LA GENEALOGIA DI
SEM (Gen. 11, 10-32)
Come è
solito fare, l'autore sacro, dopo aver narrato una caduta dell'umanità
ed il conseguente castigo da parte di Dio, ci presenta un brano ricco di
speranza in cui ci viene descritto un "Resto" buono dell'umanità.
La genealogia di Sem, va quindi considerata sotto questo aspetto di
speranza. Essa, pur essendo la quinta. divide il libro della Genesi in
due parti.
Con una genealogia di carattere prevalentemente documentario, a parte
alcune note, l'autore ci presenta gli anelli tra Sem ed Abramo, cioè
i Semiti Occidentali, detentori di ogni benedizione divina, sui quali
si dovrà concentrare da ora in poi l'attenzione del lettore.
I versetti dal 10 al 27 ed i versetti 31 e 32 appartengono alla tradizione
sacerdotale. I versetti dal 28 al 30 sono invece della tradizione Jahvista.
Il brano compreso dal versetto 10 al v. 27 è un frammento del libro
delle genealogie, che probabilmente rappresenta il più antico nucleo
della redazione sacerdotale. Come nella lista dei Setiti (Gen. 5), anche
questa genealogia termina in tre vertici: Abramo Nahor e Haran. Queste due
liste pur essendo abbastanza simili non sono del tutto uniformi. In entrambe
i patriarchi sono dieci. Nella genealogia di Sem manca invece la durata
complessiva della vita che normalmente troviamo nella lista dei Setiti.
Se ne può dedurre che erano tradizioni indipendenti e che solo in
un secondo tempo furono inglobate nel libro delle genealogie. L'impressione
di antichità che riflettono le notizie della genealogia di Sem ci
viene confermata sempre più dal progredire degli studi sulle condizione
politiche della Siria e della Mesopotamia occidentale del II millennio:
Pur rimanendo aperte ancora molte questioni a proposito degli sfondi
storici di questa lista, è tuttavia chiaro che essa ci porta nella
Mesopotamia Nord-Occidentale e nella Siria del Nord. Alcuni nomi sono documentati
come nomi di luogo: Serug = Sarug, a ovest di Haran; Nahor = Til-nahiri,
parimenti presso Haran; Terah = Til a turahi, sul Balic; Peleg = Faliga,
sull'Eufrate superiore; Haran è sempre stata conosciuta come sede
dell'antico culto della dea Luna. In tal modo abbiamo l'indicazione di
una regione in cui sono emigrati gli Aramei verso la fine del II° millennio.
(Le città stesse, naturalmente, non erano di fondazione aramaica,
ma molto più antiche). Anche Ur, sull'Eufrate inferiore, nota come
centro di civiltà fondata nel IV millennio a. C., fu aramaizzata
più tardi da questa ondata di Caldei. In stretto rapporto con tale
invasione semitica sono giunti in Palestina anche gli Israeliti. Mettendo
gli antenati di Israele in relazione con gli Aramei (Cfr Dt 26, 5 e Ge
28, 1 ss.), questa lista tocca dei nessi preistorici molto concreti.
In Gen. 5, 32 è detto che Sem è nato nell'anno 500 della
vita di Noé; in 7, 6. 11 è detto che il diluvio avvenne nell'anno
600 della vita del Patriarca, nel 17 del 2° mese dell'anno e cioè
quando Sem aveva 100 anni e 2 mesi; in 8, 12-14 è detto che Noé
uscì dall'arca nell'anno 601 della sua vita, il 27 del 2° mese,
cioè 1 anno e 10 giorni dopo l'inizio del diluvio. Quindi allora
Sem aveva 101 anni e 70 giorni. Due anni dopo, secondo 11, 10, egli ebbe
Arpacsad, all'età di 103 anni e 70 giorni per la precisione. Al
contrario il nostro testo afferma che egli aveva solo 100 anni. Esiste
dunque fra questo testo e gli altri dello stesso codice una differen-za
di 3 anni e 70 giorni.
L'enigma potrebbe essere facilmente sciolto se si supponesse che Sem
fosse il secondogenito, nato nel 502 della vita di Noè; è
infatti improbabile che sua moglie abbia avuto un parto trigemino, per
cui la data di 5, 32 indicherebbe non la nascita dei tre figli, bensì
la nascita del primogenito che sarebbe stato Jafet; dopo due anni sarebbe
nato appunto Sem, che avrebbe perciò raggiunto i 100 anni, due anni
dopo il diluvio. Ma sia il tenore delle benedizioni paterne conferite a
Sem (9, 25 ss.), sia il particolare di 10, 21 (" il
fratello maggiore di Jafet ") sembrerebbero escludere tale ipotesi
e fanno di Sem il primogenito.
Alcuni esegeti hanno tentato in altro modo di eludere la difficoltà
dando al verbo "generare" il senso di "" (e
vedremo che anche in questa genealogia la cronologia è fondata in
tal senso). Ciò ammesso avremmo che Sem fu concepito nell'anno 500
di Noé, sicché all'inizio del diluvio aveva 99 anni. Siccome
il diluvio durò 10 mesi del 600 e 2 mesi del 601, ne conseguì
che Sem ebbe 100 anni nel secondo anno dall'inizio del Diluvio; la frase
"due anni dopo il diluvio" bisognerebbe dunque
conteggiarla dall'inizio del cataclisma. Ciò risulterebbe anche da
Gen. 9, 28 ove è detto che Noé " dopo
il diluvio" visse 350 anni; eppure il totale della sua vita è
di 950 anni. Ciò denota che è stato conteggiato dall'inizio
del diluvio (600+350) e non dalla fine (601+350 = 951).
I rabbini invece risolsero la questione affermando che l'anno del
Diluvio (17 del 2° me-se del 600 - 27 del 2° mese del 601) non
fu contato nelle cronologie, perché, diceva R. Johanam, "
i pianeti non funzionarono durante il periodo dei 12 mesi (del diluvio)
"; R. Jonathan gli rispose, "
Funzionarono, ma la loro traccia fu impercettibile
".
Altri studiosi pensano invece che "due
anni dopo il diluvio" sia una glossa posteriore,
introdotta da qualche teologo per eliminare la supposizione che Arpacsad
sia stato concepito durante la permanenza dei figli di Noé nell'Arca,
mentre la tradizione affermava costantemente che durante tale periodo essi
si sarebbero astenuti da ogni commercio sessuale. Rimarrebbe tuttavia
contro tale ipotesi la difficoltà di eliminare una cifra attestata
da tutti i documenti letterari che possediamo.
Per tale difficoltà J. Chaine, fondato anche sul fatto che
in Ge 10, 22 Arpacsad è terzogenito, mentre nella nostra pericope
compare come primogenito; e in Ge 11, 25. 26 Nahor compare come padre e
figlio di Terah, ammette che ci si trova in presenza di tradizioni diverse
raccolte dall'autore sacerdotale e conservate senza la preoccupazione di
armonizzarle. Tale ipotesi potrebbe essere presa in considerazione a meno
che Elam e Assur non siano stati qui taciuti per il principio eliminatorio
essenziale del libro della Genesi, e che il nipote abbia preso il nome del
nonno, usanza comune fra gli Ebrei.
Caratteristica comune con Ge 5 è la monotona elencazione delle
generazioni, seppure con qualche differenza (in Ge 10, 11 ss. non troviamo
il totale degli anni vissuti da ciascun patriarca). Notiamo inoltre un'ulteriore
diminuzione dell'età di vita; anche gli anni di procreazione sono
ora molto più bassi. Viene così indicata la progressiva
decadenza del genere umano dallo stato originario, e conforme alla creazione.
Allo stesso tempo viene però preparato il miracolo della nascita
di Isacco.
Il lettore che nel cap. 10, in tutta quella massa di popoli, aveva
scorto la ricchezza creatrice di Dio, rimane ora perplesso di fronte all'interesse
esclusivo con cui viene ora portata avanti questa unica linea genealogica.
Si chiede se l'autore, a cui sta a cuore soltanto questa stirpe, non sia
un discendente di Abramo. Ma allora perché appesantire il suo schema
narrativo con la Tavola delle Nazioni? Avrebbe potuto molto più semplicemente
tracciare la genealogia da Adamo ad Abramo. Il rigore con cui prima riconduce
tutti i popoli, al di là di Noé, fino ad Adamo e solo dopo
descrive la linea particolare che porta ad Abramo, mostra come egli fosse
cosciente del mistero dell'elezione divina, e volesse presentarlo teologicamente
nel suo quadro storico, con tutto il suo sconcertante risalto.
Il frammento jahvista comincia in un modo improvviso, con la morte
di Haran e non si attacca né a Ge 10, 24-30 della Tavola delle Nazioni,
né all'episodio della torre di Babele. Nel suo stato integrale
dovette avere quasi certamente anche indicazioni sull'origine della famiglia
di Abramo come si può dedurre da 11, 28. 29 e di 12, 4a dove Haran,
Terah, Abramo, Nahor, Lot sono presentati come se fossero già noti
al lettore. Nel v. 28 è detto che Haran morì durante la vita
di Terah, suo padre, nel paese della sua parentela, nella città di
Ur dei Caldei. Harran è la regione di residenza dei Nahoriti, solo
dopo l'emigrazione da Ur della bassa Mesopotamia, che fu invece la terra
nativa del clan. Ur è un centro sumerico importante, per tutto il
periodo che va da Ur I (c. 2500) a Ur III (c. 1950). Diventa un centro
amorrita, durante le dinastie di Isin e Larsa (c. 1940-1800), per passare,
dal 1800 al 1698, sotto il predominio degli Elamiti. Nel 1698 ritorna sotto
gli amorriti di Hammurabi. che poi si confondono con varie tribù aramee,
e, del sec. XI, con tribù caldee. Tra queste tribù nomadi
aramee dovettero vagare anche i clans di Terah che, emigrarono al Nord,
nella regione di Harran.
Al v. 29 apprendiamo che Abramo e Nahor si presero delle mogli. Da
Ge 20, 12 e dal nostro contesto risulta chiaro che Nahor sposò una
nipote (Milkah, figlia di suo fratello Haran) e Abramo una sorella paterna,
anche se non uterina. Matrimoni questi che furono in seguito vietati dalla
legge mosaica (Lv 18, 9. 14; 20, 17. 19). Sicché essi devono senz'altro
rispecchiare un altro ambiente. A tal proposito vanno ricordati i matrimoni
di adozione, comuni fra gli Hurriti, specialmente quando si trattava di
nipoti orfanelle. Il nome della moglie di Abramo, Sarai, è una forma
arcaica di "ay", già comune a Ugarit, che ancora vive in siriaco,
in arabo ed in etiopico, con il significato di principessa; mentre Milkah
ha il significato di regina. In accadico il senso è rovesciato per
cui Sarai significa regina e Milkah principessa.
Al v. 31 nella trasmigrazione da Ur dei Caldei a Harran non si parla
di Milkah e di Nahor che pure emigrarono da Ur ad Harran, come apprendiamo
in seguito da Ge 22, 20 ss e 24, 10. Nulla sappiamo circa il motivo che
spinse Terah ad emigrare verso Canaan, ma poi si fermò a Harran.
Nel TM, Terah, di sua iniziativa e senza un evidente motivo (o al massimo
per qualche ragione umana, trascurata dall'autore che la tace) decide di
emigrare assieme alla famiglia di Abramo e con quella di Lot (=aramei, ebrei,
moabiti e ammoniti), da Ur al Canaan, via Harran.
Gli studiosi moderni in genere tendono a spiegare questa emigrazione
con ragioni per lo più politiche. A causa ad esempio dei trambusti
avvenuti nella Bassa Mesopotamia alla caduta della III dinastia di Ur verso
il 1940 ca. a.C.. Altri esegeti però, ritenendo che questa cronologia
è troppo alta per Abramo, pensano che il patriarca si sia deciso
a partire da Ur quando nel 1698 a.C., crollata l'egemonia Elamita, la Bassa
Mesopotamia subì una pericolosa instabilità politica. Iddio
poi, approfittando di queste circostanze umane, avrebbe dato un senso
religioso a questa emigrazione chiamando con una vocazione Abramo. Questo
concetto si ritroverebbe, secondo questi studiosi, anche in Gs 24, 2 che
considera Terah e la sua famiglia mesopotamica, incapace di finalità
religiose, essendo idolatra. Fu Dio stesso che prese il patriarca Abramo
al di là del fiume (questa frase indicherebbe l'Aram Nahareyim, cioè
la Siria settentrionale e più esattamente la città di Nahor)
e gli fece percorrere tutto il paese di Canaan. L'idolatria della famiglia
di Terah è manifesta anche nel nome stesso del patriarca e di alcuni
suoi congiunti. Il nome di Terah infatti avrebbe delle relazioni con il
dio ugaritico omonimo, signore della luna; allo stesso dio si riferirebbe
il nome del futuro Labano. Mentre Sarai e Milkah sarebbero due epiteti della
moglie del Dio Sin, la dea Nin.Gal, la grande signora, madre di Istar. Ad
ogni modo è certo che tanto Ur che Harran sono due centri del culto
del dio della Luna e della sua consorte, che hanno in queste due città
due templi famosi, identico sacerdozio e identico culto. Si spiegherebbe
così come mai la famiglia di Terah, dovendo lasciare Ur, per motivi
a noi ignoti, si sia diretta o per via del Tigri, oppure per quella più
diretta dell'Eufrate, a Harran, città sorella per cultura e per religione.
Contro questa tradizione che potremo chiamare laica, ce n'è
un'altra molto più tardiva, eminentemente religiosa. Essa è
conservata nei luoghi paralleli della Bibbia, nella tradizione rabbinica
e, di riflesso, nella tradizione patristica cristiana.
Tralasciando la tradizione rabbinica e quella patristica che ci interessano
relativamente vediamo alcuni passi che troviamo già in Gen. 15,
7 Questo passo fa dire a Jahvé: "Io sono
Jahvé che ti ha fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese
in eredità". Un altro passo più
o meno contemporaneo lo troviamo in Ne 9, 7 "
Tu sei Jahvé, il Dio che ha scelto Abramo ; lo hai fatto uscire
da Ur dei Caldei e gli hai dato il nome di Abrahamo
". Questi passi, pur attribuendo ad Abramo una motivazione religiosa
mentre era ancora in Ur dei Caldei, non si discostano molto dal contesto
generale del nostro brano, benché la chiamata di Abramo sia collocata
in Harran e non in Ur dei Caldei (Ge 12, 1). Proseguendo nel nostro esame
dei passi paralleli, arriviamo in Atti 7, 2-4 dove Stefano dice: "
Fratelli e padri ascoltate. Il dio della gloria apparve ad Abrahamo,
nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che abitasse in Carran
e gli disse: Esci dal tuo paese e dal tuo parentado e va nel paese che
io ti mostrerò. Allora egli usci dal paese dei Caldei e abitò
in Carran; di là, dopo che suo padre morì, Dio lo fece venire
in questo paese, nel quale ora voi abitate"
Questo passo è molto più esplicito dei precedenti e sembra
in apparente contrasto con Ge 12, 1 in cui si dice chiaramente che la chiamata
da parte di Dio è stata rivolta ad Abramo ad Harran e non in Ur dei
Caldei. Tale discrepanza si può benissimo sanare considerando che
fu pur sempre la provvidenza di Dio a spingere Terah a lasciare Ur dei
Caldei per cui nella prospettiva della storia ha poca importanza se la chiamata
sia avvenuta in Ur oppure a Harran. Stefano ci dice anche che Abramo uscì
da Harran dopo la morte di suo padre.
Considerando che
in Ge 12, 4 ci viene detto che Abramo quando uscì da Harran aveva
75 anni, mentre era nato quando Terah aveva 70 anni (Ge 11, 26) e Terah
dopo tale nascita visse altri 135 anni e cioè in tutto complessivamente
205 anni, dobbiamo arguire che Abramo lasciò il paese di Harran,
il parentado e la casa di suo padre mentre questi era ancora in vita. Considerando
gli anni di vita della genealogia alla lettera ci sarebbe una grave discrepanza
fra quanto dice Stefano e Ge 12, 4. Ma, come abbiamo già visto,
queste cifre, sia nella genealogia dei Setiti come in quella di Sem, hanno
un valore più che altro simbolico e religioso.
Lista secondo
il Testo Masoretico
Patriarca
|
Primogenito
|
Resto
|
Totale
|
1 -- SEM
|
100
|
500
|
600
|
2 -- ARPACSAD
|
35
|
403
|
438
|
3 -- SELAH
|
30
|
403
|
433
|
4 -- EBER
|
34
|
430
|
464
|
5 -- PELEG
|
30
|
209
|
239
|
6.-- REU
|
32
|
207
|
239
|
7 -- SERUG
|
30
|
200
|
230
|
8 -- NAHOR
|
29
|
119
|
148
|
9.-- TERAH
|
70
|
135
|
205
|
10 - ABRAMO
|
|
|
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Genealogia di Terah