L'ISPIRAZIONE
DELLA BIBBIA
di Fausto Salvoni
CAPITOLO VI

DAL CONCILIO DI TRENTO AI NOSTRI GIORNI

Bibliografia :

P. Benoit , Rivelazione e Ispirazione , Paideia, Brescia 1966.

J. Coppens , Comment mieux concevoir et énouncer l'ispiration et l'inerrance des Saintes Ecritures? N R Th 86 (1964), pp. 933-967.

E. Gutwnger , Die Inerranz der Bibel. Reflexionen an einigen Neuerschesnungen, Z Kath Theol 87 (1965), pp. 196-202.

T. Burtchaell , Catholic Theories of Biblical Inspiration since 1810, Cambridge University Press 1969.

I. Prime difficoltà bibliche

Il progresso della scienza al tempo del rinascimento (sec. 15° e 16°) palesò una cosmologia ben diversa da quella biblica (1)  e le ricerche archeologiche misero in luce una serie di documenti antichi che, togliendo la Bibbia dall'isolamento precedente, evidenziava l'ambiente culturale e storico nella quale essa sorse, mostrandone non solo le affinità, ma anche le notevoli diversità. Di fronte a tali scoperte venne a crearsi una discrepanza non indifferente tra credenti e non credenti, perché entrambi esageravano la competenza dei loro studi.

1. La Bibbia sopra tutto

Di fronte a tali difficoltà un gruppo di credenti, mossi da uno spirito apologetico erroneo, cercarono di utilizzare la Bibbia per valutare le scoperte scientifiche del loro tempo e correggerle dovunque sembravano deviare dall'insegnamento biblico. Da tale mentalità provenne la condanna di Galileo ad opera di Urbano VIII, che sarà esaminata espressamente nel capitolo Bibbia e scienza .

2. Scienza e storia contro la Bibbia

D'altro canto molti scienziati ed esperti in lingue orientali antiche, esagerando l'importanza delle loro scoperte, pretesero di impugnare l' ispirazione biblica ergendosi contro i presunti errori da essi riscontrati nella Sacra Scrittura. Con la pretesa di ritrovarvi gli antichi miti dell'oriente pagano, ridussero i testi sacri a semplici pagine letterarie del passato prive di un particolare carisma religioso. L'ispirazione biblica per loro venne relegata ad una credenza diffusa in tutte le religioni e che perciò deve essere demitizzata dal mondo scientifico attuale incapace di tollerare l'intromissione di Dio nella sfera delle leggi naturali. Gli errori biblici sfatano per sempre che tali scritti siano opera di Dio, a meno di voler attribuire degli sbagli allo stesso Dio, che in tal modo cesserebbe di essere Dio (dicono costoro).

3. Tentativi comodistici

Un altro gruppo di credenti, ancorati all'ispirazione biblica, ma nel medesimo tempo entusiasti delle scoperte scientifiche e storiche, si sforzò invece di concordare tra loro questi diversi rami dello scibile umano. Sorsero così opere apologetiche che vollero trovare nella Bibbia il preannuncio delle scoperte successive e rinvenirvi così delle prove a favore della ispirazione biblica. Come poteva un libro così antico presagire le scoperte attuatesi soltanto vari millenni dopo? Ci deve essere stato – dicevano – il dito di Dio nel vergare tali scritti. Tuttavia con le continue revisioni scientifiche ed archeologiche si dovevano rivedere le interpretazioni bibliche e ciò che prima era presentato come profonda intuizione divina risultava poi un errore. Per cui una apologetica di tale stampo – non ancora del tutto scomparsa – ha finito con lo screditare la Bibbia più di quanto non la esaltasse.

II. Primi tentativi di chiarificazione

Di fronte alle difficoltà precedenti alcuni studiosi, specialmente cattolici, incominciarono a studiare più profondamente il concetto e l'estensione dell'ispirazione per vedere se di fatto si potessero spiegare in tal modo certe difficoltà suscitate dalle recenti scoperte scientifiche e archeologiche.

a) Gli "obiter dicta" non sono ispirati.

E' l'ipotesi che usualmente si fa risalire al cardinale Newman, anche se il suo pensiero al riguardo non è tanto chiaro(2) «Noi riteniamo che la Bibbia in tutte le questioni di fede e di morale, sia da cima a fondo divinamente ispirata » (op. cit. p. 106s). « La Scrittura è ispirata non solo nella fede e nella morale, ma in tutte le sue parti che portano alla fede, comprese le questioni di fatto » (p. 110). Anche se il Newman dice che la Sacra Scrittura è « ispirata in tutta la sua dimensione . . . in qualunque momento, in qualunque luogo », egli afferma che ciò lo è soltanto per preservarci la divina rivelazione (p. 150). Ora gli obiter dicta ("detti incidentali") non hanno rapporto con questa rivelazione; infatti sono « una frase o una sentenza che, dato il loro carattere circostanziale, non è vincolante per la fede» (p. 1413). Tali sarebbero l'affermazione che Paolo dimenticò il suo mantello a Troade presso Carpo (2 Ti 4, 13); l'invettiva paolina rivolta ai giudei di farsi evirare (3) certe citazioni imprecise dell'Antico Testamento (4) il cane che, secondo la Volgata, andò incontro a Tobia scodinzolando la coda e l'asserzione che Nabucodonosor era re di Ninive secondo Giuditta (5) .

Tali episodi non appartengono infatti alla rivelazione e non hanno alcun rapporto con la nostra salvezza. Tuttavia una simile ipotesi non risolve affatto il problema che coinvolge più parti della Sacra Scrittura, ben più estese dei semplici obiter dicta. Occorre quindi ricercare un'altra soluzione.

b) Sono ispirate solo le parti dottrinali , comprese quelle storiche che hanno un riferimento necessario con punti dottrinali; così nel 17° secolo l'inglese H. Holden (6) Tuttavia l'affermazione precedente manca di qualsiasi base biblica. Paolo scrivendo a Timoteo afferma che « ogni singola parte» ( pasa grafè) della Scrittura è ispirata (2 Ti 3, 15). Non si può quindi di proprio arbitrio distinguere tra brani ispirati e non ispirati.

c) Altri autori, come il Lenormant , distinguono tra ispirazione estesa a tutta la Bibbia e inerranza o mancanza di errore, che si limita alle sole parti dottrinali ed etiche della Sacra Scrittura. La inerranza biblica sarebbe simile alla infallibilità che la chiesa cattolica si arroga e che si estende solo ai dati teologici e morali. Il papa può errare nel campo filosofico e scientifico, ma non sbaglia quando espone le sue conclusioni nel campo della fede e della morale per renderle obbligatorie a tutta la chiesa (ex cathedra). Dio, pur ispirando tutta la Scrittura, l'avrebbe preservata da errori solo quando essa insegnava qualcosa riguardante la fede e la morale (7) Di conseguenza il Lenormant ammette nella Bibbia gli stessi miti assiri privi di qualsiasi fondamento storico ma purificati dal politeismo e posti al servizio di una vita morale eccelsa(8) Torneremo sull'argomento nei capitoli riguardanti la Bibbia e la scienza oppure la Bibbia e la storia.

Ogni problema si risolve meglio se si esamina in che cosa consista veramente l'ispirazione e come Dio e l'uomo abbiano collaborato assieme nella presentazione del messaggio divino.

III. Essenza dell'ispirazione

Due interpretazioni ora si contrastano il campo, delle quali una riduce l'ispirazione a pura esperienza del genio religioso umano senza alcun intervento divino (modernisti) e l'altra che la ricollega a un influsso positivo divino (credenti) (9) .

A. Presso i modernisti

Per costoro l'ispirazione è una manifestazione del genio religioso ebraico. La Bibbia è frutto delle personali esperienze dello scrittore sacro.

« C'è Dio in noi; egli ci agita e noi ci infiammiamo. Questo furore è una particella della mente divina. Mi è sommamente lecito vedere il volto degli dei, sia perché sono poeta, sia perché canto cose sacre» (10) .

« L'ispirazione religiosa – scrive A. Sabatier –  non differisce psicologicamente dall'ispirazione poetica. Essa offre indubbiamente il medesimo mistero, ma non implica il miracolo. Non si produce come una mozione apportata violentemente dal di fuori nella vita psichica dell'individuo, ma come una forza feconda che agisce dall'interno, in armonia con tutte le forze e le leggi dello spirito umano » (11) .

Anche per Loisy « Dio è autore della Bibbia come egli è l'architetto di S. Pietro di Roma o di Notre Dame di Parigi. Immaginarsi che Dio abbia scritto un libro è commettere il più infantile degli antropomorfismi »(12)

Appunto perciò frutto di pura esperienza umana la Scrittura riflette la mentalità, la cultura, la morale del passato; vera per il suo tempo, non lo è più oggi che abbiamo attuato un progresso culturale, filosofico e sociale. La verità e l'errore sono infatti nozioni relative; ciò che è errore oggi, non lo era in passato a motivo delle conoscenze limitate di quel tempo. La Bibbia quindi è vera e non vera, secondo il tempo in cui si pone per valutarla(13) Tuttavia in questo caso è l'uomo che si ispira e cerca di salire a Dio, anzichè essere Dio che si rivolge all'uomo per illuminarlo ed aiutarlo. Simile è pure la concezione espressa dal Luzzi per il quale «gli scrittori sacri sono da considerarsi come ispirati non perché essi soli abbiano avuto il monopolio dello Spirito, ma perché fra tutti i credenti . . . furono i più atti ad intuire, ad esprimere, a tramandare il pensiero e i disegni di Dio. L'ispirazione biblica, quindi, non è un'ispirazione unica, è una specie intensificata, ma nient'altro che una specie dell'ispirazione generale » (14 ) In questo caso l'ispirazione si identifica con la pietà religiosa ed è un dono divino dato alla comunità dei fedeli nel suo complesso.

B. Ripensamenti da parte dei credenti

Dopo alcuni tentativi mal riusciti riducenti l'ispirazione all'approvazione successiva di uno scritto puramente umano da parte dello Spirito Santo( 15) e della chiesa (16) oppure alla semplice assistenza dello Spirito Santo (17) i credenti hanno cercato di fare un'analisi più profonda del fenomeno ispirativo.

Due sono i punti di partenza per lo studio dell'ispirazione: l'analisi del concetto di Autore e quello di ispirazione. Nel campo cattolico predomina il primo metodo, in quello protestante il secondo. Nel primo caso Dio agisce direttamente sul libro da lui voluto, nel secondo l'azione divina ha per oggetto la persona del profeta, più che il libro in se stesso.

1. Dio autore della Bibbia.

Gli autori di questa corrente, dopo aver discusso ciò che si esige perché un uomo sia autore di un libro, attribuiscono a Dio uno speciale intervento in ogni singola parte dell'attività umana che prepara lo scritto (18) Perchè un uomo sia autore di un libro deve prima raccogliere le idee, volerle scrivere e infine metterle per iscritto sia personalmente, sia tramite uno scrivano. Di conseguenza, perché Dio si possa dire autore di uno scritto, bisogna che dapprima agisca sullo scrittore umano in modo di illuminarlo nel raccogliere le idee, magari aiutandolo con la rivelazione per quello che egli da solo non sarebbe riuscito a raccogliere. Deve suscitare in lui la volontà di scrivere e infine aiutarlo a stendere il volume. Talvolta, ma di rado, Dio stesso impone all'uomo di scrivere (Is 30, 8; 8, 1; Gr 30, 2; Ha 2, 2), ma di solito muove dall'interno l'uomo, rispettandone la libertà. Come questo si avveri è un mistero che « s'enfonce dans la nuit divine » (Sertillanges) (19) .

« Bisogna tenere fortemente i due estremi della catena (libertà umana e mozione divina) – scrive il Bossuet benchè non se ne veda il modo di concatenarli tra loro » (20)

Siccome anche l'uomo nella stesura materiale di un libro può servirsi di uno scrivano, anche Dio, oltre allo scrittore ispirato, può utilizzare anche uno o più redattori perché scrivano il libro sotto la sua vigilanza. Geremia usò lo scrivano Baruc per redigere le sue profezie (Gr 32, 12; 36, 2.4.32); Paolo si servì di Terzio (Rm 16, 22) e Pietro di Silvano (1 Pt 5, 12). Le idee precedenti, dominanti in campo cattolico, sono state difese dalla enciclica Provvidentissimus Deus di Leone XIII (a. 1897):

«Dio, con potenza soprannaturale così eccitò (gli agiografi) e così li assistette nello scrivere, affinché rettamente concepissero nella mente quelle cose, che egli comandava fossero scritte, perché le volessero scrivere fedelmente e le esprimessero giustamente con infallibile verità; altrimenti egli non sarebbe più autore di tutta quanta la Sacra Scrittura» (21) .

2. Dio ispiratore del profeta.

L'altro modo di procedere nell'analisi dell'ispirazione biblica consiste nell'indagare come Dio abbia influito sulle persone più che sul libro in se stesso. Sarà ciò che cercherò di sviluppare meglio nel seguente capitolo VII, dopo una panoramica a volo d'uccello su alcuni recenti tentativi cattolici per presentare sotto nuova luce il carisma dell'ispirazione.

3. Recenti tentativi cattolici.

Seguendo una intuizione di C. Charlier(22) gli studi cattolici più recenti mettono in rilievo gli aspetti comunitari dell'ispirazione (K. Rahner, Mc Kenzie). Essi subirono l'influsso della scuola sociologica francese del Durkheim e seguita pure dal Dibelius e dal Bultmann, che attribuiscono una enorme importanza alla massa creatrice della comunità.

a) K. Rahner: ispirazione della chiesa; con Gesù Cristo è avvenuta l'ultima e definitiva rivelazione di Dio, che sarà superata solo dalla sua visione faccia a faccia, in cielo. La « rivelazione » si conclude quindi con la morte dell'ultimo apostolo. La chiesa delle origini (UrKirche) è quindi fonte e norma perfetta per la chiesa posteriore di tutti i tempi e di tutte le nazioni. Per adempiere tale sua funzione la chiesa ha posto in iscritto la coscienza che essa aveva della propria fede. Siccome Dio vuole che la chiesa delle origini sia norma per i posteri, ne viene che vuole pure la Scrittura, della quale è autore divino e ispirante, perché si conservi la coscienza che tale chiesa aveva della propria fede (23) Se questa tesi mette bene in valore la potenza della profezia della chiesa, ha il torto di esaltare troppo la chiesa in astratto, mentre la Scrittura è frutto di persone, di apostoli che di tale chiesa sono il fondamento.

Qui il fondamento della chiesa (apostoli) passa in seconda linea per esaltare eccessivamente ciò che è sostenuto dalla chiesa. E' indubbio l'influsso cattolico odierno che connette in modo indissolubile tradizione e Sacra Scrittura.

b) Mc Kenzie: "ispirazione sociale".
Spesso, particolarmente nell'Antico Testamento – afferma giustamente questo studioso – noi ignoriamo gli autori degli scritti sacri e il contributo dei singoli alla loro stesura. Noi conosciamo bene il contributo di Paolo per la lettera ai Galati, ai Romani, e alle due epistole ai Corinzi; conosciamo pure il contributo di Luca anche se esso fu alquanto diverso di quello paolino per gli scritti precedenti. La posizione dei vangeli è ancora diversa. E' ben difficile stabilire per essi quanto proviene dai loro autori e quanto deriva dalla comunità. Gli scritti veterotestamentari esigono una quantità di autori ancora maggiore. Come spiegare in tal caso il carisma ispirativo? Con il carattere sociale dell'ispirazione, dice il Mc Kenzie, ispirato è il popolo di Dio. Gli scrittori sono il portavoce della credenza del popolo divino. La Bibbia è «un racconto delle azioni salvifiche di Dio, una professione di fede da parte di Israele e della chiesa primitiva». Qui ritorna il concetto precedente dell'importanza della chiesa. Che gli scrittori mettano in iscritto ciò che il popolo di Dio credeva, è in parte vero. Ma Giobbe e l'Ecclesiaste (Qoelet) si possono dire portavoce della comunità o piuttosto stimolatori di essa? Gli apostoli erano sotto la chiesa o costruttori di essa? E' troppo evidente l'apporto bultmaniano, quasi che la chiesa, anzichè i singoli, sia stata creatrice della fede cristiana. La massa segue sempre gli stimoli di qualcuno, e in questo caso l'influsso degli apostoli, dei profeti e dei testimoni oculari (24) .

c) La Scrittura va presa nel suo insieme.

Per N. Lohfink seguito pure da J. Coppens (25) la Bibbia, pur essendosi formata attraverso un lungo processo storico, va ritenuta un tutto unitario le cui parti sono complementarie e si integrano a vicenda. Si trova in essa una divergenza e una evoluzione concettuale, vi si incontrano pure delle imprecisioni. Ciascuna parte assume un valore di relatività e va integrata con il resto. Anche se vi è qualche errore o qualche imprecisione in un punto, esso è compensato e corretto da un altro. L'ispirazione divina si distribuisce in ogni fase della formazione della Bibbia, dalle fonti alla redazione, dalla composizione di un libro più antico a quello più recente,  ricollegando ogni parte al tutto. Non si può ridurre l'ispirazione ad approvazione susseguente, perché si tratta di un fenomeno continuo e prolungato, di cui tutti gli scritti hanno successivamente beneficato. L'inerranza si ha non negli enunziati presi isolatamente, ma nella loro totalità, in funzione della rilettura finale e definitiva che si ha nel Nuovo Testamento. Queste ipotesi si distinguono da quella del Sabatier espressa più sopra, secondo la quale nella Bibbia, anzichè un intervento divino, si troverebbe l'espressione della pietà collettiva di Israele o della chiesa. Sono pure differenti – nonostante l'influsso indubbio – dal concetto bultmaniano che la comunità sia creatrice apportandovi pure i suoi miti, tratti dal mondo contemporaneo. Hanno qualcosa di indubbiamente buono, presentano aspetti e sfaccettature diverse della ispirazione che tuttavia vanno integrate con un intervento divino più interiore, come vedremo nel capitolo seguente.


NOTE A MARGINE

1. Cf il capitolo Bibbia e Scienza. torna al testo

2. Cf Newman , What is Obligation for a Catholic to Blieve Concerning Inspiration of the Canonical Scriptures? , London 1884, p. 14; On the Inspiration of Scriptures a cura di J. Derek Holmes a Robert Murray, Chapman, London 1967 (le citazioni sono tratte da quest'ultimo volume che raccoglie tutti i saggi del Newman). torna al testo

3. Ga 5, 12; alcuni cristiani ritenevano questo versetto indegno della maestà divina, già al tempo di Girolamo (in Philemonem Praef. P L 26, 598). torna al testo

4. Così alcuni già al tempo di Girolamo in Mi. 5, 2 P L 25, 1197; Erasmo, in Matth 2, 6 e 27, 9 (ediz. di Leyda I-VI p. 13 e 140). Lo Spirito Santo abbandonò gli autori sacri in queste citazioni false. torna al testo

5. Tobia 11, 9 Vg; Giuditta. Si tratta di due libri deuterocanonici, sacri solo per i cattolici. torna al testo

6. H. Holden , Divinae fidei analysis I c. V lect. 1, Paris 1652; cf pure A. Rohling , Die Ispiration der Bibel und ihre Bedentung für die freie Forsehung , Munster 1872. torna al testo

7. Così anche il Can J. Didiot , Logique susnaturelle subjective , Lille 1891, p. 103; per lui il guardiano cioè la chiesa cattolica non può essere inferiore al tesoro da custodire. torna al testo

8. Lenormant , Les origines de l'histoire d'aprés les Bible et traditions des peuples orientaux , Paris 1880, VIII. Qualcosa di simile ammetteva il card. Newman , On the Inspiration of Scripure in "The Ninetwenth Century" fe. 1884, pp. 185-199; in "Le Corrispondant" 24 maggio 1884, pp. 682-694. torna al testo

9. Bibl. su questo punto: H. Lusseau , Essai sur la nature de l'inspiration scripturaire , Paris 1930; id. L'inspiration et l'intelligence in Bibl. ,  10 (1929), pp. 421-444. torna al testo

10. Ovidio , Fasti 6. 5-8: egli parla di sé come poeta: « Est Deus in nobis, agitante calescimus illo ». torna al testo

11. A. Sabatier , Esquisse d'une philosophie de la Réligion , Paris 8° ediz. s. d. p. 97s; 158ss. torna al testo

12. Loisy , Simples réflexions , Paris 1908, p. 42. torna al testo

13. Loisy , L'Histoire du dogme de l'inspiration in "L'enseignement biblique" marzo/aprile 1892; La critique biblique , ivi nov/dic 1892; La question biblique et l'Ispiration des Ecritures , ivi nov/dic 1893; Simples réflectiones sur le décret Lamentabili et l'Encyclique Pascendi, Ceffonds 1908; Mémoires ... Paris 1930-1931. torna al testo

14. G. Luzzi , La religione cristiana secondo la sua fonte originaria , Roma 1939, p. 28. torna al testo

15. Leonardo Lessio (Leys) gesuita (m. 1623), sosteneva che « un libro qualsiasi, come forse è quello dei Maccabei, scritto da un'attività solo umana, senza assistenza dello Spirito Santo, diviene sacro se in seguito lo Spirito Santo testifica che non vi è in esso alcun errore ». « La credibilità di un libro non dipende dall'autore, ma dall'autorità della chiesa. Ciò che essa accoglie deve essere necessariamente sacro e certo qualunque ne sia il suo autore » (Theses Theologicae, Napoli 1742 t. II p. 1098). Biasimato da Roma si difese dicendo che la sua era una semplice ipotesi, non una realtà. Responsio ad censuram, in Schneeman, Controversiarum de divinae gratiae liberique arbitrii concordia, initia et progressus. Appendix (pp. 465-491), Fribourg 1881, p. 388.467.471. Anche il Bonfrère , discepolo del precedente, ammetteva un triplice grado di ispirazione: antecedente (rivelazione), concomitante (assistenza dello Spirito Santo), susseguente (quando un libro umano è dichiarato infallibile dallo Spirito Santo (Praeloquia in totam S. Scripturam, premessi al Pentateuco, 1631, in Migne, Scripturae Cursus completus I, pp. 104-115). torna al testo

16. Secondo Daniel Haneberg (benedettino, m. 1876) i libri storici della Bibbia sarebbero divenuti sacri e ipirati quando la chiesa li accolse nel canone ( Versuch einer Geschich der biblischen Offenbarung ), Regensburg (ratisiona) 1850, p. 714: Trad. francese, Parigi 1856 vol II p. 469. torna al testo

17. Chrisman , Regula catholicae fidei , 1972 n. 49-51, Migne , Theologiae cursus completus VI, col. 877-1070 (indice decreto del 20.1.1869). I. Jahn , Einleitung in die göttlichen Offenbarung Schriften des Alten Bundes , Wien 1792; Introductio in divinos Libros V.T.. Wien 1803; Enchiridion Hermeneuticae generalis, ivi 1822 (indici 1822) « Questa assistenza divina che li preserva da ogni errore, si chiama ispirazione ». torna al testo

18. E' il procedimento classico, presentato dal card. Franzelin animatore del Concilio Vaticano I: «Deum habent auctorem » (Const. Dogm Dei Filius cap. e de Revelatione); fu seguito da teologi di fama come C. Mazzella, I Pvan Kastern, S. Schiffini, C. Pesch, L. Billot, F Pignataro, E. Dorsch, H. Lusseau, A. Romeo . torna al testo

19. Sertillanges , S. Thomas I, 267 (traduzione con note). torna al testo

20. Bossuet , Traité du libre arbitre IV. torna al testo

21. E B 125 Muñoz Iglesias, pp. 235-236; questa dottrina fu ripresa e sviluppata da Benedetto XV , Spiritus Paraclitus (1920) E B 448, Muñoz Iglesias, pp. 409-410 e da Pio XIIDivino Afflante Spiritu (1943) A S S 35 (1943) p. 314, Muñoz Iglesias pp. 518-560. torna al testo

22. C. Charlier , Typologie ou Evolution. Problème d'exégese spirituelle, in "Espirt et vie" 1 (1949), pp. 589-590; La lecture Chrétienne de la Bible, Maredsous 1950, Su questo nuovo aspetto cf M. Adinolfi , " Aspetti comunitari dell'ispirazione ", in "Riv. Bibl", 14 (1966), pp. 181-199; J. Scullion, Teologia dell'ispirazione, Paoline, Catania 1971, pp. 33-70. torna al testo

23. K. Rahner , Ueber die Schriftinspiration , Herder, 1958, vers. italiana: L'ispirazione nella Sacra Scrittura, Queriniana Brescia 1967; lo stesso si può leggere in L'ispirazione della Scrittura, in "Discussione sulla Bibbia" AA. VV. (Giornale di teologia I) ivi 1966, pp. 19-31. torna al testo

24. Mc Kenzie , Myths and Realities: Studies in Biblical Theologie , Bruce 1963; Some Problems in the Field of Inspiration , in "Catholic Biblical Quaterly" 20 (1958, pp. 1-8; The Social Character of Inspiration, ivi 24 (1962), pp. 115-124. torna al testo

25. N. Lohfink , "Über die Irrtumslosigkeit und die Einheit der Schrift" in Stimmen der Zeit 174 (1964), pp. 161-181. Per il Coppens vedi l'articolo nella bibliografia all'inizio del capitolo. torna al testo