Da Pietro al Papato
di Fausto Salvoni

CAPITOLO QUINTO

L'APOSTOLO NELLA CHIESA NASCENTE


INDICE PAGINA

Il primato d'onore
Giacomo, il fratello del Signore


Il Primato d'onore

Il libro degli Atti – armonizzato con le lettere apostoliche – anche per il periodo della chiesa nascente conferma il «primato» onorifico di Pietro e l'importanza ch'egli godette tra i primi convertiti. Ogni volta che si trattava di prendere una iniziativa Pietro era sempre in prima linea: fu Pietro a consigliare la nomina di un apostolo che sostituisse Giuda e ricostruisse in tal modo il numero dei «Dodici», tenendo così viva la sicurezza che i primi cristiani, nonostante il loro esiguo numero di centoventi, costituivano il nuovo popolo di Dio, il vero Israele messianico (At 1, 15-18). Primo nella predicazione il giorno di Pentecoste, annunciò ai Giudei che il crocifisso Gesù era stato proclamato mediante la sua resurrezione il Signore e il Cristo, vale a dire l'Unto di Dio (At 2, 14). Ripieno di Spirito Santo annunziò con franchezza la buona nuova del Cristo al Sinedrio, rispondendo ai giudici, che gli imponevano di tacere: « Bisogna ubbidire a Dio, anziché agli uomini » (At 4, 8; 5, 29).

Pietro fu il primo anche nei miracoli: alla porta Bella del Tempio di Gerusalemme con il semplice comando: «Nel nome di Gesù alzati e cammina », donò la guarigione al paralitico ivi rannicchiato, prendendo lo spunto per annunziare che solo in Gesù v'è salvezza per gli uomini (At 3, 7; 4, 12). Con la potenza dello Spirito punì di morte Anania e Saffira che, fingendo di appartenere al gruppo dei perfetti resisi poveri a favore della comunità dei credenti, di fatto si erano riservati una discreta somma di denaro (1) . La sua stessa ombra – secondo la fede popolare dei primi cristiani – aveva potere taumaturgico e curava ogni malato su cui si posava (At 5, 15). Quando fu imprigionato tutta la Chiesa pregò per lui e ne ottenne la miracolosa liberazione (At 12, 5-10.17).

Le principali tappe della evangelizzazione cristiana, in accordo con la profezia di Gesù (Mt 16, 18 s), furono appunto segnate dall'attività di Pietro. Con il suo discorso a Gerusalemme il giorno della Pentecoste diede inizio alla Chiesa giudeo-cristiana, fissando una volta per sempre la via con cui entrare in essa: vale a dire fede, ravvedimento e immersione battesimale (At 2, 27 ss). Così egli aprì ai Giudei ravveduti la porta della Chiesa, che costituisce il nuovo Israele, il nuovo popolo di Dio.

Quando l'Evangelo si sparse a Samaria, in mezzo a gente semigiudea e semipagana, Pietro fu inviato assieme a Giovanni per vedere come stessero le cose. Ma la sua figura giganteggia su quella del collega – tant'è vero che alcuni pensano che il nome di Giovanni sia un'aggiunta posteriore dei suoi discepoli –; egli infatti agisce da solo, parla, attua prodigi, rimprovera Simone il mago, come se non vi fosse alcun altro, e con la imposizione delle mani dona lo Spirito Santo, mostrando così che anche quella gente apparteneva al gruppo delle pecore smarrite che Dio era venuto a ricercare in Cristo (At 8).

Pietro fu pure prescelto da Dio per accogliere i Gentili, raffigurati dall'incirconciso Cornelio: dopo un sogno premonitore, egli si recò in casa di questo pagano, e mentre lui parlava del Cristo salvatore al gruppo quivi riunito, ecco che l'improvvisa discesa dello Spirito Santo in forma miracolosa e taumaturgica, così come era avvenuto il giorno di Pentecoste, gli fece capire che pure i Gentili dovevano essere accolti nella Chiesa con il battesimo senza la circoncisione (At 10). In tal modo egli per volere divino aboliva la circoncisione facendo un unico popolo di Dio in cui venivano abolite per sempre le barriere tra Gentili e Giudei.

Più tardi Pietro visse per un po' di tempo in Antiochia suscitando le critiche paoline per il suo comportamento verso i cristiani del gentilesimo dai quali si separò per timore dei cristiani giudaizzanti dipendenti da Giacomo (2) La sua fama arrivò pure a Corinto dove viveva un partito a lui ricollegato, che si rifaceva al suo insegnamento e alla sua autorità (1 Co 1, 12). Il fatto si spiegherebbe meglio supponendo che l'apostolo si sia recato personalmente nella capitale dell'Acaia per curarvi il gruppo giudaizzante (3) In questi suoi viaggi missionari egli conduceva seco anche la propria moglie (1 Co 9, 5). Per il prestigio goduto da Pietro, lo stesso Paolo andò a Gerusalemme per incontrarlo e rimase con lui una quindicina di giorni (4) .

Si trattava di prestigio personale o invece di vero primato giurisdizionale, proprio di un capo? Importanti al riguardo sono alcune testimonianze paoline e l'affermarsi di Giacomo, i cui discepoli giunsero in seguito persino a farne il capo della Chiesa.

Va anzitutto sottolineata l'indipendenza della predicazione dell'apostolo Paolo che attribuisce il suo messaggio a diretta rivelazione divina, sottolineando che al riguardo non si era consigliato con alcun uomo, nemmeno con gli apostoli che erano stati prima di lui a Gerusalemme (Ga 1, 11.16 s). Egli afferma chiaramente che le cosiddette «colonne » della Chiesa, annesse dai cristiani, in realtà sono inesistenti, poiché presso Dio « non vi sono riguardi personali» (5) Tra lui e Pietro l'unica diversità non consisteva nel fatto che questi era capo della Chiesa mentre Paolo non lo era, bensì nel semplice dato che a Pietro era stata affidata l'evangelizzazione dei circoncisi, ossia dei Giudei, mentre a lui, Paolo, quella degli incirconcisi, vale a dire dei Gentili (Ga 2, 9). Paolo non ebbe alcun timore ad opporsi risolutamente a Pietro quando lo vide scostarsi dalla verità del Vangelo, in una violenta diatriba che ha fatto immaginare a qualche padre la presenza di un altro Cefa, diverso dall'apostolo Pietro (6) .

Quando a Corinto sorse un partito che si rifaceva a Cefa (= Pietro), Paolo non affermò che occorreva essere di Pietro per appartenere al Cristo, essendone Pietro il suo vicario, ma scrisse in tono vibrante che occorreva essere di Cristo perché solo il Cristo era morto per gli uomini e perché il battesimo veniva compiuto nel nome di Cristo e non nel nome di un qualsiasi altro uomo (1 Co 1, 13). Di più nella medesima lettera afferma che gli apostoli, Pietro compreso, sono dei semplici servitori, per cui gli apostoli appartengono ai cristiani e non i cristiani agli apostoli; i cristiani appartengono a Cristo e per mezzo di Cristo a Dio.

« Nessuno dunque si glori degli uomini, perché ogni cosa è vostra e Paolo, e Apollo e Cefa e il mondo... tutto è vostro; e voi siete di Cristo e Cristo è di Dio » (1 Co 3, 21 s).

Paolo non immagina nemmeno che sia possibile dire che occorre essere di Pietro per poter appartenere a Cristo!

Anche secondo il libro degli Atti, Pietro agì collegialmente con gli altri apostoli, senza aver affatto autorità su di loro, tant'è vero che fu il collegio apostolico ad inviare in Samaria Pietro e Giovanni per studiarvi la situazione (At 8, 14).

L'esame dei testi biblici, criticamente analizzati, ci impedisce di vedere in Pietro il capo degli apostoli, nonostante il suo primato indiscusso. Gli ortodossi direbbero che Pietro godette di un primato d'onore, ma non di giurisdizione. E' la conclusione a cui giunge anche il cattolico J. Dupont nell'esame dei primi due capitoli della lettera ai Galati:

« Paolo parte dal presupposto indiscutibile della missione apostolica di Pietro, e s'attarda a dimostrare che la sua propria missione ne fa di lui l'uguale a Pietro (fait de lui l'égal de Pierre). Nel quadro di questa argomentazione, non fa meraviglia il vedere che Paolo parla della sua investitura apostolica in termini che richiamano la scena evangelica dell'investitura di Pietro. Da Ga 1, 12 egli afferma di non aver ricevuto o appreso l'evangelo da un uomo, ma di averlo ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo » (7) .

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Giacomo, il fratello del Signore

Nel libro degli Atti assistiamo pure al progressivo affermarsi di « Giacomo, il fratello Signore». All'inizio, durante la missione di Pietro e Giovanni in Samaria, Giacomo è ancora nell'ombra, in quanto è il collegio degli apostoli ad agire. Ma Giacomo, in quanto fratello di Gesù e in quanto aveva goduto di una speciale visione del Risorto, al tempo della prigionia di Pietro a Gerusalemme godeva già di una notevole rinomanza, tant'è vero che l'apostolo Simone vuole che la sua miracolosa liberazione dia resa nota a Giacomo e ai fratelli (8) Attorno a lui, che ormai agisce come capo indiscusso della Chiesa di Gerusalemme, si raccolgono tutti i credenti (e non solo i giudeo-cristiani) tant'è vero che anche i Gentili convertiti inviano alla chiesa madre di Gerusalemme l'obolo della loro riconoscenza (9) Nell'ultimo viaggio di Paolo a Gerusalemme, l'apostolo fu ospitato da Giacomo, che l'accolse assieme ai presbiteri, radunatisi presso di lui (At 21, 18).

Nel cosiddetto Concilio di Gerusalemme, Giacomo prese autoritativamente la decisione finale che fu accolta tosto all'unanimità e comunicata per lettera ai Gentili (10) Paolo scrivendo ai Galati in armonia con la posizione tenuta allora da Giacomo, prepone questo nome a quello stesso di Cefa: Giacomo, Cefa e Giovanni che sono reputati colonne» (11) .

On quell'assemblea Pietro si limitò a perorare la sua causa documentando come Dio avesse riversato lo Spirito Santo anche sui Gentili; dopo di lui parlarono pure Paolo e Barnaba; ma la decisione du data da Giacomo:

« Perciò io decido ( krìno) che non si dia molestia ai Gentili che si convertono a Dio; ma che si scriva loro di astenersi dagli idolotiti, dalla fornicazione, dalle carni soffocate e dal sangue» (At 15, 19)

Che il verbo «decido» (krìno) sia un verbo forense implicante una decisione autoritaria appare dal suo uso nelle sentenze del tribunale. Si usa per Pilato che decide di condannare il Cristo (At 3, 13), per il tribunale di Cesare che deve giudicare paolo (At 25, 10), per affermare che Paolo era stato chiamato in giudizio a motivo della sua speranza (At 26, 6), per i Dodici che sederanno su dei troni a giudicare le dodici tribù di Israele (Lc 22, 30). Non v'è motivo di dare al verbo, qui usato in un contesto di decisione autoritativa, il valore smorzato di opinione personale (12) .

Appunto dalla preminenza di Giacomo in seno all'assemblea di Gerusalemme, il Cullmann deduce l'abdicazione di Pietro dalla sua dignità di capo in favore di Giacomo, il che logicamente è negato dai cattolici. Mi sembra che il problema sia impostato male; Pietro all'inizio della Chiesa non aveva una vera funzione di capo, ma si imponeva agli altri apostoli per il prestigio della sua natura esuberante. Giacomo, fratello del Signore e zelante giudeo stimato anche da tutti gli Ebrei, andò gradatamente acquistandosi importanza sempre maggiore dando così inizio alla sua esaltazione da parte dei giudeo-cristiani, fino a farne il capo della stessa Chiesa (13) .

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NOTE A MARGINE

1. At 5, 1-11 cfr P.H. Menoud , La mort d'Ananias et de Saphira (Actes 5, 1-11), in «Aux Sources de la Tradition Chrétienne» Melanges Goguel, Neuchâtel 1950, pp. 146 s.; J. Schmitt , Le Manuscriptes de la Mer Mort , Colloque de Strasbourg 1957, pp. 93 ss., vi trova un raffronto con i «perfetti» degli Esseni; non si deve tuttavia premere eccessivamente sulla equivalenza tra Esseni e Cristiani. torna al testo

2. Ga 2, 11 La Chiesa d'Antiochia fu fondata da coloro che erano stati dispersi dalla persecuzione di Gerusalemme (At 9, 15) e conseguentemente è erronea la traduzione testimoniata da Origene (In Lucan Hom. VI PG 13, 1815 A), Eusebio (Hist. Eccl. III 36, 2 PG 20, 288 B); Crisostomo (Homelia 4, PG 50, 591) e Girolamo (De viris illustribus 1 PG 23, 637 B) che ne attribuiscono a Pietro la fondazione. Se ne confronti la confutazione da parte di H. Katzenmayer , Die Beziehungen des Petrus zur Urkirche von Jerusalem und Antiochien in «Internationale Kirkliche Zeitschrift» 1945, pp. 116 ss. torna al testo

3.  1 Co 9, 5. Dionigi di Corinto (ca. 170 d.C.) affermò che Pietro e Paolo fondarono la Chiesa di Corinto e vi insegnarono insieme: « Voi avete unito Roma a Corinto, questi due alberi che sono stati piantati da Pietro e da Paolo. Nel medesimo modo l'uno e l'altro hanno fondato la Chiesa della nostra Corinto, ci hanno istruito nel medesimo modo e dopo aver insegnato insieme in Italia, subirono contemporaneamente il martirio ». Tale asserzione non è attendibile perché contrariamente alla chiara testimonianza degli Atti (c. 18), che attribuisce a Paolo la fondazione della Chiesa di Corinto, la riferisce a entrambi gli apostoli. A favore dell'andata di Pietro a Corinto: cfr E. Meyer , Ursprung ind Anfänge des Christentums , t. III, pp. 498 ss; H. Lietzmann , Die reise des Petrus , in «Sitzungberichte des Berliner Akademie der Wissenschaft» Berlin 1930, pp. 153 ss; H. Katzenmayer , War Petrus in Korinth? , in «Internationale Kirkliche Zeitschrift» 1945, pp. 20 ss. Contro tali idee cfr M. Goguel , l'apôtre Pierre a-t-il joué un rôle personel dans le crises de Grèce et de Galatie? , in «Rev. Hist. Phil. Rel.», pp. 461 ss: Idem, La naissance du Christianisme, Neuchâtel 1946, pp. 335 ss. torna al testo

4. Ga 1, 18. E' inutile insistere sul verbo istorêsai per dedurne che Pietro era il capo della Chiesa; il verbo indica solo che Paolo volle fare «conoscenza personale » di Pietro, la persona più rappresentativa della Chiesa nascente. Anche la moglie di Lot si volse a guardare ( istorêsai) per conoscere e verificare personalmente ciò che sarebbe accaduto a Sodoma (Flavio Giuseppe, Ant. Giud. 1, 11, 4). Su l'esatto valore di istorêsai kefan cfr G.D. Kilpatrik, Galatians 1, 18 istorêsai kefan, in «New Testament Essays. Studies in Memory of I.W. Manson», Manchster 1959, pp. 114-119; W.D. Davies , The Setting of the Sermon in the Mount , Cambridge 1964, pp. 453-455. torna al testo

5. Ga 2, 5.6; quelli che sono «ritenuti colonne » erano Giacomo, Cefa (= Pietro) e Giovanni (si noti il Giacomo prima di Cefa, e il «ritenuti» non «sono»). La gente pensa così, ma così non la pensava Paolo: « Quali già siano a me non importa, Dio non ha riguardi personali » (v. 6). Come avrebbe potuto Paolo pronunziare tali parole, se Pietro fosse stato proclamato da Cristo capo della Chiesa e suo vicario? torna al testo

6. Clemente Alessandrino ne fa un discepolo di Pietro: «Clemente nel libro quinto delle sue Ipotiposi, riferisce che quel Cefa di cui Paolo dice: Quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a fronte aperta, era uno dei settanta discepoli, omonimo dell'apostolo Pietro » (cfr Eusebio, Hist. Eccl. 1,12,2) torna al testo

7. J. Dupont, La révélation du Fils de Dieu en faveur de Pierre(Mt 16, 17) et de Paul (Ga 1, 16) , in «Recherches de Science Religieuse» 52 (1964), pp. 411-420 (la citazione è a p. 420). Paolo dipende da una fonte orale che conosceva il loghion su Pietro (così J. Chapman , St Paul and the Revelation to St. Peter-Math XCI, 17, in «Revue Bénédectine» 20, 1912, pp. 133-147). Secondo altri, meno bene, Matteo dipenderebbe invece da Paolo (cfr A.M. Denis , L'investiture de la fonction apostolique par «apocalypse» in «Rev. Bibl.» 64 (1957), pp. 335-362, 492-515; F: Refoulé , Primauté de Pierre dans les evangiles , in «Rev. de Sciences Religeuses» 38 (1964), torna al testo

8. 1 Co 15, 7; At 12, 2. torna al testo

9. Rm 15, 26; 1 Co 16, 1 s; 2 Co 8, 20. torna al testo

10. At 15, 3 s. Tutti tacquero e Giacomo prese a dire... «Io decido». torna al testo

11. Ga 2, 9-12. E' ridicolo supporre, come fa lo Haenchen, che questa successione si adovuta al fatto che Paolo voleva evitare la successione Giacomo e Giovanni, per impedire che i lettori lo confondessero con i figli di Zebedeo. I cristiani di quel tempo sapevano che Giacomo il Zebedeo era già morto e sapevano pure che qui Paolo intendeva parlare di Giacomo il fratello del Signore, a cui aveva poco prima accennato in questa medesima lettera (Ga 1, 19). Cfr Haenchen, Petrus-Probleme, in «New Test. Stud.» 7 (1960-1961), pp. 187-197. torna al testo

12, Non intendo discutere qui il rapporto di At 15 con Ga 2. Personalmente penso che si tratti del medesimo evento esposto da angoli visivi diversi. In At 15 si decreta l'astensione da parte dei Gentili dagli idolotiti, dalla fornicazione, dalla carne soffocata, dal sangue (At 15, 20 s). Paolo – che in genere è alquanto contrario a tali limitazioni – tralascia il decreto, per insistere maggiormente sulla non obbligatorietà della circoncisione. il «non mi imposero nulla» di Ga 2, 6 non contraddice al decreto di At 15, 20, perché Paolo vuole solo dire che non vi furono altre «imposizioni» per «lui» oltre al semplice battesimo, nemmeno la circoncisione. Al più (con il Cullmann) da At 21, 25 si potrebbe dedurre che il decreto, ed esso solo, sia stato imposto posteriormente e da Luca arbitrariamente spostato per connetterlo, data l'affinità d'argomento, con l'assemblea di Gerusalemme. Ma anche questo non è necessario in quanto troppo concatenato con il concilio. Da At 21 non risulta che Paolo abbia conosciuto il decreto solo nel suo ultimo arrivo a Gerusalemme; Giacomo può semplicemente averglielo richiamato. La libertà cristiana raggiunse a gradi la sua maturità più completa:
a) dapprima vigeva per tutti l'obbligo della circoncisione prima di venire battezzati;
b) poi se ne esonerarono i Gentili (così Pietro secondo At 10)
c) in seguito si sostenne la non obbligatorietà della legge mosaica, ad eccezione delle quattro limitazioni (At 15);
d) poi si concesse la libertà di seguire o no tali limitazioni, riguardanti il cibo e le feste (idolotiti 1 Co 81-13.23-33; Rm 14 13-23);
e) da ultimo Paolo ordinò di opporsi alle limitazioni dei cibi (Cl 2, 16-21; 1 Ti 4, 1-5).
Su questi problemi cfr per una orientazione E. Haenchen , Die Apostelgeschichte , 1959, pp. 396 ss; J Dupont , Les problèmes du livre des Actes d'après les travaux recents, 1950, pp. 51 ss; W.G. Kuemmel , Theologische Rundschau , 1942, pp. 81 ss; 1948 pp. 3 ss; 1950 p. 1 ss; H Schlier, Der Brief an die Galater 1949, pp. 66 ss; M. Debelius , Das Apostelkonzil, in «Theologische Literaturzeitung» 1947, pp. 193 ss; S. Giet , L'Assemblée apostolique et le décret de Jérusalemm. Qui etait Siméon? , in «Recherches de Science Religieuse» 39 (1951; Mélanges Lébreton), pp. 203-220 (lo identifica con un altro Simone; il decreto è posteriore al concilio). torna al testo

13. Su questo partito sorto ben presto nella Chiesa, si confronti il capitolo riguardante le valutazioni di Pietro nei primi secoli della Chiesa. per il pensiero di O. Cullmann, si legga la sua opera Pietro (in «Il Primato di Pietro», Bologna, il Mulino 1965, p.  63). torna al testo