GENESI - LA PREISTORIA BIBLICA (Ge 4,1 - 11, 26)

LA GENEALOGIA DI SEM (Gen. 11, 10-32)
Come è solito fare, l'autore sacro, dopo aver narrato una caduta dell'umanità ed il conseguente castigo da parte di Dio, ci presenta un brano ricco di speranza in cui ci viene descritto un "Resto" buono dell'umanità.

La genealogia di Sem, va quindi considerata sotto questo aspetto di speranza. Essa, pur essendo la quinta. divide il libro della Genesi in due parti.

Con una genealogia di carattere prevalentemente documentario, a parte alcune note, l'autore ci presenta gli anelli tra Sem ed Abramo, cioè i Semiti Occidentali, detentori di ogni benedizione divina, sui quali si dovrà concentrare da ora in poi l'attenzione del lettore.

I versetti dal 10 al 27 ed i versetti 31 e 32 appartengono alla tradizione sacerdotale. I versetti dal 28 al 30 sono invece della tradizione Jahvista. Il brano compreso dal versetto 10 al v. 27 è un frammento del libro delle genealogie, che probabilmente rappresenta il più antico nucleo della redazione sacerdotale. Come nella lista dei Setiti (Gen. 5), anche questa genealogia termina in tre vertici: Abramo Nahor e Haran. Queste due liste pur essendo abbastanza simili non sono del tutto uniformi. In entrambe i patriarchi sono dieci. Nella genealogia di Sem manca invece la durata complessiva della vita che normalmente troviamo nella lista dei Setiti. Se ne può dedurre che erano tradizioni indipendenti e che solo in un secondo tempo furono inglobate nel libro delle genealogie. L'impressione di antichità che riflettono le notizie della genealogia di Sem ci viene confermata sempre più dal progredire degli studi sulle condizione politiche della Siria e della Mesopotamia occidentale del II millennio:

Pur rimanendo aperte ancora molte questioni a proposito degli sfondi storici di questa lista, è tuttavia chiaro che essa ci porta nella Mesopotamia Nord-Occidentale e nella Siria del Nord. Alcuni nomi sono documentati come nomi di luogo: Serug = Sarug, a ovest di Haran; Nahor = Til-nahiri, parimenti presso Haran; Terah = Til a turahi, sul Balic; Peleg = Faliga, sull'Eufrate superiore; Haran è sempre stata conosciuta come sede dell'antico culto della dea Luna. In tal modo abbiamo l'indicazione di una regione in cui sono emigrati gli Aramei verso la fine del II° millennio. (Le città stesse, naturalmente, non erano di fondazione aramaica, ma molto più antiche). Anche Ur, sull'Eufrate inferiore, nota come centro di civiltà fondata nel IV millennio a. C., fu aramaizzata più tardi da questa ondata di Caldei. In stretto rapporto con tale invasione semitica sono giunti in Palestina anche gli Israeliti. Mettendo gli antenati di Israele in relazione con gli Aramei (Cfr Dt 26, 5 e Ge 28, 1 ss.), questa lista tocca dei nessi preistorici molto concreti.

In Gen. 5, 32 è detto che Sem è nato nell'anno 500 della vita di Noé; in 7, 6. 11 è detto che il diluvio avvenne nell'anno 600 della vita del Patriarca, nel 17 del 2° mese dell'anno e cioè quando Sem aveva 100 anni e 2 mesi; in 8, 12-14 è detto che Noé uscì dall'arca nell'anno 601 della sua vita, il 27 del 2° mese, cioè 1 anno e 10 giorni dopo l'inizio del diluvio. Quindi allora Sem aveva 101 anni e 70 giorni. Due anni dopo, secondo 11, 10, egli ebbe Arpacsad, all'età di 103 anni e 70 giorni per la precisione. Al contrario il nostro testo afferma che egli aveva solo 100 anni. Esiste dunque fra questo testo e gli altri dello stesso codice una differen-za di 3 anni e 70 giorni.

L'enigma potrebbe essere facilmente sciolto se si supponesse che Sem fosse il secondogenito, nato nel 502 della vita di Noè; è infatti improbabile che sua moglie abbia avuto un parto trigemino, per cui la data di 5, 32 indicherebbe non la nascita dei tre figli, bensì la nascita del primogenito che sarebbe stato Jafet; dopo due anni sarebbe nato appunto Sem, che avrebbe perciò raggiunto i 100 anni, due anni dopo il diluvio. Ma sia il tenore delle benedizioni paterne conferite a Sem (9, 25 ss.), sia il particolare di 10, 21 (" il fratello maggiore di Jafet ") sembrerebbero escludere tale ipotesi e fanno di Sem il primogenito.

Alcuni esegeti hanno tentato in altro modo di eludere la difficoltà dando al verbo "generare" il senso di "" (e vedremo che anche in questa genealogia la cronologia è fondata in tal senso). Ciò ammesso avremmo che Sem fu concepito nell'anno 500 di Noé, sicché all'inizio del diluvio aveva 99 anni. Siccome il diluvio durò 10 mesi del 600 e 2 mesi del 601, ne conseguì che Sem ebbe 100 anni nel secondo anno dall'inizio del Diluvio; la frase "due anni dopo il diluvio" bisognerebbe dunque conteggiarla dall'inizio del cataclisma. Ciò risulterebbe anche da Gen. 9, 28 ove è detto che Noé " dopo il diluvio" visse 350 anni; eppure il totale della sua vita è di 950 anni. Ciò denota che è stato conteggiato dall'inizio del diluvio (600+350) e non dalla fine (601+350 = 951).

I rabbini invece risolsero la questione affermando che l'anno del Diluvio (17 del 2° me-se del 600 - 27 del 2° mese del 601) non fu contato nelle cronologie, perché, diceva R. Johanam, "
i pianeti non funzionarono durante il periodo dei 12 mesi (del diluvio) "; R. Jonathan gli rispose, " Funzionarono, ma la loro traccia fu impercettibile ".

Altri studiosi pensano invece che "
due anni dopo il diluvio" sia una glossa posteriore, introdotta da qualche teologo per eliminare la supposizione che Arpacsad sia stato concepito durante la permanenza dei figli di Noé nell'Arca, mentre la tradizione affermava costantemente che durante tale periodo essi si sarebbero astenuti da ogni commercio sessuale.  Rimarrebbe tuttavia contro tale ipotesi la difficoltà di eliminare una cifra attestata da tutti i documenti letterari che possediamo.

Per tale difficoltà J. Chaine, fondato anche sul fatto che in Ge 10, 22 Arpacsad è terzogenito, mentre nella nostra pericope compare come primogenito; e in Ge 11, 25. 26 Nahor compare come padre e figlio di Terah, ammette che ci si trova in presenza di tradizioni diverse raccolte dall'autore sacerdotale e conservate senza la preoccupazione di armonizzarle. Tale ipotesi potrebbe essere presa in considerazione a meno che Elam e Assur non siano stati qui taciuti per il principio eliminatorio essenziale del libro della Genesi, e che il nipote abbia preso il nome del nonno, usanza comune fra gli Ebrei.

Caratteristica comune con Ge 5 è la monotona elencazione delle generazioni, seppure con qualche differenza (in Ge 10, 11 ss. non troviamo il totale degli anni vissuti da ciascun patriarca). Notiamo inoltre un'ulteriore diminuzione dell'età di vita; anche gli anni di procreazione sono ora molto più bassi. Viene così indicata la progressiva decadenza del genere umano dallo stato originario, e conforme alla creazione. Allo stesso tempo viene però preparato il miracolo della nascita di Isacco.

Il lettore che nel cap. 10, in tutta quella massa di popoli, aveva scorto la ricchezza creatrice di Dio, rimane ora perplesso di fronte all'interesse esclusivo con cui viene ora portata avanti questa unica linea genealogica. Si chiede se l'autore, a cui sta a cuore soltanto questa stirpe, non sia un discendente di Abramo. Ma allora perché appesantire il suo schema narrativo con la Tavola delle Nazioni? Avrebbe potuto molto più semplicemente tracciare la genealogia da Adamo ad Abramo. Il rigore con cui prima riconduce tutti i popoli, al di là di Noé, fino ad Adamo e solo dopo descrive la linea particolare che porta ad Abramo, mostra come egli fosse cosciente del mistero dell'elezione divina, e volesse presentarlo teologicamente nel suo quadro storico, con tutto il suo sconcertante risalto.

Il frammento jahvista comincia in un modo improvviso, con la morte di Haran e non si attacca né a Ge 10, 24-30 della Tavola delle Nazioni, né all'episodio della torre di Babele. Nel suo stato integrale dovette avere quasi certamente anche indicazioni sull'origine della famiglia di Abramo come si può dedurre da 11, 28. 29 e di 12, 4a dove Haran, Terah, Abramo, Nahor, Lot sono presentati come se fossero già noti al lettore. Nel v. 28 è detto che Haran morì durante la vita di Terah, suo padre, nel paese della sua parentela, nella città di Ur dei Caldei. Harran è la regione di residenza dei Nahoriti, solo dopo l'emigrazione da Ur della bassa Mesopotamia, che fu invece la terra nativa del clan. Ur è un centro sumerico importante, per tutto il periodo che va da Ur I (c. 2500) a Ur III (c. 1950). Diventa un centro amorrita, durante le dinastie di Isin e Larsa (c. 1940-1800), per passare, dal 1800 al 1698, sotto il predominio degli Elamiti. Nel 1698 ritorna sotto gli amorriti di Hammurabi. che poi si confondono con varie tribù aramee, e, del sec. XI, con tribù caldee. Tra queste tribù nomadi aramee dovettero vagare anche i clans di Terah che, emigrarono al Nord, nella regione di Harran.

Al v. 29 apprendiamo che Abramo e Nahor si presero delle mogli. Da Ge 20, 12 e dal nostro contesto risulta chiaro che Nahor sposò una nipote (Milkah, figlia di suo fratello Haran) e Abramo una sorella paterna, anche se non uterina. Matrimoni questi che furono in seguito vietati dalla legge mosaica (Lv 18, 9. 14; 20, 17. 19). Sicché essi devono senz'altro rispecchiare un altro ambiente. A tal proposito vanno ricordati i matrimoni di adozione, comuni fra gli Hurriti, specialmente quando si trattava di nipoti orfanelle. Il nome della moglie di Abramo, Sarai, è una forma arcaica di "ay", già comune a Ugarit, che ancora vive in siriaco, in arabo ed in etiopico, con il significato di principessa; mentre Milkah ha il significato di regina. In accadico il senso è rovesciato per cui Sarai significa regina e Milkah principessa.

Al v. 31 nella trasmigrazione da Ur dei Caldei a Harran non si parla di Milkah e di Nahor che pure emigrarono da Ur ad Harran, come apprendiamo in seguito da Ge 22, 20 ss e 24, 10. Nulla sappiamo circa il motivo che spinse Terah ad emigrare verso Canaan, ma poi si fermò a Harran. Nel TM, Terah, di sua iniziativa e senza un evidente motivo (o al massimo per qualche ragione umana, trascurata dall'autore che la tace) decide di emigrare assieme alla famiglia di Abramo e con quella di Lot (=aramei, ebrei, moabiti e ammoniti), da Ur al Canaan, via Harran.

Gli studiosi moderni in genere tendono a spiegare questa emigrazione con ragioni per lo più politiche. A causa ad esempio dei trambusti avvenuti nella Bassa Mesopotamia alla caduta della III dinastia di Ur verso il 1940 ca. a.C.. Altri esegeti però, ritenendo che questa cronologia è troppo alta per Abramo, pensano che il patriarca si sia deciso a partire da Ur quando nel 1698 a.C., crollata l'egemonia Elamita, la Bassa Mesopotamia subì una pericolosa instabilità politica. Iddio poi, approfittando di queste circostanze umane, avrebbe dato un senso religioso a questa emigrazione chiamando con una vocazione Abramo. Questo concetto si ritroverebbe, secondo questi studiosi, anche in Gs 24, 2 che considera Terah e la sua famiglia mesopotamica, incapace di finalità religiose, essendo idolatra. Fu Dio stesso che prese il patriarca Abramo al di là del fiume (questa frase indicherebbe l'Aram Nahareyim, cioè la Siria settentrionale e più esattamente la città di Nahor) e gli fece percorrere tutto il paese di Canaan. L'idolatria della famiglia di Terah è manifesta anche nel nome stesso del patriarca e di alcuni suoi congiunti. Il nome di Terah infatti avrebbe delle relazioni con il dio ugaritico omonimo, signore della luna; allo stesso dio si riferirebbe il nome del futuro Labano. Mentre Sarai e Milkah sarebbero due epiteti della moglie del Dio Sin, la dea Nin.Gal, la grande signora, madre di Istar. Ad ogni modo è certo che tanto Ur che Harran sono due centri del culto del dio della Luna e della sua consorte, che hanno in queste due città due templi famosi, identico sacerdozio e identico culto. Si spiegherebbe così come mai la famiglia di Terah, dovendo lasciare Ur, per motivi a noi ignoti, si sia diretta o per via del Tigri, oppure per quella più diretta dell'Eufrate, a Harran, città sorella per cultura e per religione.

Contro questa tradizione che potremo chiamare laica, ce n'è un'altra molto più tardiva, eminentemente religiosa. Essa è conservata nei luoghi paralleli della Bibbia, nella tradizione rabbinica e, di riflesso, nella tradizione patristica cristiana.

Tralasciando la tradizione rabbinica e quella patristica che ci interessano relativamente vediamo alcuni passi che troviamo già in Gen. 15, 7 Questo passo fa dire a Jahvé: "
Io sono Jahvé che ti ha fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese in eredità". Un altro passo più o meno contemporaneo lo troviamo in Ne 9, 7 " Tu sei Jahvé, il Dio che ha scelto Abramo ; lo hai fatto uscire da Ur dei Caldei e gli hai dato il nome di Abrahamo ". Questi passi, pur attribuendo ad Abramo una motivazione religiosa mentre era ancora in Ur dei Caldei, non si discostano molto dal contesto generale del nostro brano, benché la chiamata di Abramo sia collocata in Harran e non in Ur dei Caldei (Ge 12, 1). Proseguendo nel nostro esame dei passi paralleli, arriviamo in Atti 7, 2-4 dove Stefano dice: " Fratelli e padri ascoltate. Il dio della gloria apparve ad Abrahamo, nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che abitasse in Carran e gli disse: Esci dal tuo paese e dal tuo parentado e va nel paese che io ti mostrerò. Allora egli usci dal paese dei Caldei e abitò in Carran; di là, dopo che suo padre morì, Dio lo fece venire in questo paese, nel quale ora voi abitate" Questo passo è molto più esplicito dei precedenti e sembra in apparente contrasto con Ge 12, 1 in cui si dice chiaramente che la chiamata da parte di Dio è stata rivolta ad Abramo ad Harran e non in Ur dei Caldei. Tale discrepanza si può benissimo sanare considerando che fu pur sempre la provvidenza di Dio a spingere Terah a lasciare Ur dei Caldei per cui nella prospettiva della storia ha poca importanza se la chiamata sia avvenuta in Ur oppure a Harran. Stefano ci dice anche che Abramo uscì da Harran dopo la morte di suo padre.

Considerando che in Ge 12, 4 ci viene detto che Abramo quando uscì da Harran aveva 75 anni, mentre era nato quando Terah aveva 70 anni (Ge 11, 26) e Terah dopo tale nascita visse altri 135 anni e cioè in tutto complessivamente 205 anni, dobbiamo arguire che Abramo lasciò il paese di Harran, il parentado e la casa di suo padre mentre questi era ancora in vita. Considerando gli anni di vita della genealogia alla lettera ci sarebbe una grave discrepanza fra quanto dice Stefano e Ge 12, 4. Ma, come abbiamo già visto, queste cifre, sia nella genealogia dei Setiti come in quella di Sem, hanno un valore più che altro simbolico e religioso.

Lista secondo il Testo Masoretico

 Patriarca

Primogenito

Resto

Totale

1 -- SEM

100

500

600

2 -- ARPACSAD

35

403

438

3 -- SELAH

30

403

433

4 -- EBER

34

430

464

5 -- PELEG

30

209

239

6.-- REU

32

207

239

7 -- SERUG

30

200

230

8 -- NAHOR

29

119

148

9.-- TERAH

70

135

205

10 - ABRAMO

 

 

 

 

Genealogia di Terah