Da Pietro al Papato
di Fausto Salvoni

CAPITOLO QUARTO

IL PRESUNTO CONFERIMENTO DEL PRIMATO
DALLA PASSIONE DI CRISTO ALLA PENTECOSTE


INDICE PAGINA

Conferma i tuoi fratelli
Pasci le mie pecore



Anche in questo periodo Pietro, pur non essendo mai presentato come capo, continua a fungere da persona di primo piano: fu lui a segnalare a Cristo che il fico si era inaridito in conseguenza della maledizione scagliata il giorno prima da Gesù (Mc 11, 21); assieme a Giacomo, Giovanni e Andrea fu lui a chiedere quando si sarebbe attuata la distruzione del tempio (1) Assieme a Giovanni, Pietro fu inviato a preparare l'occorrente per la cena pasquale (Lc 22, 8).

Ma due scene principali meritano l'attenzione: la predizione del rinnegamento di Pietro (Lc 22, 32) e l'incarico dato allo stesso apostolo di «pascere gli agnelli» (Gv 21).

Conferma i tuoi fratelli

Luca nel ventiduesimo capitolo del suo Vangelo, dopo aver riferito lo svolgersi dell'ultima cena (vv. 7-23), narra la contesa sulla priorità (vv. 24-30) e infine la profezia di Cristo sul prossimo rinnegamento di Pietro (vv. 31-34). Quest'ultimo brano così suona:

« Simone, Simone, ecco Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano, ma io ho pregato per te affinché la tua fede non venga meno, e tu alfine di nuovo conferma i tuoi fratelli.
E Pietro gli disse: Signore io sono pronto ad andare con te in prigione e alla morte. Ma Gesù rispose: Io ti dico, Pietro, non canterà oggi il gallo che, per tre volte, tu abbia negato di conoscermi » (Lc 22, 31-34)

Da questo passo biblico il Concilio Vaticano I trasse un argomento a sostegno della infallibilità papale(2) Pietro non verrà mai meno nella sua fede per cui potrà sempre sostenere i suoi fratelli di apostolato con la propria autorità di capo. Tuttavia queste conclusioni sono ben lungi dall'essere dimostrate, come appare da un'analisi più profonda del passo lucano, che suscita problemi notevoli sia per la traduzione, il senso e la durata della funzione sostenitrice di Pietro.

1) Circa la traduzione al posto di « alfin di nuovo conferma» altri traducono «una volta che (ti) sarai convertito, conferma ». Pur essendo assai comune quest'ultima traduzione, preferisco la prima per il contesto e per l'uso del verbo greco « conferma » ( sterízein ) (3) .
Non ritengo tuttavia dimostrata l'affermazione di coloro (Bultmann, Prete) che pretendono scindere dalla profezia riguardante il rinnegamento di Pietro, il futuro rafforzamento degli apostoli da parte sua(4) Anche se il detto di Gesù fosse circolato all'origine isolato, di fatto Luca lo ha inserito in un contesto dal quale riceve il suo senso come lo intendeva l'evangelista, vale a dire il ritorno di Pietro alla funzione di sostegno del collegio apostolico, dopo il suo rinnegamento durante la crisi imminente(5) .

2) Le parole di Gesù sono di grande importanza per Pietro, come appare dalla ripetizione del nome «Simone, Simone » destinato a richiamare la sua particolare attenzione (cfr Mt 23, 27); dal fatto che l'evangelista Luca mette sul labbro di Gesù il nome di Pietro (v. 34) quasi volesse sottolineare per via di contrasto la differenza tra il Pietro confessore e il Simone rinnegante; dall'uso della contrapposizione (egò de) che indica anche altrove, la coscienza e l'autorità messianica di Gesù (6) dalla parola (sterizein) che evoca l'immagine della roccia e si riferisce al compimento della sua missione (7) .

3) Vorrei tuttavia notare che il detto di Gesù non ha alcun riferimento alla infallibilità, dal momento che non riguarda l'insegnamento da dare alla Chiesa, condizione indispensabile perché si abbia l'infallibilità papale, bensì la fede personale di Pietro. Pur rinnegando il Cristo, la sua fede vacillante non si spegnerà del tutto (come avvenne invece per Giuda), sicché egli rimarrà pur sempre riunito da un tenue filo con il Salvatore (8) Il detto di Gesù, sia per la particella « alfine» ( póte) sia per il participio tradotto con «di nuovo », fa vedere che Pietro prima di riconfermare i suoi fratelli avrebbe dovuto attraversare un periodo in cui, per la sua fede vacillante, avrebbe cessato di essere un loro sostegno. La sua fede tuttavia non cadrà del tutto solo perché lui, il Cristo, ha pregato per l'apostolo. Questa affermazione di Gesù non riuscì gradita a Pietro che si affrettò a rassicurare il Maestro che egli era persino pronto a morire per lui, attirandosi così la profezia del suo rinnegamento. Con le sue parole il Salvatore preannunciò la futura crisi degli apostoli al momento della sua morte, il grande pericolo in cui Simone si sarebbe trovato più ancora degli altri, il suo ravvedimento e la sua funzione, non di capo, bensì di sostegno degli altri apostoli nel periodo cruciale intercorso tra la morte di Cristo e la sua resurrezione. Si vede come in uno scorcio il succedersi degli eventi avveratisi durante l'atroce martirio di Gesù. Questa interpretazione fu sostenuta anche da alcuni padri della Chiesa, come ad esempio il Crisostomo :

« Gesù disse ciò duramente rimproverandolo, mostrandogli che per la sua caduta più grave di quella degli altri, egli necessitava di maggiore assistenza. Perché egli era stato colpevole di due errori: primo di aver contraddetto il nostro Signore quando aveva dichiarato che tutti si sarebbero scandalizzati, affermando: Quand'anche tutti fossero scandalizzati, io però non lo sarò, e, secondo, nel farsi superiore agli altri. Vi è poi un terzo errore, ancor più grave, quello di volersi attribuire ogni virtù.
Per curare queste malattie dello spirito, nostro Signore gli permise di cadere e perciò, trascurando gli altri, si rivolse a lui: Simone, Simone Satana desidera vagliarvi come si fa col grano, vale a dire, vorrebbe affliggervi, tormentarci, tentarvi, ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno. Se Satana desiderava vagliare tutti gli apostoli perché mai nostro Signore non dice: Ho pregato per tutti? Non è forse ben chiaro che è per la ragione sopraddetta? Per rimproverarlo e per mettere in rilievo che la sua caduta era ben più grave di quella degli altri, Gesù rivolge a lui le sue parole» (9) .

Identica idea fu presentata dal Venerabile Beda (+735) nel suo commento al passo lucano:

« Come io, pregando, ho preservato la tua fede perché non venisse meno quando fu sottoposta alla tentazione di Satana, così anche tu ricordati di sollevare e confortare i tuoi fratelli più deboli con l'esempio della tua penitenza, se per caso essi dovessero disperare del perdono » (10) .

4) Va infine rilevato che il verbo «sorreggi » (sterizo ) non indica necessariamente la superiorità gerarchica di chi rafforza gli altri. E' dal contesto che deve apparire il suo senso: nel caso di At 18, 23, passi assai vicino al presente, è Paolo che sostiene i «discepoli», vale a dire coloro ch'egli aveva ammaestrati nella fede e che erano, come suoi figli spirituali, a lui inferiori. Ma nel presente passo del Vangelo coloro che devono essere rafforzati sono chiamati «fratelli» e quindi considerati alla pari di Pietro e per nulla affatto a lui inferiori ed a lui sottoposti come a un capo (11) .

5) E' poi del tutto fuori contesto l'introdurre qui una missione duratura di Pietro e quindi attribuirgli dei successori in questo compito. Tale funzione è ben delimitata al periodo della crisi nella quale si sarebbero ben presto trovati gli apostoli tutti. Il momento del «vaglio» evoca nel linguaggio profetico l'attimo decisivo in cui sarebbe stato costituito il resto, il nuovo popolo di Dio(12) E' il momento in cui Pietro stesso, nonostante il suo entusiasmo, stava per cadere, ma nel quale sarà salvato dalla preghiera di Gesù. Tale contesto strettamente personale esclude che qui Gesù, parlando a Pietro, intenda evocare momenti diversi, anzi intenda riferirsi a tutto il periodo della Chiesa, in cui Pietro sarebbe stato sostituito dal papa. E' dal contesto che dobbiamo chiarire il genuino pensiero dell'insegnamento ispirato di Luca.

Di più lo stesso verbo impedisce tale estensione perché vi è usato l'imperativo aoristo e non l'imperativo presente. L'imperativo presente indica la continuazione dell'azione, mentre l'imperativo aoristo puntualizza un'azione limitandola a un dato tempo(13) Sembra quindi logico restringere l'attività sostenitrice di Pietro al periodo immediatamente successivo alla morte di Cristo, prima della resurrezione del Salvatore o almeno prima della discesa dello Spirito Santo, quando cioè gli apostoli scoraggiati e pavidi si restringono attorno a Pietro ravveduto (14) Ciò è pure confermato da Giovanni secondo il quale gli antichi amici e collaboratori di un tempo si radunarono attorno a Pietro che disse loro: «Io vado a pescare» . Essi risposero: « Anche noi veniamo con te» (Gv 21, 2-3). Dopo l'assunzione di Cristo al cielo è Pietro che facendo eleggere Mattia al posto di Giuda ricostituisce il numero « dodici » che si era perso con l'apostasia del traditore e tiene desta la fiaccola della fede nel ricostituendo regno d'Israele, di cui essi dovevano essere il fondamento (At 1, 15-26). Dopo la Pentecoste sarà invece lo Spirito Santo e non Pietro a sorreggere i credenti nei difficili momenti del dolore e dello scoraggiamento (15) .

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Pasci le mie pecore

Il problema della genuinità o meno del cap. 21 di Giovanni non ha importanza per la nostra questione; anche se non fosse genuino rispecchierebbe pur sempre un dato della tradizione antica.. Dalle parole «Noi sappiamo che la sua testimonianza è verace» (v. 24) comprendiamo che lo scrivente, pur distinguendosi dal discepolo, assicura che il materiale trasmesso a lui dallo stesso Giovanni era di grande valore. Se il v. 23 provenga da una correzione fatta da Giovanni vecchio alla diceria formulata a suo riguardo o da una apologia da parte dei collettori delle sue memorie dopo la sua morte, non ha la minima importanza per il nostro soggetto (16) .

Dopo una notte infruttuosa di pesca sul lago di Tiberiade uno sconosciuto dice agli apostoli di gettare ancora una volta le reti che, miracolosamente, sono ricolme di pesci. Giunti a riva gli apostoli trovano già del pesce arrostito ad opera di Gesù, che tale era appunto lo sconosciuto (Gv 21, 14). Dopo aver mangiato assieme, Gesù aprì un colloquio con Pietro usando parole che meritano la nostra più attenta considerazione.

« Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro? (17) Egli rispose: Sì. Signore tu sai che ti voglio bene. Gesù disse: Pasci i miei agnellini. Gesù disse di nuova una seconda volta: Simone di Giovanni mi ami tu? Egli rispose: Sì, Signore, tu sai che ti voglio bene. Gesù gli disse: Pastura le mie pecorine.
Ma la terza volta gli chiese: Simone di Giovanni mi vuoi proprio bene? Pietro fu rattristato perché questa terza volta Gesù gli aveva detto: Mi vuoi bene? e gli rispose: Signore, tu sai ogni cosa, tu conosci che ti voglio bene. Gesù gli disse: Pasci le mie pecorine... »(Gv 21, 15-18)

In seguito Gesù gli profetizzò il futuro martirio, concludendo il suo dire con il comando: «Seguimi! » (v. 19). Pietro, curioso, vedendo Giovanni, chiese che sarebbe avvenuto di lui, ma Gesù gli ribattè di guardare a se stesso: « Se voglio che rimanga finch'io venga, che t'importa? Tu seguimi! » (v. 21).

Questo passo dai moderni teologi cattolici è ritenuto il conferimento del primato dell'apostolo Pietro su tutta la Chiesa cristiana(18) Le parole: «Pasci le pecore, pasci gli agnelli» sono scolpite in greco sull'abside della basilica di S. Pietro in Vaticano. Anche gli esegeti contemporanei, pur essendo meno dogmatici dei precedenti, continuano a vedervi il conferimento, almeno implicito, del primato giurisdizionale di Pietro sulla Chiesa totale (19) .

Anche Paolo VI in una allocuzione tenuta il mercoledì in Albis del 1967, così commento questo episodio:

« L'intenzione del Signore, palese in questo interrogatorio sull'amore di Pietro a Gesù, termina in un'altra e definitiva lezione, insegnamento, comando, investitura insieme: termina al trasferimento dell'amore, che l'apostolo, con umile sicurezza non più smentita, professava per il suo Maestro e Signore, da Gesù al gregge di Gesù. Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore, tre volte disse il Signore all'Apostolo, ormai chiamato suo continuatore, suo vicario nell'ufficio pastorale... il primato di Pietro, nella guida e nel servizio del popolo cristiano, sarebbe stato un primato pastorale, un primato d'amore. Nell'amore ormai inestinguibile di Pietro a Cristo sarebbe fondata la natura e la forza della funzione pastorale del primato apostolico. Dall'amore di Cristo e per l'amore ai seguaci di Cristo la potestà di reggere, di ammaestrare, di santificare la Chiesa di Cristo... Una potestà di cui Pietro lascerà eredi i suoi successori su questa sua cattedra romana, ed a cui egli darà nel sangue la suprema testimonianza » (20) .

Dobbiamo quindi saggiare l'esattezza delle affermazioni precedenti con un esame accurato del passo biblico nei suoi punti più importanti (20bis) Va anzitutto ricordato che il pasci, espresso in greco per amore di varietà con due verbi dal senso identico (21) non è esclusivo per descrivere l'attività di Pietro, ma è usato anche per gli altri apostoli e per i vescovi (22) lo stesso Pietro ammonisce i « presbiteri », a « pascere il gregge di Dio » in cui si trovavano, dei quali anzi si autodefinisce un « compresbitero », avente quindi i medesimi doveri e incarichi, a loro superiore solo per il fatto di poter testimoniare le realtà cristiche da lui vedute. Essi devono quindi pascere il gregge mostrando loro « un esempio » di « vita cristiana » senza voler imporsi con autorità, la quale viene espressamente esclusa dal contesto (1 Pt 5, 1-3). Anche Paolo esorta gli « episcopi» di Efeso, convenuti a Mileto, a «pascere la Chiesa di Dio » vigilando contro le infiltrazioni di false dottrine (At 20, 28). Come si vede è ben arduo dal verbo « pascere» dedurre una superiorità dell'apostolo su tutta la Chiesa di Dio.

Si può forse insistere di più sul fatto che i due termini « pecorine» ed « agnellini» indicano che a lui ed a lui solo è stato affidato tutto il gregge della Chiesa. Penso che le due parole ci costringano a vedere un limite nella missione affidata da Gesù a Pietro. Usualmente oggetto del verbo pascere sono le « pecore» ( próbata), il gregge ( poímnion) la chiesa (ekklesia). Ma qui, stranamente, Giovanni adopera i due diminutivi, quasi mai usati altrove, che sembrano sottolineare la debolezza delle pecore pasciute: « agnellini » ( arníon ) e « pecorine » ( probátia ) (23) .

Il gregge evidentemente non è costituito solo da «agnellini » e da «pecorine »; il suo elemento principale è dato dalle pecore. Non voleva forse Gesù suggerire qui a Pietro che, lui, dopo aver sperimentato con il rinnegamento la debolezza umana, era il più atto a sorreggere quei cristiani, che per essere le pecorine e gli agnellini del gregge più abbisognano di guida e di aiuto? Non hanno invece bisogno dell'aiuto di Pietro le pecore, già mature e quindi capaci di autoguidarsi. Da tali parole è ben difficile dedurre la superiorità di Pietro su tutta la Chiesa(24) .

Ma perché tali parole furono rivolte solo a Pietro e non agli altri apostoli? Non è questo un segno della superiorità sua sugli altri apostoli, del suo rapporto particolarmente intimo con Gesù? Sono per l'affermativa i cattolici, mentre personalmente, dopo aver ripensato a lungo, ritengo che qui Gesù voglia donare il suo perdono a Pietro, che lo aveva rinnegato. e riaffidargli la missione apostolica.

A riparazione del suo triplice rinnegamento Gesù ora richiede una triplice professione di amore. La stessa domanda iniziale con la quale Gesù chiede a Pietro se lo amasse (agapáo ) in modo superiore a quello degli altri apostoli, è un richiamo psicologicamente discreto alla sua affermazione orgogliosa di colerlo seguire anche fino alla morte se necessario; tutti gli altri apostoli potranno pure scandalizzarsi di Gesù ma Pietro mai (Mc 14, 29; Lc 27, 33). A una domanda così discreta, ma così pertinente per la sua connessione con la tragica colpa, in cui solo Pietro era caduto a differenza degli altri apostoli, egli non ha più il coraggio di ripetere la sua precedente boriosa affermazione di sicurezza tronfia; non ha anzi nemmeno il coraggio di dire « t'amo » (agapáo ), ma lo sostituisce con filéo , un verbo meno impegnativo, che si potrebbe tradurre con il nostro « ti voglio bene » (25) .

Gesù allora ripete la sua domanda lasciando cadere il confronto con gli altri apostoli, e Pietro risponde al medesimo modo di prima. Ma Gesù, riprendendo il verbo stesso di Pietro gli chiede: « Ma davvero mi vuoi proprio bene?» Allora Pietro – questa terza volta(26) al sentirsi mettere in dubbio il suo stesso affetto per Gesù, si rattristò e umilmente gli rispose: « Tu ben sai che davvero ti voglio bene, che ho dell'affetto per te »(27) .

So che di recente alcuni hanno cercato di negare che la triplice domanda e la triplice missione affidata a Pietro, sia un richiamo al rinnegamento petrino. P. Gaechter ha voluto riferire questa ripetizione a motivi d'indole giuridica per sottolineare un caso particolarmente importante e solenne (28) Tale suggerimento fu accolto e confermato con testi rabbinici da parte di E. Zolli(29) .

Se la triplicità di un'affermazione può talora sottolineare la solennità di un compito affidato ad alcuni, qui mi pare del tutto fuori posto, se analizziamo la domanda di Gesù: « Mi ami? Mi vuoi proprio bene?» e la tristezza che Pietro ne provò. Egli comprese che qui non si trattava di esaltazione, bensì di saggiare la realtà del suo sentimento affettuoso verso il Maestro. Idee preconcette e dogmatiche fanno talora fuorviare dal retto e semplice senso del passo biblico.

Che poi Gesù intendesse ridonare la missione apostolica a Pietro si può capire meglio se si pensa al detto di Cristo: « Chiunque mi rinnegherà dinanzi agli uomini, anch'io lo rinnegherò dinanzi al Padre mio che è nei cieli » (Mt 10, 33). Ma ora, dopo la sua protesta d'affetto, Pietro è ancora ritenuto degno di annunciare l'amore divino a tutti coloro che come lui potranno cadere e aver bisogno di fiducia e di conforto. Che questo sia vero si può dedurre da due motivi: primo il fatto che Giovanni segue nella descrizione lo schema della chiamata all'apostolato e dal verbo conclusivo che vi aggiunge.

E' utile per questo confrontare la chiamata di Pietro all'apostolato secondo Luca (5, 1-11) con la presente narrazione (Gv 21, 1-19):
 

L c 5, 1-11
Gv 21. 1-19
lago di Gennezareth (v. 1) lago di Tiberiade (v. 1)
pesca infruttuosa di notte pesca infruttuosa di notte
gettate le reti (v. 4) gettate le reti (v. 6)
pesca miracolosa pesca miracolosa
Pietro confessa il kurios (Signore) E' il kurios (Signore)
Si riconosce peccatore (v. 11) Si riconosce nudo(30) pasto (v. 9-13), «pasci»
lo seguirono «Seguimi»

Come si vede le due narrazioni corrono parallele e tale fatto si spiega, oltre che ad un influsso di Luca nella redazione definitiva del Vangelo di Giovanni, anche dal fatto che qui si trattava di una nuova chiamata di Pietro all'apostolato, nel quale Simone doveva essere reintegrato dato il suo precedente rinnegamento (31)

Tale impressione è confermata pure dal duplice comando di Gesù rivolto a Pietro e che costituisce come il vertice a cui il racconto tende: « Tu seguimi!» (v. 19.22). E' una parola che Gesù ripetutamente ha usato quando volle chiamare qualcuno all'apostolato (32) Segno quindi che con le sue parole il Risorto voleva ridonare la missione apostolica a Pietro.

Questa interpretazione è presentata pure da alcuni padri della Chiesa tra cui Cirillo Alessandrino.

« Se qualcuno chiede perché mai egli si rivolse solo a Simone, pur essendo presenti gli altri apostoli, e cosa significhi: Pasci i miei agnelli, e simili, rispondiamo che san Pietro con gli altri discepoli, era già stato scelto all'Apostolato, ma poiché Pietro era frattanto caduto (sotto l'effetto di una grande paura aveva infatti rinnegato per tre volte il Signore), Gesù adesso sana colui che era un malato ed esige una triplice confessione in sostituzione del triplice rinnegamento, compensando questo con quella, l'errore con la correzione. E ancora: Con la triplice confessione Pietro cancella il peccato contratto con il triplice rinnegamento. La risposta di nostro Signore: Pasci i miei agnelli, è considerata un rinnovamento della missione apostolica già in precedenza conferita; rinnovamento che assolve la vergogna del peccato e cancella la perplessità della sua infermità umana » (33) .

Sembra che null'altro voglia dire il Passo di Giovanni, che riceve così una interpretazione semplice e priva di implicazioni misteriose.

Le parole di Gesù, che costituiscono un dialogo quanto mai personale, escludono qualsiasi idea di successione. La triplice richiesta ricorda il triplice rinnegamento; la conclusione ricorda a Simone la necessità di seguire il Signore come un apostolo fedele. Ora a Pietro che non poggia su di sé, ma sulla potenza divina, Gesù assicura il futuro martirio (34) alla curiosità di sapere che cosa sarebbe avvenuto di Giovanni, il Signore nuovamente gli comanda « Tu seguimi che ti importa di lui?» (v. 22).

In tale contesto la visuale del Maestro non si porta ad eventuali successori, ma a ciò che il discepolo farà sino alla sua morte (35) .

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NOTE A MARGINE

1. Mc 13, 3; il singolare «chiese» (eperòta) sembra suggerire che Pietro ne fosse il principale richiedente assieme agli altri tre. torna al testo

2. Costituzione della Chiesa c. 4 Denz. 1836. torna al testo

3. Su questo problema cfr B. Prete , il senso di epistorékas , in Luca 22, 32, in Pietro «Atti XIX Settimana Biblica», Brescia, pp. 113-135. Egli mostra che il senso di «conversione» a Dio è predominante nei 18 esempi in cui appare in Luca, ma è sempre accompagnato da una preposizione (epí, eís, prós) solo due volte si trova senza preposizione (Lc 8, 55; At 15, 36) dove, specialmente nel secondo, v'è un parallelismo perfetto con la profezia di Gesù («visiteremo di nuovo» le città già evangelizzate). Si tratta di un semitismo riproducente il verbo shub, che è spesso un completivo del verbo principale, a cui conferisce il senso «di nuovo». torna al testo

4. Le ragioni sono: diversità di nome (Simone v. 31 e Pietro v. 34), ma forse qui il nome di Pietro è usato da Luca proprio per mostrare il contrasto tra la «roccia-Pietro» e il suo rinnegamento; l'avverbio «ecco» corrisponde all'ebr. hinneh che nell'A.T. introduce dei vaticini solenni; ma in realtà ciò non prova molto. Del resto anche se originariamente il detto fosse stato pronunciato in un contesto diverso, va notato che Luca, introducendolo nella scena attuale gli conferiva una sfumatura particolare. A noi interessa conoscere ciò che l'ispirato Luca ci voleva insegnare. torna al testo

5. Generalmente oggi si riconosce che il detto provenga realmente da Gesù; non vi è infatti alcun motivo per supporre una sua creazione da parte della Chiesa primitiva. Cfr W. Foerste r, Lukas 22, 31 , in «Zeitschr d. Neuetestamtl. Wissenschaft» 46 (1955), pp. 120-133. torna al testo

6. Cfr W. Manson, The ego eimì of Messianic Presence , in «Journal of Theological Studies» 48 (1947), pp. 137 ss. torna al testo

7. In Hom. Ps. Clementine 17, 19, 4. Pietro è detto tèn sterèam pétran. torna al testo

8. Eklipê da ekléipo (dal quale il nostro «eclissi»); significa venir meno, spegnersi del tutto, morire (cfr Lc 16, 9 «morirete»); Eb 1, 12 (i tuoi anni non verranno mai meno, vale a dire «non morirai»). torna al testo

9. Hom 82 in Mat 26 PG 58, 741. Anche nel suo Commento agli Atti il Crisostomo vede, come abbiamo fatto pure noi poco sopra, nell'elezione di Mattia un'azione in cui Pietro « conferma i fratelli». Non è il caso di insistere sulla non autenticità di queste omelie inferiori per stile alle altre. «Nihil unquam legis indoctius. Ebrius ac stertens scriberem meliora» (Erasmo). Possono essere state pronunciate dal Crisostomo, ma raccolte dei suoi uditori ( G. Salmon , l'infallibilità della Chiesa , o.c. pp. 342-343). torma al testo

10. Ven. Beda , Comm. in Lucam 22 PL 92, 600 C. torna al testo

11. Cfr Mt 23, 8-10. Nei tredici passi in cui il verbo (sterizo) ricorre può avere il senso di irrigidimento fisico (Lc 9, 51) o di rafforzamento mentale («i cuori» 1 Te 3, 13; Gc 5, 8). Può essere Dio che rafforza (Rm 16, 25; colui che vi può fortificare); 2 Te, 2, 17 (consoli i vostri cuori e vi raffermi),1 Pt 5, 10 (Iddio vi renderà salvi e vi fortificherà). Può essere anche il Cristo che rende saldi (2 Te 3, 3); oppure lo sono gli apostoli e gli evangelisti At 18, 23 (Paolo conferma i fratelli andando di luogo in luogo); Rm 1, 11 (conferendo un dono spirituale); 1 Te 3, 12 ss (Paolo rafforza con il suo amore); 2 Pt 1, 12 (Pietro rafforza con l'insegnamento raccolto nella sua lettera; 1 Te 3, 2 (mandammo Timoteo... per confermarvi e confortarvi...). Può anche essere l'angelo della Chiesa di Sardi che rafforza il resto della Chiesa vicino alla morte spirituale (Ap 3, 2), ma può esserlo ogni cristiano che deve rafforzare il proprio cuore (Gc 5, 8). torna al testo

12, Amos 9, 8-10; Lc 2, 34-35 (profezia di Simone). torna al testo

13. Cfr il mê àptou di Gv 20, 16 che dovrebbe essere tradotto « non continuare a toccarmi» anziché «non mi toccare ». come esigerebbe invece la forma aorista. torna al testo

14. Senza alcun motivo alcuni autori (Refoulé) vedono qui il risultato dell'azione (come in Lc 11, 27 apostéte «allontanatevi da me » aoristo che descrive esattamente il momento dell'allontanamento, mentre Mt 7, 23 ha apochozéite presente «allontanatevi e restate lontani » da me). Ma non vedo come questo caso si possa applicare al presente passo di Luca. Cfr P. Guendet , L'impératif dans le texte des évangiles , Paris 1924, p. 53. torna al testo

15. Cfr i passi già citati sopra, riguardanti le varie applicazioni di stérizo (= conferma). torna al testo

16. Sul problema dell'autenticità cfr Moraldi-Lyonnet , Introduzione alla Bibbia , vol. IV (Torino 1960), p. 205. Il racconto sembra riallacciarsi alla pesca miracolosa narrata da Luca in 5, 1-11, confermando in tal senso l'esistenza di intimi legami, non ancora ben chiariti, fra Luca e Giovanni (cfr M.E. Boismard , Le chapitre XXI de St. Jean. Essai de critique littéraire , in «Rev. Bibl.» 54, 1947 pp. 473-501). Sui rapporti del cap. 21 con il resto del quarto Vangelo cfr A. Schlatter , Der Evangelist Johannes , Stuttgart 1930 (è dello stesso autore); R. Bultmann , Das Evangelium Johannes , Göttingen 15, 1957 (si tratta di un autore diverso). Si cfr una accurata bibliografia degli autori favorevoli e contrari alla genuinità giovannea in S. Ghiberti , Missione e primato di Pietro in Giovanni 21 , in Pietro «Atti XIX Settimana Biblica», Brescia 1967, p. 175. torna al testo

17. Il «Mi ami tu più di costoro » non può essere inteso come una richiesta a Pietro per vedere se egli preferisse Gesù ai pesci o agli altri suoi compagni di pesca. Tutta la vita di Pietro stava a dimostrare che egli era pronto a sacrificare ogni cosa per Gesù; per lui aveva lasciato parenti, barca e moglie (Mc 10, 28), per lui aveva vigorosamente nuotato incontro al Maestro abbandonando la stessa barca (Gv 21, 7). La domanda si spiega invece se mette a confronto il suo amore con quello che per lo stesso Gesù avevano gli altri apostoli. torna al testo

18. Si cfr Conc. Vaticano I, «Al solo Simone, Gesù dopo la sua resurrezione, conferì la giurisdizione di sommo pastore e di rettore di tutto il suo ovile, dicendo: «Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore» (Denz. 3053). Simile la dichiarazione della Cost. Dogm. Lumen Gentium al Conc. Vaticano II, n. p.19.22. torna al testo

19 Si confrontino al riguardo i due commenti che ne fanno il P. Braun e G. Ghiberti , il primo assai più sicuro, il secondo ben più cauto: «Non abbiamo motivo di pensare che gli agnelli raffigurino il popolo fedele e il gregge gli altri apostoli. Il cambiamento di parola indica che Gesù intende qui parlare di tutto il gregge che è affidato a Pietro. Si tratta di una vera delega di autorità su tutta la Chiesa. Tutta la tradizione ha inteso il passo in tal modo e così è pure inteso dal Concilio Vaticano contro i Protestanti. Gesù conferisce al solo Pietro la giurisdizione quale capo supremo di tutto il gregge dicendo: Pasci i miei agnelli, pasci il mio gregge. Molti protestanti non vincolati ad una Chiesa confessionale riconoscono oggi l'accuratezza di tale interpretazione (Harnak, Heitmüller; Bauer, Bernard)». Così F.N. Braun , St Jean , in «La S. Bible» par L. Pirot, vol. X, Paris 1935, pp. 482-483.
Ed ecco la conclusione di G. Ghiberti al suo lungo studio su Giovanni 21:
Di tutte le pecore deve interessarsi Pietro; di tutte ha responsabilità per una guida che dipende dalla sua direzione e dal suo controllo. Di tale atteggiamento di Gesù nessun altro suo discepolo è fatto oggetto, mentre l'importanza di Pietro è confermata da contesti apparentati, quelli pasquali, in tutta la narrazione evangelica giovannea e infine in alcuni luoghi privilegiati (Mt 16 e Lc 22). Per questo onestamente sembra legittimo e doveroso concludere che un discorso moderno muoventesi sui concetti di «primato giurisdizionale», purché sia mantenuto nelle prospettive giovannee descritte, non è affatto sconfessato dalla rivelazione di Gv 21, anzi vi è contenuto in forma equivalente ( G. Ghiberti , Missione e primato di Pietro secondo Giovanni 21 , in Pietro «Atti XIX Settimana Biblica», Brescia 1967, p. 212). torna al testo

20. «Osservatore Romano», 30 marzo 1967, p. 1. torna al testo

20bis. Utile lo studio di G. Ghiberti, Missione e primato di Pietro secondo Giovanni 21, in Pietro A. o.c., pp. 167-214. Importante per la ricca documentazione bibliografica, utile per alcune idee presentate, scarso per la sintesi personale, insufficiente per le deduzioni teologiche che vuole vedere implicite nel passo giovanneo. torna al testo

21 Bósco (verbo non comune) e poimaíno. torna al testo

22. Poimàino per vescovi, presidenti (At 20, 28; 1 Pt 5, 2). torna al testo

23. Nel N. Testamento usualmente si trova (ámnos ) «agnello »; il diminutivo (arnión ) si legge solo in Ap 5, 6 dove indica la debolezza dell'agnello sgozzato ma che nonostante, anzi proprio per tale sua debolezza, dopo la conseguente vittoria sulla morte, è degno di rompere i sigilli del libro celeste. Il diminutivo « pecorine » ( probátia ) si trova solo qui in Gv 21, mentre usualmente altrove si legge « pecore» ( próbata); qualche codice anche qui, data la stranezza della lezione, vi ha sostituito ( próbata). Forse qui vi è una tinta polemica di Giovanni contro quei cristiani che pretendevano difendere il primato di Pietro su tutto gli altri apostoli (corrente petrina). Cfr capitolo quinto. torna al testo

24. Né vale insistere sul numero 153 dei pesci catturati per vedervi designata la missione universale di Pietro a tutti gli uomini; anche se tale ipotesi fosse provata riguarderebbe tutti gli apostoli che hanno pescato tali pesci e non solo Pietro. Fu Girolamo a dare il valore di «umanità» intera ai 153 pesci, poggiando sul fatto che, secondo gli antichi 153 sarebbe stata la varietà dei pesci (In Ez 47, 12 PL 25, 474); tuttavia il testo attuale di Alieutiká di Oppiano non ha tale numero, che del resto non doveva essere troppo noto ai lettori di Giovanni. Su questo numero cfr J.A. Emerton , The Hundred and fifty three Fisches in John XXI, 11 , in «Journ. Theol. Studies» 9 (1958), pp. 86-89; P.R. Ackroyd , The 153 Fisches in John XXI, 11. A. Further Note , in «Journ. Theol. Studies» 10 (1959), p. 94; H. Kruse , Magni pisces centum cinquaginta tres (Jo 20, 11) , in «Verbum Domini» 38 (1960), pp. 129-141. Dobbiamo riconoscere che il simbolismo di tale numero, se vi esiste, sfugge tuttora alla nostra indagine. torna al testo

25. Non più agapáo ma filéo . Benché la maggioranza degli esegeti rifiuti di vedere una diversa sfumatura nell'uso di questi verbi che si scambierebbero tra loro, altri autori più saggiamente vedono nel contesto delle sfumature particolari. (così C. Spicq. R. Rfoulé, O. Glombitza , Petrus - der Freund Jesu. Ueberlégung zu Joh 21, 15 , in «Novum Testamentum» 6 (1963), p. 279; B. Cassian , St Pierre et l'Eglise dans le Nouveau Testament , in «Istina» 1955, p. 328). Agapáo sembra designare un amore più profondo, cristiano, sorretto da motivi supernaturali (se ne confronti l'elogio in 1 Co 13), mentre il filéo indica un amore più umano, più sentimentale, più sensibile. torna al testo

26. Si noti il tó tríton con l'articolo; mentre precedentemente vi era déuteron senza articolo « una seconda volta»; si tratta quindi di una terza domanda diversa dalle precedenti, che rattrista Pietro. torna al testo

27. Già Origene aveva notato che la causa della tristezza di Pietro derivava proprio dall'uso di questo verbo ( filéo ) (« mi sei affezionato »). Cfr Comm ai Proverbi 8, 17 PG 17, 184 C.D. torna al testo

28. Gaechter , Das Dreifrache «Weide meine Lämmer» in «Zeitschr Kath. Theol.» 69 (1947), pp. 328-344 (337-340). torna al testo

29. E. Zolli , La Confessione e il dramma di Pietro , Roma 1964, p. 49. Egli adduce a comprova Ge 31, 47.51.52; Mt 18, 15; At 10, 16, Lc 23, 14.20; e i trattati mihnici Rash ah.shanah 2, 7; Jebamot 12, 6. torna al testo

30. Nudo (v. 8) vale a dire peccatore (cfr Ap 3, 17-18; 16, 15) anche in Filone, Leg. All. 11, 60 l'essere nudo indica la perdita della virtù da Adamo. torna al testo

31. Per tale parallelismo cfr. J. Schniewind , Die Parallelperikopen bei Lukas un Johannes, Darmstadt 1958, pp. 11-16. torna al testo

32. E' detto all'ignoto che voleva seppellire il padre (Mt 8, 22); a Matteo (Mt 9, 9), al vero credente pronto a morire per Gesù (Mt 10, 38) al giovane ricco (Mt 19, 21), a Filippo (Gv 1, 43) ai discepoli in genere (Gv 12, 26; Mt 19, 28). torna al testo

33. Cirillo d'Alessandria, In Joannes Evangelium, XII, PG 74, 749 A e 752 A. torna al testo

34. Anche questo è in opposizione a Lc 22, 33; quando Pietro orgogliosamente si dichiara disposto ad andare alla morte per Cristo, lo rinnega tre volte; quando con umiltà confessa di « voler bene» al Cristo, è pronto a subire la morte (Gv 21, 18). Per la glorificazione con la morte in riferimento a Cristo cfr Gv 13, 31; 17, 1. torna al testo

35. F. Refoulé , Primauté de Pierre dans les Evangiles , «Revue de Sciences Religeuses» 38 (1964, pp. 1-41 (p. 40). Anche questo studioso pur pretendendo di ritrovare qui l'esaltazione del primato di Pietro, è costretto a riconoscere che: « dans ce chapitre 21, certains traits (allusions au reniément, martyre) ne peuvent s'appliquer que a Pierre. Le discernment entre ce qui a valeur exemplaire et ce qui a valeur individuelle est delicat ». torna al testo