L'ISPIRAZIONE
DELLA BIBBIA
di Fausto Salvoni
CAPITOLO IV

L'ISPIRAZIONE SECONDO IL NUOVO TESTAMENTO

I. L'attitudine pratica di Gesù e degli apostoli verso l' A.T.

Per noi cristiani è assai importante conoscere ciò che pensarono Gesù e gli apostoli circa l'ispirazione biblica. Dobbiamo logicamente distinguere tra Antico Testamento, già esistente al tempo di Gesù e degli apostoli, e il Nuovo Testamento che, al contrario, era in via di gestazione.

I. Antico Testamento

Gesù e i primi cristiani hanno accolto il complesso della Scrittura veterotestamentaria così come era stata trasmessa loro dagli Ebrei. Luca, come già aveva fatto in antecedenza il libro dei Maccabei, divise i libri sacri in tre gruppi: «Legge di Mosè, profeti e Salmi » (Lc 24, 44) che rispondono alla divisione tuttora in uso presso gli Ebrei: Torah, Nev’im e Ketuvim (=altri scritti). Tutti questi libri, non solo nel loro insieme, ma anche nelle singole parti, formano « la Scrittura » o « le Scritture », vale a dire i libri per eccellenza (1) .

Gesù e gli apostoli nutrirono verso questi scritti la medesima stima fiduciosa degli Ebrei, pur eliminandone le esagerazioni rabbiniche.

1. Il pensiero di Gesù

I contemporanei di Gesù ritenevano di avere la vita eterna mediante le Scritture e Gesù non corregge, anzi favorisce questo pensiero. « Voi esaminate [(indicativo) oppure " Esaminate" (imperativo)] attentamente le Scritture, perché voi pensate di avere in esse la vita eterna; sono proprio esse che testimoniano di me » (Gv 5, 39). Ecco alcuni principi che denotano il grande valore dato da Gesù alle Sacre Scritture:

a) Gesù è venuto non per abolire, ma per compiere, per adempiere la Sacra Scrittura.

Egli realizza l'Antico Testamento in modo così perfetto che nemmeno un iota (la più piccola lettera dell'alfabeto aramaico) o un apice (piccolo ornamento delle lettere) sarebbe rimasto senza avveramento (Mt 5, 17-18) (2) La profezia isaiana sulla predicazione ai poveri accompagnata da miracoli messianici si compie in lui (Lc 4, 18s; Mt 11, 5; cf Is 61, 1s).

Gesù va a Gerusalemme perché là devono attuarsi gli eventi preannunciati dai profeti circa il figlio dell'uomo (Lc 18, 31).

L'ultima parola di Gesù in croce fu «Tutto è compiuto », vale a dire: ormai si è avverato tutto quello che gli antichi profeti avevano predetto (Gv 19, 30), poiché la Sacra Scrittura non può essere annullata (Gv 10, 35). Chi non crede a Mosè non può credere nemmeno a Gesù (Gv 5, 47).

Gli evangelisti, specialmente Matteo, riferiscono con meticolosità i vari detti profetici che si sono adempiuti in Gesù: dalla sua concezione da una vergine (Mt 1, 23 = Is 7, 14), all'andata in Egitto (Mt 2, 15 = Os 11, 1), al tradimento di Giuda (Mt 27, 9 = Zc 11, 12s); al sorteggio della tunica (Gv 19, 24 = Sl 22, 18), alla trafittura del suo costato (Gv 19, 38 = Zc 12, 10).

b) Gesù adopera la Bibbia nelle sue discussioni per rimuovere gli errori e per insegnare come si debba vivere in armonia con Dio. La usa contro Satana che lo tenta, ribattendo ai suoi ragionamenti tratti talora dalla Bibbia, con altre citazioni bibliche (3) La usa nelle discussioni teologiche con i farisei: accusato di bestemmia perché si fa uguale a Dio, Gesù ribatte con una citazione del Salmo nel quale si legge: «Voi tutti siete dei» (Gv 10, 34 = Sl 82, 6). « La Scrittura – aggiunge egli –  non può essere annullata» (Gv 10, 35). Contro la facilità del divorzio ebraico Gesù richiama il detto della legge: «Ciò che Dio ha congiunto l'uomo non lo separi» (Mt 19, 1-6 = Ge 2, 24). Per dimostrare la resurrezione ricorre al passo biblico dove Dio è detto: Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, al quale aggiunge: «Dio è padre dei viventi, non dei morti» (Mt 22, 32 da Es 3, 6). Per comprendere l'uso di questo passo va ricordato che i sadducei riconoscevano solo il valore del Pentateuco (quindi Gesù doveva ricorrere ad esso) e che a quel tempo gli scritti apocrifi non ponevano Abramo e i patriarchi nello Sceol , ma nel "paradiso ", luogo più vicino a Dio, fuori dal soggiorno comune dei morti (4) Anche Luca parlando del povero Lazzaro che muore, non lo fa scendere nell'Ades assieme al ricco epulone, ma lo pone in alto nel seno di Abramo. Se essi sono già vivi è logico che deve esserci una resurrezione, perché gli Ebrei non concepivano l'esistenza di un individuo senza un corpo che lo rendesse visibile e operante.

c) Anche per dedurre la condotta morale Gesù richiama le Sacre Scritture. Quando gli si chiede ciò che è necessario per la vita eterna, egli rimanda l'interpellante alla Scrittura: «Nella Legge che sta scritto? Che vi leggi?». E alla risposta nella quale si sottolinea l'amore di Dio (Dt 6, 5) e del prossimo (Lv 19, 18), conclude: «Fa così e vivrai» (Lc 10, 25-29). Un'altra volta lo stesso Gesù richiamò i medesimi passi biblici per sintetizzare in due frasi tutta la legge e i profeti (Mt 22, 34-40).

d) Gesù afferma che l'errore proviene dall'ignoranza delle Sacre Scritture, le quali sono di conseguenza un mezzo per fugare l'errore e stabilire la verità. Quando gli si chiese per scherno a chi sarebbe dovuta andare nella resurrezione dei morti una donna appartenuta a più mariti, Gesù rispose: « Voi errate perché ignorate le Scritture e la potenza di Dio . Nella resurrezione i risorti né si sposeranno, né andranno a marito, ma saranno come gli angeli di Dio » (Mt 22, 29).

e) La Scrittura ha un grande valore perché per mezzo suo è Dio che ci parla. Per dimostrare la superiorità di Cristo su Davide Gesù ricorda che « Davide, parlando per lo Spirito» ( en pnéumati ) « lo chiamò suo Signore quando disse: Il Signore disse al mio Signore: siedi alla mia destra » (Mt 22, 43 da Sl 110, 1). Dunque è lo Spirito Santo che parla nella Sacra Scrittura (5) Bisogna quindi stare bene attenti a non annullare con tradizioni umane « la parola di Dio » ( o lògos toû theoû ) come facevano gli Ebrei (Mc 7, 13).

2. L'insegnamento degli apostoli

Gli apostoli meritano il massimo rispetto sia perché ad essi fu dato di conoscere il mistero di Dio (Mc 4, 11), sia perché furono guidati dallo Spirito Santo in tutta la verità (Gv 16, 13). Ora gli apostoli usano la Sacra Scrittura (A.T.) per suffragare il loro insegnamento dottrinale e morale.

a) Insegnamenti. Per insegnare che la giustificazione viene dalla fede e non dalle opere, Paolo cita più volte il passo di Habacuc: «Il giusto vivrà per fede » (6) Secondo il metodo rabbinico, spesso insistono su di una semplice paroletta (7) come il «seme » di Abramo al singolare per sottolineare che la Scrittura parlava di Cristo e non di tutta la sua discendenza (Ga 3, 16 da Ge 13, 15; 17, 8). Per dedurre l'annullamento della Legge antica Paolo insiste sull'aggettivo «nuovo» presentato da Geremia (Eb 8, 8-13 da Gr 31, 31). Per sottolineare la gratuità della giustificazione, l'apostolo insiste sulle parolette « fu messo in conto di giustizia» (Ge 15, 6; Rm 4, 3-5).

b) Norme morali. Anche per la vita morale gli apostoli addussero di continuo suggerimenti tratti dall'A.T. quasi fossero un'autorità ineccepibile.

Per spingere i cristiani a separarsi dal mondo, Paolo cita i due passi biblici: « Dipartitevi da loro, separatevene – dice il Signore» e « vi sarò Padre e voi mi sarete figli e figlie – dice il Signore » che sono tratti rispettivamente da Isaia e da Geremia (2 Co 6, 17s da Is 52, 11 e da Gr 31, 1.9).

Per suggerire la necessità di perdonare e di vincere il male con il bene, Paolo (Rm 12, 19-21) ricorda l'obbligo di dar da mangiare al nemico (Pr 25, 21s) e di lasciare la « vendetta» a Dio (Dt 32, 35).

Per mostrare l'urgenza del ravvedimento e la necessità di ascoltare la divina chiamata, l'autore della lettera agli Ebrei commenta la frase biblica: « Oggi se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori »(8) .

Per inculcare la necessità di sostenere con il proprio contributo gli anziani, ossia i vescovi, Paolo cita il comando della «Legge di Mosè »: «Non mettere la museruola al bue che trebbia» (Dt 24, 14-15; 25, 4). «Forse che Dio – commenta l'apostolo – ha cura dei buoi?» (9) .

Gli apostoli, pur essendo illetterati (agràmmatoi kai idiôtai ), di fatto conoscevano la Scrittura alla quale si rifacevano di continuo e della quale citano quasi tutti i libri ad eccezione di quattro perché non ne capitò l'occasione, vale a dire Esdra, Nehemia , Ecclesiaste e Cantico. Non è quindi possibile comprendere bene il Nuovo Testamento se non si conosce l'Antico del cui spirito sono imbevuti tutti gli scritti neotestamentari.

c) Questo avviene perché la Sacra Scrittura è Parola di Dio e i suoi scrittori sono dei profeti; perché è Dio stesso che ci parla attraverso le sue pagine (10) La Scrittura è il mezzo con cui lo Spirito Santo continuamente ci parla:

« Anche lo Spirito Santo ce ne rende testimonianza. Infatti dopo aver detto: Questo è il mio patto che farò con loro, . . .  aggiunge: E non mi ricorderò più dei loro peccati »(11)

Talora la Sacra Scrittura è personificata e resa uguale a Dio:

« La Scrittura, prevedendo che Dio giustificherebbe i gentili per fede, preannunziò ad Abramo la lieta notizia: In te saranno benedette tutte le genti » (12)

« La Scrittura (= Dio) ha racchiuso ogni cosa sotto peccato» (Ga 3, 22 = la Legge).

E' la « Scrittura» (= Dio) che « dice a Faraone: ti ho suscitato per mostrare la mia potenza » (Rm 9, 17 = Es 9, 16). In realtà fu il profeta Mosè che così parlo a nome di Dio; ma siccome la Scrittura è il libro che contiene quelle parole divine, si può affermare che essa stessa parlò al Faraone.

II. La teoria

Tre passi neotestamentari mostrano il pensiero degli apostoli circa l'ispirazione dell'Antico Testamento: 1 Pt 1,8-12; 2 Pt 1,19-21; 2 Ti 3,25.

1. Pietro. Nei profeti parlò lo Spirito Santo

« La salvezza è stata oggetto delle ricerche e delle investigazioni dei profeti che profetizzavano della grazia a voi destinata: Essi indagavano quale fosse il tempo e quali le circostanze a cui lo Spirito di Cristo che era in loro, accennava, quanto anticipatamente testimoniava delle sofferenze di Cristo e delle glorie che dovevano seguire. E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi ministravano quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno evangelizzato per mezzo dello Spirito Santo mandato dal cielo» (1 Pt 1, 8-12).

Queste parole non si possono restringere ai soli testi profetici propriamente messianici, in quanto tutto l'Antico Testamento era globalmente ritenuto una profezia e una preparazione al Messia. Esso era una pedagogo che conduceva al Cristo (Ga 3, 24). Non fu per intuizione personale che i profeti veterotestamentari parlarono del Messia, ma in loro parlò lo stesso spirito del Cristo « che aveva preso dimora in essi ». Siccome i loro scritti contengono le profezie da loro emesse oralmente sotto l'impulso divino, ne viene che pur essi indirettamente sono ispirati, sono frutto del medesimo spirito. Tali profezie furono composte, non a vantaggio dei profeti, bensì dei cristiani che così possono vedere realizzato in Cristo quanto quelle profezie preannunciavano.

2. La profezia biblica è un faro per i credenti in quanto proviene dallo Spirito Santo.

Dopo aver ricordato la trasfigurazione alla quale l'autore della seconda lettera di Pietro era stato presente (Pietro), egli invia il lettore ad una lampada ancora più splendente capace di illuminare il cammino. Infatti tale profezia non proviene da pura ricerca umana, bensì da ispirazione divina. Ecco il passo:

« Abbiamo pure la parola profetica, più ferma,  alla quale fate bene a prestare attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, finchè spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori: sapendo prima di tutto questo che nessuna profezia della Scrittura procede da vedute particolari, poiché non è dalla volontà dell'uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo » (2 Pt 1,19-21).

a) Questione critica. Il v. 21 ci presenta diverse lezioni delle quali occorre scegliere la migliore. Esse sono:

* apò theoû ànthropoi « uomini (parlarono) da parte di Dio » P 72, B, P, ecc.

* àgioi theoû ànthropoi « santi uomini di Dio » C, ecc.

* àgioi apò theoû ànthropoi . E' una combinazione delle due precedenti «santi uomini da parte di Dio» Sin, K, Beda, Vg.

Il senso fondamentale, come si vede, non muta; possiamo escludere la terza lezione che proviene dall'armonizzazione delle altre due. Sembra più probabile la prima che può spiegare l'origine della seconda per confusione delle lettere greche originarie scritte in maiuscolo: APO fu letto male come se fosse AGIO(I) . Fu poi aggiunto uno "I" per farlo concordare con il sostantivo plurale " ànthropoi ". Anche se talora il profeta è detto "santo" ( àgios cf At 3, 21) in quanto partecipa alla sacralità divina ed è separato dagli altri uomini non profeti, è preferibile la preposizione "da" (apò) che meglio si accorda con il contesto (v. 21).

b) Ilsenso del passo. Si oppongono due diverse interpretazioni del vocabolo epìlusis che letteralmente significa "soluzione di una difficoltà; dipanare un complesso problema, spiegazione, esposizione". Siccome la parola può riferirsi tanto a Dio quanto al lettore, si può tradurre con "deduzione personale" o "interpretazione personale"

* Il lettore. Siccome il profeta ha parlato sospinto dallo Spirito Santo, ne viene che la sua parola non può essere lasciata alla interpretazione privata, ci vuole un'interpretazione guidata dallo Spirito Santo, come ci viene donata dalla Chiesa (13)

Tale ipotesi non regge perché qui Pietro sta parlando dell'origine, del sorgere della profezia (gìnetai ), non della sua lettura ed interpretazione. Tanto è vero che poi continua al versetto seguente spiegando che i profeti hanno parlato perché sospinti dallo Spirito Santo. Di più se Pietro avesse voluto insegnare che nessun lettore può capire con la propria intelligenza la profezia,  avrebbe dovuto indicare dove si sarebbe potuto attingere la genuina interpretazione e additare quindi al lettore il magistero della chiesa di allora (apostoli e vescovi). Invece nulla dice di tutto ciò, anzi in seguito, quando parla di errori biblici, afferma che essi sono dovuti all'ignoranza del lettore che va eliminata dalla stessa persona con lo studio (togliere l'ignoranza) e con la fede (eliminare l'instabilità) senza alcun bisogno del magistero specifico. Occorre quindi ricercare un'altra soluzione (14) .

* Le parole di Pietro riguardano il profeta . La profezia non deriva da indagine personale, da deduzione umana, da iniziativa individuale, bensì da illuminazione dello Spirito Santo (15) .

E' quanto affermava già il ven. Beda (m.735) nel commento a questo passo:

« Nessuno dei santi profeti predicò i dogmi della vita con una sua propria interpretazione, ma ciò che Dio aveva detto, raccomandò di farlo ai suoi servitori» (in 2 Pt 1, 20).

c) I profeti ispirati erano «mossi » dallo Spirito Santo , vale a dire «sospinti » (deròmenoi ), condotti attorno da esso come una nave è sospinta dal vento (cf At 27, 15).

Il risultato di questo «essere mossi » fu il fatto che quelli parlarono da parte di Dio ( apò Theoû). Quindi la loro parola era parola di Dio ed al tempo stesso rivelazione per coloro che li ascoltavano. Il fatto che «parlarono » (laléo ) significa che furono uomini reali, non solo strumenti passivi come alcuni Padri della Chiesa e alcuni teologi della post-riforma pensarono, difendendo una ispirazione puramente meccanica. I profeti furono persone viventi, personalmente attive in tutto il processo del loro parlare (16) .

Quindi il processo ispirativo riguarda in modo speciale la predicazione. Tuttavia, siccome Pietro invita i suoi lettori a consultare questa « parola profetica» che allora giaceva depositata nello scritto, significa che anche lo scritto ha il medesimo valore della parola orale. Non vi è quindi distinzione per noi tra la predicazione profetica e il libro che la contiene. Il passo di Pietro riguarda evidentemente l'Antico Testamento (ritenuto tutto una profezia dal Nuovo, 1 Co 10, 1-11), tuttavia può valere anche per il Nuovo Testamento perché più avanti Pietro gli affianca le lettere di Paolo, paragonate pure esse alla Sacra Scrittura veterotestamentaria (2 Pt 3, 15s).

In conclusione possiamo asserire che i profeti furono strumenti assunti da Dio per insegnare agli uomini. Il loro ammaestramento è quindi sempre alla portata di tutti, perché è contenuto nella Sacra Scrittura. A questa, che è tuttora accessibile, possono riferirsi i cristiani che non erano presenti alla trasfigurazione di Gesù. La Bibbia è quindi più importante di questo evento perché tale miracolo fu visibile solo a tre apostoli, mentre la Sacra Scrittura è sempre alla portata di tutti.

3. Paolo a Timoteo

Scrivendo al suo discepolo ed evangelista Timoteo, Paolo gli raccomanda di attenersi alla dottrina appresa da lui e all'insegnamento delle Sacre Lettere ( ierà gràmmata), che egli aveva conosciuto sin dall'infanzia mediante la madre Eunice, una donna giudea credente (17) Infatti queste Scritture: «possono dare sapienza per la salvezza mediante la fede che è in Cristo Gesù »(18) .

« Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile ad insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinchè l'uomo di Dio sia completo, appieno attrezzato per ogni opera buona » (2 Ti 3, 15 ss).

* « Ogni Scrittura» ( pâsa grafê). Senza l'articolo non indica la Scrittura nel suo insieme, nella sua totalità, bensì "ogni singola parte, ogni singolo enunciato" appartenente alla Scrittura (19) Si parla ancora dell'Antico Testamento, la cui conoscenza deve però essere integrata dalla fede in Cristo perché possa salvare.

* « Ogni Scrittura ispirata». Il greco manca delle copule per cui sorge il problema se questo verbo debba essere introdotto prima o dopo l'aggettivo « ispirata », che può quindi divenire attributo o predicato nominale, come appare dalle due seguenti traduzioni possibili:

« Ogni Scrittura è ispirata», « ogni Scrittura ispirata è anche utile  . . . ». Il senso non cambia di molto benchè nel primo caso si affermi direttamente l'ispirazione della Scrittura e nel secondo, supponendola già ammessa,  se ne dichiari l'utilità catechetica. Tuttavia dalla congiunzione « e » che precede « utile » è preferibile la prima interpretazione: « Ogni Scrittura è ispirata e utile » (20) . Altrimenti occorre dare alla congiunzione «e» (kai) il senso di «anche ».

* « Ispirata». Traduce il greco theòpneustos, da pnéo = soffiare ( pneuma = spirito, alito, soffio) e Dio. La parola greca può avere due sensi a seconda che l'accento sia sul primo o sul secondo elemento da cui è composta la parola, ricordando che la parte accentata è attiva e la non accentata è passiva.

* Senso attivo (Dio è oggetto). La Bibbia è ispirata in quanto ispira Dio ( theopnéustos ), in quanto ci suggerisce pensieri divini, sentimenti di pietà (21) Questa traduzione, pur essendo possibile, va contro al senso comune dei vocaboli in cui ricorre il nome di « Dio » il quale usualmente è attivo e non passivo come qui si vorrebbe: Théodotos Significa "Dio dona"; Théopempos equivale a "Dio invia"; Théoplastos "plasmato da Dio" (Dio forma). E' quindi più che probabile la traduzione «ispirata » (Dio ispira , non "Dio è ispirato dalla Bibbia ").

* Senso passivo (la Bibbia è ispirata). Tale senso meglio corrisponde al senso usuale dell'aggettivo théopneustos presso i classici del I secolo d.C. «I sogni, che sono ispirati da Dio, si avverano necessariamente» (22) .

Secondo gli Oracoli Sibillini le sorgenti termali, che allora erano ritenute provocate dal soffio divino, sono dette "théopneustoi " (Sib 5, 307). Anche gli uomini sono " ispirati da Dio" in quanto hanno ricevuto il soffio, l'alito divino (Orac. Sib. 5, 405). Il senso passivo si adegua meglio con tutto l'insegnamento biblico, il quale ci presenta il profeta come una persona mossa da Dio e da lui ispirata (cf 1, Pt 1, 21; Eb 1, 1). La Scrittura ha quindi un'origine divina in quanto lo scrittore umano fu mosso a scriverla dallo Spirito di Dio (23) .

III. Nuovo Testamento

1) Se i libri dell'Antico Testamento, essendo scritti profetici, sono ispirati, a maggior ragione lo sono quelli del Nuovo, composti in gran parte da apostoli (o approvati da loro) che sono i profeti per eccellenza del Nuovo Testamento (Ef 2, 20). Gli apostoli, presentati come «ambasciatori di Dio» (2 Co 5, 20), per ben attuare la loro missione furono guidati e sorretti dallo Spirito Santo (Gv 14, 16.26; 15, 26; At 1, 8; 1 Pt 1, 12). Il dono dello Spirito posseduto dagli apostoli – che erano di numero superiore a dodici (24) – li rendeva la prima categoria dei carismatici, ossia delle persone dotate di Spirito Santo (1 Co 2, 28; Ef 4, 11). La loro parola doveva quindi essere accolta, «non come parola d'uomini, ma, quale essa è veramente, come parola di Dio che opera efficacemente in voi che credete» (1 Te 2, 13).

Paolo, intimamente convinto che Cristo parlasse in lui (2 Co 3, 13), diceva che bisognava « ritenere fermamente gli insegnamenti» che egli aveva trasmesso «tanto con la parola quanto con un epistola» (2 Te 2, 15).

Dati questi precedenti, venne accolto dalla chiesa come ispirato ogni scritto composto da un apostolo. Paolo, ad esempio, cita sotto il nome di Scritture tanto un passo del Deuteronomio quanto un brano del Vangelo di Luca, o di una sua fonte. Egli infatti scrive che occorre dare un doppio onorario agli anziani che tengono bene la presidenza:

« Poichè la Scrittura dice: Non mettere la museruola al bue che trebbia e: l'operaio è degno della sua mercede »(25)

Circa venti anni prima Paolo citava tale detto solo in modo allusivo (1 Co 9, 4), ma ora, verso il 64 d.C., esistendo già il vangelo scritto di Luca o almeno una sua fonte, lo cita unitamente alla Scrittura dell'Antico Testamento.

2) Pietro conosce l'esistenza di una raccolta di lettere paoline che alcuni contorcono e la parifica agli altri scritti sacri:

« Dio è paziente perché cerca la vostra salvezza, come anche il nostro fratello Paolo ve l'ha scritto secondo la sapienza che gli è stata data, e questo egli fa in tutte le sue epistole, parlando in esse di questi argomenti; nelle quali epistole si trovano alcune cose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili torcono, come anche le altre Scritture, a loro propria perdizione» (2 Pt 3, 15-16).

3) Anche il libro dell' Apocalisse si presenta come una « profezia» (Ap 1, 3.11.19). Bisogna serbare le parole di questa profezia (22, 6.7.9) senza nulla togliervi o aggiungervi (22, 18s). Chiunque accoglie il Cristo con fede e ne accetta la presentazione che di lui dettero i suoi testimoni oculari, gli apostoli, deve essere sicuro che lo Spirito Santo, sceso su di loro per guidarli, li ha pure guidati non solo nel parlare, ma anche nello scrivere dei libri che sarebbero rimasti a base della vita cristiana. Possiamo quindi fare nostra la conclusione del Lamy:

« Gli apostoli furono ispirati nell'adempimento del loro ufficio apostolico; essi per svolgerlo bene scrissero le epistole e i Vangeli; perciò furono ispirati anche nella stesura di questi » (26) .

IV. La Scrittura è potenza(27)

a) Dio parla tramite Gesù e la sua parola è convincente:

« Quand'ebbe terminato il suo discorso, la gente si meravigliò, perché parlava come chi ha autorità, e non come i letterati e o farisei » ( Mt 7, 28; Lc 4, 32).

Chiama Matteo ed egli abbandona tutto per seguirlo. Comanda ai venti, alla febbre, ai demoni e il suo comando è irresistibile. « Voglio che tu sia mondato!» dice al lebbroso che d'improvviso guarisce. Perdona i peccati e questi restano perdonati, come documenterà la guarigione visibile del paralitico, addotta a conferma. Gesù prega, e il Padre lo ascolta, come appare dalla resurrezione di Lazzaro. Incontra alla porta di una città chiamata " La Bella" (Nain) una vedova piangente che conduce il suo unigenito alla sepoltura: « Cristo, si avvicinò, toccò il feretro – i portatori si arrestarono – e disse: Ragazzo, a te parlo, alzati!» e il ragazzo, resuscitato «si drizzò e cominciò a parlare» (Lc 7, 13 ss).

b) La parola di Dio fu creatrice; tutte le cose sono belle e buone perché provenienti dalla parola di Dio (cf Ge 1), perciò ogni cibo è buono e può essere preso con rendimento di grazia:

« Tutte le creature di Dio sono buone e non bisogna disfare nulla di quanto si riceve con azioni di grazie, perché tutto si santifica con la parola di Dio e con la preghiera» (1 Ti 4, 4).

c) La parola di Dio è quindi efficace in quanto ricrea le persone dando loro la salvezza. I cristiani devono vivere nell'amore in quanto sono tutti membri di un'unica famiglia perché nati tutti dal medesimo seme: la Parola di Dio.

« Mantenetevi puri ubbidendo alla verità con amore fraterno autentico, amatevi reciprocamente e intensamente con cuore puro, siete infatti rinati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, grazie alla parola di Dio che vive e dura, poiché ogni carne è fieno e la sua bellezza come fiore campestre; si dissecca il fieno, appassisce il fiore, però la Parola di Dio rimane per sempre. Questa è la Parola di Dio che vi ho annunziato» (1 Pt 1, 22-25).

« Non mi vergogno del Vangelo, perché è la forza di Dio, per la salvezza di tutti quelli che credono » (Rm 1, 16).

Perchè la Parola di Dio operi occorre tuttavia accoglierla umilmente:

« Di propria iniziativa, con la Parola della verità, Dio ci generò, poiché siamo come la primizia delle sue creature . . . Pertanto accettate docilmente la parola, che è stata piantata ed è capace di salvarvi » (Gc 1, 18.21b).

Lo sviluppo della chiesa nel libro degli Atti è presentato come un frutto della Parola di Dio che fonda e costruisce questa chiesa:

« La Parola di Dio cresceva e si moltiplicava il numero dei discepoli » (At 6, 7).
« La Parola di Dio cresceva e si moltiplicava » (At 12, 24).
« La Parola di Dio cresceva e si irrobustiva fortemente » (At 19, 20).
« La Parola autentica del vangelo che giunse a voi dà frutto e si moltiplica tra voi come in tutto il mondo » (Cl 1, 6).

E' parola orale? Si! ancora orale, ma è la stessa parola che fu poi codificata negli scritti del Nuovo Testamento. Questi non sono sorti a tavolino, ma rispecchiano e riproducono fedelmente il vangelo del tempo apostolico. Sono la riproduzione scritta della predicazione orale (cf il già citato passo di 2 Te 2, 15). Tramite questi scritti sappiamo oggi ciò che gli apostoli predicavano allora. La Parola di Dio che ci rigenera quando è accolta con fede, ci condanna quando viene respinta. Mi sembrano pertinenti le seguenti parole:

« Un segno che la parola di Dio è azione salvifica attuale di Dio deve scorgersi nel fatto che la parola di Dio conduce al giudizio. Giudizio ha qui il significato biblico di una azione decisiva della grazia. La parola di Dio è ad un tempo giudizio e grazia, perché essa ad un tempo scopre la nostra colpevolezza e ci offre la salvezza in Cristo. Di qui deriva la crisi perché l'uomo deve ora decidere se riconoscere il suo stato di peccato e accettare il Cristo come sua salvezza. Questo tipo di situazione decisiva non può essere prodotta per l'uomo da qualsivoglia verità, ma solo da un confronto attuale con Dio stesso, confronto che si avvera nella parola di Dio. E poiché la decisione per mezzo della parola di Dio è necessaria, la parola di Dio è più di un discorso su qualunque cosa; nella parola di Dio si fa presente la grazia di Dio e in un certo modo Dio stesso» (28) .

d) La parola di Dio ci corregge efficacemente . L'abbiamo già visto nelle raccomandazioni di Paolo a Timoteo (2 Ti 3, 16); ce lo ripete ancora la lettera agli Ebrei in forma assai espressiva:

« La parola di Dio è viva ed energica; è più tagliente di una spada a due tagli e penetra fino alla divisione dell'anima e dello spirito, delle articolazioni e delle midolla, e scruta i desideri e le intuizione del cuore» (Eb 4, 12).

Essendo la parola del Signore glorificato (viene per mezzo del suo Spirito!), non può venire incatenata:

« Ricordati di Gesù Cristo, resuscitato dai morti, discendente da Davide, come ti annunciai. Per questo Vangelo mi maltrattano, però la parola di Dio non è incarcerata» (2 Ti 2, 8-9).

e) La parola di Dio è conforto al sofferente . Noi siamo chiamati a partecipare alle sofferenze e alla morte con Cristo per risorgere con lui, per essere così partecipi anche della sua gloria. Ciò si può attuare tramite il conforto che ci viene dalle Scritture:

« Tutto quello che fu scritto, fu scritto per insegnamento nostro, cosicché con la perseveranza e il conforto delle Scritture manteniamo la speranza » (Rm 15, 4; cf 1 Mac 12, 9).

Paolo, mosso dallo Spirito, è in viaggio verso Gerusalemme, senza sapere quel che gli succederà ed è ricolmo di tristi presagi comunicatigli dai profeti di Tiro (At 21, 3s). Nel suo emozionante congedo dai vescovi di Efeso così dice quale suo testamento spirituale:

« Però la vita non mi importa, pur di concludere la mia carriera e la mia missione che ricevetti dal Signor Gesù di annunziare la buona notizia della grazia di Dio. E ora so che non tornerete a vedermi . . . Ora vi raccomando a Dio e alla parola della sua grazia, che può edificare e dare l'eredità a tutti i consacrati » (At 20, 17-32).

Non è la parola che viene affidata ai vescovi di Efeso, ma sono i vescovi di Efeso a venire affidati alla Parola che continuerà a costruire la chiesa e a donare l'eredità del regno a coloro che l'accoglieranno.

« Noi non abbiamo conosciuto personalmente Paolo, né lo abbiamo accompagnato piangendo fino alla nave; però Paolo ha lasciato la sua parola e noi la riceviamo – come realmente è – come parola di Dio; ed essa continua a costruire in noi e per mezzo di noi la chiesa »(29) .


NOTE A MARGINE

1. Scritture: tutte le scritture (pàsai grafai ) Lc 24, 27; le Scritture (ivi 32.45); Mt 21, 42; 22, 29; la Scrittura per un testo biblico Mc 12, 10; ecc. torna al testo

2. Se il plerôsai significa "perfezionare" anziché "adempiere", vuol dire che egli non solo attuerà l'Antico Testamento, ma lo condurrà alla sua perfezione. torna al testo

3. Pane - non di solo pane (Mt 4, 4 = Dt 8, 3); gettati dal tempio (Mt 4, 6 = Sl 91, 11s) - non tentare (Mt 4, 6 = Dt 6, 16); adorare solo Dio (Mt 4, 10 = Dt 6, 13). torna al testo

4. Cf il mio scritto sull'apocalittica giudaica e Gesù Cristo Vol III (oggi sarai con me in paradiso; capitolo Passione di Gesù). torna al testo

5. Cf Mc 12, 36 che il Cristo sia figlio di Davide: «Lo stesso Davide lo disse mediante lo Spirito Santo» (da 2 Sm 23, 2). torna al testo

6. Ha 2, 4 citato in Rm 1, 17; Ga 3, 11; Eb 10, 38. torna al testo

7. J. Bonsirven, Exégèse rabbinique et exégèse paulinienne, Paris, 1939, pp. 298-300; O. Daube, The N.T. and Rabbinic Judaism, London, 1956. torna al testo

8. Eb 3, 7s da Sl 95, 7-9; si noti la frase «come dice lo Spirito Santo ». torna al testo

9. 1 Co 9, 9; cf 1 Ti 5, 18 « la Scrittura dice». torna al testo

10. In Eb 1, 5-14 varie citazioni sono presentate con: «Egli (Dio) disse ». Anche la citazione: «Io abiterò in mezzo a loro» è presentata con «Dio disse » (2 Co 6, 16 da Es 29, 45; Lv 26, 12; Gr 21, 33). torna al testo

11. Eb 10, 15-17 da Gr 31, 33-34. torna al testo

12. Ga 3, 8 da Gn 12, 3. In realtà fu Dio e non la Scrittura che profetizzò ad Abramo la benedizione delle nazioni per mezzo suo. torna al testo

13. Così molti cattolici (Fillion, Sales, Merk, Chaine) ed anche alcuni acattolici (Bigg, Windesch). torna al testo

14. N. del R.: L'ipotesi sembra anche contraddire con quanto afferma l'apostolo all'inizio (v. 19). Se la profezia non può essere compresa dal lettore, allora non è più una « lampada splendente in luogo oscuro». torna al testo

15. De Ambrogi, Epistole cattoliche, Torino, 1957, pp. 178-180, 199-201; Moraldi Lyonnet , Introduzione alla Bibbia, I, p. 28 (Perrella). torna al testo

16. Lo scrivere è pur esso un parlare, un profetizzare, come risulta da Lc 1, 63: « Egli (Zaccaria) allora chiese una tavoletta e vi scrisse ». torna al testo

17. At 16, 1; 2 Ti 1, 5 (nonna Loide, madre Eunice ebrea, divenute pure esse cristiane). torna al testo

18. Non è sufficiente conoscere bene le Scritture come le conoscono molti critici delle religioni, occorre aggiungervi anche la fede in Gesù Cristo. torna al testo

19. Così i cattolici J.E. Belser (1907) e C. Spicq; il protestante G. Wohlenberg (Die Pastoralbriefe, Lipsia, 1923, ben fatta). torna al testo

20. In Rm 15, 4 la Scrittura causa consolazione e pazienza. torna al testo

21. Così H. Cremer, Realenc , f. prot. Theol. und Kircke 1909, pp. 184-185; così Lutero . torna al testo

22. Plutarco, De placitis philosophorum 5, 2 Ediz. Diehl II, 904s. torna al testo

23. Cf J.H. Moulton, S. Milligan, The Vocabulary if the Greek Testament, London, 1930; citano un decreto di Magnesia (sec. II a.C.) in cui si afferma che il popolo costruì un tempio alla gloria di Artemide "per ispirazione divina" (thèias epipnòias). torna al testo

24. Cf F. Salvoni, Da Pietro al Papato, editrice Lanterna, Genova 1971. torna al testo

25. 1 Ti 5, 18 da Dt 25, 4 e Lc 10, 7. torna al testo

26. op. cit. I (ediz 6) 1901 p. 24, n.1. torna al testo

27. Cf Luis Alonso Schöckel, La parola ispirata, Paideia 1968, pp. 320-338. torna al testo

28. H. Volk - H. Fries, Handbuch Theologischer Grundbegriffe, vol. II, p. 868. torna al testo

29. A.L. Schöckel, La parola ispirata, op. cit., pp. 337-338. torna al testo