GENESI - LA PREISTORIA BIBLICA (Ge 4,1 - 11, 26)

I DISCENDENTI DI NOE' (Ge 9,18-29)
INDICE
Introduzione
La coltivazione della vigna
L'ubriachezza di Noè
La nudità di Noè
L'atteggiamento dei figli di Noè
Gli oracoli di Noè

Introduzione

I versetti 18 e 19 formano la conclusione della storia del diluvio e collegano direttamente questa storia con quanto segue. I nomi dei figli di Noé che ci erano stati finora elencati dalla tradizione sacerdotale (P) (Ge 5, 32; 6, 10; 7, 13), compaiono qui per la prima volta nella tradizione jahvista (J) a causa del ruolo che questi individui hanno come capostipiti della nuova umanità che da essi si disperse in tutta la terra, e come attori principali della scena seguente delle benedizioni e maledizioni di Noé. La frase " che uscirono dall'arca" serve ad unire il brano seguente con quello precedente: La notizia che Cam è il padre di Canaan è probabilmente un aggiunta esplicativa che ha lo scopo di armonizzare la genealogia dei figli di Noé con quanto segue.
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La coltivazione della vigna

Il racconto ci presenta i tre figli del patriarca, dopo il fatto del diluvio, attorno alla tenda di Noé, diventato nel frattempo agricoltore. A lui viene attribuita l'invenzione della viticultura che in ambiente pagano era invece fatta risalire a delle divinità: Dionisio per la Grecia e Osiris per l'Egitto. Alcuni rabbini, nei loro commenti a questo passo, considerarono la coltivazione della vigna da parte di Noé come un fatto degradante. Anche se questa presunta degradazione non appare evidente nel passo in questione, sembra però in armonia con il contesto se consideriamo che questa coltivazione fu causa per Noé di atteggiamenti degradanti come ad esempio l'ubriacarsi ed il denudarsi. Ancora oggi dai Mussulmani la cultura della vigna è considerato un lavoro degradante.
Basandosi su Amos 6, 6 e sull'assonanza di un termine ebraico simile a quello con cui i profeti designavano la Samaria, alcuni ritengono che questo vigneto fosse stato piantato in questa regione. Tale opinione ha una certa fondatezza archeologica. Gli scavi del Palazzo di Acab, a Samaria, hanno portato alla luce numerosi recipienti per i vari vini della regione. I profeti hanno spesso parlato di vini e di vigneti coltivati in Palestina. Famosi sono quelli di Sabama, a Jazer (Is 16, 8-9); ed altri anche se da noi sconosciuti (Am  4, 1; Is. 5, 11-12). In Siria erano famosi i vini di Helbon di cui Tiro commerciava nel Libano (Ez 27, 18). I Cananei erano dunque degli abili viticoltori, famosi nell'antichità. Questo potrebbe spiegare l'ambientazione del brano in Samaria.
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L'ubriachezza di Noè

Benché gli Ebrei non abbiano mai condannato l'uso moderato del vino (1 Ti 5, 23), pure considerarono con orrore la religione orgiastica dei Cananei ed in particolare l'ubriachezza. Questa, piuttosto che una forza divina che invade l'uomo, come pensavano i Cananei, era invece considerata dagli Ebrei come una lascivia (Is 5, 11-12.22; Ap 18, 3); ma sopratutto come un disonore e una umiliazione.. Essa fa perdere la faccia, suscita derisione, causando spesso la nudità delle parti intime, fa dimenticare i disegni di Dio (Is 5, 12) e trascina nell'idolatria (Am.2, 8; Os 4, 11; Ap 17, 2). Essa suscita la violenza, causa l'ingiustizia (Is 5, 22; Pr 23, 29-31), trascina nella povertà (Pr 21, 17) e priva gli uomini dal conseguire il regno dei cieli (1 Co 5, 11; 6, 10; Ga 5, 21; 1 Pt 4, 3; Ef 5, 18). Se l'ubriachezza è disonorevole per tutti lo è ancor di più per i capi e per coloro che, avendo una certa posizione di guida nella comunità, devono dare l'esempio agli altri (Pr 31, 4-5; 1 Ti 3, 3; 3, 8; Tt 2, 3). Per questo motivo tutte le persone elette da Dio non devono bere vino. Così Sansone (Gdc 13, 4) e così il Battista (Lc 1, 15). L'astenersi completamente dal vino fu considerato dagli Ebrei come un ideale ascetico. Si astenevano pertanto dal vino sia i Recabiti (Gr 35, 6-8) che i Nazirei (Nm 6, 3).

Sotto questa luce quindi il comportamento di Noè non fu fra i più esemplari, ma dobbiamo aggiungere a sua discolpa che molto probabilmente la sua ebbrezza, più che a un gesto deliberato, fu dovuta all'inesperienza del patriarca alle prime armi con il frutto della vigna del quale non conosceva gli effetti inebbrianti causati dalla sua fermentazione.

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La nudità di Noé

La degradazione dovuta all'ebbrezza si manifestò nell'atto di denudarsi che, precisa l'autore, con delicatezza, avvenne però dentro la sua tenda. "Si scoperse in mezzo alla sua tenda". Questa frase va posta in relazione più alla dignità perduta che non ad un'azione sessuale. Il vestito infatti per gli Ebrei più che un mezzo di decenza, era considerato in rapporto alla personalità. Da una parte significava un mondo ordinato da Dio e dall'altra la promessa della gloria perduta nel paradiso.

La veste protegge la vita privata dal pericolo di ritornare nel caos dell'indistinzione, da cui il Creatore l'aveva fatta uscire. Sicché vestire il nudo non è un atto di purità, ma di giustizia sociale (Ez 18, 7), è rifarlo nascere alla vita comune (Is 58, 7), è ridonargli la sua personalità sociale, la sua armonia; è renderlo degno dell'alleanza di fraternità (1 Sm 18, 3-4).

La varietà delle vesti poi denota i diversi gradi sociali; sicché l'uomo deve avere vesti diverse dalle donne (Dt 22, 5); il re deve indossare vesti speciali (1 Re 22, 30); il sommo sacerdote deve avere i suoi abiti sacri (Lv 21, 10); i profeti i loro mantelli e le loro pelli (Zc 13, 4; Mt 3, 4).

La veste è anche un segno della condizione spirituale dell'uomo. La nudità di Ge 3, 7 denota che il corpo intero, più che il sesso di Adamo ed Eva, è privo della gloria e della grazia. Le pelli di cui i protagonisti sono rivestiti (Ge 3, 21), sono un simbolo ed una speranza: sono il segno che ancora sono chiamati a rivestire quella dignità che hanno perduta.

Per questo spesso l'Alleanza dell'A.T. è presentata come un rivestire Israele denudato e l'alleanza del N.T. come un "rivestire Cristo ".

Di conseguenza il denudare un uomo o una donna non era considerato dagli Ebrei come un'azione sconcia, ma piuttosto come un'umiliazione della dignità personale (Ez 16, 37; Os 2, 9-10). Sicché l'ebreo poteva parlare anche dello spogliamento di un uomo già nudo (Gb 22, 6).

A parte qualche raro caso (Betsabea 2 Sm 11, 2), nella Bibbia si parla di nudità solo in relazione a personaggi importanti, la cui dignità viene compromessa dal loro stato. Abbiamo così Noé deriso da Cam (Ge 9, 22); i sacerdoti visti dai fedeli (Es 20, 26); il re Saul preso da un trance profetico (1 Sm 19, 24); David deriso da Michol (2 Sm 6, 14.16.20); gli ambasciatori davidici umiliati dal re di Ammon (2 Sm 10, 4-5).
La nudità era sovente lo stato dei prigionieri di guerra (Is 20, 4) e degli ubriaconi (Hb 2, 15; Lm 4, 21).
Lo stato del neonato non evoca nella Bibbia L'Idea dell'innocenza, ma piuttosto l'idea della debolezza assoluta (Ez 16, 4 s.). Quando la Bibbia deve consigliare la prudenza nei confronti della seduzione sessuale, non parla mai della nudità della donna, ma piuttosto delle sue vesti sontuose e dei suoi ornamenti (Ez 16, 10-16).

Dunque i vv. 20-21 hanno lo scopo di descrivere Noé in uno stato di umiliazione, ubriaco e denudato di ogni dignità; mentre i vv. 20 ss. stigmatizzano la condotta superba e beffarda di Cam contrapposta alla condotta devota e rispettosa di Sem e Jafet.

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L'atteggiamento dei figli di Noé

Cam, dopo aver forse spiato all'ingresso della tenda (che ci sarebbe penetrato a fare nella tenda paterna?), entrò nella tenda per meglio osservare e deridere il padre denudato; anzi invitò i fratelli a fare altrettanto, ma costoro dopo aver raccolto il mantello paterno, se lo posero sulle spalle e, camminando a ritroso, ne ricopersero il genitore, senza peraltro vederne la umiliante nudità. Il mantello che serviva a quel tempo anche da coperta notturna (Dt 24, 13), nel nostro passo ridonò, a Noé umiliato, la sua dignità personale di grande patriarca. L'autore nel descrivere il risveglio di Noé dalla sua ebbrezza con questa frase: "seppe quello che gli aveva fatto il figlio minore " sembrerebbe alludere  a qualche azione impudica commessa da Cam, che non si sarebbe limitato a guardare e deridere il padre denudato. Tale supposizione però sembra priva di consistenza. Il termine ebraico indicante la nudità, anche se spesso può denotare le parti sessuali, potrebbe indicare semplicemente disonore. In Ed 4, 13-14 si parla della nudità del re  per indicare un possibile disonore causato dal negargli i tributi. Nel nostro caso dunque si afferma che, mentre Cam, senza alcun rispetto della dignità paterna, vide il disonore del padre, ubriaco e denudato, e ne parlò ai fratelli; questi pieni di rispetto e di pietà filiale, lo ricoprirono con il mantello senza guardarlo. L'aver denominato Cam, come il "figlio minore ", contrariamente alla solita successione: Sem, Cam e Jafet, ha indotto alcuni a pensare di essere in presenza di un'altra tradizione. Altri invece ritengono la frase , non tanto in rapporto all'età, quanto piuttosto al senso morale spiegandola con  il nostro spregiativo minorato. Questa spiegazione sembra in accordo con il contesto che parla della degradazione dei Cananei e sembra anche confortata da altri esempi (Gr 49, 15). D'altra parte in ebraico la frase per indicare il figlio minore deve essere messa in apposizione al nome proprio che deve essere sempre espresso (2 Cr 22, 1).
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Gli oracoli di Noé

Gli oracoli di Noé costituiscono la prima delle benedizioni (e in questo caso anche maledizioni) patriarcali che hanno una portata più o meno direttamente messianica. Sorprende a questo punto riscontrare che sia stato maledetto Canaan (v. 25), il figlio minore di Cam (v. 22; cfr 10, 6), invece del responsabile diretto. Si possono dare due spiegazioni. O si evita di maledire direttamente Cam, già benedetto da Dio (9, 1), e si fa ricadere la maledizione sui suoi discendenti, come del resto le benedizioni degli altri due fratelli riguardano pure i loro discendenti; oppure si suppone che il testo portasse originariamente Cam. ma poi gli scribi o lo stesso autore ispirato l'hanno mutato in Canaan, per indicare più chiaramente che il tristo destino di Cam fu ereditato dai Cananei, soggiogati appunto dagli Israeliti, discendenti di Sem. " Il servo dei servi " è un ebraismo che significa il più infimo dei servi. . La maledizione riguarda un bene temporale: la perdita dell'indipendenza politica, della grandezza nazionale.

" Benedetto sia L'Eterno, il Dio di Sem, e sia Canaan suo servo ". Questa benedizione ha un aspetto anzitutto spirituale. Si tratta di un rapporto particolare con Jahvé. Infatti è nella stirpe di Sem che sorgerà Abramo, il popolo eletto ed infine il Messia. Vi si aggiunge un aspetto temporale: I discendenti di Sem avranno dominio sul popolo dei Cananei.

" Dio ingrandisca Jafet". Si tratta dell'incremento demografico e dell' estensione territoriale. E appunto gli Europei hanno popolato interi continenti. Si tratta di un bene temporale, ma l'oracolo aggiunge "e dimori nelle tende di Sem ", evidentemente come ospite. Il che significa che il bene spirituale augurato a Sem verrà comunicato anche a Jafet, ma solo attraverso la mediazione di Sem. Dio in quanto creatore (Elohim) arricchirà Jafet di doni eccezionali, ma in quanto rivelatore della vera religione (Jahvé) avrà rapporti con la discendenza di Sem, dalla quale i discendenti di Jafet apprenderanno la vera religione. Poi per la terza volta ripete il destino di Canaan, "ma sia Canaan suo servo", di Jafet, cioè, come di Sem. Si può benevolmente intendere che anche Canaan, come servo, parteciperà alle benedizioni religiose del suo padrone, ma forse questo concetto esulava dalle intenzioni dell'autore ispirato. E' meraviglioso constatare come queste parole profetiche si siano realizzate al completo, quando già da molti secoli si ritrovano registrate nel libro della Genesi. Questa antica narrazione mette in evidenza non solo il principio della responsabilità globale del capostipite e dei suoi discendenti ed anche una certa esemplarità dell'eponimo rispetto al gruppo che ne deriva, ma specialmente la libertà da parte di Dio. A parità di merito, Dio elegge Sem a preferenza di Jafet, per fare di lui e della sua discendenza lo strumento dei disegni divini di salvezza per tutto il genere umano.