L'ISPIRAZIONE
DELLA BIBBIA
di Fausto Salvoni
CAPITOLO VIII

BIBBIA E SCIENZA
(parte prima)

Bibliografia:

F. Montagnini , La Bibbia oggi, La Scuola, Brescia 1966, pp. 21-86.

A. Richardson , La Bibbia nell'età della scienza , ed Fiorentina, Firenze 1969, pp. 7-32.

Fr. Porporato , Cognizioni fisico-naturali dell'Agiografo e inerranza biblica, S.D.S. (serie III, 62 s), Artesano, Chieri 1940.

E.C. Rust, Science and Faith. Toward a Theological Understanding of Nature , Oxford Univers. Press, 1967.

Haag-Haas-Hüzzeler , Evoluzione e Bibbia, Morcelliana, Brescia 1965.

Willi Marxsen , Bibbia in contestazione, Queriniana, Brescia 1969, pp. 33-43.

Il problema dei rapporti tra Bibbia e Scienza, considerato ormai risolto, per i cattolici e per molti protestanti, è tuttora un problema assai vivo per i fondamentalisti per cui lo dobbiamo sottoporre ad un breve esame. Dopo una rapidissima storia del problema, presenterò alcune obiezioni alla Bibbia falsamente opposte in nome della scienza, per giungere poi alla conclusione che non vi può essere opposizione tra Bibbia e scienza in quanto esse sono su due piani diversi i quali non si possono né armonizzare, né contraddire.

I. Breve storia del problema

A. Sino a Galileo

Nei primi secoli della chiesa predominò il sistema aristotelico-tolemaico(1) che si raffigurava l'universo come un insieme di sfere (i sette pianeti con il sole, la luna e le stelle) rotanti secondo orbite fisse intorno alla terra immobile. Al di sopra di questi elementi mobili dominava il cielo empireo, immobile al pari della terra e ritenuto sede di Dio. Gli scrittori ecclesiastici ed i teologi del periodo scolastico interpretarono la Bibbia secondo tale sistema, ritenuto un dato scientifico indiscusso ed indiscutibile. Di qui le opposizioni create dai teologi e dai filosofi al tentativo di altri studiosi desiderosi di sostituire al tolemaico il sistema copernicano, secondo il quale sarebbe stata la terra a roteare attorno al sole, anzichè il sole attorno alla terra.

In questo periodo solo Agostino ebbe delle idee veramente geniali, che però non furono sfruttate né da lui (si veda il suo De Genesi ad litteram) né dai suoi successori, almeno per lungo tempo:

«Va detto che . . . lo Spirito Santo, non intendeva insegnare agli uomini la costituzione intima delle cose . . . la quale del resto non aveva alcuna utilità per la salvezza»(2)

«Non si legge nel Vangelo che il Signore abbia detto: Mando il Paracleto per insegnarvi il corso del sole  o della luna. Il Signore voleva fare dei cristiani non degli scienziati (mathematicos (3)

«E' cosa brutta e dannosa e da evitarsi con ogni cura che un infedele, sentendo un cristiano parlare di queste cose con la pretesa di sostenerle con le Sacre Lettere, possa credere che egli vaneggi, a tal punto da non riuscire a trattenere il riso. Peggio ancora sarebbe se non si ridesse di uno che vaneggia, ma che coloro i quali sono al di fuori credessero che i nostri autori abbiano avuto simili idee e vengano così tacciati di ignoranti e respinti proprio da coloro che noi ci preoccupiamo di salvare» (4)

La Scrittura non fa altro che esprimersi al modo con cui i nostri sensi vedono le cose. Forse che anche noi non diciamo che il sole sorge e tramonta a una certa ora? « Perchè la Scrittura dovrebbe parlare in modo diverso dal nostro? »(5)

Nei secoli  11° e 12° in nome della fede e della teologia, si oppose la religione alla filosofia e alle scienze profane. Michele di Corbeil, tra il 1100 ed il 1110 dichiarava inutile l'applicarsi alla filosofia: «inutilis inquisitio studium philosophiae».

Per Bonaventura, scienze profane e filosofiche valevano solo in quanto stavano al servizio della teologia. Persino Ruggero Bacone – cultore di scienze profane – diceva che la filosofia per se stessa non ha alcuna utilità.

Nelle Costituzioni domenicane, risalenti al 1228, fu proibito ai frati di leggere i libri dei gentili e dei filosofi, pur essendo talora lecito sfogliarli.
«Non imparino le scienze profane e neppure le arti liberali, se non ne ottengono licenza dal Maestro generale».
Dal capitolo generale di Montpellier risulta che tali norme erano ancora in vigore nel 1277 (6)

Tommaso d'Aquino (sec. 13°) volle separare la fede dalla scienza e dalla filosofia. Secondo lui le opinioni filosofiche non vanno né asserite né negate per ragioni di fede (7) perché fede e filosofia valutano la realtà cosmiche sotto due aspetti diversi:

«Il filosofo studia quel che conviene ad esse secondo la loro natura, come nel fuoco il salire in alto, il teologo invece ne studia il loro rapporto con Dio, come l'essere creato da Dio,  l'essere a lui sottoposto e simili altri aspetti. Non si può dunque attribuire all'imperfezione dell'insegnamento di fede la trascuratezza di molte proprietà degli esseri, come la conformazione del cielo e la quantità del moto» (8)

Puramente casuale è l'esistenza di passi che interessano la scienza. Qualcuno leggendo nel Genesi che Dio separò le acque dalle acque potrebbe vedervi l'opinione di Talete, ma questa sarebbe una valutazione «superficiale » (9) perché Mosè «esprime solo ciò che appare ai sensi» e che è l'unico modo con cui si può parlare ai semplici (10)

La valutazione tolemaica del cielo empireo immobile, delle stelle e del sole moventisi, della terra immobile, centro dell'universo, dominò per tutto il Medio Evo. Tutto si cercava di spiegare in tal modo: anche l'accelerazione di gravità si attribuiva al piacere sempre più vivo che provavano le cose nell'accostarsi al centro dell'universo dove si trovava il loro riposo. Fu soltanto con Galileo che questa concezione cominciò a cambiare.

B. Il processo di Galileo

Nel XV secolo il cardinale Cusano (m. 1464) avanzò per la prima volta l'opinione che anche la terra si muovesse, non essendovi nell'universo alcun epicentro, sicchè tutti i pianeti roteano attorno a una propria sfera(11) Dopo di lui il canonico Copernico (1473-1543) precisò questa idea in un'opera postuma, dove propose come ipotesi una soluzione assai più semplice del sistema cosmico: la terra rotea su se stessa in un giorno e si sposta attorno al sole durante un anno; anche i pianeti circolano attorno allo stesso astro in un tempo più o meno lungo (12) Come per una esercitazione matematica dimostrò che tale ipotesi era ben più semplice della complicata teoria tolemaica. I papi all'inizio non vi trovarono nulla di riprensibile, in quanto le nuove idee erano presentate come semplici "ipotesi" e non come fatti assolutamente veri. Ancora oggi molte idee hanno libera cittadinanza nel cattolicesimo per la semplice ragione che si danno per pura ipotesi, anzichè essere presentate come una realtà indiscussa. Toccava a Galileo, circa un secolo dopo, rimettere il problema sul tappeto. Era questi un illustre matematico, nato a Pisa nel 1564, che dal 1592 insegnò alla cattedra universitaria di Padova. Convertitosi verso il 1604 alla teoria copernicana, ne trovò una conferma esaminando il cielo con il cannocchiale da lui inventato nel 1609. Le fasi del pianeta Venere erano chiaramente spiegabili con il suo spostamento attorno al sole; anche Giove e i suoi satelliti erano guidati da un identico movimento. Per analogia lo stesso doveva accadere per la terra e il suo satellite lunare (13) Nel 1611, quando si recò a Roma, Galileo provocò una commozione generale: prelati e principi andavano a gara per esaminare personalmente il telescopio da lui creato ed osservare le strane macchie solari che vi si percepivano.

L'invidia suscitata dai suoi onori, l'acredine dei filosofi e degli scienziati che vedevano combattuto con grande superiorità le loro idee, provocarono aspre polemiche e contese. Il Galileo ebbe il difetto di presentare le sue tesi non come semplici ipotesi, bensì come una realtà scientificamente acquisita. La fama molto popolare del Galileo,  rendeva i risultati del suo studio assai più accolti che non la semplice ipotesi di un Copernico, noto solo nel campo scientifico. L'opposizione più fondamentale « prima ancora che dai teologi, derivava dalla scienza del tempo che pensava potersi fondare sull'immediata evidenza dei sensi, argomento che aveva un enorme influsso su quanti non erano in grado di afferrare le ragioni di Copernico e di Galileo » (14)

Anche il cardinale Bellarmino nella conclusione alla sua lettera al P. Foscarini scriveva: « Quanto al sole e alla terra, nessun savio è che abbia bisogno di correggere l'errore, perché chiaramente sperimenta che la terra sta ferma e che l'occhio non si inganna quando giudica che la luna e le stelle si muovono. E questo basti per hora» (ivi p. 116). Si deve pure aggiungere – io penso – che la connessione tra questa dottrina con la filosofia aristotelica, divenuta ancella della teologia, rendeva assai pericolosa l'opposizione alle idee scientifiche soggiacenti, in quanto si temeva in tal modo che per colpa sua l'intera dottrina cattolica (poggiante su Aristotile) avesse a cadere come contraccolpo. Si trattava quindi di una collusione tra il metodo aristotelico, assai empirico, e il metodo scientifico sperimentale.

Galileo fu quindi accusato di essere in contrasto con la Bibbia sostenitrice, secondo gli avversari, della teoria tolemaica. Al che Galileo rispondeva con una valutazione biblica precorritrice dei tempi e che ora è ammessa come dottrina comune e che presenta in due lettere inviate una a O. Benedetto Castelli (1613), che lo aveva accusato di contraddire la Bibbia, e l'altra alla granduchessa Cristina di Lorena (1615). Nella prima diceva che la Scrittura in materia scientifica si esprime secondo le apparenze; nella seconda osservava:

«Dal Verbo divino procede di pari non solo la Scrittura, ma anche la natura». Tuttavia la Scrittura non ha scopo scientifico, bensì religioso: non vuole insegnarci il corso delle stelle, ma ciò che riguarda « il culto di Dio e la salute delle anime». A tale proposito citava un detto del Baronio, cioè: «Che è intenzione dello Spirito Santo d'insegnarci (nella Scrittura) come si vadia (=va) al cielo, non come vadia il cielo».

Galileo osserva pure che « gli agiografi si accomodano alla capacità del volgo, che è assai rozzo e indisciplinato». Raccomanda perciò di prendere le espressioni scientifiche in senso figurato, altrimenti ne verrebbero fuori «non solo contraddizioni e proposizioni remote dal vero, ma gravi eresie e bestemmie ancora ». Nella Scrittura «si trovano molte proposizioni le quali, quanto al nudo senso delle parole, hanno aspetto diverso dal vero, ma sono poste in cotal guisa per accomodarsi all'incapacità del volgo » (15)

Galileo afferma che nei rapporti tra uomini con uomini e di Dio con gli uomini esistono: « due linguaggi fra loro radicalmente diversi: quello ordinario, con tutte le imprecisioni e incongruenze, e quello scientifico rigoroso ed esattissimo. L'infinita sapienza di Dio, pur conoscendo perfettamente entrambi, sapeva molto bene – quando dettò le Sacre Scritture – che, per farsi comprendere dall'uditorio cui si rivolgeva, avrebbe dovuto usare il linguaggio ordinario che è l'unico inteso dall'uomo comune. Perciò essa suggerì di scrivere che il sole gira intorno alla terra. Nella scienza, invece, noi abbiamo il dovere di fare uso del secondo tipo di linguaggio – quello rigoroso ed esattissimo – che è caratteristico del discorso scientifico. Quindi non possiamo più accogliere come valida l'anzidetta affermazione, malgrado che sia contenuta nella Bibbia » (16)

La condanna del 1616

Il Santo Uffizio proprio per l'opposizione al metodo sperimentale che sembrava minare tutto il sapere filosofico e teologico medioevale, poggiato su Aristotile, nel decreto del 24 febbraio 1616, asserì che non si può affatto sostenere l'eliocentrismo (=il sole è in centro del mondo) o mettere in dubbio che la terra, priva di ogni movimento sia di rotazione che di rivoluzione, sia il centro dell'universo. Ciò è infatti asserito dalla Bibbia che tra l'altro fa parlare Giosuè dicendo: « Fermati, o sole!» il che significa che è appunto il sole a roteare attorno alla terra e non la terra attorno al sole. Papa Paolo V fece perciò promettere allo scienziato di abbandonare le sue opinioni e di non difenderle in alcun modo con scritti o con discorsi.

Il processo del 1633

Galileo tornò a Firenze, dove s'era frattanto stabilito. Seguirono sedici anni di relativa tranquillità e di feconde ricerche scientifiche, interrotte solo dalla polemica con il gesuita padre Grassi che, per aver acremente confutata la teoria copernicana (17) si vide attaccato dal Galileo nel suo volume " Il Saggiatore ", dedicato a Urbano VIII e stampato con tanto di approvazione ecclesiastica (18) Incoraggiato dal silenzio della Chiesa, il Galileo attese per anni ad una nuova opera il "Dialogo", dove nei congressi di quattro giornate si discorre sopra i massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, proponendo indeterminatamente le ragioni filosofiche e naturali, tanto per l'una quanto per l'altra parte. Tale opera apparve a Firenze l'anno 1632 con l'imprimatur del Papa, dietro giudizio del domenicano p. Riccardi (19) L'opera provocò a Roma una reazione violenta e Galileo fu subito accusato di quattro colpe fondamentali:

a) Diffusione di idee eretiche, perché contrarie alla Bibbia.

b) Violazione del decreto del 1616 che gli imponeva di non toccare più tale argomento.

c) L'approvazione ecclesiastica era stata carpita fraudolentemente. Il p. Riccardi era infatti ignaro della proibizione personale rivolta a Galileo e per di più aveva suggerito alcune correzioni per meglio sottolineare che le affermazioni in favore dell'eliocentrismo erano solo un'ipotesi non ancora scientificamente dimostrata. Tale suggerimento non era stato accolto nella pubblicazione che si era attuata senza tenere conto delle emendazioni proposte.

d) Il Galileo metteva in bocca a Simplicio, il più goffo degli interlocutori, proprio le parole con cui l'allora regnante papa Barberini difendeva il sistema tolemaico.

La congregazione del Santo Uffizio nel 1633 fece venire nuovamente a Roma il Galileo. Il Padre Maculano, commissario del Santo Uffizio lo consigliò di dichiararsi colpevole di trasgressione del decreto del 1616 e di aver dato troppo peso alle tesi copernicane del che ora intimamente si rammaricava. Lo scienziato seguì invece una tattica sbagliata, dicendo di non aver mai tenuto per certo in cuor suo il sistema di Copernico e d'aver anzi scritto il "Dialogo" proprio per difendere la tradizionale teoria di Tolomeo.

I giudici non si lasciarono convincere, lo minacciarono di ricorrere alla tortura per indagare meglio la verità del suo pensiero (pare tuttavia che essa non sia mai stata eseguita sullo scienziato ormai troppo vecchio e ammalato) e poi ne esigettero l'abiura e, data l'età e l'infermità, lo condannarono al carcere perpetuo, anzichè alla morte sul rogo.

L'abiura ebbe luogo il 22 giugno 1633 nella grande aula del convegno domenicano alla Minerva, e il carcere venne dallo stesso Papa Urbano VIII commutato in confino prima nella villa dei Medici al Pincio, poi nella sede arcivescovile a Siena e da ultimo nella Villa del gioiello, proprietà dello stesso Galileo, presso S. Matteo di Arcetri, dove lo scienziato si spense nel 1642 (20)

Gli errori del Magistero ecclesiastico

Vari sono i torti che si possono attribuire ai teologi nel loro comportamento con il Galilei, di cui eccone i principali:

a) Agire contro la coscienza

Si deve anzitutto biasimare il fatto che la Chiesa obbligò Galileo ad andare contro coscienza. Il Santo Uffizio lo costrinse a sottoscrivere un'abiura in cui egli condannò una teoria che intimamente riteneva vera. Lo obbligò quindi al controsenso di biasimare all'esterno una idea che nel suo intimo considerava scientificamente dimostrata. Dice la leggenda che il Galileo, subito dopo aver abiurata la dottrina copernicana, asserisse della terra: « Eppur si muove!». Ripeto che si tratta di pura leggenda, ma ha il merito di mettere a fuoco il dissidio interiore di questo scienziato costretto a condannare come erronea una teoria che per lui era vera. Si tratta quindi di uno dei molti casi di violazione di coscienza e di costrizione mentale, propria dei governi assoluti (21)

b) Intralcio al progresso scientifico

Si deve biasimare anche il fatto che la condanna di Galileo fu per lungo tempo un intralcio al progresso scientifico. So che i teologi rispondono che il Galileo e gli altri scienziati furono pur sempre liberi di dedicarsi ad altri problemi scientifici. Ma è pur vero che la decisione romana pesò a lungo sulle ricerche dei dotti nel campo specifico del movimento della terra.

c) Un laico ha ragione sui dotti del tempo

Pur ammettendo che la cosiddetta infallibilità della Chiesa e del Papa nel presente non sia in questione (22) pur ammettendo che la scienza non aveva ancora provato il movimento della terra(23) si deve tuttavia riconoscere che l'uomo di scienza ne seppe più degli specialisti di teologia nel campo specifico dell'interpretazione biblica.

Costoro erano infatti di fronte ad un problema esegetico e non scientifico: La Bibbia difende il sistema tolemaico oppure no? La Bibbia si può accordare anche con il movimento della terra? La Bibbia proibisce di sostenere che il sole si muove oppure no?

I teologi in base alla Bibbia sostenevano l'obbligo di aderire al sistema tolemaico (24) Galileo al contrario propugnava il sistema copernicano. I teologi asserivano che nel caso presente la Bibbia andava intesa alla lettera, mentre Galileo diceva che nel campo scientifico la Parola di Dio si adegua alle apparenze e parla secondo il modo con cui le cose esteriori appaiono agli occhi del comune uomo della strada, senza affatto insegnare la realtà scientifica. Galileo aveva ragione, i teologi al contrario sbagliarono, papa compreso.

Non è forse tale fatto una dimostrazione convincente che anche un semplice fedele può capire la Bibbia meglio di teologi qualificati? Per quale motivo ciò che si è attuato nel caso di Galileo non potrebbe avverarsi anche oggi? Perché dei semplici cristiani e studiosi della Parola di Dio, non potrebbero avere ragione contro forzate interpretazioni, spesso dovute al desiderio di difendere posizioni dottrinali acquisite nel corso dei secoli? Ecco perché propugnamo la possibilità per ogni uomo onesto e sincero di poter comprendere la Parola di Dio, purchè si lasci guidare nei punti oscuri dalle spiegazioni di specialisti nel campo biblico, ciò che del resto sono costretti a fare gli stessi cattolici, nonostante l'esistenza del papa (25) Aveva ragione il domenicano Tommaso Campanella quando scriveva:

«Se il Galileo trionferà, i nostri teologi suoi oppositori procacceranno irrisione alla fede romana da parte degli eretici, i quali . . . hanno adottato con entusiasmo il telescopio e questa astronomia. Se al contrario la teoria di Galileo risulterà falsa, la sua falsità non pregiudicherà affatto alla teologia. Infatti non ogni falsità è contraria alla fede  . . . »(26)

B. Dopo Galileo

Il metodo sperimentale fece sorgere quattro correnti di pensiero che meritano di essere ricordate:

a) Opposizione alla scienza: era propria di chi voleva chiudere gli occhi di fronte alla verità asserita dalla scienza.

b) Opposizione alla Bibbia con l'entusiastica accettazione di ogni novità. La Bibbia viene ridotta ad un semplice racconto mitico pieno di errori scientifici e quindi non ispirato.

c) Illusione di coloro che pretesero di concordare Bibbia e scienza ( concordismo).

d) Sganciamento della Bibbia – opera teologica –  dalla scienza : questa studia solo le cause seconde visibili e le leggi della natura, mentre la Bibbia presenta in Dio la loro causa ultima.

1. Gli epigoni del sistema tolemaico

Il sistema tolemaico continuò a conservare a lungo il predominio presso i teologi, cosicché le nuove idee furono riprovate anche da Lutero e da Melantone. Il primo, ad esempio, così diceva di Copernico:

«Quel pazzo vuole capovolgere l'arte dell'astronomia; ma come dice la Sacra Scrittura, Giosuè ha fermato il sole e non la terra»

Nonostante che le idee di Galileo si andassero sempre più imponendo, alcuni teologi continuarono ad opporvisi accanitamente. L'università di Tubinga perseguitò il protestante Johannes Keplero (1571-1630) le cui scoperte riguardanti i movimenti dei pianeti confutavano la visione tolemaica del mondo. Costretto a praticare l'astrologia per campare, dovette assistere al processo di stregoneria al quale fu sottoposta la sua stessa vecchia madre.

Anche Suarez, teologo di valore, con argomenti oggi ridicoli, si attardò a condannare il sistema copernicano:

«Il cielo, sede dei beati, dev'essere immobile; quivi sta pure il Cristo che 'siede alla destra di Dio Padre'. Ora come potrebbe "sedere" se fosse trascinato da moto perpetuo? Non avrebbe i piedi fissi in una parte del cielo determinata, ma sotto di essi il cielo scorrerebbe senza posa; oppure Cristo sarebbe di continuo trasportato insieme con il cielo» (27)

Secondo il francese Victor de Bonald (sec. 19°), che razza di supremazia avrebbe l'uomo, qualora gli angeli del cielo vedessero:

«colui che ne è il capolavoro e il re non nell'atteggiamento maestoso e grave di un principe in mezzo ai suoi sudditi, ma preso in un vortice, intento a far capriole e piroette senza fine davanti al sole e alle stelle immobili? »(28)

Siamo al tempo di Cesare Cremonina (29) il quale si rifiutava di usare il cannocchiale per paura di dovere rinunciare alle proprie teorie e di J. de Maistre (30) che biasimava il programma scientifico russo perché ammetteva l'esposizione di diverse teorie sull'origine del mondo.

«Qui vi è – diceva egli – del superfluo e del pericoloso. Basta la Genesi per conoscere com'è cominciato il mondo ».

Le leggi di Keplero, l'attrazione di Newton: «sono cose che non meritano la minima attenzione – diceva il P. Filippo Anfossi – a fronte di tante e così chiare espressioni delle Scritture, che asseriscono costantemente il moto del sole e l'immobilità della terra, senza asserire mai il contrario una volta sola» (31)

L'unico posto dove si ammise il libero accesso delle nuove teorie e dove il cambiamento scientifico avvenne senza traumi visibili, fu l'Inghilterra: quivi il nuovo pensiero godette l'alto patronato sia della chiesa che dello stato. Isacco Newton, i cui Principia Mathematica (1687) raccoglievano in un sistema organico tutte le scoperte fino allora avveratesi, fu ricompensato con la nomina a Master of the Mint  (Direttore della Zecca). Per lui le scoperte del secolo erano una conferma del salmo 19: «I cieli narrano la gloria di Dio e le opere da lui com-piute predicano il firmamento». Ma altrove, nella Germania occidentale, sino ad alcuni anni fa (e tuttora presso alcuni gruppi fondamentalisti americani) si discusse assai vivacemente il problema della creazione:

«I fondamentalisti difesero il racconto biblico della creazione dal punto di vista scientifico. Non è difficile immaginare quale ne sia stato il risultato. Non si poteva offrire allo stato ateo migliori argomenti contro la chiesa e la fede. Forse nessuno gli ha reso facile la lotta contro la chiesa e la Bibbia quanto questa gente che, per di più, si riteneva fedelissima alla Bibbia» (32)

2. Altri più non credettero alla Bibbia, ritenuta parto di pura fantasia e di ignoranza

E' più o meno quanto affermò il prof. Adriano Buzzati Traverso, scrivendo che vi sono opposizioni tra il racconto biblico e le conoscenze scientifiche moderne. Conseguentemente si impone la scelta tra la verità dommatica immutabile presentata dalla Bibbia e quella scientifica, mutevole e progressiva (33)
Ecco la semplicistica e arcaica cosmologia biblica: la terra immobile (1 Cr 16, 30), giace come un disco sulle acque del grande oceano (abisso Ge 49, 25; Sl 24, 2; Es 20, 30), fissato su colonne (1 Sm 2, 8) senza che ne possa venire smossa (Sl 104, 5). Anche sopra al suo firmamento sta un'enorme distesa d'acqua che scende sulla terra in forma di pioggia, attraverso delle grate (cateratte) le quali si aprono e si chiudono al volere di Dio (Ge 7, 11; 8, 2; Sl 148, 4; Gb 37, 18). Come la terra è il centro dell'universo, così la Palestina è l'ombelico della terra (Ez 5, 5; 38, 12; cf Gdc 9, 37). Era abitudine degli antichi considerare la loro città il centro della terra, così Delfi per i greci e Roma per i latini (34)

Il mare, attorniante la terra, incuteva un certo timore agli Ebrei (Sl 107, 23-27) i quali pensavano che alla sua estremità «vi fossero le isole delle genti» (Ge 10, 5; Ez 26, 15) e più oltre le « montagne eterne» (Dt 33, 15; Ha 3, 6), dette anche colonne del cielo (Gb 26, 11) perché sostenevano la solida volta del firmamento. Entro la volta celeste vagano gli astri tra cui anche il sole che gira attorno alla terra (Sl 19, 5-6; Ec 1, 5). Sotto la terra si trova una specie di carcere sotterraneo (Scèol) destinato ad accogliere i trapassati (Pr 7, 27 cf Ez 26, 19ss; Is 14, 9).
Tale cosmologia non è però sempre consistente: talora la pioggia viene fatta scendere dalle nubi esistenti in cielo (Dt 33, 26; Gb 36, 27s). I cieli sono tre, oppure, nel giudaismo più tardivo, sette(35) Talora la terra, anziché essere presentata come disco, è ritenuta un quadrilatero con quattro angoli (Is 11, 12; 24, 16). Anziché farla poggiare su colonne, si è anche pensato che fosse sospesa nel vuoto (Gb 26, 7). Si vede quindi come la presentazione biblica del cosmo sia ben diversa dall'attuale, meglio conosciuta in questo periodo dalla cosmonautica incipiente.

Tuttavia le scoperte più recenti non possono servire per denigrare la Bibbia, la quale aveva qualcosa di ben più importante da insegnarci. Dovrebbe anzi farci riflettere il fatto che nella Bibbia vi sono varie presentazioni cosmologiche, anche presso il medesimo autore. A meno di tacciarlo di incongruenza e di controsenso, occorre concludere che egli non dava eccessiva importanza alle sue affermazioni cosmologiche, che spesso erano solo dei dati poetici per meglio sottolineare il suo insegnamento religioso. Di esse si serviva secondo le concezioni del tempo, quale mezzo espressivo per formulare verità spirituali riguardanti Dio, la sua potenza e il suo intervento nella storia umana.

3. Il concordismo

Le continue scoperte di questi ultimi secoli crearono in altri esegeti entusiasmo e fiducia indiscussa nella scienza. Costoro cercarono perciò di accordare la Bibbia con le nuove scoperte scientifiche e pretesero anzi affermarne l'ispirazione con la pretesa che essa avrebbe precorso, in quanto ispirata, le scoperte della scienza moderna. L'apogeo di questo metodo concordistico si ebbe alla fine del secolo scorso e all'inizio dell'attuale quando pullularono moltissime opere del genere (36) .

a) La Bibbia precorse gli scienziati

Basti qualche esempio che si può leggere nei libri del secolo scorso o in corsi biblici anche contemporanei di informazione superata.
Mattheo Fontaine Maury, fondatore dell'oceanografia, si trova raffigurato in un monumento con la Bibbia in una mano e le carte dell'oceano nell'altra, mentre dietro a lui sta un gigantesco globo terrestre. Ecco come sorse la sua vocazione: stando a letto ammalato si faceva leggere la Bibbia dal figlio, quando udì nel Salmo 8 queste parole: « L'hai reso (l'uomo) poco meno di Dio  . . . Tutto hai posto sotto i suoi piedi . . . gli uccelli del cielo e i pesci del mare che corrono i sentieri del mare ». Maury allora disse: leggilo di nuovo; se la parola di Dio dice che nel mare esistono dei sentieri, essi ci devono essere e io li voglio trovare. In pochi anni egli stabilì le principali linee o sentieri del mare che sono tuttora seguite nelle loro rotte dalle navi odierne perché più sicure. Tuttavia va notato che i sentieri del salmo riguardano i pesci e non le navi e vogliono solo indicare che quelli vi guizzano per la loro strada, così come gli uomini seguono i loro sentieri.

«Sei tu entrato nei serbatoi della neve?» chiede Dio a Giobbe (Gb 38,22), e l'autore sacro pensava ai «serbatoi » posti sotto la volta del cielo dai quali la neve usciva come l'acqua posta sotto il cielo vi scende attraverso delle apposite grate. Ma il Dr. Frank T. Schutt del dipartimento canadese dell'agricoltura ha dimostrato che nel loro movimento centrifugo i nitrati esistenti nell'aria si raccolgono con l'ammoniaca libera e l'albuminoide per formare la neve. Essi ne sono quindi i serbatoi.

Le stelle erano meno di 3000 per Ippareo; poco più di 3000 per Tolomeo (150 d.C.); ma lo scrittore sacro con la sua saggezza divina disse che sono innumerevoli come la sabbia (Ge 13, 16; 15, 5; Gr 33, 22), il che è stato rivelato dai moderni telescopi assai potenti. In realtà questa interpretazione dimentica lo stile iperbolico degli orientali, che si applica, non solo alle stelle, ma anche al popolo ebraico, il quale si può calcolare.

Parlando di un vuoto a settentrione e di terra sospesa nel vuoto (Gb 26, 7), Giobbe avrebbe previsto il vuoto che i moderni telescopi trovano verso il nord, e la legge della gravità. Quando gli altri popoli parlavano della terra come di un piatto galleggiante, la Bibbia già lo presentava come «un globo », il che solo ai nostri giorni è stato rivelato dalla scienza (Is 40, 22; Pr 8, 27). In realtà la Bibbia parla della «volta» celeste rotonda posta al di sopra della terra dalla quale Dio vede gli uomini muoversi come locuste (Is 40, 23 ne è parallelo).

Si volle trovare l'anticipo delle dottrine di Pasteur sulla prescrizione per il lebbroso di scostarsi dai sani gridando: «impuro, impuro», onde evitare il pericolo del contagio (Lv 13, 45). Ma ora si sa che la lebbra non è di per sé contagiosa (salvo rari casi particolari).

Si è pure voluto vedere l'anticipazione della diversa struttura cellulare dei vari animali nell'affermazione paolina che diversa è «la carne dell'uomo, delle bestie, degli uccelli e dei pesci» (1 Co 15, 39). Ma Paolo, senza scendere a particolari così sottili, vuole solo presentare l'esperienza dei sensi che nota le diversità delle singole bestie nella loro costituzione differente. « Carne » nella Bibbia indica tutto l'essere visibile, perituro, destinato alla morte e non la semplice parte carnale (37) .

b) Tendenze concordiste

Per quanto riguarda la creazione, rimando al paragrafo "C", prossima pagina. Per ora bastino qui le considerazioni seguenti riguardanti Caino, Abele e il diluvio. Secondo lo Schmidt l'accordo tra preistoria e il racconto biblico di Caino e Abele starebbe nel fatto che la iniziale cultura della "raccolta" si sarebbe suddivisa in pastorizia (Abele) e agricoltura (Caino). Ma ciò è ora posto in discussione da altri etnologi (Pettazzoni), che non ammettono tale divisione contemporanea nelle due classi.

Si volle vedere la prova geologica del diluvio nelle varie conchiglie depositate entro le montagne alte, dimenticando che un'alluvione durata solo 40 giorni non poteva lasciare tracce così diffuse e profonde. Si è cercato (Ibero) di rendere più verosimile il racconto dell'arca supponendo che Noè vi abbia raccolto in gran quantità piccoli animali che sarebbero poi stati nutriti dal latte dei loro animali più adulti. Si farneticò poi di residui dell'arca sul monte Ararat, che di tanto in tanto divengono di moda e provocano diverse spedizioni che però non li trovano mai. Si dimenticò pure di dire che la massa d'acqua necessaria per ricoprire le più alte montagne terrestri, non si potrebbe trovare sulla terra per cui Dio avrebbe dovuta crearla appositamente e poi disintegrarla nel nulla per por fine al diluvio. A ragione il Parrot in un suo studio archeologico sul diluvio edito dalla editrice Delachause (Le Deluge, Neuchâtel) dice che le spedizioni sull'Ararat rientrano nel dominio dell'alpinismo, ma non nel regno dell'archeologia.

Non fa quindi meraviglia che, dopo l'entusiasmo concordistico dei primi tempi, se ne siano viste le difficoltà. La scienza poi va continuamente mutando per cui, in tal caso, non sarebbe mai possibile avere l'interpretazione esatta di alcuni passi biblici che muterebbero sempre di senso con il progresso scientifico. Non saremmo mai sicuri di intendere bene la Sacra Scrittura, poiché potrebbe essere oggi interpretata secondo gli "errori" degli scienziati odierni, in quando le verità di oggi potrebbero divenire errori per il domani. Di più, anche se si potesse intendere qualche passo biblico in accordo con le moderne scoperte bibliche, tutto il complesso scientifico supposto dalla Bibbia è pur sempre in stridente contrasto con la odierna presentazione scientifica del cosmo. Si tratta quindi di accordi più apparenti che reali, che per di più comportano il pericolo di screditare maggiormente la Bibbia con affermazioni del tutto gratuite.
(continua nella parte seconda )


NOTE A MARGINE

1. Il sistema tolemaico, suggerito da Aristotile, fu perfezionato dall'astronomo egizio Tolomeo (90-168 d.C.) che tra il 142 e il 146 scrisse il suo libro Mégiste suntaxis, noto con il nome di Almagesto, datogli dagli arabi. Esso ci presenta la descrizione dell'universo, quale era ammesso, non solo da Dante, ma anche da Shakespeare. torna al testo

2. Agostino, De Genesi ad Litteram 2, 9, 20 P L 34, 270 « noluisse ista docere homines nulli saluti profectura ». torna al testo

3. Agostino, De actis cum Felice Manich. 1, 10 P L 42, 525 « christianos facere volebat non mathematicos » torna al testo

4. Agostino, De Genesi ad Litteram 1, 39. torna al testo

5. Agostino, Contra Faustum 13, 7 P L 42, 5.6. torna al testo

6. Ai miei tempi di seminario erano visti di mal occhio coloro che si sottoponevano agli esami statali, quasi intendessero così abbandonare in seguito il seminario. torna al testo

7. Tommaso d'Aquino, Opusc. 10, qu 18. torna al testo

8. Tommaso d'Aquino, Contra gentes, 2, 4. torna al testo

9. Talete, filosofo greco di Mileto, capo della scuola ionica secondo cui all'origine degli esseri sta l'acqua (m. 548 a.C.). torna al testo

10. Tommaso d'Aquino, Summa Theologica 1, 9. 68 a 3; cf. anche qu 70, a. 1 ad 3; in Iob 26 , q. 65-74; Contra gentes 2, 15-38. torna al testo

11. Le teorie del cardinale Cusano (cosi detto perché oriundo da Cuse, Treviri) – il cui vero nome era Nicola Grifft – furono sostenute in varie opere, tra cui il De docta ignoranzia, Idiota. Sul Cusano resta ancora fondamentale l'opera di E. Vansteenberghe , Le card. Nicolaus de Cuse. L'action, la pensée , Paris 1920. torna al testo

12. Copernico, De revolutionibus orbium cielistium, Norimberga 1543, con il nome dell'autore e la dedica a Paolo III. La terra è solo centro di gravitazione e di rotazione della luna. torna al testo

13. Accanto ad argomenti così solidi e decisivi, il Galileo ne aggiunse altri poco efficaci, come le maree ch'egli attribuiva a perturbazioni dovute al movimento della terra, mentre provengono da attrazione lunare. torna al testo

14. O.M. Viganò, Il mancato dialogo tra Galileo e i teologi , Ed. Civiltà Cattolica, Roma 1970, p. 229. torna al testo

15. A. Favaro, Le opere di Galileo Galilei, V, Firenze 1895, p. 307.48. La lettera si legge in Galileo, Opera, ed. Nazionale, vol V, Firenze, p. 307 (quella al Castelli a p. 279). torna al testo

16. L. Geymonat, nel suo magistrale libro su Galileo, Torino 1957, pp. 125s. Su Galileo cf Enrico Genovesi , Processi contro Galileo , Ceschina, Milano 1969. torna al testo

17. Orazio Grassi, pubblico il suo Libra Astronomica a Perugia nel 1623 sotto il pseudonimo Sarsi Sigensano. torna al testo

18. Il Saggiatore, volume in 54 capitoli, apparso con tanto di imprimatur, fu dedicato a Papa Urbano VIII, appena elevato al soglio pontificio e con il quale anni prima il Galileo era stato in ottimi rapporti di cordialità. Tuttavia un suo viaggio a Roma gli mostrò che anche il nuovo Papa, pur promettendogli benefici ecclesiali, non era favorevole alle idee copernicane. torna al testo

19. L'opera di Galileo, Il Dialogo doveva apparire a Roma, ma date le titubanze del Maestro del Sacro Palazzo Niccolò Riccardi, fu pubblicato a Firenze con dedica al granduca e con l'imprimatur del vicereggente di Roma, del Maestro dei SS. Palazzi, dell'inquisitore di Firenze, del Vicario generale di Firenze e del governo granducale. torna al testo

20. Sul processo di Galileo cf M. Cioni, I documenti galileiani del Santo Uffizio di Firenze , Firenze 1908; A. Fenu , Il processo di Galileo , 1938; F. Soccorsi , Il processo di Galileo , 1947; P. de Vrégille , Galileo , in "Dictionnaire apologétique, vol. II, coll. 147-197; E. Vacandard , Galileo, in "Dictionnaire de Theologie Catholique" vol. 6, coll. 1058-1094. torna al testo

21. Solo ora con il Concilio Vaticano II, si è ristabilito il diritto alla propria libertà anche su questo punto. torna al testo

22. Si trattava in realtà di una condanna compiuta dal Santo Uffizio, la quale, pur essendo approvata dal Papa, non è mai infallibile. Il Papa nel caso specifico non intervenne ex cathedra, ossia con tutto il peso della sua autorità quale capo della chiesa intera. Gli interventi personali dei papi Paolo V e Urbano VIII furono solo dei decreti disciplinari e non dogmatici: nel 1616 fu imposto al Galileo di tacere e nel 1633 di subire una pena e di abiurare ritirando dalla circolazione la sua opera, Il Dialogo . Non è quindi il caso di parlare di decisioni irreformabili e infallibili. E' tuttavia insostenibile la scusa cattolica che si trattasse di un problema scientifico e non teologico. La condanna non verteva tanto sul fatto scientifico se sia il sole o la terra a muoversi, ma sul dato teologico, se tale questione fosse « in armonia o in contrasto con la Bibbia ». La dottrina copernicana era quindi considerata eretica, perché combattuta dalla Bibbia. Si pensava quindi che la Bibbia dovesse intendersi in senso tolemaico. torna al testo

23. Anche se Keplero, contemporaneo del Galileo, aveva già trovato nel 1604 e nel 1618 le sue note leggi, occorreva attendere la loro maturazione da parte di Newton (seconda metà del secolo 17°), perché la nuova astronomia copernicana apparisse una sintesi coerente e decisiva della realtà. Fu nel 1687 che Newton pubblicò i suoi Principi matematici e filosofici, nei quali diede la dimostrazione più completa ed esauriente del sistema copernicano. torna al testo

24. Il sistema copernicano nel 24 febbraio 1616 fu dichiarato dai teologi romani « Assurdo, falso in filosofia, formalmente eretico perchè contraddicente espressamente a più testi della Sacra Scrittura secondo il loro senso proprio e la interpretazione dei Padri e dei Dottori » (citato da Baldi, Giosuè, Torino 1952, p. 85, che però erroneamente pone il decreto al 10 febbraio 1564, anno di nascita di Galileo). torna al testo

25. Oswald Loretz, Galilei und der Irrtumer Inquisition, Naturwissenschaft Wahrheit der Bible, Kirche, Kevealer, Verlag Butzon & Bercker, 1966. La ricerca gelileiana dell'autore, prendendo le mosse da quello che fu definito "il caso" Galilei e che somministrò (e somministra) argomenti, in verità sempre più fiacchi, all'anticlericalismo ed all'ateismo con in testa oggi quello di marca marxista (da Banfi a Brecht), dice che il Vaticano II in un importante capitolo (pp. 143-151) ha operato una tacita revisione del processo a Galileo di cui fu anche chiesta esplicita menzione (p. 143: « et si opportunum videtur explicita menzione Galilei facta »). torna al testo

26. T. Campanella, Apologia per Galileo in opere di Giordano Bruno e Tommaso Campanella a cura di A. Guzzo e R. Amerio , Milano-Napoli 1956 p. 1243 ss. torna al testo

27. F. Montagnini, op. cit. p. 68. Il suo commento al Genesi si trova nel vol. III dell'edizione di Parigi (Opera Omnia 1856 e dura per ben 170 pagine). Vi è lo sbaglio di localizzare il cielo in una regione dell'universo, e di metterlo in connessione con la terra. torna al testo

28. Victor de Bonald, Moïse et les géologues modernes ou Le recit de la Génèse comparé aux théories nouvelles des savants , Seguin, Avignon 1835. «Noi che possediamo dei dogmi che ci offrono tutte le spiegazioni, avremo facoltà di non consultare (questi volumi dei geologi). Rileggiamo il racconto di Mosè, opponiamolo con fiducia a tutte le teorie moderne. Così la rivelazione sarà il nostro punto di partenza, la base della discussione geologica, confesseremo essere persino inconcepibile il presentarne un'altra . . . I libri sacri saranno il crogiuolo con il quale si saggeranno con severità i sistemi geologici ». Cf A Montagnini , la Bibbia oggi , op. cit., pag 70. Su questi tardi sostenitori del sistema tolemaico, cf A. Houtin , La Question biblique chez les Catholiques de France au XIX siècle , Paris, ediz. 3, 1902; A. de Lapparent , Moïse et les géologues modernes , in Riv. Apol." 31 (1935), pp. 426-434. torna al testo

29. Collega del Galileo all'Università di Padova, celebre filosofo che riceveva uno stipendio doppio rispetto al Galilei e morì nel 1631. torna al testo

30. Pensatore originale e profondo della Savoia, esiliato, prima aderente alla rivoluzione, poi conrario; visse a Pietroburgo e morì a Torino nel 1821. torna al testo

31. Così nel 1822 il P. Filippo Anfossi citato da L. Geymonat, Galileo Galilei , Torino 1962, p. 85, n. 1. torna al testo

32. Willi Marxen, op. cit., p. 38. torna al testo

33. Così Espresso del 12 febbraio 1967 dal titolo "Perchè non credo nella Bibbia". torna al testo

34. Secondo la Mishna (trattato Jomâ 546), nel tempio di Gerusalemme vi era una pietra detta "fondamentale", perché attorno ad essa sarebbe stato creato il mondo (!). Gesù nella croce è al centro dell'universo; il sangue che vi scendeva bagnò il cranio di Adamo, il primo uomo, dicono leggende medioevali. torna al testo

35. Testamento di Levi 3. A quale idea aderisce Paolo (1 Cor 12, 2)? Forse alla seconda; identifica il terzo cielo con il "paradiso" diverso dal cielo divino. torna al testo

36. Così M.de Serres, De la cosmogonie de Moïse, Paris 1831.1841.1860; F. Moigno , Les splendeurs de la foi , Paris 1877; F. Vigouroux , Les lives saintes et la critique rationaliste , Paris 1886.1890; Belot , Ensignements de la cosmogonie moderne , Bloud 1832, pp. 117-126 (accordo tra Genesi e scienza); A Stoppani, Sulla cosmogonia mosaica, 4 ed Milano 1887 (anticoncordista); P. Hamard , Cosmogonie mosaique , in Doctionnaire de la Bible II, pp. 1034-1054; F. Vigouroux , Les lives saintes et la critique rationaliste , Vol III, 5 ed Paris 1901, pp 235-265. torna al testo

37. Ora al contrario i laboratori di Berkeley (California) stanno mostrando le affinità cellulari tra l'uomo e alcuni primati. torna al testo