GENESI - LA STORIA PATRIARCALE
ABRAMO (Ge 12, 1 - 25, 11)
RINNOVO DEL PATTO, PROMESSA DI ISACCO E CIRCONCISIONE
(CAP. 17)


In questo capitolo abbiamo il rinnovo del patto fra Dio ed Abramo. Questo patto, già stipulato al capitolo 15 secondo il rito della separazione in due parti degli animali uccisi, viene qui ripetuto nella versione sacerdotale senza alcun riferimento a riti di carattere umano, ma con le semplici parole di Dio pronunziate in modo solenne. Nella narrazione Javista del capitolo 15 é stato dato ampio spazio ai risvolti psicologici dell'incontro fra Dio ed Abramo. Qui invece l'apparizione di Dio ad Abramo viene presentata con il semplice verbo "apparve" (v. 1) ed il distacco avviene nella stessa maniera "Dio lasciò Abramo " (v. 22) senza altre particolari manifestazioni esterne.

Secondo l'uso della tradizione sacerdotale Dio é chiamato "
Jahvé ", nonostante che la rivelazione del nome di Dio venga fatta solo posteriormente a Mosé ed al popolo ebraico in occasione dell'Esodo (Es 3, 14). In Esodo 6, 3 infatti Dio precisa di essersi presentato ai patriarchi non con il suo verso nome " Jahvé ", ma come il Dio Onnipotente. Ed é appunto come il Dio Onnipotente che qui si presenta ad Abramo invitandolo a camminare alla sua presenza e ad essere incondizionatamente legato a Lui con l'integrità.

Anche qui abbiamo la promessa di una numerosa discendenza  e la promessa di abitare nella terra promessa, Canaan, il paese dove per ora Abramo abitava come straniero. La promessa ha all'inizio un respiro universale: "
diventerai padre di una moltitudine di nazioni " per poi restringersi al solo popolo ebraico: " E stabilirò il mio patto fra me e te, e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione ". In questo patto Abramo si limita per il momento ad ascoltare con la faccia prostrata a terra, mentre Dio si impegna in maniera unilaterale.

L'unica novità in questo racconto rispetto a quello Jahvista del capitolo 15 é il cambiamento del nome. Abramo che significa padre elevato, grande o esaltato, diventa Abrahamo che significa padre di una grande moltitudine.
Se il precedente brano ha enunciato gli impegni che Dio si assume, ora i vv. 9-14 ci indicano chiaramente quali dovranno essere gli impegni da parte di Abramo e dei suoi discendenti. Viene richiesta ad Abramo una presa di posizione di fronte allo statuto posto da Dio, e Abramo vi aderisce mediante la circoncisione di tutti i membri maschi della sua casa. Anche quando si stipulava un patto fra uomini, veniva stabilito un segno esterno con il quale le due parti contraenti si impegnavano al mantenimento della convenzione (Ge 31, 44 ss.). Così, stando al significato di questo testo, la circoncisione non é che l'atto con cui ci si appropria e si riconosce la rivelazione salvifica di Dio, e il segno che la si accetta. Questa alleanza si differenzia dall'alleanza conclusa con Noè in quanto vale solo per una determinata cerchia di uomini e ne richiede obbedienza. Tale obbedienza non consiste però in determinate osservanze legali, ma implica unicamente il riconoscimento e l'accettazione di ciò che Dio offre. Sotto questo aspetto Abramo e la sua discendenza non sono contraenti liberi del patto. Chi rifiuta di dare il segno di questo riconoscimento deve essere "
tagliato fuori dal suo popolo ". Non si allude certamente qui alla pena di morte, che il sacerdotale esprime con altre forme, ma piuttosto ad una esclusione dalla comunità cultuale, una specie di messa al bando che però comporta anche la rovina di coloro che ne sono colpiti. Questa cosciente presa di posizione dell'individuo di fronte all'alleanza, che esige dal singolo israelita una decisione ed una risposta personale, comincia ad acquistare rilievo nella storia del culto veterotestamentario in una fase piuttosto tarda; infatti tutti i riti antichi erano collettivi e comunitari ed il singolo vi prendeva parte in quanto membro di un insieme. Tale mutamento deve essere messo in relazione con la situazione di Israele durante l'esilio babilonese. Cadute in disuso le grandi manfestazioni liturgiche, le feste, i sacrifici, ecc. che impegnavano tutta la massa del popolo, si trovarono ad un tratto chiamati ad assumere la propria responsabilità l'individuo e la famiglia; ora toccò ad essa di sentirsi vincolata con tutti i suoi membri, ciascuno personalmente, all'offerta di Dio. E poiché i Babilonesi (come tutti i semiti orientali) non praticavano la circoncisione, l'osservanza di questo uso diventò per i deportati un segno distintivo della loro confessione, cioè una prova con cui misurare al loro fede in Jahvé e nella sua capacità di dirigere la storia. Si trattava allora di un rito, che sebbene usato dai tempi più remoti, non era ancora però legato in questa maniera all'essenza della loro fede. All'occasione, era sentito come il segno che separava dagli "incirconcisi " e cioè i Filistei (1° Sm 14, 6), ma c'erano pure altre antiche interpretazioni (Gs 5, 2 ss ed Es 4, 24 ss.) il cui significato però ancora ci sfugge. Anche il concetto che si trattasse di un atto di purificazione corporeo e consacratorio deve aver avuto nel corso dei secoli una certa importanza, altrimenti non vi si sarebbe potuta collegare l'esigenza spiritualizzatrice della "circoncisione del cuore " (Lv 26, 41; Dt 10, 16; Gr 4, 4; Gr 9, 25) che verrà poi ripresa anche nel Nuovo Testamento ed in particolar modo dall'apostolo Paolo (Cl 2, 11; Ga 5, 6; Ga 6, 15). Questo significato naturalmente é assente nel nostro testo. Qui la circoncisione é intesa in modo esclusivamente formale, senza che venga dato speciale significato al suo processo come tale, come atto col quale si professa una fede e ci si apre personalmente alla rivelazione della volontà divina.

Il brano che segue dal v. 15 al v. 22 contiene un'altra dichiarazione divina che però non procede parallela alla precedente. In questo brano la promessa assume contorni più concreti e prende consistenza nell'annuncio di un figlio che nascerà da Sara e cui viene indicato anche il nome: Isacco. Il racconto si presenta parallelo al brano del capitolo 18, 9-15 in cui troviamo appunto Sara, oggetto del discorso di Dio, promessa di un figlio, il riso, la domanda incredula, la data "
fra un anno". Anche a Sara viene cambiato il nome in Sarai. Però questo cambiamento non ha un particolare significato come in Abramo. "Sarai" non é che la forma arcaica del più recente "Sara" e probabilmente significa "principessa". Il tema del "riso" a proposito della promessa é qui riferito ad Abramo, diversamente da Ge 18, 12. Questo tema del "riso" ricorre più volte sotto altre forme nella narrazione del ciclo di Abramo e lo troviamo appunto ancora ripetuto in Ge 21, 6. Fra tutte queste variazioni del tema certamente la più strana é quella che ci viene riferita proprio qui al cap. 17. Non possiamo certamente mettere in dubbio il passo dal punto di vista critico e tanto meno sbiadirne il significato  riducendolo ad una banale esultanza da parte di Abramo. Questo riso di Abramo, congiunto al patetico gesto della prostrazione adorante, ci porta al limite estremo di ciò che é psicologicamente ammissibile. Quello di Abramo sembra un riso sinistro che con una serietà lugubre al di là di ogni scherzo, nella prostrazione adorante, mette sullo stesso piano fede e non fede. Non possiamo quindi accreditare al documento sacerdotale il criterio della coerenza ed attendibilità psicologica che troviamo invece nello Javista. La dichiarazione che Abramo riceve con una disponibilità adorante, era così evidentemente paradossale che dovette riderne anche senza volerlo. Egli cerca di scansare ciò che gli riesce inconcepibile e di deviare l'interesse di Dio su ciò che é certo e sicuro e cioè su Ismaele. Ma Dio storna seccamente questa manovra di Abramo. Ismaele é benedetto e diventerà un gran popolo, ma l'alleanza vale solo per Isacco ed i suoi discendenti. Questa contrapposizione dimostra chiaramente che il patto stabilito da Jahvé é qualcosa di più e di assolutamente diverso da una semplice promessa di incremento demografico.

Infine, negli ultimi versetti del capitolo 17 troviamo il compimento della circoncisione avvenuto nello stesso giorno. Essa ci viene descritta con i dovuti particolari, senza tuttavia alcuna descrizione e ci mostra così l'obbedienza di Abramo e della sua casa al patto divino.