INDICE PAGINA
1. L'espiazioni nella lettera agli Ebrei e nella 1a lettera di Pietro
2. Paolo
3. La chiesa primitiva
4. L'interpretazione di Gesù
Conclusione

CAPITOLO II°
LA MORTE SACRIFICALE

1. L’ESPIAZIONE NELLA LETTERA AGLI EBREI E NELLA 1a LETTERA DI PIETRO

a. La lettera agli Ebrei, di tutti gli scritti del N.T., ci fornisce la più ampia interpretazione della croce.

b. La predica più antica rivolta ai Gentili, si distingue tra:

1. istruzione elementare «avete di nuovo bisogno che vi si insegnino i primi elementi degli oracoli di Dio » (5, 12);

2. conoscenza più profonda « . . . lasciando l’insegnamento elementare su Cristo, tendiamo alla perfezione » (maturità teleioteta = completezza).

c. Cosa contenevano questi insegnamenti?
1. istruzioni sul battesimo e la fine dei tempi (6, 1.2);

2. gli altri insegnamenti sono l’Eucarestia (Cena del Signore) e, soprattutto, la dottrina del sacrificio di sé stesso compiuto da Cristo, il Sommo Sacerdote celeste;

3. la spiegazione di tale dottrina occupa la parte centrale della lettera (7, 1-10.18).

d. L’autore ricorre al rituale del "Giorno dell’Espiazione" (Jom Kippur) per illustrare il potere salvifico della morte di Cristo (Lv 16).
1. Era il solo giorno in cui era permesso ad un essere umano di entrare nel Santo dei Santi con un preciso rituale.

2. È un "tipo" dell’azione espiatrice di Cristo che viene
paragonato alla vittima innocente che, attraverso la sua morte vicaria, assicura il perdono e la piena comunione con Dio.

3. Rielaborando un’espressione del Salmo 110, 4 «tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek », l’epistola presenta il Cristo come l’unico sommo sacerdote, eterno e senza peccato, il quale rimane sempre alla presenza di Dio ed intercede per il suo popolo.

7, 25: « Egli può salvare appieno coloro che per suo mezzo si accostano a Dio, vivendo Egli sempre per intercedere per loro »

9, 24: « Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura delle cose vere, ma nel cielo stesso per comparire ora davanti alla presenza di Dio per noi»

2, 18: « . . . poiché egli stesso ha sofferto quando è stato tentato, può venire in aiuto di coloro che sono tentati »

4, 14-16: « . . . abbiamo dunque un gran sommo sacerdote che è pas-sato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio . . . infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con le nostre debolezze, ma uno che è stato tentato in ogni cosa, come noi, senza peccare . . . ».

e. Duplice vantaggio di questo nuovo e unico Giorno di Espiazione:
1. La morte vicaria di Cristo, vittima innocente, dà una risposta definitiva « . . . una sola volta per sempre . . . una volta per tutte» (7, 27; 9, 10; 10, 10) alle invocazioni dell’umanità che chiede perdono.

2. Applicando questa riconciliazione, Cristo, lui stesso tentato e afflitto quand’era sulla terra, ora intercede in cielo per la sua chiesa tentata ed afflitta.

f. Anche l’Epistola di Pietro esprime lo stesso concetto nel discusso passo della cosiddetta " discesa agli inferi " 1 Pt 3, 18; 4, 6: « . . . anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Cristo. Fu messo a morte nella carne ma vivificato nello spirito . . . è andato in cielo ed è alla destra di Dio . . . Cristo dunque ha sofferto per noi nella carne . . . ».

g. Entrambi, l’Epistola agli Ebrei e la 1a di Pietro, esprimono lo stesso messaggio: il potere espiatorio della morte di Gesù è inesauribile e senza limiti.

Torna all'indice pagina
2. PAOLO
a. Sotto molti aspetti tanto Ebrei quanto 1a Pietro dimostrano di dipendere dalla teologia di Paolo, e dobbiamo pertanto esaminare le sue lettere.

b. Vi è non una differenza di concetto o di opinione, ma di atmosfera.

1. Ebrei si sforza di spiegare il mistero della Croce usando un profondo ed equilibrato apparato di argomenti tipologici che rivelano un’intensa riflessione teologica.

2. Paolo dovette affrontare molte difficoltà per riuscire a trasmettere ai suoi uditori questo nocciolo tanto discusso del suo messaggio.

c. Agli inizi l’interpretazione della croce dovette essere sostenuta con aspre lotte.
1. Quando scrive che «Cristo è diventato una maledizione per noi» (Gl 3, 13), vuole dire che Dio fece di Cristo un maledetto per amore nostro.

2. Si applica qui Dt 21, 23 (colui che è appeso impiccato, condannato a morte per un delitto - è maledetto da Dio) a Cristo.

3. Questo passo ci è divenuto così familiare che non ne percepiamo più il senso offensivo originario.

4. Nessun altro scrittore del N.T. ha mai osato enunciare qualcosa di simile.

5. Questa frase ebbe origine precedente all’episodio sulla via di Damasco: Per Paolo Gesù era uomo palesemente maledetto da Dio:

(a) per questo lo perseguitava nelle persone dei suoi seguaci;

(b) lo bestemmiava (1 Tim 1, 13 «prima ero un bestemmiatore, un persecutore, un violento »);

(c) tentava di forzare i suoi discepoli alla bestemmia (At 26, 11: « . . . spesse volte . . . li costrinsi a bestemmiare . . . »).

6. Ma poi, sulla via di Damasco, il "maledetto" gli apparve nella gloria divina.

7. Dopo questa esperienza Paolo continuò a dire: Dio ha fatto di Cristo un maledetto, aggiungendo però: PER NOI o PER ME.

d. Usa un numero sempre crescente di paragoni e immagini per far capire il senso di questo PER NOI, cioè l’idea della morte vicaria di Cristo.
Possiamo identificare facilmente 4 temi:

1. Tema culturale - Suggerito a Paolo dalla tradizione cristiana. «Togliete via il vecchio lievito . . . Infatti Cristo è stato immolato come nostro agnello pasquale » (1 Cor 5, 7).

(a) Essere cristiani vuol dire vivere nel tempo pasquale, stare nella luce del mattino di Pasqua, per una nuova vita.

(b) Ciò ha avuto inizio quando il nostro agnello pasquale, Cristo, è stato sacrificato.

(c) Questo paragone si trova anche in Pietro e in Giovanni, ma oltre a questo, Paolo ne usa altri, tratti sempre dal linguaggio culturale.

(d) In Rm 3, 25 paragona Cristo al sacrificio del giorno dell’espiazione  «. . . Lui ha Dio preordinato per compiere l’espiazione mediante la fede nel suo sangue . . . ».
In Ef 5, 2 con l’olocausto: « . . . Cristo ci ha amati e ha dato sé stesso per noi, in offerta e sacrificio a Dio come un profumo di odore soave . . . ».

(e) L’uso dell’immagine del sacrificio intende sottolineare che Gesù morì senza peccato in sostituzione per i nostri peccati.

(f) È la somma e la fine di tutti i sacrifici prescritti dal rituale dell’Antico Patto.

È L’UNICO SACRIFICIO PER I PECCATI DI TUTTO IL GENERE UMANO.

2. Secondo tema: La legge penale. Ne fanno parte tutti i passi citati da Isaia 53 (il Servo sofferente che sopporta la punizione inflitta per le nostre mancanze):

(a) Rm 4, 25: « . . . è stato dato (consegnato) a causa delle nostre offese ».

(b) Cl 2, 14: «Egli ha cancellato il nostro certificato di debito contenente l’elenco delle leggi che noi avevamo violato, e lo ha distrutto inchiodandolo sulla croce ». Sulla testa del crocifisso si affiggeva un cartello, il titulus, contenente i delitti per i quali era stato condannato.

3. Terzo tema: preso da Paolo dall’istituzione della schiavitù: Le parole chiave sono: riscattare, caro prezzo, comprare. Cristo ci riscatta dalla schiavitù mediante la sua morte.
(a) 1 Cor 6, 20: «siete stati comprati a caro presso . .»
1 Cor 7, 23: « . . . siete stati comprati a prezzo»
Gl 3, 13: «Cristo ci ha riscattato . . . »; Gl 4, 5.

(b) A questo autosacrificio per amore Paolo allude quando dice (1 Cor 13, 3) « . . . se dessi il mio corpo per essere bruciato (marchiato a fuoco col marchio degli schiavi), ma non ho amore, ciò niente mi giova».

(c) Eravamo schiavi del peccato (Rm 3, 9), della legge (Gl 4, 5), della maledizione (Gl 3, 13).

(d) Cristo, il Signore crocifisso, ha preso il nostro posto come schiavo di questi poteri per riscattarci legittimamente (1 Cor 6, 20; 7, 23).

4. Quarto tema: è la categoria etica di sostituzione, consistente nell’ obbedienza vicaria di Cristo.
(a) «Come per una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure per un solo atto di giustizia la grazia si è estesa a tutti gli uomini in giustificazione di vita» (Rm 5, 18)
In due frasi antitetiche Paolo mette in contrasto gli effetti universali della trasgressione di Adamo con gli effetti universali dell’ubbidienza di Cristo.

(b) Gl 4, 4 s: « . . . Dio ha mandato Suo Figlio, nato da donna, sottoposto alla Legge, perché riscattasse quelli che erano sotto la legge . . .»
Cristo si è fatto schiavo della legge (adempiendo la legge al posto di quelli che dovevano farlo) al fine di riscattare quelli che ne erano schiavi in modo che noi potessimo ricevere l’adozione e la dignità di figli.

e. Attraverso immagini diverse Paolo illustra la stessa cosa: PER NOI, l’innocente:
1. prende il posto degli empi « . . . mentre eravamo ancora senza forza, Cristo a suo tempo è morto per gli empi» (Rm 5, 6);

2. prende il posto dei nemici « . . . infatti mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Suo Figlio . . . » (Rm 5, 10);

3. prende il posto del mondo che si oppone a Dio « . . . Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo » (2 Cor 5, 19).

f. « Dio manifesta il suo amore per noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto PER NOI » (Rm 5, 8). La morte vicaria di Cristo sulla croce è l’attuazione dell’amore di Dio.
Torna all'indice pagina
3. LA CHIESA PRIMITIVA
a. Sebbene la chiesa primitiva, anteriore a Paolo, non ci ha lasciato dichiarazioni scritte, si può affermare con certezza che l’interpretazione del significato della croce rivestiva una grande importanza: occorreva dare una risposta al mistero della croce.

b. Per gli antichi la croce era simbolo di grandi sofferenze e, soprattutto, della peggiore infamia.

1. Anche se era una punizione capitale ignota ad Israele fino all’arrivo dei Romani, l’essere appeso, era comunque un segno di maledizione di Dio:
«Se uno ha commesso un delitto che meriti la morte ed è stato messo a morte, e tu l’hai appeso ad un albero . . . lo seppellirai lo stesso giorno, perché colui che è appeso è maledetto da Dio . . . » (Dt 31, 22-23).
c. Come mai colui che era stato riconosciuto e approvato da Dio mediante la resurrezione, fosse morto sotto la maledizione di Dio.
1. 1 Cor 15, 3: «Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le scritture», confessione di fede arcaica, precedente a Paolo: « vi ho trasmesso ciò che anch’io ho ricevuto ».

2. « . . . per i nostri peccati . . . » indica che si tratta di una morte vicaria.

3. « . . . secondo la Scrittura . . . » basa questa interpretazione su Is 53:     « . . . Egli portava le nostre malattie (peccati) e si era caricato dei nostri dolori . . . è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti » (Is 53, 3-5).

d. Riferimenti di questo tipo abbondano negli scritti di Paolo, ma neanche uno di essi è stato coniato da lui, ma tutti derivano dalla tradizione pre-paolina:
1. in alcuni casi ciò può essere dedotto dallo stile,

2. in altri dal vocabolario,

3. nella maggior parte dei casi da entrambi.

e. Ciò dimostra che la chiesa, fin dai suoi primi giorni di vita, trovò in questo passo della Scrittura (Is 53), il capitolo del Servo Sofferente, la chiave dell’oscuro enigma: perché il Figlio di Dio ha dovuto morire sotto la maledizione di Dio?
Torna all'indice pagina
4. L’INTERPRETAZIONE DI GESÙ
a. I vangeli riferiscono che Gesù ha interpretato in questo modo la sua morte e questa interpretazione risale a Gesù stesso. Ci si può fidare?

b. Gli avvenimenti devono averlo costretto a riconoscere l’inevitabilità di una morte violenta.

1. È stato accusato di trasgressione del sabato, di bestemmia e di magia:     « . . . scaccia i demoni con l’aiuto del principe dei demoni » (Mc 3, 22).

2. Ognuno di questi casi prevedeva la pena di morte per lapidazione seguita da impiccagione del cadavere.

3. Gesù annoverò sé stesso fra i profeti. Ai suoi tempi il martirio veniva considerato una parte integrale del ministero profetico, confermato dall’uso di onorare le tombe dei profeti (Mt 23, 29; Lc 11, 47) « . . . guai a voi! Perché edificate i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi! ».

4. Anche Gesù vedeva il ministero profetico sotto questa luce ed era convinto che tale sorte attendeva anche lui: « . . . ma oggi, domani e dopodomani devo camminare, perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme » (Lc 13, 33).

5. Egli considerava la storia della salvezza come una serie ininterrotta di santi martiri da Abele a Zaccaria (Mt 23, 35) ed in particolare considerava l’ultimo profeta, Giovanni Battista, come una prefigurazione di quanto l’attendeva (Mc 9, 11-12).

c. Gesù parlava spesso ai suoi discepoli della sua sorte e non solo con gli annunci diretti (Mc 8, 31; 9, 31; 10, 33) che in realtà sono tre varianti di un solo annuncio.

d. Vi è anche un gran numero di annunci indiretti, che formano lo strato più antico e più importante della tradizione, ma che sono stati piuttosto trascurati dalla critica.

e. Analizzando gli annunci diretti notiamo una tendenza, da parte della tradi-zione evangelica, a porre queste affermazioni in bocca a Gesù (Mt 26, 2):   « . . . Il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso . . . » (cf Mc 14, 1):  « . . . i capi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di prendere Gesù con l’inganno e ucciderlo . . . » e a incorporare tali annunci passo passo nel corso storico degli eventi: molti studiosi hanno escluso che tutti gli annunci che ci sono pervenuti sono Vaticinia ex eventu, formati dopo gli avvenimenti.

f. Ci sono, invece, alcuni elementi che fanno ritenere che il complesso degli annunci appartiene allo strato preellenistico della tradizione.

1. Il primo di questi annunci (Mc 8, 31; come pure Mc 9, 31) dimostra di essere così strettamente connesso col suo contesto (la negazione di Pietro) da non poter essere scisso, e quindi ha la stessa pretesa di autenticità di Mc 8, 33 (Pietro chiamato Satana).

2. Questi annunci fanno riferimento al testo ebraico del N.T. piuttosto che a quello greco.

g. Ciò diventa più evidente esaminando l’espressione dopo tre giorni che sembrerebbe una profezia ex-eventu.
1. Mc 14, 58 e par. «noi l’abbiamo udito dire: "io distruggerò questo tempio fatto da mani e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani ».

2. Lc 13, 32: « . . . andate a dire a quella volpe: "Ecco oggi e domani io scaccio i demoni e compio guarigioni, e il terzo giorno giungo al termine della mia corsa »

3. Gv 16, 16 «Fra poco non mi vedrete più; e un altro poco e mi vedrete, perché io me ne vado al Padre »

4. In tutti questi detti non si trova mai la distinzione tra risurrezione e parusia. Questo dimostra che la sostanza di questo annuncio è precedente alla Pasqua.

h. Gli annunci indiretti sono numerosi e presentano un’ampia varietà di forme letterarie:
1. Similitudini: calice, battesimo, riscatto, pastore ucciso.

2. Parabole: cattivi vignaioli.

3. Detti enigmatici: il segno di Giona, la necessità delle spade.

4. Detti minacciosi: come Lc 13, 13.

5. Vi sono i numerosi annunci della passione dei discepoli.

6. Vi sono anche le parole di spiegazione pronunciate nell’ultima cena.

i. La grande varietà prova che gli annunci indiretti erano profondamente radicati nella tradizione.

l. Contengono dei particolari che non furono convalidati alla lettera dagli eventi successivi:

1. Sembra che Gesù ritenesse possibile di venire sepolto come un criminale (Mc 14, 28: « . . . ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura», affronto che gli fu risparmiato da Giuseppe d’Arimatea.
2. Riteneva che qualcuno dei suoi discepoli avrebbe dovuto dividere la sua sorte (Mc 10, 39): « . . . voi certo berrete il calice che io bevo e sarete battezzati del battesimo di cui io sono battezzato »; (Lc 22, 36s): «ma ora chi ha una borsa la prenda, e chi non ha spada, venda la sua veste e ne compri una ».
m. La sostanza delle predicazioni di Gesù sulla sua passione risale al Signore stesso: non si può pensare che Gesù si aspettasse di soffrire e morire senza aver riflettuto sul significato di tali eventi.

n. Bisogna fare attenzione alle parole dell’ultima cena: « . . . per molti . . »

1. Queste parole si sono conservate in tutte le relazioni che ci offre il N.T. sulle parole dell’Istituzione: Mc 14, 24 « per molti» (il più antico è un semitismo); Mt 26, 29 «a favore di molti »; 1 Cor 11, 24 e Lc 22, 19 « per voi»; Gv 6, 51 « per la vita del mondo».

2. Osservazioni:

(a) Il «per molti » di Marco, essendo un semitismo, è più antico del « per voi» di Paolo e Luca.

(b) Poiché Pietro ha ricevuto la sua formula dalla chiesa di Antiochia all’inizio degli anni 40, il «per molti » di Marco risale alla prima decade dopo la morte di Gesù.

(c) Queste parole «per molti » si riferiscono a Is 53, confermato da Mc 10, 45: « poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti ».

(d) L’idea di sostituzione e la parola molti alludono proprio a Is 53; il molti senza articolo, quindi in senso inclusivo (moltitudine, gran numero, tutti) abbonda in Is 53 ed è la parola chiave di tutto il capitolo.

(e) Così questa espressione nell’ultima Cena, indica che Gesù trovava la spiegazione della propria passione e morte proprio in Is 53.

o. Un loghion strettamente legato alle parole della Cena è quello di Mc 10, 45 (par. Mt 20, 28).
1. La storia della sua formazione è più complicata perché Marco e Matteo differiscono da Lc 22, 27: « Chi è infatti più grande; chi siede a tavola o colui che serve? Non è forse colui che siede a tavola? Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve»

2. Ambedue queste versioni poggiano su un detto in cui Gesù parlava di sé stesso come di un servo: in Luca c’è l’immagine di chi serve a mensa; in Marco c’è il collegamento con Is 53, il servo di Dio.

3. In Luca il contesto è fortemente ellenizzato per quanto concerne la lingua.

4. In Marco, non solo la lingua, ma anche le immagini sono semitiche: l’applicazione della similitudine del riscatto è tipicamente palestinese.

5. È evidente che Marco disponeva di qualche altro dato dell’antica tradizione in cui Gesù interpretava la propria passione alla luce di Is 53.

p. Il detto sulle spade (Lc 22, 35-38) risale ad un’altra antichissima tradizione proveniente dalla fonte speciale di Luca. Si tratta dello "strato" fondamentale della tradizione.
1. Gesù ammonisce: l’atteggiamento dei Giudei sta per precipitare in odio feroce. I tempi sereni sono terminati. A tutti i costi comprate delle spade!

2. C’è il richiamo a Is 53, 12:  « . . è stato annoverato tra i malfattori  . . ».

3. La passione di Gesù seguirà il destino dei suoi discepoli.

4. Gesù annuncia non semplicemente l’odio e la persecuzione, ma l’inizio incombente della tribolazione apocalittica.

5. Questo non può essere assolutamente un detto coniato ex-eventu, ma è anteriore alla Pasqua.

6. Al v. 38 c’è un’altra frase molto arcaica: «Signore, ecco qui due spade» che dimostra l’assoluta mancanza di comprensione dei discepoli.

q. Mc 14, 27 s: « Voi tutti sarete scandalizzati di me questa notte, perché sta scritto: "percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. Ma dopo che sarà risuscitato, io vi precederò in Galilea" ».
1. Il detto del pastore che viene ucciso viene considerato come appartenente alla tradizione pre-pasquale.

2. Il v. 28 ci conferma che si tratta di un detto così antico: « vi precederò in Galilea»: precedere, andare avanti è linguaggio appartenente ai pastori.

3. Quindi la promessa di Gesù di andare avanti ai suoi discepoli in Galilea fa ancora parte della similitudine del pastore.

4. Questa immagine non può essere stata formata ex-eventu dopo la risurrezione.

5. Questa immagine riassume Zac 13, 7-9: la morte del pastore inaugura la tribolazione escatologica del gregge, ma anche la riunione nel regno di Dio del resto di Israele purificato e raffinato (Zac 13, 9).

6. È quindi la morte di Gesù che inaugura la tribolazione e salvezza finali.

7. Immagine ripresa poi da Giovanni (Gv 10, 11) « depongo la mia vita per le pecore . . . » e che ricorda Is 53.

r. Infine abbiamo l’intercessione di Gesù per i suoi crocifissori: « Padre perdona loro, perché non sanno quello che fanno » (Lc 23, 34).
1. È un’aggiunta al testo più antico, ma è basata su una tradizione antica, provato sia dalla forma (Dio invocato come Padre), sia dal contesto (intercessione per i nemici).

2. Anche qui abbiamo un’implicita interpretazione della morte di Gesù.

3. Il condannato doveva pronunciare questa invocazione: Possa la mia morte espiare tutti i miei peccati.

4. Gesù, invece, applica la virtù espiatoria della sua morte ai suoi carnefici.
5. Is 53, 12 « . . . ha interceduto per i trasgressori» (scellerati, secondo una migliore tradizione).

s. Tutti questi testi ebbero grande importanza nella chiesa primitiva e furono strettamente connessi con la sua vita:
1. l’istituzione della Cena (Eucarestia);

2. il detto sul riscatto di Mc 10, 46 con la sua istituzione etica (servizio);
3. Luca 23, 34 con la sua vita di preghiera (vedi At 7, 60 « Signore, non imputare loro questo peccato»)

4. Lc 22, 35-38 e Mc 14, 27-28 con la trasmissione della tradizione della passione di Gesù, ma anche con la propria tribolazione.

Torna all'indice pagina
CONCLUSIONE
a. Gesù svelò i misteri più profondi della sua missione solo ai suoi discepoli e non nel suo insegnamento pubblico, perciò gli esempi in cui applica Is 53 a sé stesso sono limitati.

b. Questo avveniva anche per gli altri Rabbi del periodo del giudaismo palestinese.

c. Così Gesù confida solo ai suoi discepoli il segreto che egli considerava come suo compito, assegnatogli da Dio, l’adempimento della profezia di Is 53.

d. Solo i discepoli ricevono la rivelazione della morte vicaria in sostituzione dei molti.

e. Secondo Is 53 vi sono quattro ragioni per cui la morte del Servo di Dio ha questo potere illimitato di espiazione:

1. la sua passione è volontaria (v. 10) « offrendo la sua vita in sacrificio . »;

2. sopporta pazientemente (v. 7) «come agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori, non aperse bocca»;

3. è in accordo con la volontà di Dio (v. 6.10) « . . . l’Eterno ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti . . . ma piacque all’Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire »;

4. è innocente (v. 9) « . . . non aveva commesso alcuna violenza, non c’era stato alcun inganno nella sua bocca ».

Torna all'indice pagina