GESU' NEL GETSEMANI

INDICE
Testo biblico
L'angoscia di Gesù
Esempio ed inseguamento di Gesù
Il sonno dei discepoli
L'attualità del Getsemani
 

"E Gesù avendo di nuovo gridato con gran voce, rese lo spirito. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo; la terra tremò e le rocce si spaccarono; i sepolcri si aprirono e molti corpi dei santi, che dormivano, risuscitarono; e, usciti dai sepolcri dopo la risurrezione di Gesù, entrarono nella santa città e apparvero a molti. Ora il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, veduto il terremoto e le cose accadute, temettero grandemente e dissero: «Veramente costui era il Figlio di Dio!»"
(Mt 27, 50-54)

Testo: Matteo 26, 36-46 (Cfr Mc 14, 32-42; Lc 22, 39-46)

« Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsemani, e disse ai discepoli: - Sedetevi qui, mentre io vado a pregare -. E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. Disse loro: - la mia anima e triste fino alla morte; restate qui e pregate con me -.

E, avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: - Padre mio, se é possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu! - Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: - Così non siete stati capaci di vegliare un'ora solo con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito é pronto, ma la carne é debole -. E di nuova, allontanatosi, pregava dicendo: - Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà -. E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.

E, lasciateli, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: - Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco colui che mi tradisce si avvicina -.»

In questo episodio della vita di Gesù. due sono i fatti che si possono notare: L'angoscia e la tristezza di Gesù all'avvicinarsi dell'ora suprema del sacrificio ed il sonno degli apostoli che non riescono a vegliare con il Maestro neppure un'ora.

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L'ANGOSCIA DI GESU'
Da un esame comparato dei vangeli apprendiamo che Gesù era solito andare con i suoi discepoli sul Monte degli Ulivi per pregare e per trascorrervi la notte. Terminata, infatti, la Cena Pasquale e dopo aver cantato gl'inni, secondo la liturgia ebraica, Gesù si avvia con il suo seguito verso il Monte degli Ulivi uscendo da Gerusalemme ed attraversando il torrente Cedron che si trova ad oriente della città.

Ormai gli eventi precipitano. La cattura di Gesù da parte dei capi giudei è questione di ore. Gesù sa che la missione per la quale è venuto su questa terra sta per compiersi. Durante la Cena Pasquale Egli accenna brevemente al tradimento di Giuda. Ma la sua natura divina lo mantiene ancora padrone della situazione. Egli infatti trova le parole adatte per accomiatarsi dai suoi discepoli e, distribuendo loro il pane ed il vino, indica in questi due elementi i segni tangibili del suo corpo che sarebbe stato immolato sulla croce e del suo sangue che sarebbe stato sparso per i peccati del mondo.

Momenti di ispirazione divina si alternano con momenti di tristezza. Gesù ha davanti agli occhi, chiarissima, la visione dei fatti che succederanno fra breve. La sua cattura e la sua morte sulla croce non saranno quindi degli incidenti inaspettati che porranno improvvisamente fine alla sua carriera terrena di profeta e di maestro, ma piuttosto l'epilogo esaltante della sua opera di Messia.

La frase: «Voi tutti questa notte sarete scandalizzati per causa mia» che rivolge ai suoi discepoli lungo il cammino verso il Monte degli Ulivi, è seguita immediatamente da parole di speranza e di incoraggiamento per sé stesso e per i suoi uditori: « Ma dopo che sarò risorto vi precederò in Galilea » .

Via via che si avvicinano alla meta, la natura umana di Gesù comincia a prendere il sopravvento. Non a caso Egli ha scelto, per queste ultime ore di attesa, l'Orto degli Ulivi, un luogo familiare dov'era solito recarsi con i suoi discepoli per pregare. Per comprendere lo stato d'animo di Gesù in quei momenti, non dobbiamo dimenticare che Egli, pur essendo Figlio di Dio, era al tempo stesso un uomo come tutti noi, con le nostre stesse paure, le nostre debolezze e con tutte le tentazioni a cui ognuno di noi è sottoposto. Del resto non poteva essere diversamente: Le sue paure, le sue debolezze e le sue sofferenze dovevano essere reali e non apparenti in quanto, soltanto partecipando pienamente alla loro stessa natura umana, Egli poteva veramente comprendere ed aiutare gli uomini per i quali era venuto a morire su questa terra (Eb. 2, 14-18).

Giunto nel luogo dove era solito trascorrere la notte con i suoi discepoli, Gesù si discosta da loro per pregare e si fa accompagnare soltanto dai tre prediletti: Pietro, Giacomo e Giovanni. Costoro, in varie occasioni e nei momenti più cruciali, li troviamo sempre accanto al Maestro. Sono infatti sempre loro che accompagnano Gesù sul Monte della Trasfigurazione dove, sfolgorante di luce, lo vedono parlare con Mosè ed Elia sul modo con cui avrebbe concluso la sua missione a Gerusalemme e cioè sulla sua morte in croce come passaggio necessario per essere glorificato. E' veramente singolare come questi tre apostoli, dopo aver assistito ad una così esaltante manifestazione di gloria in cui era evidente la natura divina di Gesù, debbano ora essere testimoni di una ben diversa scena in cui si rivela in tutta la sua crudezza la vera natura umana del loro Maestro.

Una tremenda angoscia ed una tristezza mortale cominciano infatti ad attanagliare il cuore di Gesù che, cercando conforto nei tre discepoli, si rivolge loro con queste parole: «Restate qui e vegliate con me ». Non trovando, però, sollievo neppure nella loro compagnia, Egli, nella sua sconfinata angoscia, cerca ancora di rimanere solo per pregare. Facendo uno sforzo immane, con il volto illividito, le ginocchia vacillanti, le braccia in cerca di sostegno fa ancora qualche passo in avanti ed infine si getta con la faccia a terra per pregare. Il suo non è il modo di pregare consueto dei giudei che stavano in piedi, ma è l'accasciarsi di chi non si regge più in piedi e vuole pregare prostrato nella polvere. Le parole che escono dalla sua bocca non sono il pregare calmo e sommesso di altre occasioni, ma è un grido disperato di dolore che gli esce dal cuore: « Padre mio, se è possibile, allontana da da me questo calice! Però non come io voglio , ma come vuoi tu! ».

Il calice era un'espressione metaforica, usata negli scritti rabbinici, per designare la sorte assegnata a qualcuno. La sorte qui prevista da Gesù è la prova suprema attraverso la quale il Messia doveva passare per compiere la redenzione dell'umanità. Il chicco di grano, caduto per terra, doveva disfarsi e morire per rendere possibile il rifiorire di una nuova vita.

C'è una grande differenza tra la disposizione d'animo di alcuni giorni prima e quella di questa notte nel Getsemani. Allora Gesù, trovandosi nel Tempio, aveva prontamente e risolutamente respinto ogni titubanza davanti alla prova suprema che lo attendeva (Gv 12,23-28). In quel frangente Gesù reagì immediatamente al suo momentaneo turbamento dichiarando che non poteva sottrarsi alla missione principale per la quale era venuto su questa terra.

In questa notte, invece, a pochi momenti dall'inizio della prova, Egli, non solo é titubante, ma prega esplicitamente il Padre affinché questa prova gli sia risparmiata; tuttavia la preghiera é condizionata al beneplacito del Padre e la volontà dell'uomo è subordinata alla volontà di Dio.

Mai come in questo momento Gesù ci appare così veramente uomo. Un uomo spaventato, come ci viene descritto chiaramente nel vangelo di Marco (Mc 14, 33), che si rivolge al Padre in preghiera con lo spasimo di chi si trova nell'estremo bisogno. Al tempo stesso, però, Egli non si sottrae alla sorte che lo atende e non si ribella di fronte all'ineluttabilità della prova, ma si sottomette ubbidiente alla volontà di Dio. « Egli nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà. Pur essendo Figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli ubbidiscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote alla maniera di Melchisedek » (Eb 5, 7-10).

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QUALE ESEMPIO E QUALE INSEGNAMENTO POSSIAMO TRARRE DAL COMPORTAMENTO DI GESU' IN QUESTA OCCASIONE ?

Di solito quando ci capitano dei momenti di crisi e di abbattimento morale, quando dobbiamo affrontare qualche prova particolarmente difficile e dolorosa, quando non riusciamo ad intravedere vie di uscita al nostro sconforto, la nostra prima reazione è un senso di ribellione contro la nostra mala sorte. Ben di rado il nostro pensiero va in preghiera al Padre per poter scaricare su di Lui il peso dei nostri affanni. Quelle poche volte che lo facciamo, il nostro atteggiamento non è mai di umile sottomissione e di fiducia nella volontà di Dio che vede molto al di là delle nostre miserie umane e può risolvere i nostri problemi anche in maniera diversa dalle nostre aspettative.

Spesso infatti ci dimentichiamo di rimetterci alla volontà di Dio il quale agisce in ogni caso nei nostri confronti sempre e soltanto per il nostro bene. Gesù, invece, ci insegna a pregare anche e sopratutto nei momenti difficili della nostra vita, ad aver fiducia in Dio, ad essere sempre sottomessi alla Sua volontà perché soltanto lui può darci la forza ed il coraggio di affrontare vittoriosamente qualsiasi situazione, anche la più brutta e la più difficile.

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IL SONNO DEI DISCEPOLI
L'altro fatto che colpisce in questo episodio è il comportamento dei tre discepoli prediletti. Gesù aveva chiesto loro di rimanere svegli per confortarlo e dimostrargli una certa solidarietà in questo momento particolarmente difficile per lui, ma quando torna indietro li trova tutti e tre addormentati, compreso Pietro che poco prima aveva fatto scorrere fiumi di parole per testimoniare al Maestro il suo attaccamento e la sua fedeltà: « Quand'anche tutti si scandalizzassero per causa tua, io non mi scandalizzerò mai » (Mt 26, 33); « Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò in alcun modo » (Mt 26, 35). Le parole con le quali Gesù si rivolge a Pietro sono al tempo stesso un rimprovero ed una esortazione: « Così non avete potuto vegliare neppure un'ora con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione; poiché lo spirito è pronto, ma la carne è debole».

Per ben tre volte Gesù torna dai tre discepoli e tutte e tre le volte li trova addormentati. In questa maniera il Figliuolo dell'uomo si avvia ad affrontare la prova suprema per la quale era venuto su questa terra: Tra l'indifferenza generale ed il sonno profondo dei suoi discepoli che non riescono a comprendere e quindi a partecipare all'agonia di Gesù, al travaglio ed alla lotta interiore che dovette affrontare in quelle tragiche ore, non certamente per i propri peccati, ma per quelli del mondo intero.

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ATTUALITA' DEL GETSEMANI
Anche oggi purtroppo la situazione che si presenta ai nostri occhi è abbastanza simile. Gesù sembra essere dimenticato da tutti; la sua sofferenza ed il suo sacrificio redentore sono ignorati da gran parte dell'umanità che si affida per la propria salvezza soltanto ai valori materiali del denaro, degli affari e del lavoro.

Era bello e facile stare assieme al Maestro quando parlava ed operava prodigi, guariva gli infermi, sfamava la gente. Ma ora, nel momento difficile, dove sono le folle che lo acclamavano mentre entrava trionfante a Gerusalemme? Dove sono coloro che si accalcavano attorno a lui in occasione del Sermone sul Monte o della Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci? Che fanno i suoi discepoli più intimi che, soltanto poche ore prima, gli avevano, così appassionatamente, dichiarato la loro assoluta fedeltà?

Sono passati parecchi secoli da quelle tragiche ore, ma la scena si ripete ancora. Anche oggi Gesù è completamente solo nella sua sofferenza; ignorato da un mondo indifferente che sembra non preferire i valori dello spirito; abbandonato persino anche dai credenti che hanno smarrito l'Unica Vera Via indicata da Gesù per seguire invece la propria via. Questa via molto spesso é costellata da sottili discussioni dottrinali che creano soltanto divisioni e settarismi, addormentano le coscienze e distolgono l'attenzione dalle cose veramente importanti che, come dice l'apostolo Paolo, sono la pace, la giustizia e la misericordia.

L'esortazione di Gesù di «stare svegli e pregare » non è rivolta soltanto a Pietro, a Giacomo ed a Giovanni, ma è rivolta anche a noi tutti che viviamo molti secoli dopo questa vicenda perché, come allora, anche oggi « la volontà è pronta, ma la carne è debole »

Noi siamo animati da grande entusiasmo e da grande zelo quando tutto va bene. Ci sentiamo gratificati solo quando vediamo la comunità crescere, non solo spiritualmente, ma anche numericamente. Ma, attenzione! La vera fede si vede soltanto nei momenti difficili della prova, quando tutto attorno a noi sembra andare male. E' proprio in questo momento che dobbiamo maggiormente aver fede nella vittoria finale di Cristo.

I discepoli credevano ed avevano fiducia in Gesù quando operava in maniera potente e clamorosa con miracoli e prodigi vari, ma non sanno più riconoscerlo ora quando lo vedono angosciato, prostrato e spaventato. Preferiscono rifugiarsi nel sonno pur di evitare una visione così umiliante del loro Maestro. Nella loro debolezza umana non riuscivano a comprendere che Gesù doveva passare proprio attraverso questa umiliazione per essere glorificato da Dio.

Così pure noi, che siamo attratti per natura umana dall'esteriorità, vorremmo vedere una chiesa grande e gloriosa in questo mondo e non comprendiamo che la sua gloria potrà essere soltanto futura.Per ora essa dovrà subire parecchi travagli interni, dovrà attraversare momenti difficili in cui molti sfiduciati si allontaneranno dalla fede, ma coloro che rimarranno svegli e sapranno cogliere il senso profondo delle parole di Gesù, alla fine saranno con lui glorificati nella Gerusalemme Celeste che scende dal Cielo (Ap. 21,10).
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