L'ubriachezza di Noè
Benché gli Ebrei non abbiano mai condannato
l'uso moderato del vino (1 Ti 5, 23), pure considerarono con orrore la
religione orgiastica dei Cananei ed in particolare l'ubriachezza. Questa,
piuttosto che una forza divina che invade l'uomo, come pensavano i Cananei,
era invece considerata dagli Ebrei come una lascivia (Is 5, 11-12.22;
Ap 18, 3); ma sopratutto come un disonore e una umiliazione.. Essa fa
perdere la faccia, suscita derisione, causando spesso la nudità
delle parti intime, fa dimenticare i disegni di Dio (Is 5, 12) e trascina
nell'idolatria (Am.2, 8; Os 4, 11; Ap 17, 2). Essa suscita la violenza,
causa l'ingiustizia (Is 5, 22; Pr 23, 29-31), trascina nella povertà
(Pr 21, 17) e priva gli uomini dal conseguire il regno dei cieli (1 Co
5, 11; 6, 10; Ga 5, 21; 1 Pt 4, 3; Ef 5, 18). Se l'ubriachezza è
disonorevole per tutti lo è ancor di più per i capi e per
coloro che, avendo una certa posizione di guida nella comunità,
devono dare l'esempio agli altri (Pr 31, 4-5; 1 Ti 3, 3; 3, 8; Tt 2, 3).
Per questo motivo tutte le persone elette da Dio non devono bere vino.
Così Sansone (Gdc 13, 4) e così il Battista (Lc 1, 15). L'astenersi
completamente dal vino fu considerato dagli Ebrei come un ideale ascetico.
Si astenevano pertanto dal vino sia i Recabiti (Gr 35, 6-8) che i Nazirei
(Nm 6, 3).
Sotto questa luce quindi il comportamento di Noè non fu fra i più esemplari, ma dobbiamo aggiungere a sua discolpa che molto probabilmente la sua ebbrezza, più che a un gesto deliberato, fu dovuta all'inesperienza del patriarca alle prime armi con il frutto della vigna del quale non conosceva gli effetti inebbrianti causati dalla sua fermentazione.
La veste protegge la vita privata dal pericolo di ritornare nel caos dell'indistinzione, da cui il Creatore l'aveva fatta uscire. Sicché vestire il nudo non è un atto di purità, ma di giustizia sociale (Ez 18, 7), è rifarlo nascere alla vita comune (Is 58, 7), è ridonargli la sua personalità sociale, la sua armonia; è renderlo degno dell'alleanza di fraternità (1 Sm 18, 3-4).
La varietà delle vesti poi denota i diversi gradi sociali; sicché l'uomo deve avere vesti diverse dalle donne (Dt 22, 5); il re deve indossare vesti speciali (1 Re 22, 30); il sommo sacerdote deve avere i suoi abiti sacri (Lv 21, 10); i profeti i loro mantelli e le loro pelli (Zc 13, 4; Mt 3, 4).
La veste è anche un segno della condizione spirituale dell'uomo. La nudità di Ge 3, 7 denota che il corpo intero, più che il sesso di Adamo ed Eva, è privo della gloria e della grazia. Le pelli di cui i protagonisti sono rivestiti (Ge 3, 21), sono un simbolo ed una speranza: sono il segno che ancora sono chiamati a rivestire quella dignità che hanno perduta.
Per questo spesso l'Alleanza dell'A.T. è presentata come un rivestire Israele denudato e l'alleanza del N.T. come un "rivestire Cristo ".
Di conseguenza il denudare un uomo o una donna non era considerato dagli Ebrei come un'azione sconcia, ma piuttosto come un'umiliazione della dignità personale (Ez 16, 37; Os 2, 9-10). Sicché l'ebreo poteva parlare anche dello spogliamento di un uomo già nudo (Gb 22, 6).
A parte qualche raro caso (Betsabea
2 Sm 11, 2), nella Bibbia si parla di nudità solo in relazione
a personaggi importanti, la cui dignità viene compromessa dal loro
stato. Abbiamo così Noé deriso da Cam (Ge 9, 22); i sacerdoti
visti dai fedeli (Es 20, 26); il re Saul preso da un trance profetico
(1 Sm 19, 24); David deriso da Michol (2 Sm 6, 14.16.20); gli ambasciatori
davidici umiliati dal re di Ammon (2 Sm 10, 4-5).
La nudità era sovente lo stato dei prigionieri di guerra (Is
20, 4) e degli ubriaconi (Hb 2, 15; Lm 4, 21).
Lo stato del neonato non evoca nella Bibbia L'Idea dell'innocenza,
ma piuttosto l'idea della debolezza assoluta (Ez 16, 4 s.). Quando la
Bibbia deve consigliare la prudenza nei confronti della seduzione sessuale,
non parla mai della nudità della donna, ma piuttosto delle sue
vesti sontuose e dei suoi ornamenti (Ez 16, 10-16).
Dunque i vv. 20-21 hanno lo scopo di descrivere Noé in uno stato di umiliazione, ubriaco e denudato di ogni dignità; mentre i vv. 20 ss. stigmatizzano la condotta superba e beffarda di Cam contrapposta alla condotta devota e rispettosa di Sem e Jafet.
Gli oracoli di Noé
Gli oracoli di Noé costituiscono la prima
delle benedizioni (e in questo caso anche maledizioni) patriarcali che
hanno una portata più o meno direttamente messianica. Sorprende
a questo punto riscontrare che sia stato maledetto Canaan (v. 25), il figlio
minore di Cam (v. 22; cfr 10, 6), invece del responsabile diretto. Si
possono dare due spiegazioni. O si evita di maledire direttamente Cam,
già benedetto da Dio (9, 1), e si fa ricadere la maledizione sui
suoi discendenti, come del resto le benedizioni degli altri due fratelli
riguardano pure i loro discendenti; oppure si suppone che il testo portasse
originariamente Cam. ma poi gli scribi o lo stesso autore ispirato l'hanno
mutato in Canaan, per indicare più chiaramente che il tristo destino
di Cam fu ereditato dai Cananei, soggiogati appunto dagli Israeliti, discendenti
di Sem. " Il servo dei servi
" è un ebraismo che significa il più infimo dei servi. . La
maledizione riguarda un bene temporale: la perdita dell'indipendenza politica,
della grandezza nazionale.
" Benedetto sia L'Eterno, il Dio di Sem, e sia Canaan suo servo ". Questa benedizione ha un aspetto anzitutto spirituale. Si tratta di un rapporto particolare con Jahvé. Infatti è nella stirpe di Sem che sorgerà Abramo, il popolo eletto ed infine il Messia. Vi si aggiunge un aspetto temporale: I discendenti di Sem avranno dominio sul popolo dei Cananei.
" Dio ingrandisca Jafet". Si tratta dell'incremento demografico e dell' estensione territoriale. E appunto gli Europei hanno popolato interi continenti. Si tratta di un bene temporale, ma l'oracolo aggiunge "e dimori nelle tende di Sem ", evidentemente come ospite. Il che significa che il bene spirituale augurato a Sem verrà comunicato anche a Jafet, ma solo attraverso la mediazione di Sem. Dio in quanto creatore (Elohim) arricchirà Jafet di doni eccezionali, ma in quanto rivelatore della vera religione (Jahvé) avrà rapporti con la discendenza di Sem, dalla quale i discendenti di Jafet apprenderanno la vera religione. Poi per la terza volta ripete il destino di Canaan, "ma sia Canaan suo servo", di Jafet, cioè, come di Sem. Si può benevolmente intendere che anche Canaan, come servo, parteciperà alle benedizioni religiose del suo padrone, ma forse questo concetto esulava dalle intenzioni dell'autore ispirato. E' meraviglioso constatare come queste parole profetiche si siano realizzate al completo, quando già da molti secoli si ritrovano registrate nel libro della Genesi. Questa antica narrazione mette in evidenza non solo il principio della responsabilità globale del capostipite e dei suoi discendenti ed anche una certa esemplarità dell'eponimo rispetto al gruppo che ne deriva, ma specialmente la libertà da parte di Dio. A parità di merito, Dio elegge Sem a preferenza di Jafet, per fare di lui e della sua discendenza lo strumento dei disegni divini di salvezza per tutto il genere umano.