L'ISPIRAZIONE
DELLA BIBBIA
di Fausto Salvoni
CAPITOLO V

ISPIRAZIONE PRESSO I CRISTIANI
SINO AL CONCILIO DI TRENTO

Suzanne de Dietrich , La Bibbia, parola vivente , Esperienze, Fossano (CN), 1971 (sguardo a volo d'uccello sulle interpretazioni date alla Bibbia nel corso dei secoli).

E. Gandolfo , Lettera e spirito. Lettura della Bibbia dalle origini cristiane ai nostri giorni, AVE, Roma 1972.

I. Il pensiero dei padri circa la Scrittura .

Ad imitazione di Gesù Cristo e degli apostoli i cristiani sin dai primi tempi attribuirono sempre una enorme importanza alla Sacre Scritture, come appare dalle citazioni seguenti, che per facilità mnemonica cercherò di raggruppare secondo alcune particolari linee direttive.

1. Onore rivolto ai libri sacri

Molti cristiani meditavano gli scritti sacri e li imparavano a memoria (1) altri, mossi da una devozione ingenua, se li applicavano sulle parti ammalate nella speranza di ottenere la guarigione (2) Anche se si tratta di superstizione, questo conferma tuttavia l'importanza attribuita agli scritti sacri. I cristiani erano disposti a subire il martirio anzichè consegnare i libri sacri, come aveva prescritto l'imperatore Diocleziano(3) Coloro che per viltà li consegnavano venivano chiamati "traditori" (da tradere ossia consegnare). Ciò appare in molte passioni di martiri, come ad esempio, da quella di Euplio che, tradotto davanti al giudice Calvisiano, si sente chiedere:

Tu li hai portati qui?
Si, li ho portati io – rispose Euplio – come tu vedi. Mi hanno trovato con essi.
E Calvisiano:
Leggili!
Ed Euplio aprendo il libro lesse:
Beati quelli che sono perseguitati  . . .
Come ebbe letto questi ed altri passi, Calvisiano disse:
Che cos'è questo?
La legge del mio Signore – rispose Euplio – che mi fu consegnata.
E Calvisiano:
Da chi ti fu consegnata?
Da Gesù Cristo, figlio di Dio vivo – rispose Euplio.
Calvisiano disse:
Perchè hai conservato senza consegnarli questi libri che sono probiti dagli imperatori?
E' perché sono cristiano – rispose Euplio –  e non mi è lecito consegnarli. Chi li consegna perde la vita eterna ed io per non perderla do la mia vita.
Allora gli fu appeso al collo l'evangelo che aveva quando fu arrestato . . . Ed egli, dopo aver di nuovo reso grazie, piegò il collo e dal carnefice gli fu mozzata la testa.

Anche la cristiana Irene venne arsa viva per non aver voluto consegnare le Sacre Scritture (4) .

2. Uso liturgico

I libri dell'Antico e del Nuovo Testamento venivano letti durante il culto liturgico cristiano, come già facevano gli Ebrei nel 2° secolo. Giustino ci attesta che « nel giorno chiamato del Sole ci raccogliamo in un stesso luogo, dalla città e dalla campagna, e si fa lettura della memoria degli apostoli (upomnemonéumata ) e degli scritti dei profeti sino a quando il tempo lo permette» (5) .

3. Loro valore superiore ai libri pagani

L'apologeta Giustino con grande candore affermava che tutto quanto di buono è stato detto dai filosofi pagani fu copiato dai libri dell'A.T. che ne sono più antichi. Così Platone attinse da Mosè la dottrina della creazione:

« Non noi dunque insegnamo dottrine identiche agli altri, ma gli altri copiandoci, ripetono le nostre. Da noi tutto ciò può essere ascoltato e appreso anche da quelli che non conoscono nemmeno l'alfabeto, da persone ignoranti e barbare di linguaggio, ma sapienti e fidate di mente, tra i quali ve ne sono persino alcuni privi di vista. Dal che potete capire come tali libri non siano frutto di umano sapere, bensì di potenza divina » (6) .

4. I libri biblici sono normativi (canonici) .

Verso il 150 d.C. sorse a Roma il primo canone cristiano delle Sacre Scritture, conservato nel celebre frammento muratoriano (7) Secondo le testimonianze patristiche vi furono inclusi i libri sacri riconosciuti come tali dalla chiesa. Per assicurare la trasmissione perfetta di questo libro sacro, Origène (m. 254) ha composto gli Exapla o edizioni della Bibbia (Antico Testamento) in sei colonne con il testo ebraico, la trascrizione greca, la versione alessandrina dei LXX, e quelle di Aquila, di Simmaco e di Teodozione con vari segni (obeli metobeli) per indicare ciò che vi era in ebraico o si trovava aggiunto o variato nei LXX. Ireneo afferma che solo la chiesa possiede la Scrittura, non gli eretici, perché essa l'ha ricevuta dalla tradizione apostolica (8) Clemente Alessandrino rifiuta gli apocrifi perché non sono accolti dalla tradizione (9) Per Tertulliano le Sacre Scritture sono patrimonio della chiesa. I veri vangeli sono quelli trasmessi dagli apostoli(10) Secondo Agostino l'autorità della chiesa è norma per la scelta dei libri ispirati: «Non crederei al Vangelo se non mi spingesse a ciò l'autorità della chiesa » (11) Tuttavia l'autorità della chiesa può essere intesa in un duplice modo: in senso dommatico , come decisione magisteriale, guidata dallo Spirito Santo, o in senso storico. Penso che qui vada intesa in senso storico: in un momento in cui era ancora possibile risalire agli apostoli e conoscere quali libri fossero stati davvero composti da loro (tradizione storica), le varie chiese hanno voluto presentare la lista degli scritti veramente apostolici e quindi normativi (canonici). Solo in tal modo si spiegano i dubbi esistenti sulla canonicità di qualche libro: in oriente , ad esempio, si dubitò a lungo dell'Apocalisse che si pensava fosse stata scritta da un Giovanni presbitero, omonimo, ma distinto dall'apostolo; in occidente della lettera agli Ebrei che molti non ritenevano paolina. Solo con la scomparsa di tali dubbi si ammise la canonicità di questi due scritti. E' quanto risulta chiaramente dal canone Muratoriano (c. 73-78) dove si legge che il libro di Erma – scritto recentemente (nuperrime) – va escluso dalla lettura pubblica « perché non è tra i libri profetici né tra i libri apostolici ». Segno quindi che si ammetteva come criterio di canonicità che un libro fosse stato scritto da un profeta (A.T.) o da un apostolo (N.T.) (12) .

I padri della chiesa hanno accolto il Vangelo di Marco , pur non essendo un apostolo, perché conservava la predicazione di Pietro (13) Luca fu ammesso perché lodato da Paolo e perché si pensava che riferisse la predicazione paolina con la quale ha molti contatti. Quali motivi spinsero i vescovi del II secolo a fissare il canone degli scritti sacri? Essi vollero anzitutto determinare, in mezzo al pullulare di molti scritti aprocrifi, quali libri fossero davvero apostolici e quindi avessero valore normativo, contro tutte quelle opere che, sotto lo pseudonimo di un apostolo, pretendevano di avvalorare le loro dottrine erronee (gnostiche, manicheee, ebionite, giacobite, ecc.). Essi intendevano pure opporsi all'armatore del Ponto, Marcione che, arbitrariamente, aveva fornito un primo elenco di scritti sacri comprendente solo dieci lettere paoline e il Vangelo di Luca , escludendo gli altri libri del Nuovo e tutto l'Antico Testamento. In tal modo i vescovi, ristudiando quali scritti fossero veramente trasmessi come apostolici e come profetici dai loro predecessori, determinarono il canone genuino che accoglieva, oltre all'A.T., anche tutti gli scritti cristiani di origine apostolica.

5. Dai libri canonici si deve trarre l'insegnamento religioso

Interi sermoni di antichi vescovi si riducevano semplicemente a commentare spiritualmente la Bibbia (14) spesso soffermandosi su particolari per noi insignificanti come: « Ho lasciato un mantello a Troade»; « Bevi un po' di vino per lo stomaco »; « Salutate Prisca e Aquila ». In generale anche gli eretici vi ricorrevano a sostegno delle profezie, senza affatto mettere in dubbio il valore della Bibbia . I credenti poi erano sicuri di trovarvi la salvezza:

« Fratelli e sorelle – scrive Clemente Romano – abbiamo ascoltato l'Iddio della verità e ora vi leggo la mia esortazione a rivolgere la vostra mente a ciò che sta scritto, affinché salviate voi stessi e chiunque legge tra voi» (15)

Clemente Alessandrino trova nelle sacre Scritture una sorgente di santita:

« Le Sacre Scritture e le sagge istituzioni ci conducono rapidamente alla salvezza » (16) .
« Sacre veramente queste lettere che rendono santi, anzi divini »(17) .

Lo stesso pensiero riappare inCirillo di Alessandria :

« Diciamo che le fonti della salvezza sono i santi profeti, gli evangelisti e gli apostoli, che con l'assistenza dello Spirito Santo somministrano al mondo la parola superna, celestiale, salvatrice »(18) .

Efrem Cantava:

« Dal campo proviene la gloria della messe, dalla vigna il frutto che nutre, dalla Scrittura la dottrina che dà vita »(19)

Secondo Ambrogio:

« Si beve la la Scrittura divina, si divora la Scrittura divina, quando il succo della parola eterna cala nelle vene dell'anima e nelle potenze interiori » (20)

Giovanni Crisostomo , vescovo di Costantinopoli, presenta una lunga serie di passi che esaltano l'importanza della Sacra Scrittura per la nostra salvezza:

« L'anima suole corrompersi e salvarsi per mezzo di parole. Queste infatti la spronano all'ira e di nuovo la ammansiscono; una turpe parola la infiamma alla passione, un discorso pieno di saggezza la guida alla temperanza. Se dunque la semplice parola ha tale potere, perché disprezzi la Scrittura? Se tanto può la comune esortazione, quanto più potrà una esortazione ispirata? Infatti il discorso che risuona nelle divine Scritture piega l'anima indurita, più del fuoco, e la prepara per ogni opera buona» (21)

In un intero sermone su Lazzaro, lo stesso vescovo con calde eloquenti parole esalta l'importanza salvifica della Sacra Scrittura e confuta le obiezioni di coloro che si scusano di non poterla leggere:

« E' impossibile che siate così ignoranti di ogni cosa (per capire le Scritture). Fu proprio per questa ragione che la grazia dello Spirito Santo volle che fossero pubblicani e pescatori, fabbricanti di tende e pastori, ignoranti e illetterati a comporre questi libri, di modo che nessuno potesse ricorrere alla scusa della difficoltà. Egli volle che tali scritti fossero comprensibili a tutti, volle che anche il meccanico e lo schiavo e la vedova e l'uomo più ignorante di questo mondo potessero tutti ricevere profitto e beneficio da quanto odono: E non fu per vanagloria, come i pagani, ma per la salvezza degli ascoltatori che questi autori furono beneficati della grazia dello Spirito perché componessero questi scritti. Perchè i filosofi pagani, non cercando il benessere comune, ma la propria gloria, se dissero mai qualcosa di utile, la dissero in forma oscura (come d'altronde essi erano oscurati). Gli apostoli e i profeti, invece, fecero proprio l'opposto. Infatti ciò che da essi procedeva, lo esposero in forma piana e semplice a tutti, quasi maestri delle classi elementari, in modo che ogni persona potesse, anche da sola, mediante la semplice lettura, apprendere il senso di quanto essi dicevano. E chi è colui che non possa chiaramente comprendere il contenuto dei vangeli? Chi, udendo: "Beati i mansueti, Beati i puri di cuore, ecc.", ha bisogno del maestro per capire uno qualunque di questi detti? E quanto alla narrazione dei miracoli, delle opere potenti e dei fatti storici, non sono forse tutti chiari e intelligibili da chiunque? Il vostro è solo un pretesto, una scusa e un paravento alla vostra pigrizia.
Voi dite di non capire il contenuto; e quando mai sarete in grado di capirlo se non lo studiate? Prendete il libro in mano, leggete l'intera storia e, quando vi sarete assicurata la conoscenza di ciò che è semplice, passate a ciò che è oscuro e duro, ma più e più volte. E se voi non potete afferrare il senso di una lettura costante, rivolgetevi ad un maestro, notificategli le vostre difficoltà, fategli vedere un grande interesse per la comprensione; quando Dio vi vedrà così ansiosi, non deluderà la vostra diligenza e il vostro zelo e, anche se nessun uomo volesse insegnarvi quello che cercate, sarà certo Lui a rivelarvelo.
Ricordate dell'eunuco della regina etiope, il quale, sebbene barbaro di nascita e oberato di molti pensieri, anche se circondato da realtà che richiamavano la sua incessante attenzione, leggeva sul suo carro. Ed era per di più incapace di capire ciò che stava leggendo. Se egli dimostrò tanta intelligenza durante il viaggio, potete figurarvi cosa fosse solito fare quando se ne restava a casa. Se non permetteva che il tempo del viaggio passasse senza che egli leggesse, quanto maggiormente egli doveva attendervi quando si trovava seduto in casa? Se non sospendeva la lettura neppure quando nulla capiva, non avrebbe avuto ragione di farlo quando capiva? Infatti, a comprovare che egli non capiva il brano che stava leggendo, sentite cosa egli disse a Filippo: "Comprendi tu le cose che leggi?" Egli udendo ciò non arrossì, né si sentì imbarazzato, ma riconobbe la propria ignoranza, dicendo: "Come lo potrei se nessuno mi guida?" Se allora rimaneva occupato nella lettura quando non aveva chi lo guidasse, era meritevole che Dio gli facesse incontrare un maestro. Ma ora qui non abbiamo alcun Filippo. Lo Spirito che guidava Filippo è però qui. Amatissimi, non scherziamo con la salvezza! Tutte queste cose furono scritte per ammonozione di noi che siamo agli ultimi tempi. Grande sicurezza vi è contro il peccato se si legge la Scrittura. Grande è il precipizio e profondo l'abisso che si apre dinanzi a chi ignora le Scritture. Ignorare le leggi divine è un deviare dalla propria salvezza. E' questa ignoranza che ha causato eresie, che ha spinto al libertinaggio, ha capovolto ogni cosa, perché è impossibile non trarne profitto se costantemente ci si dedica ad una intelligente lettura delle cose divine.
C'è un'altra scusa usata da persone di simile indolente disposizione mentale, completamente infondata,  e cioè che essi non hanno una Bibbia. Ora, per quanto concerne il ricco, sarebbe completamente ridicolo spendere parole intorno a tale pretesto. Siccome credo che molti fratelli poveri sono abituati a servirsene, vorrei porre loro una domanda: Non ha ognuno di essi acquistato una perfetta attrezzatura per i suoi mestieri? Anche se la fame li affligge e la povertà li tortura, preferiranno sopportare ogni sacrificio piuttosto che separarsi da uno qualunque dei loro ferri e vendendoli vivere con il ricavato. Molti hanno preferito ricorrere a prestiti per sfamare le loro famiglie anzichè privarsi del più piccolo utensile. E tutto ciò è naturale poiché essi sanno che privandosi di essi, si priverebbero di ogni mezzo per vivere. Ora, proprio come i ferri del mestiere sono il martello e l'incudine o le tenaglie, i ferri della nostra professione sono esattamente i libri degli apostoli e dei profeti e tutte le Scritture composte per divina ispirazione e veramente profittevoli. Come con i loro attrezzi essi modellano qualunque vaso hanno in mano, così noi con i nostri lavoriamo per le nostre anime, correggendo ciò che è guasto e riparando ciò che è logoro. Non è dunque una vergogna se voi, quando si tratta dei ferri di questo mondo, non adducete nessuna scusa di povertà e vi prodigate perché nulla abbia a privarvene in questa vita, mentre non fate la stessa cosa per gli altri strumenti coi quali si possono raccogliere benefici ineffabili?
In ogni modo, il più povero di voi non resterà ignorante del contenuto delle Scritture se attenderà alla costante lettura di esse che qui viene svolta. E non dite che è impossibile; e se lo è, vi dirò io il perché, è perché molti di voi non attendono alla lettura che qui viene fatta . . . voi venite per formalismo e poi ve ne correte a casa, e quelli che rimangono tra noi presenti solo fisicamente, sono assenti nello spirito » (22)
6. Lo Spirito Santo è l'autore delle Scritture

Se domandate ai padri della chiesa perché la Sacra Scritture abbia tanto valore spirituale, essi rispondono che per essa parla Dio oppure lo Spirito Santo, i quali ne sono quindi l'autore. Può essere interessante, ma anche utile per noi sentire il loro parere in questa materia:

Clemente Romano

« Voi avete guardato attentamente le Scritture che sono vere e sono state date per mezzo dello Spirito Santo. Voi sapete che nulla vi si trova di ingiusto o di malvagio» (23)

Giustino

« Non le dicevano (queste parole) delle persone ispirate, bensì lo stesso Verbo divino che le muoveva» (24)

Origene (2° secolo)

« Colui che narra le cose da noi lette non è un fanciullo, né un uomo pari a noi, ma, come ritiene la tradizione dei nostri avi, è lo Spirito Santo che le racconta. Consta infatti che esse furono pronunciate dallo Spirito Santo ( ea per Spiritum Sanctum dicta) ed è quindi conveniente che si debbano stimare secondo la dignità, anzi secondo la maestà di chi parla » (25) .

Cirillo di Gerusalemme

« Chi altri conosce le profondità di Dio se non lo Spirito Santo, che pronunciò le divine Scritture? . . . Perchè vai rimuginando ciò che nemmeno lo Spirito Santo scrisse nelle Scritture? Lo Spirito in persona pronunciò le Scritture . . . Ripetiamo quindi quanto  egli disse, ma quanto non disse, non azzardiamoci ad affermarlo » (26)

Giovanni Crisostomo rimprovera i cristiani grossolani che saltano le parole, le cifre e i cataloghi delle Sacre Scritture quasi fossero privi di importanza. Non vi è nulla di insignificante nella Sacra Scrittura.

« Ci sono quelli che quando incontrano delle liste di nomi subito passano oltre e a chi li riprende rispondono: Sono soltanto nomi . . . Non hanno alcuna importanza. Ma che dici? Dio parla e tu osi dire: Non hanno importanza? Non tralasciare alcuna espressione per quanto breve, neppure una sillaba di quanto si legge nella Scrittura divina. Perchè non sono semplicemente delle parole, bensì sono parole dello Spirito Santo e perciò anche in una sillaba si può scoprire un immenso tesoro »(27)

Teofilo d'Antiochia

« Mosè . . . o meglio la Parola di Dio si esprimeva per mezzo suo » (28)

Clemente Alessandrino

« Il Signore in persona parla per mezzo di Isaia, di Elia, per bocca dei suoi profeti ( en stòmati prophetôn autoû (29) .

Anche i concili ecclesiastici non fecero altro che sancire la medesima dottrina: « Dio è autore dei libri dei due Testamenti »(30)

7. Le Sacre Scritture non contengono errori

Se nella Bibbia è lo Spirito Santo che parla, ne segue che egli non ci può ingannare; perciò le Scritture sono prive di errori. Nella Bibbia non vi può essere contraddizione alcuna, affermava nel 2° secolo l'apologeta Giustino (m. 165):

« Io non ho affatto l'audacia di pensare o di dire che le Scritture sante si contraddicono tra loro: Se si adduce qualche testo che in apparenza sembra sostenere il contrario, io sono convinto e completamente persuaso che nessun passo della Scrittura può essere in contrasto con un altro. Penserei piuttosto di non sapere comprendere ciò che sta scritto e cercherei di far accettare la mia convinzione a coloro che vi sospettano una contraddizione » (31) .

Ireneo (m. ca 202)

« Le Sacre Scritture sono perfette, perché pronunciate dal Verbo di Dio e dal Suo Spirito. Esse concordano tra loro armonicamente »(32) .

Secondo Ippolito (m. dopo 235) La Scrittura non « inganna » mai (33) perché «lo Spirito Santo non può ingannare i profeti che sono i suoi servitori »(34) Essa quindi non può venire corretta, per cui contro gli eretici, che vorrebbero modificarla, Ippolito così affermava:

« O non credono che le Sacre Scritture siano state pronunciate dallo Spirito Santo e in tal caso sono increduli; o si stimano più saggi dello Spirito Santo, e in tal caso non sono che degli invasati dal demone »(35) .

Per Origène è impossibile che vi siano errori nella Sacra Scrittura(36) poiché la Sapienza di Dio vi è diffusa dovunque anche nelle più piccole lettere(37) Perciò nella Scrittura « nulla vi è di superfluo» (38) .
« Quando vedrai che qualcuno, mosso dai propri ragionamenti, oserà contraddire la divina Scrittura, trattalo come un pazzo » (39) .

Gregorio Nazianzieno

« Noi scopriamo l'accuratezza dello Spirito Santo anche da ciascun accento e da ciascuna lettera» (40)

Eusebio di Cesarea (m. 340), non vuole nemmeno che si cambi in Achis il nome errato di Abimelec, perché:

« Io reputo audacia temeraria quella di voler imputare un errore alla Sacra Scrittura» (41) .

Per il vescovo di Costantinopoli, Crisostomo (m. 407) la Scrittura non può contenere alcuna menzogna:

« Nessuno osi dire che la storia biblica sia menzognera »(42) .

Girolamo (m. 420) amava la Scrittura e vi ha consacrato tutta la vita traducendola in latino, la lingua del suo tempo, perché fosse più comprensibile. A chi lo accusava di correggere i vangeli diceva:

« Non sono tanto stupido da ritenere degne di correzione le parole del Signore, ovvero che qualcosa non sia divinamente ispirata, ma ho voluto solo ricondurre i codici latini (corretti) agli originali greci dai quali sono stati tradotti » (43)

« Non è lecito affermare che la Scrittura contenga una menzogna »(44) .

Siccome Dio fu il suo ispiratore ne deriva che «quanto leggiamo nell'A.T. lo ritroviamo anche nel Nuovo, senza che vi sia alcuna discordanza o diversità» (Ep. 15, 7).

« Nelle Scritture divine tutte le parole, le sillabe, gli accenti, i punti sono densi di significato» (45) .

Anche la lettera a Filemone non ha nulla di banale, ma presenta delle magnifiche lezioni familiari (46) .

Agostino (m. 430)

Per il vescovo di Ippona, che tanto esalta la Scrittura sopra le stesse decisioni conciliari, gli scritti sacri non possono contenere alcun errore:

« Non vi può essere alcuna falsità nei vangeli, non solo dovuta a menzogna, ma nemmeno a dimenticanza » (47)

« Non è facile dire: l'autore di questo libro non è veritiero, bisogna (in caso di apparente errore) ripetere che il codice è errato, o che sbagliò, l'interprete o che tu non capisci »(48)

« Ti confesso (scrive a Girolamo) che . . . ai libri della Scrittura ho imparato a tributare una riverenza e un rispetto tale da credere fermissimamente che nessuno dei loro autori abbia errato, qualunque cosa abbia scritto. Qualora mi imbattessi in qualcosa che sembra contrario alla verità, non avrei il minimo dubbio a dire che ciò dipende o dal codice difettoso o dal traduttore che ha interpretato male ciò che fu scritto, o che la mia mente non è arrivata a capire, anzichè ammettere che la parola di Dio erri » (49) .

Loisy confessa chiaramente: «Se partiamo dai dati della tradizione, non v'è posto per alcun errore nella Bibbia » (50) .

II. Analogie esplicative.

E' noto che le analogie precedono la riflessione filosofica e teologica. Anche i padri, prima di accingersi a chiarire il il concetto di ispirazione, hanno descritto tale fenomeno mediante analogie e paragoni (51)

1. I profeti furono strumenti di Dio nel parlare.

Lo strumento è variamente presentato come appare dai seguenti paragoni:

a) Corde di una lira.

Il profeta « toccato» dallo Spirito Santo emana la «dolcezza di un suono celestiale ».

Giustino :

« Questi santi uomini non avevano bisogno di parole artificiose, né dovevano parlare con ardore polemico; bastava loro offrirsi sinceramente all'azione dello Spirito Santo, perché quel divino plettro, calato dal cielo,  servendosi di uomini come di strumenti musicali, di una cetra o di una lira, ci rivelasse le realtà celesti e divine » (52)

Atenagora :

« Nostri testimoni sono i profeti che parlarono per virtù dello Spirito Santo . . . Lo Spirito Santo muoveva la bocca dei profeti come uno strumento (organa) . . . Lo Spirito Santo si servì di essi come un artista che suona il flauto» (53)

Ippolito :

« I profeti, preparati dallo spirito profetico, avevano il Verbo come plettro ( ôs plêctron ) ed essi erano gli strumenti ( orgànôn dìken ); in tal modo sollecitati annunciavano ciò che Dio voleva » (54) .

b) Organo corporale.

Gli autori ispirati sono la lingua e la bocca di Dio:

Girolamo :

Commentanto l'espressione del Salmo 45 v. 2 «La mia lingua è la penna di uno scriba veloce», così afferma: «Io debbo preparare la mia lingua come uno stilo o una penna perché con essa lo Spirito Santo scriva nel cuore e negli orecchi degli uditori. A me aspetta offrire la lingua come strumento, a Lui far risuonare la sua dottrina come se io fossi uno strumento ( quasi organum sonare ). Se la legge fu scritta dal dito di Dio, con la mano di un mediatore, quanto maggiormente il Vangelo sarà scritto con la mia lingua dallo Spirito Santo» (55)

In un altro passo ripete:

« Sono parole del Signore e non degli scrittori; ciò che dice per bocca loro, il Signore le ha pronunciate come attraverso un organo o uno strumento » (56)

c) Penna divina.

Questa raffigurazione, meno suggestiva, non è tanto usata dai padri ecclesiastici, Vi ricorre tuttavia:

Gregorio Magno :

« E' superfluo chiedersi chi sia la persona che ha scritto queste cose. Se si crede con fede che lo Spirito Santo è autore del libro, egli ha scritto queste cose, che dettò perché fossero scritte. Supponiamo di ricevere e leggere la lettera di un personaggio importante, sarebbe certamente ridicolo che, conoscendo l'autore e il senso, ci ostinassimo ad indagare con quale penna sono state vergate le parole. Quando conosciamo l'argomento e siamo convinti che l'autore ne è lo Spirito Santo, se ci preoccupiamo dello scrittore in realtà non facciamo altro che leggere una lettera e intanto informarci della penna che l'ha scritto »(57) .

2. Dettatura divina.

Tra i padri latini si trova pure la formula "dictare ". Ecco qualche testimonianza:

Girolamo (m. 420):

« Tutta la lettera ai Romani deve essere interpretata; essa infatti è avvolta da tante oscurità, che per capirle ci occorre la grazia dello Spirito Santo, che dettò ( dictavit ) tali concetti per mezzo dell'apostolo » (In Rom. P L 22, 997)(58) .

Agostino :

« Le membra eseguirono quanto conobbero per la dettatura del capo »(59)

Gregorio Magno :

« Lo scrisse colui che dettò tali cose (dictavit (60)

Isidoro :

« Questi sono gli scrittori dei libri sacri  . . . Però noi professiamo che l'autore delle stesse Scritture è lo Spirito Santo. Egli medesimo infatti scrisse quando ne dettò (il contenuto)ai suoi profeti perché scrivessero» (61) .

Va però osservato che quando i padri parlano di "dettatura divina ", usano il verbo " dictare " nel senso di allora che era assai più largo del nostro " dettare ", potendo anche semplicemente equivalere a " dire, insegnare, prescrivere " (62) Ma anche supposto tale valore più largo, si ha sempre la sensazione che questi padri, per esaltare l'influsso divino, abbiano trascurato l'attività dello scrittore umano, che non può essere ridotto ad un semplice automa, quasi un moderno robot.

III. Spiegazioni tratte dall'esperienza del tempo .

Per descrivere più a fondo il fenomeno ispirativo, i padri della chiesa ricorsero alle esperienze religiose del loro tempo, come al caso della Sibilla (63) che prima di profetizzare, presa da convulsioni, rotolava al suolo, finchè invasata da Dio (en-theòs = inviata) pronunciava i suoi oracoli. Talora l'estasi divina si procurava artificialmente con musica, danze, liquori (64) Anche i profeti, secondo Atenagora , avrebbero parlato «in estasi » (PG 6, 908), ossia in uno stato simile al sonno (65) poiché l'estasi, che è essenziale alla profezia, sospende l'esercizio della ragione (66) .

Montano (metà del 2° secolo) partendo dal paragone della lira fatta vibrare dal plettro, concludeva che l'uomo agisce inconsciamente sotto l'azione dello Spirito Santo, come accadeva ai sacerdoti della dea Cibele di cui Montano era stato membro prima di convertirsi al cristianesimo. Questi devoti di Cibele, entrando in una specie di furore sacro, giungevano persino ad evirarsi per consacrare se stessi alla dea. Secondo i montanisti, anche gli autori ispirati agivano inconsciamente, allo stesso modo con cui, durante le estasi, si comportavano le montaniste Prisca e Massimilla del 2° secolo. Al contrario l'azione dello Spirito Santo non può appartenere all'ordine della violenza fisica e non corrisponde affatto alla presentazione biblica dell'ispirazione profetica: è bensì vero che al principio del movimento profetico alcuni membri delle cosiddette " scuole profetiche " (figli dei profeti) cercarono di procurarsi artificialmente tale stato estatico (67) ma i profeti principali che ci lasciarono degli scritti erano contrari a tale metodo e guardarono con disprezzo ai membri di tali gruppi esaltati (68) Paolo affermava con chiarezza che « gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti » i quali conservano di conseguenza piena libertà di azione (69) .

IV. Il periodo scolastico.

I teologi di questo periodo esaltano il valore della Scrittura con molteplici paragoni: essa è un bosco, un oceano, un banchetto che si estende a tutto. « Tanta è la profondità delle tue parole »(70) .

Bonaventura ne richiama i vari sensi e ne trae il succo, non solo dalle parole, ma anche dai fatti:

« Siccome Dio non parla soltanto con parole, ma anche con fatti, perché il suo dire è fare e il suo fare è dire, e tutte le creature come effetti di Dio richiamano la loro causa, appunto perciò nella Scrittura, trasmessaci per volere di Dio, non devono avere significato solo le parole, ma anche i fatti. Siccome era lo Spirito Santo a illuminare e a rivelare (delle realtà) nei cuori dei profeti in diversi modi, ne viene che a lui non è nascosta alcuna intelligenza; lui poi era stato inviato per rivelare tutta la verità e perciò spetta al suo insegnamento racchiudere in un solo discorso una molteplicità di sensi » (71)

Oggi questa molteplicità di sensi non è più gradita in quanto gli esegeti vanno alla ricerca del senso letterale; si accetta tuttavia – come vedremo – la possibilità di una rilettura da parte degli scrittori sacri di brani più antichi ai quali attribuiscono un senso adeguato alla situazione a loro contemporanea. Così facevano gli Esseni di Qumran quando, commentando Habacuc , vi scoprivano gli eventi della loro comunità; così fecero gli apostoli quando nei passi messianici veterotestamentari o nei passi riferentesi direttamente al re davidico, videro profezie riguardanti il Cristo (senso tipico o emimente pieno, come dicono altri).

Il dottore che più degli altri cercò di analizzare il processo dell'ispirazione biblica fu nel 13° secolo Tomaso d'Aquino la cui soluzione è tuttota accolta e seguita dai cattolici. Egli distingue fra autore principale e autore secondario della Sacra Scrittura:

« Autore principale di essa è lo Spirito Santo . . . l'uomo ne fu invece l'autore strumentale» (72)

Lo strumento ha la sua propria funzionalità che però è elevata dall'artista ad ottenere un effetto superiore. Lo scalpello taglia in un determinato modo, ma l'artista se ne serve per tagliare la pietra in modo tale da formare una statua. L'artista ne è quindi l'autore principale, lo scalpello la causa strumentale(73)

« La causa principale si serve dell'azione svolta dallo strumento per suo potere naturale in modo da elevare questo suo potere perché consegua un effetto superiore. In tal caso lo strumento ottiene con la sua azione un effetto ad esso connaturale, ma nello stesso tempo ne ottiene un altro superiore, così come la scure scindendo il legno con il suo taglio gli fa raggiungere strumentalmente la forma di uno sgabello » (74) .

Duplice è l'azione dello strumento:

« una strumentale per la quale agisce non per virtù propria, ma in virtù dell'agente principale; l'altra che le è connaturale gli compete secondo la sua natura. Così la scure, tagliando il legno secondo la propria acutezza, lo taglia in forma di letto come strumento dell'artigiano. Questa azione strumentale tuttavia non è svolta se non attraverso la sua azione propria. Infatti è tagliando il legno che la scure fa il letto » (75) .

Lo strumento è quindi un prolungamento dell'uomo: la penna del dito, la spada ed il coltello dell'unghia affilata, il martello è un pugno di metallo. Eppure senza il movimento che le membra dell'uomo gli danno, lo strumento è incapace di eseguire l'azione per la quale è adoperato. Chi è che scrive: la penna o l'uomo? Entrambi. Non si può dire: le parole che appaiono sulla carta sono dell'uomo e l'inchiostro della penna. Sono tutti e due. Oppure, per usare un paragone vivo, il solco è tracciato tanto dall'uomo che dal bue che tira l'aratro. Il bue non può arare se la sua forza non viene applicata al lavoro dall'uomo e l'uomo non può tirare l'aratro con le sue sole forze. Dio non può produrre un libro umano, né l'uomo da solo può produrre un libro divino.

V. Dal XIII secolo al Concilio di Trento .

A. Il Protestantesimo.

Siccome nel corso dei secoli la religione cristiana si è andata contaminando con filosofie e ragionamenti platonico-aristotelici, si è sentito il bisogno di tornare alla purezza biblica. I movimenti valdesi prima, e quelli protestanti dopo, cercarono di reagire alla chiesa cattolica con la Bibbia, che tradotta in lingua volgare, essi diffusero tra il popolo. Importante per i tedeschi la traduzione di Lutero, vero capolavoro letterario dominato dalla fede. Tra i francesi dominò la Bibbia curata da Pierre-Robert Olivetano, che fu stampata l'anno 1535 il 4 giugno a Neuchâtel, revisionata da Calvino e detta di Ginevra (1562). Il N.T. era preceduto da una prefazione di Calvino nella quale tra l'altro diceva:

« Senza l'Evangelo siamo inutili e vani, Senza l'Evangelo non siamo cristiani. Senza l'Evangelo ogni ricchezza è povertà, ogni saggezza è follia dinanzi a Dio, ogni forza è debolezza, ogni giustizia umana è condannata. Ma, per la conoscenza dell'Evangelo, siamo divenuti figli di Dio, fratelli di Gesù Cristo, concittadini dei santi, cittadini del regno dei cieli, eredi di Dio con Gesù Cristo, per il quale i poveri diventano ricchi, i deboli potenti, i pazzi savi, i peccatori giustificati, i desolati consolati, i dubbiosi certi, gli schiavi affrancati. E' la potenza di Dio per la salvezza di ogni credente »

Il motto di questi riformatori fu «Sola Scriptura ». Ma come dimostrare l'autorità divina della Bibbia "Parola di Dio"? Non fu forse la chiesa a stabilire il canone come abbiamo detto sopra, includendovi gli scritti dei profeti e degli apostoli? Costoro per reazione al cattolicesimo sostennero al contrario che la Scrittura garantisce per suo conto il proprio carattere divino: perciò essa è autòpistos e axiòpistos , vale a dire si autoproclama ispirata e degna di fede. Per Lutero la Sacra Scrittura si mostra ispirata da Dio « perché ispira Dio », cioè conduce a Dio e ce lo fa conoscere (76) Per Calvino è lo Spirito Santo stesso che ci testifica individualmente l'ispirazione della Bibbia:

« La Scrittura sa farsi conoscere direttamente, come le cose bianche o nere si fanno conoscere dal loro stesso colore e le cose dolci e amare dal loro stesso sapore» (77) .

La confessione di fede Batavica afferma:

« Lo Spirito Santo attesta nei nostri cuori che (le Sacre Scritture) emanate da Dio, portano in loro stesse la sua approvazione »

La Confessione per le chiese calviniste nell'art. 4 diceva:

« Noi riconosciamo che questi libri sono canonici e la regola certissima della nostra fede, non tanto per il comune accordo e consenso della chiesa, quanto per la testimonianza e la persuasione interiore dello Spirito Santo, che ce li fa distinguere fra gli altri libri ecclesiastici (=deuterocanonici), sui quali, per quanto utili, non si può fondare alcun articolo di fede ».

Confessione di Westmunster :

« Noi possiamo essere mossi e indotti dalla testimonianza della chiesa a professare un'alta e riverente stima per le Sacre Scritture; il carattere celeste del contenuto, l'efficacia della dottrina, la maestà dello stile, la coerenza di tutte le parti, lo scopo dell'insieme (che è di rendere gloria a Dio), la pienezza con cui esse ci scoprono la sola via della salvezza, e molte altre cose eccellenti, la loro completa perfezione, sono argomenti per cui esse si impongono con grande evidenza come parola di Dio. E tuttavia la nostra piena persuasione e la fiducia della loro infallibile verità e della loro divina autorità è l'opera interiore dello Spirito Santo, che rende testimonianza per mezzo della parola e con la parola nei nostri cuori».

Ancora nel 17° secolo, Giovanni Gerardo asseriva:

« L'antichità, la maestà delle cose, la singolarità dei sermoni, il perenne accordo, la dignità delle profezie riguardanti il futuro, la verità dei miracoli a conferma della dottrina, la sua dignità, la feroce opposizione diabolica, l'efficacità della Bibbia nel persuadere e nel commuovere sono tutti elementi che ce ne documentano l'ispirazione» (78) .

Si tratta certamente di fenomeni veri ( cf 2 Ti 3, 16; Rm 15, 4 nostro ammaestramento) che tuttavia valgono solo per i già credenti. Anche gli altri libri religiosi, come la "Imitazione di Cristo", possono condurre a Dio, più di Rut, del Cantico dei Cantici, di certi capitoli genesiaci e delle genealogie contenute nelle Cronache (1 Cron 1-9). Non sempre la Bibbia attira subito la simpatia. Inizialmente Agostino si sentiva commuovere più dalle letture di Cicerone e Ortensio, che dalla Sacra Scrittura (Confessioni 3, 4-5). Spesso la lettura della Scrittura, specialmente dell'Antico Testamento, ci urta per le sue espressioni strane e per lo svolgimento così lontano dalla nostra mentalità. Una signorina, incontrata sul treno, mi diceva che, iniziata con entusiamo la lettura della Bibbia, aveva smesso perché se ne era  tremendamente annoiata. Lo stesso Lutero chiamava la lettera di Giacomo, una lettera di paglia, perché non esaltava l'importanza della fede, che egli riscontrava invece negli altri scritti paolini. Vi sono poi difficoltà storiche e morali delle quali parleremo più avanti, che possono farci sorgere delle difficoltà circa l'ispirazione biblica di molti passi scritturistici. I criteri precedenti non potranno mai indurre gli increduli a ritenere la Sacra Scrittura Parola di Dio, come può invece servire il criterio profetico ed apostolico sopra enunciato.

Pretesa dimostrazione matematica dei protestanti

Ivan Panin ( 1855-1942) volle provare scientificamente l'ispirazione letterale della Bibbia studiandone la struttura matematica. Così in Gn 1, 1 è tale la simbolica della cifra "sette"; dato il valore numerico delle lettere e il numero stesso delle parole o delle lettere, esso è tutto un insieme di sette e di suoi multipli. Data la possibilità di tale combinazione da 1 a 700 miliardi, è ben difficile supporre che queste sistemazioni siano fortuite. Il carattere fortuito di tali combinazioni diminuisce ancor più se vi si nota la presenza simultanea di più schemi (4 in Ge 1, 1). «Dal momento che nessun essere umano potrebbe con le sue proprie capacità compiere il tentativo di quattro schemi di tal genere, ne deriva che questo solo versetto documenta che esso è stato dettato dal genio matematico del creatore » (79) L'autore continua poi con i primi cinque versetti della Genesi, con il nome di Jr, con Mt 1 e 2, con il verbo "salire" nel N.T.. Tante coincidenze numeriche dimostrano un genio, non solo per ogni libro, ma ancora una consultazione tra i vari autori, o la supposizione assurda che ciascuno abbia scritto dopo tutti gli altri perché, ad esempio, le parole della genealogia di Matteo, mancanti dal resto del N.T. appaiono 7 x 6 volte e abbiano 7 x 6 x3 lettere. «Non vi è un paragrafo della Bibbia che non sia costruito su uno schema numerico simile » (p. 29).

Ma ci si può chiedere se constatazioni del genere non si potrebbero fare con scritti dell'antichità classica . . . ! Spesso, scriveva il Savasta, i calcoli del Testa sopra l'età dei patriarchi poggiano su caratteristiche dei numeri che sono tra loro divisibili (80) Di più non di rado il Panin esamina il libro secondo il Testo Masoretico, talvolta secondo i LXX e spesso trascura delle varianti destinate a mutare i risultati di tali calcoli. Si tratta di un'ipotesi senza valore.

L'importanza della Bibbia è esaltata in modo magnifico da Lutero . Leggendo l'erudito Erasmo che si accontetava della filosofia, egli scriveva nel 1517 al priore Lang:

« Leggo il nostro Erasmo, e di giorno in giorno decresce la mia ammirazione per lui. Mi piace che egli denunci e condanni con costanza non inferiore alla sua condizione, tanto i religiosi quanto i sacerdoti per la loro inveterata ignoranza: ma temo che non dia importanza sufficiente a Cristo e alla grazia di Dio. Le cose umane hanno in lui il sopravvento su quelle divine »(81) .

Quando i cittadini di Augusta e di Wittemberg esortarono Lutero a raccogliere i suoi scritti in volumi, rispose:

« Non sarò mai d'accordo con questa vostra idea. Preferirei che tutti i miei libri scomparissero e che si leggesse soltanto la Bibbia. Con tutto questo bianco, ci salterà in mente di scrivere e abbandoneremo la Bibbia. Non voglio che i miei libri siano pubblicati, anzi preferirei cancellarli dalla memoria. Infatti tutta la chiesa è piena di libri, la Bibbia è trascurata. Il mondo è frivolo, brama sempre cose nuove » 82

B. Reazione cattolica

Da parte cattolica la reazione prima fu quella di proibire la lettura della Bibbia in lingua volgare. Vari concili scomunicarono e punirono con carcere ed espropriazione di beni coloro che osavano tenere una copia della Bibbia anche cattolica (Concilio di Tolosa 1229; di Terragona nel 1234; di Oxford nel 1408). In tale repressione la chiesa si faceva aiutare dai governi cattolici. Nel 1526 il parlamento francese proclamò per tutta la Francia la proibizione « di esporre e di tradurre dal latino al francese le lettere di  S. Paolo, l'Apocalisse e gli altri libri. . . Tutti i libri della santa Bibbia, tradotti in francese, siano d'ora in avanti tolti a coloro che li possiedono e portati entro otto giorni agli archivi dei tribunali ». Stampatori, librai, divulgatori sfidarono gli editti reali a costo della vita. Jean le Clerch (1525) fu il primo martire. Quattordici altri furono arsi vivi vent'anni dopo e morirono cantando i Salmi (83) .

C. Il Concilio di Trento (sec XVI)

Ha fatto preparare il primo elenco dei libri proibiti nella cui 4° regola si diceva tra l'altro che nessuno può tenere in casa, senza un documento scritto dal proprio vescovo, una copia della Bibbia in volgare, pena in caso contrario la non assoluzione dai suoi peccati.

Il Concilio di Trento non ha cercato di chiarire il concetto di ispirazione, ma solo di difendere l'ispirazione di tutti i libri, anche delle loro singole parti, come si trovano nella Bibbia cattolica latina (Volgata), compresi i sette libri deuterocanonici dell'A.T. ritenuti invece non ispirati dagli Ebrei e al loro seguito dai protestanti.

« La chiesa accoglie e venera tutti i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento perché degli uni e degli altri Dio ne è l'unico autore, nonchè le tradizioni stesse ruguardanti la fede e la morale » (84) .

Quest'ultima asserzione intendeva opporsi al rifiuto della tradizione cattolica da parte protestante.

Si può quindi riassumere questa parte dicendo che l'attaccamento verso la Sacra Scrittura dei primi scrittori ecclesiastici, i quali la ritennero norma ispirata di vita, si andò affievolendo nel corso dei secoli, sopraffatto dalla tradizione. Esso fu però riscoperto dai protestanti, anche se costoro non riuscirono sempre a provare saldamente l'ispirazione degli scritti sacri.


NOTE A MARGINE

1. Eusebio , De Martyri Palest. , 13. P G 20, 1515. Il salterio veniva cantato nelle campagne palestinesi, per cui la nuova traduzione di Girolamo non fu accolta nella chiesa perché troppo diversa dalla traduzione già nota ai cristini. torna al testo
2. Agostino , In Joan . 7, 12 P L 35, 1443. torna al testo
3. Editto De tradendis codicibus del 303. torna al testo
4. Tutti questi Atti si possono vedere in Ruinet , Acta Martyrum , Verona I (Acta S. Agapes, Vhioniae, Irenes). torna al testo
5. Giustino , I Apologia 58 (ediz. Città Nuova. 125). torna al testo
6. Giustino , I Apologia 59-60 ; la citazione è tratta dal cap. 60; cf S. Giustino , Le apologie, Città Nuova, Roma 1962, p. 119. torna al testo
7. Cosi detto perché scoperto dal Muratori in un manoscritto del 7°-8° secolo. torna al testo
8. Ireneo , Adversus Haereses , 1, 20, 1-2; 3, 3, 1; 3, 4, 1; 3, 11, 9; 4, 33, 8. torna al testo
9. Clemente Alessandrino , Stromata 3, 13 . torna al testo
10. Tertulliano , De Praescriptione 15-19; 32, 36s; Adversus Marcum 4, 2, 6. torna al testo
11. Agostino , Contra Epist. Manich. 5, 6. torna al testo
12. Bibliografia : il primo a suggerire il criterio dell'apostolicità fu il protestante David Michaelis , Einleitung in die göttlichen schriften des N.T. (Göttinga p. 1788). Tale norma fu accolta anche da parecchi cattolici: Ubaldi , Introductio in S. Scripturam (3 1886 R) p. 76s; Joün , Le critérium de l'Ispiration pour les livres du N.T., in "Etudes" 98 (1904) p. 84s; M.J. Lagrange , Histoire de Canon du N.T. , Paris 1933; Zarb , De Criterio inspirationis et canonicitatis SS. librorum, in "Divus Thomas (Piac)", 34 (1931), pp. 147-186. Ne è invece contrario I. Vostè , De divina inspiratione et veritate, S. Scripturae , Roma 1932, pp. 23-28. torna al testo
13. Cf F. Salvoni , Introduzione ai Vangeli ; Clemente Alessandrino in Eusebio, Hist. Eccl. 6, 14, 5-8 (E P 439) 2, 15, 1s (Pietro lo approvò); Papia in Eusebio, Hist. Eccl., 3, 39, 15 (E P 94); Ireneo, Adversus Haereses, 3, 1, 1 P G 7, 844; Origene, Fragen in Matthaeum in Eusebio, Hist. Eccl., 6, 25 E P 503; cf Lc 10, 7 in 1 Ti 5, 18 (Cl 4, 14) Dt 25, 4. torna al testo
14. Tertulliano , De Praescriptione , 14, 11; 15, 2. torna al testo
15. Clemente Romano, 2 Corinzi 19, 1. torna al testo
16. Clemente Alessandrino , Protr, 8 PG 8, 188 GCS 59. torna al testo
17. Ivi, 9 PG 8, 197, GCS 65. torna al testo
18. Cirillo di Alessandria , De recta fide 2, 1 P G 76, 1337. torna al testo
19. Efrem , Opera, Roma 1743, 41. torna al testo
20. Ambrogio , in Ps 1, 33 P L 14, 984. torna al testo
21. Crisostomo , In Mt 1, hom 2, 6 P G 57, 31. torna al testo
22. Crisostomo , De Lazaro Concio P G. torna al testo
23. Clemente , 1 Ad Corinth. 45, 2 . torna al testo
24. Giustino , 1 Apologia 36 P G 6, 385. torna al testo
25. Origene , in Num. Hom 26, 3 P G 12, 774. torna al testo
26. Cirillo di Gerusalemme , Catech. 16 P G 33, 920. torna al testo
27. Crisostomo , in Ge. hom. 15, 1 P G. torna al testo
28. Teofilo Antiocheno , Contra Antholicum 9 P G 6, 1065. torna al testo
29. Clemente Alessandrino , Adhortatio ad pag. 1 P G 8, 64. torna al testo
30. Concilio di Cartagine 4° . Cf Ench. Bibl. 8, 27 (ripetuti anche in seguito ancora nel concilio di Lione nel simbolo proposto ai greci: « Uno solo è l'autore del Nuovo e dell'Antico Testamento cioè della Legge, dei profeti e degli apostoli e questi non è altro che il Signore onnipotente». Cf S. Muñoz Iglesias , Doctrina Pointificia I  - Documentos Biblicos, Madrid 1955, pp. 1-13 e pp 153-165; dall'originale latino o greco con traduzione in spagnolo e una breve introduzione per ogni documento). torna al testo
31. Giustino , Contra Tryph. 65 P G 6, 625. torna al testo
32. Ireneo , Adversus Haereses 2 , 28 2 e 3 P G 7, 805. torna al testo
33. «Comprendiamo bene che la Sacra Scrittura non ci inganna mai» (in Dn 1, 28; ed. Bonwetsch p. 41). torna al testo
34. Ivi 4, 6 p. 198. torna al testo
35. Ippolito , Contra Artemone (è suo?) presso Eusebio, Historia Eccl. 5, 28 18 P G 20, 517. torna al testo
36. Origene , In Mat 16, 12 P G 13, 1410. torna al testo
37. Origene , In Ps 1, 4 P G 12, 1081. torna al testo
38. Origene , In Jeremiam 39 P G 13, 544. torna al testo
39. Origene , In Ge 1, hom. 10, 6 . torna al testo
40. Gregorio Nazianzieno , Orat. Apol. 2 , 104 P G 25, 503; cf Gregorio Nisseno , Contra Eunomium 7 P G 45, 742. torna al testo
41. Eusebio di Cesarea , In Ps 33, 1 (ebr. Sl. 34, 1) P G 23, 289. Dimentica che i trascrittori possono errare (cf. 1 Sm 21.10.12.14) e che i titoli dei salmi non sono ispirati in quanto aggiunti tardivamente. torna al testo
42. Crisostomo , In Act. Apost. hom. 22, 1 P G 60, 171. torna al testo
43. Girolamo , Ad Marcellam ep. 27, 1 . torna al testo
44. Girolamo , in Neh. 1, 9 P L 25, 1238. torna al testo
45. Girolamo , In Ephes. 5, 6 P L 26, 481. torna al testo
46. Girolamo , In Philem Prol. 26, 602 . torna al testo
47. Agostino , De Consensu evangelistarum 2, 12, 29 P L  34, 1091. torna al testo
48. Agostino , Contra Faustum, 11, 5 P L  42, 249. torna al testo
49. Agostino , Ep. 82, 1-3 P L 33, 277. torna al testo
50. Loisy , Etudes Bibliques , Paris 1903, p. 145. torna al testo
51. G.M. Perrella , La nozione dell'ispirazione scritturale secondo i primitivi documenti cristianti, in "Angelicum" 1943 p. 32ss; Schöckel op. cit. pp. 40-69. torna al testo
52. Giustino (fine 2° secolo), Adhortatio ad Graeces 8 , P G 6, 256 ( Schöckel p. 49 n. 33); cf Dial. 36 P G 6, 553. torna al testo
53. Atenagora , Legatio pro Christianis 79 , P G 6, 906.908. torna al testo
54. Ippolito , De Christo et Antichristo 2 , P G 10, 728s ( Schöckel p. 50). torna al testo
55. Girolamo , In Ps 45, 2 P L 22, 627 (Schöckel 50s). Qui potrebbe risultare che Mosè fu il dito di Dio per scrivere la Legge (cf Es 31, 18); altrove appare l'intercessione angelica (LXX; N.T. At 7, 53; Ga 3, 19; Eb 2, 2). torna al testo
56. Girolamo , Tract. de Ps 88 in "Anecdota Maredsolana" III 3 p. 53. torna al testo
57. Gregorio Magno , Praefutio, in Job c. 1 n. 2 (discutendo sul mio autore) P L 75, 517. torna al testo
58. Girolamo , In Roma. PL 22, 997, torna al testo
59. Agostino , Membra dictante capite cognoverunt , P L 34, 1070. torna al testo
60. Gregorio Magno , P L 75, 515. torna al testo
61. Isidoro , De ecclesiasticis officialis 1, 12 , P L 83, 750. torna al testo
62. Forcellini , Lexicon totius latinitatis s. a dictare . torna al testo
63. Da essa proverrebbero i libri sibillini così tanto stimati dagli antichi cristiani, da ritenerli talora ispirati. torna al testo
64. Qualcosa di simile si ha oggi con l'uso degli psichedelici che producono una specie di estasi mistica; cf H. Bacht , Wahres und falsches Prophetentum , in Biblica 32 (1951) pp. 237-262 (specialmente pp. 240-251); cf Platone, Fedra 22 ; Menone 41 ; Ione 5, 6 ; Cicerone , De divinatione 1, 31 ; Virgilio , Eneide 6, 15s ;Luciano , Farsalia 5, 166 . torna al testo
65. Epifanio , Haer. 48 , P G 41, 861. torna al testo
66. Così Tertulliano , che subì l'influsso del movimento montanista ( Adv Marc 4, 22; 5, 8; a.208), poggia su Lc 9, 43 dove si dice che Pietro durante la trasfigurazione parlò, senza sapere quel che dicesse (cf De Anima 11, 21.40 ). torna al testo
67. 1 Sm 10, 5-11; 19, 20-24; Davide si finse profeta (1 Sm 21, 13); cf. la dispensa Gli Araldi di Dio , Milano 1973. torna al testo
68. Cf Am 7, 14; 2 Re 20, 1-11. torna al testo
69. 1 Co 14, 32; cf F. Salvoni , Gli Araldi di Dio , Milano 1973. torna al testo
70. Cf H. De Lubac , Exegise médievale I , pp. 119-128.torna al testo
71. Bonaventura , Brevilloquium e Ad Claras Aquas V, 202-206 ; Schöckel , La parola ispirata , op. cit p. 24s. torna al testo
72. Tommaso d'Aquino , Quodlibeta VII, q 6 a 14 ad 5 . torna al testo
73. L'importanza dello strumento è tuttavia comprensibile a chiunque pensi all'effetto di un pianoforte scordato, rovinato oppure in ottime condizioni. torna al testo
74. Tommaso D'Aquino , IV Sent. Dist. 1 a 4 sol 1 . torna al testo
75. Tommaso D'Aquino , Summa Theologica III q.62 a. 1 ad 2. torna al testo
76. Lutero , Erlagen XII, 230 (Theopneustos = ispira Dio, non ispirata da Dio). torna al testo
77. Calvino , Istituz. Crist. 1, 7, n.2 . torna al testo
78. Citato da Pesch , De Inspiratione S. Scripturae , 1906, p. 219 (n. 226). torna al testo
79. M. Bertrand , La structure numérique de la Bible. Initiation à la découverte mathématique d'Ivan Panin , Tornac 1970 (ed. Biblique P S I) p. 23; cf pure Karl Sabiers, Nuove sorprendenti dimostrazioni matematiche per la ispirazione biblica, Roma. torna al testo
80. Cf C. Savasta , Le età dei patriarchi biblici in un recente commento a Ge 1-11, in "Biblica" 19 (1971), pp. 321-326 (ogni numero moltiplicato per 12 è sempre un multiplo di 60). torna al testo
81. Lutero , De Wette 1, 52 ; (1.3.1517). torna al testo
82. Lutero , Discorsi a tavola , Torino, 1969, pp. 282s. torna al testo
83. Sulla repressione della lettura biblica presso i cattolici, cf F. Salvoni , Dal Cristianesimo al Cattolicesimo , Lanterna, Genova 1972, vol I, cap. 5. torna al testo
84. Ench. Bibl. 57, Muñoz Iglesias , pp. 179-181. Questa affermazione ripeteva la precedente del Concilio di Firenze (1441) «I santi dell'uno e dell'altro Testamento hanno parlato per ispirazione del medesimo Spirito Santo ». Enc. Bibl. 40-49; Muñoz Iglesias p. 173s. torna al testo