renderlo obbligatorio ne maschera attualmente il senso.

Da un'indagine sociologica svoltasi in Olanda sono apparsi i seguenti dati globali, anche se taluni sono parzialmente giudicati discutibili:

Tre quarti dei preti, diaconi e suddiaconi olandesi si pronunciano contro la legge del celibato, quale esiste attualmente; benché una maggioranza non prenda posizione radicale e si faccia patrocinatrice di una reale pluriformità, solo una  piccola minoranza (5%) opta formalmente e senza restrizioni per lo statu quo e gli altri, un quinto in tutto, dichiarano valido l'obbligo del celibato, almeno per un certo tempo, senza affatto pregiudicare la sua immutabile fissità.

Dove su più larga scala si è cercato di sfuggire alla gerarchia ecclesiale è stato nella formazione di comunità di base, di chiese « sotterranee», chiese cioè che vivono ai margini della chiesa ufficiale, sotto la guida di sacerdoti già staccatisi dalla chiesa (pur avendo conservato l'idea della loro sacerdotalità) o di sacerdoti emarginati dalla chiesa cattolica. Infatti sono ben scarse quelle che si sono sganciate del tutto dall'idea del ministero sacerdotale e che celebrano la Cena del Signore indipendentemente dal sacerdote, ritenendosi tutti, secondo l'insegnamento biblico, sacerdoti in Cristo.

Di più, ben poche di queste chiese di base studiano la Bibbia per valutare la propria esperienza alla luce dell'insegnamento apostolico e in genere, per comprensibile desiderio di dedizione ai poveri e per una naturale reazione alla chiesa ufficiale legata ai potenti, si sono date ad un'attività sociale buonissima, ma che non di rado torna a scapito del loro rapporto con Dio. L'orizzontalità ha spesso fatto dimenticare a molte comunità la verticalità del pensiero cristiano originale. E' inutile ricordare le esperienze dell'Isolotto (Firenze), Conversano (Bari), di San Ferdinando (Milano), del Vandalino (Torino) e specialmente quelle della dinamica comunità di Oregina, nella quale si cerca – anche se insufficientemente a mio avviso – di valutare ogni fatto anche sociale alla luce del vangelo.

Dinanzi a questo comportamento di laici, di sacerdoti e di qualche raro vescovo viene da chiederci se si tratta di una fuga o di una profezia, la quale preluda a una nuova strutturazione ecclesiastica del futuro vincolata a chi soffre secondo l'esempio di Cristo e priva dell'apparato burocratico odierno e che torni alla semplicità del vangelo.

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2) Reazioni tradizionaliste

Contro queste tendenze – e non solo contro di esse ma anche contro le innovazioni conciliari come il rito della nuova messa, la liturgia sacramentale, l'eliminazione del latino – si è invece scagliata un'altra ala cattolica: quella dell'estrema destra.

Non mancarono manifestazioni ridicole, come quella di gettare anilina nelle acquasantiere di Roma nel novembre 1969 per protesta contro la morte della messa latina, ripetendo simbolicamente il prodigio delle acque del Nilo tramutatesi in sangue; oppure quella di un gruppo francese che, afferrato un crocifisso, si mise a colpire preti e fedeli che erano accorsi nella chiesa di S. Eligio a Parigi per udire, alla presenza del card. Marty, un concerto organizzato dall'ex jazzista Gay de  Fatte divenuto sacerdote.

Il gruppo conservatore chiede un ritorno alla gerarchia tradizionale e alla liturgia di un tempo:

Nella costituzione della chiesa, quale Cristo l'ha voluta, non vi è posto per la democrazia – afferma la rivista genovese «Renovatio ». La costituzione della chiesa è gerarchica, non democratica. Il papa ha la pienezza del potere nel primato e ciò significa che può tutto ciò che sta nell'ambito del Regno di Dio senza aver bisogno del consenso di nessuno.
...Il papa può tutto senza il collegio (episcopale) e il collegio episcopale nulla può senza il papa.

Secondo costoro « non si combina nulla quando si è in troppi» (card. Siri). Si corre infatti il rischio di cambiare il concetto « di chiesa gerarchica con il feticcio del regime assembleare» e si «pretende di far divenire la casa di Dio misera e noi (vescovi e clero) degli straccioni» (marzo 1968). I conservatori, contrari ad ogni forma di aggiornamento, dicono: « Basta con i concili!... Il demonio scrutava a distanza il pontefice vegliardo che la mattina del 25 gennaio 1959 alla basilica di S. Paolo fuori le Mura... preannunziava il futuro concilio ». Da allora l'itinerario del concilio fu anche l'itinerario di Satana, che divenuto « esperto in concilio ne ha distorto i documenti per gettare zizzania nell'orto della chiesa di Dio ».

Il domenicano Maurizio Lelong, di 72 anni, dal microfono di radio «France Culture » (in seguito ne è stato esonerato) diceva:

La campagna devastatrice è cominciata. Qua e là viene soppressa la cresima senza ragione, per ordine di un neo-clericalismo peggiore di quello di un tempo. Oppure hanno buttato all'aria la liturgia. Una minoranza di ignoranti, ha fatto innovazioni contrarie alla tradizione della Chiesa. Per esempio, al posto della messa da Requiem hanno messo le canzonette. I riformatori dicono che i canti gregoriani hanno avuto bisogno di un secolo per affermarsi. Io rispondo che se piantate un manico di scopa potete innaffiarlo fino al duemila, ma esso non darà mai rose.

In un racconto romanzato dal titolo Le trêtre – neologismo di traitre «traditore» e prêtre «prete» – edito da Roger Marcel nel 1972 (si dice che ne sia l'autore un profugo dell'est rifugiatosi negli Stati Uniti) si narra di un ufficiale sovietico incaricato dal partito di infiltrarsi negli ambienti ecclesiastici occidentali per demolire la chiesa dall'interno, obiettivo che Stalin aveva ordinato di raggiungere entro il 1980. L'agente segreto del servizio di sabotaggio ecclesiastico con il nome di Lavr Divomlikoff riesce a farsi ordinare sacerdote con il pretesto di una vocazione tardiva. In seguito, con l'aiuto dei suoi superiori sovietici che lo perseguitano, riceve l'aureola di martire e giunge al vertice episcopale. Di lì egli tenta con il suo zelo anticonformista di rovinare la tradizione cattolica.. Vi si intravede una punta polemica contro la «sinistra cattolica», accusata di connivenza con lo stesso comunismo.

In questo tentativo di riconquista del terreno perduto, la destra cattolica, con l'appoggio di elementi curiali retrivi al progresso, si sforza di sospendere dal loro ufficio quelli che si mostrano progressisti, i quali vengono così rimossi dall'insegnamento o dalla loro posizione gerarchica, e di far tacere le voci progressiste. E' superfluo tessere l'elenco di fatti del genere, ricordo solo l'opposizione che dovette subire il Card. Lercaro di Bologna, biasimato da Tito Casini nel suo libro La tunica stracciata e infine l'accettazione improvvisa delle sue dimissioni prima sempre respinte. P. Santucci Pellegrino così commentava tale fatto: « Le dimissioni del Card. Lercaro sono una squallida fine. Dà le dimissioni a condizione di aver Dossetti come successore. Il papa non accetta e passano i mesi... Poi il papa gli toglie la poltrona e lui docile, si preoccupa di far sapere a tutto il mondo che è stato mandato via. Gli auguro molti anni di vita, perché abbia tempo e possibilità di rimediare a tutti i disastri che ha causato alla chiesa».

Docenti vengono rimossi dalle università cattoliche di Milano, di Roma e di altri luoghi; si pubblicano riviste di carattere conservativo e libri che suggeriscono il ritorno alla venerazione fedele del papa e della tradizione cattolica. A questa corrente si rifà il cinquantesimo libro scritto dal filosofo monagenario Jacques Maritain, il quale auspica un ritorno alla fede cattolica da lui sempre accolta in passato e presa come guida per interpretare le realtà umane. In una intervista François Mauriac a chi gli parlava di crisi cattolica, rispondeva: «Sì, non vi è altra risorsa nel naufragio, che tornare alla tavola della fede e credere allo Spirito che agisce e che questo grande travaglio finirà nella gioia ».

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3) Paolo VI ponte tra i due estremi

Papa Montini, cresciuto alla scuola diplomatica di Pio XII, cerca di stabilire un ponte tra le due correnti estremiste: da una parte annuncia delle novità, si mostra comprensibile verso i movimenti contestatari, ma dall'altra cerca di difendere la tradizione del passato, sia pure presentandola in una cornice nuova. Evitando « gesti clamorosi, interventi energici e decisivi», ritiene « di non dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù Cristo, a cui preme la chiesa più che a qualsiasi altro ». Paolo VI, pur conservando la fiducia nel futuro, soffre per l'opposizione contemporanea alla gerarchia e al magistero:

Come non potrebbe soffrire il papa... nel vedere che le difficoltà maggiori oggi sorgono dal seno stesso di lei (la chiesa), che i dispiaceri più pungenti, dati dalla indocilità e dalla infedeltà di certi suoi ministri e di alcune anime consacrate, che le più dolenti sorprese, vengono dagli ambienti più assistiti, favoriti e prediletti?

Egli però, ridimensionando la contestazione, dice che essa nasce pur sempre da minoranze:

Anche se i fenomeni preoccupanti assumono misure di gravità, bisogna pur rilevare che spesso nascono da minoranze numericamente piccole e da fonti molto spesso punto autorevoli: i mezzi moderni di diffusione pubblicitaria invadono oggi con strepitosa facilità l'opinione pubblica e danno a fatti minime effetti sproporzionati. Resta ancora una immensa maggioranza di gente sana, buona e fedele, a cui possiamo far credito; anzi, a questa noi ci rivolgiamo con la nostra fiducia e la invitiamo con la nostra calda esortazione a rimanere salda.

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a) Non fissismo immobile

Contro la paura della « novità», Paolo VI mostra come questa sia « una delle grandi parole del concilio» destinata a divenire « meravigliosamente feconda nel campo religioso ».

Rinnovamento e aggiornamento; termine questo a cui il Papa Giovanni ha dato libero corso ed è entrato ormai nel linguaggio corrente... a noi preme moltissimo che questo « spirito di rinnovamento» sia da tutti compreso e tenuto vico. Esso risponde all'aspetto saliente del nostro tempo, ch'è tutto in rapida ed enorme trasformazione, cioè in via di produrre novità in ogni settore della vita moderna.

I nostalgici del passato sono da Paolo VI così descritti:

Disturbati nelle loro pie abitudini questi spiriti non si rassegnano che a malincuore alle novità, non cercano di capirne le ragioni, non trovano felici le nuove espressioni di culto, e si rifugiano nel loro lamento. Questi difensori dell'immobilismo formale nel costume ecclesiastico, forse per eccesso d'amore, finiscono per esprimerlo questo amore in polemiche con gli amici di casa, quasi questi, più che altri, fossero infedeli e pericolosi.
La riforma liturgica corrisponde ad un mandato autorevole della chiesa; è un atto di obbedienza; è un fatto di coerenza della chiesa con se stessa; è una dimostrazione di fedeltà e di vitalità alla quale tutti dobbiamo prontamente aderire. Non è un arbitrio. Non è un esperimento caduco o facoltativo. Non è un'improvvisazione di qualche dilettante. E' una legge pensata da cultori autorevoli della Santa Liturgia, a lungo discussa e studiata; faremo bene ad accoglierla con gioioso interesse e ad applicarla con puntuale ed unanime osservanza.

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b) Non ribellione

Il papa riconosce che è in corso una crisi disgregatrice, per cui, parlando agli alunni del Seminario Lombardo a Roma, affermò che la «Chiesa si trova in un'ora di inquietudine, di autocritica, si direbbe di autodemolizione. E' come un rivolgimento interiore acuto e complesso che nessuno si sarebbe atteso dopo il Concilio... La chiesa quasi quasi viene a colpire se stessa ». Al fondo di questa perturbazione che pervade oggi la chiesa cattolica – secondo papa Montini – v'è soprattutto una crisi di fiducia: « Una tentazione di sfiducia percorre l'anima di non pochi ambienti ecclesiastici. Sfiducia nella dottrina o nelle tradizioni, e quindi diventa crisi della fede. Sfiducia nelle strutture e nei metodi; e diventa critica corrosiva ». « Lo Spirito di indipendenza, di critica, di ribellione, trasforma facilmente il dialogo in discussione, il diverbio in dissidio; spiacevolissimo fenomeno, anche se, purtroppo, sempre facile a prodursi, contro il quale la voce dell'apostolo Paolo ci premunisce: Non vi siano tra voi degli scismi » (1 Co 2, 1-10).

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1) In favore del magistero ecclesiastico

Non si può innovare per il semplice desiderio di innovare – afferma Paolo VI – senza guardare alla tradizione e al magistero della Chiesa. Ecco alcuni brani significativi spulciati dai molti discorsi di Paolo VI sull'argomento:

Il primo pericolo è quello del cambiamento voluto per se stesso, o in ossequio al trasformismo del mondo moderno, del cambiamento incoerente con la tradizione irrinunciabile della Chiesa. La Chiesa è continuità del Cristo nel tempo, Noi non possiamo staccarci da essa, come un ramo, che vuole esplodere nei nuovi fiori della primavera, non può staccarsi dalla pianta, dalla radice, donde trae la sua vitalità. Quest'è uno dei punti capitali della storia contemporanea del cristianesimo; è un punto decisivo: o l'adesione fedele e feconda con la tradizione autentica e autorevole della Chiesa, ovvero il taglio mortale da essa.
Si è cercato di avere una Chiesa senza dogmi difficili... Processo riduttivo che purtroppo, qua e là, continua a svuotare la dottrina cattolica del suo contenuto e della sua certezza. E' sorta un'altra Chiesa senza autorità, sia di magistero che di governo, quasi fosse una chiesa liberata e resa accessibile a quanti la vorrebbero puramente spirituale e indifferente a precetti morali oggettivi e sociali. Una Chiesa facile si è così vagheggiata, senza configurazioni gerarchiche, né giuridiche, una chiesa senza obbedienza, senza norme liturgiche; una Chiesa senza sacrificio. Ma che cos'è una chiesa senza la croce?
Non si è negato certo i carismi particolari dei fedeli, tutt'altro... ma i carismi concessi ai fedeli – come ancora sottolinea Paolo – (1 Co 14, 26-33.40), vanno soggetti a disciplina, che sola è assicurata dal carisma della potestà pastorale, nella carità.
Di qui la necessità di conservare gelosamente nel tumulto degli avvenimenti e nella pluralità delle situazioni, il patrimonio della tradizione, come un tesoro intangibile da non perdere.
Il papa non è e non potrebbe essere – diceva Paolo VI al consiglio generale del Sinodo dei vescovi – né fautore, né portavoce, né tanto meno prigioniero di una scuola determinata. A Lui, successore di Gesù Cristo, spetta in primo luogo di essere, in testa ai suoi fratelli e in stretta unione con essi, il testimonio della fede della Chiesa, della quale è interprete autorizzata la dottrina conciliare, in coerenza con l'intera tradizione. Questa è la nostra missione, questo è il nostro servizio della Chiesa, con l'assistenza dello Spirito Santo.

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2) In favore della struttura gerarchica

Paolo VI, pur essendo pronto a rispondere nel miglior modo possibile «ai disagi, aspirazioni e impazienze che possono talvolta assumere aspetti quasi di rivolta » e pur essendo «disposto a considerare le ragioni plausibili di questi contrastanti atteggiamenti, disposto a modificare le posizioni giuridiche esistenti... ad accogliere le buone aspirazioni particolari di un legittimo pluralismo nell'unità », si fa valido sostenitore della gerarchia ecclesiastica cattolica. Ecco i passi più peculiari tra i molti discorsi che Paolo VI ha pronunciato su questo argomento:

La struttura sarebbe – si dice – una derivazione illegittima o almeno non necessaria della formula autentica della chiesa apostolica, sarebbe autoritaria, giuridica, formalista, inquinata da tendenze al potere, alla ricchezza, alla immobilità tradizionale, e destinata a separarsi dal mondo, antievangelica insomma e antistorica. Mentre lo Spirito è carismatico, è profetico, è libero e liberatore... Non si può isolare l'economia dello Spirito, anche se Questo, come disse il Signore, soffia dove vuole (Gv 3, 8), dalle cosiddette strutture, sia ministeriali sia sacramentali, istituite da Cristo, germinate con vitale coerenza, come pianta dal seme, dalla sua parola.
Altra questione è quella vecchia, che oppone la religione dell'autorità a quella dello Spirito; quest'ultima preferita dagli avversari della Chiesa istituzionale e gerarchica, per rivendicare la libertà di una chiesa democratica, che viva dello spirito espresso nel senso religioso della comunità. Conosciamo un po' tutte le espressioni di questa critica posizione. Noi pensiamo che la questione, posta all'interno della Chiesa Cattolica, attenti all'esistenza della Chiesa stessa e porti allo spegnersi della vera fiamma e di tutta la Tradizione.

La risposta alla critica corrosiva contemporanea non può essere – continua Paolo VI – se non l'obbedienza e una vita condotta sullo spirito del vangelo. Il rinnovamento della Chiesa

non può consistere in una metamorfosi, in una trasformazione radicale, che significherebbe infedeltà agli elementi essenziali e perpetui, ma deve essere un rinnovamento interiore dell'ispirazione cristiana conferita dalla grazia.
Non di parole v'è bisogno, ma di opere. Non di velleità, ma di generosità concreta, che paghi di persona. Non di contestazioni sterili, ma di sacrificio personale che trasformi il mondo fatiscente.
Questa tendenza ad affrancarsi gradualmente e ostinatamente dalla autorità e dalla comunione purtroppo può portare lontano. Mentre occorre fare proprie le parole del martire Ignazio, vescovo di Antiochia: Un solo altare, come un solo vescovo. Nulla fate senza il vescovo.
La chiesa è un'obbedienza liberatrice... In ogni società l'autorità esiste, l'autorità è indispensabile, con questo carattere: che l'autorità della Chiesa non sorge dalla base né, per sé, dal numero, ma deriva dall'originaria e immutabile istituzione di Cristo.
Se il primato è dello Spirito e dell'interiorità, l'inserimento organico nel corpo ecclesiale e la sottomissione all'autorità resta pur sempre un elemento insopprimibile, voluto dallo stesso Fondatore della Chiesa.

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4) la vera risposta

Allo scrittore di queste pagine sembra invece che l'attuale dissenso, pur essendo una genuina brama di purificazione, contesti in modo particolare le incrostazioni che nelle varie chiese si sono introdotte nel corso dei secoli. Di rado la crisi tocca la stessa essenza del cristianesimo. Sembra che vi sia un anelito inconscio dei credenti verso la semplicità, verso l'uguaglianza, verso la spontaneità del cristianesimo primitivo, che ridotto allo schema biblico, sarebbe la risposta più efficace alla contestazione e alla crisi odierna. So che Paolo VI ha ammonito i credenti contro il miraggio di un ritorno alla semplicità del vangelo:

Non ci illuda il criterio di ridurre l'edificio della chiesa, diventato largo e maestoso per la gloria di Dio, come un suo tempio magnifico, alle sue iniziali e minime proporzioni, quasi che quelle siano le sole vere, le sole buone.

Eppure penso che proprio questa sia l'unica via che permetterà alle varie chiese del futuro di uscire dal letargo odierno.. Ritorno alle origini. Ritorno al primo amore. Anche Dio alla gente di Israele, che aveva prevaricato, diceva di tornare ancora nel deserto dove Dio l'aveva accolta come fidanzata per farne la sua sposa:

Perciò, ecco, io l'attrarrò,
la condurrò nel deserto,
e parlerò al suo cuore...
Quivi essa mi risponderà
come ai giorni della giovinezza.
come ai giorni che uscì fuori dal paese d'Egitto
(Os 2, 14s)

Non propongo il ritorno al cristianesimo del vangelo per una pura brama archeologica, ma perché le direttive divine contenute nel vangelo sono quelle che ancora oggi meglio corrispondono alle esigenze dello spirito umano. Lo studio presente, attuato con amore e semplicità, vuole appunto servire alle persone di buona volontà per riscoprire il cristianesimo conforma alla parola biblica, che purtroppo nemmeno ai primi tempi fu attuata in tutta la sua profondità, per le continue debolezze umane. Ma occorre presentare al vero credente l'ideale cui deve aspirare, come seguace di quel Gesù che egli dovrebbe scegliere spontaneamente e non per un battesimo impostogli da bambino. Mi auguro che, attraverso queste pagine egli possa meglio conoscere le responsabilità che l'attendono in quanto egli stesso, con i fratelli della medesima fede, costituisce la vera chiesa di Dio. La sua responsabilità non deve tuttavia arrestarsi alla chiesa, ma irradiarsi al di là di essa, per plasmare una società che sia meno incredula dell'odierna e meglio improntata all'amore fraterno e alla solidarietà cristiana.

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