LE  EPISTOLE  PASTORALI
1, 2 TIMOTEO e TITO
Problemi introduttivi
Gli eretici

a cura di Fausto Salvoni - articolo tratto da Ricerche Bibliche e Religiose, n. 2-3, II e III Trimestre 1972 pp. 31-50


INDICE

Introduzione
I. Sguardo storico delle interpretazioni
    1. Gnosi del II secolo
    2. Reazione protestante
II. Essenza delle eresie combattute
III. Elementi gnostici nelle Pastorali
    1. Resurrezione già avvenuta
    2. Astensione dal matrimonio
    3. Limitazioni alimentari
IV. Elementi giudaici
    1. Mito
    2. Genealogie
    3. Magia
    4. Le antitesi
V. Come agire con le eresie
Conclusione
Bibliografia


Introduzione

Spesso le lettere pastorali presentano gli «eretici » (Tt 3, 10) come gente indocile e ostinata che, ponendosi a capo di piccole fazioni entro la stessa comunità (1) orgogliosamente pretendono possedere una « sapienza» (gnosi) che non hanno. (1 Ti 6, 4.20; 1, 7; 2 Ti 4, 3). In tal modo contrastano la verità e, allontanandosi dal sano insegnamento di Cristo (1 Ti 6, 3ss.10), respingono con piena responsabilità la verità per seguire l'errore (1 Ti 1, 6.19; Tt 3, 11). Sviati come sono da Satana, non pervengono mai a un giudizio corretto e alla scoperta della verità (2 Ti 2, 26; 3, 7).

Polemici per natura, creano querele e discussioni (1 Ti 6, 4; Tt 3, 9), ipocritamente (2) si accostano agli ambienti femminili (2 Ti 3, 6) dove diffondono la loro pazzia, come una cancrena che rovina famiglie intere (1 Ti 1, 11; 2 Ti 2, 17). Infatti essi svolgono on seno alle comunità cristiane una propaganda missionaria degna di miglior causa (1 Ti 3, 6; Tt 1, 11).

Questi ciarlatani (3) insegnano per bramosia di denaro e usano la religione quale strumento di lucro (Tt 1, 11; 1 Ti 6, 5). Pur essendo dei cristiani non ancora separatisi dalla comunità, sono già in procinto di abbandonarla, anzi le loro defezioni sono destinate a crescere con il tempo e il loro male a divenire sempre più virulento: « Lo Spirito dice formalmente che nei tempi a venire molti apostateranno dalla fede » (1 Ti 4, 1).

Si tratta evidentemente di una caratterizzazione assai dura che corrisponde alla personalità di Paolo e ai sarcasmi allora in voga nel mondo filosofico contemporaneo (4) .

torna all'indice pagina
I. Sguardo storico delle interpretazioni

Di che eresie si tratta? Ecco le principali interpretazioni che ne furono date.

1. Gnosi del II secolo.— Nei primi secoli i padri della Chiesa hanno identificato le eresie delle pastorali con lo gnosticismo del II secolo. Paolo — al dire di Ireneo — prevedendo le eresie future le avrebbe «in antecedenza confutate» (5) Egli — al dire di Tertulliano — anticipò tali eresie, come se fossero già esistenti(6) .

Questa opinione gode ai nostri giorni un momento di rifioritura dopo gli studi di F. Chr. Baur e di H.O. Campenhausen(7) i quali identificano l'eresia combattuta dalle pastorali addirittura con lo gnosticismo di Marcione, alla cui opera dal titolo « Antitesi», alluderebbe l'espressione « antitesi della pseudo-scienza (gnosi)» (1 Ti 6, 20)(8) Naturalmente gli studiosi moderni, non essendo più disposti ad ammettere una profezia di eresie future, negano la genuinità paolina di questi scritti che attribuiscono ad un anonimo del 2° secolo. Il Campenhausen giunge persino ad identificarne lo scrittore con il famoso martire Policarpo, vescovo di Smirne.

2. Reazione protestante.— Dopo la riforma protestante si intese la Scrittura in chiave polemica contro il cattolicesimo, per cui gli errori biasimati nelle pastorali (almeno quelli profetizzati come futuri) si applicarono al cattolicesimo. Qual è la chiesa che oggi proibisce il matrimonio ai preti e alle suore? La cattolica. Qual è la chiesa che proibisce il mangiare di grasso in alcuni giorni dell'anno (anche se sono andati sempre più diminuendo) se non la cattolica? Di qui la profezia biblica riguarda l'errore cattolico (9) Costoro dimenticano tuttavia che nel cattolicesimo il matrimonio non è proibito per tutti, come suppone la lettera a Timoteo, ma solo a chi volontariamente vuole divenire sacerdote o monaco, e che i cibi di grasso vietati solo qualche giorno all'anno, non sono ritenuti un male in se stesso, come suppone il passi citato (10) .

torna all'indice pagina
II. Essenza delle eresie combattute

Gnosi o «conoscenza»

E' ben difficile sintetizzare in poche parole il contenuto delle eresie ricordate nelle lettere pastorali. Anche se lo Spirito assicura una loro futura espansione straordinaria (1 Ti 4, 1ss; 2 Ti 3, 1ss), di fatto sono già presenti ed hanno già causato l'allontanamento dalla chiesa di diverse persone, come Imeneo ed Alessandro che Paolo ha scomunicato (1 Ti 1, 20) (11) .

Di che eresia si tratta? Essa accentua la «conoscenza» o «gnosi» come risulta dalla raccomandazione rivolta a Timoteo di evitare le obiezioni di « quella che falsamente si chiama conoscenza » (pseudognosi 1 Ti 6, 20). Si tratta quindi di eretici che affermano di « conoscere Dio », anche se i fatti documentano il contrario (Tt 1, 16). Il sapere da essi tanto decantato non è affatto tale agli occhi divini.. perciò l'autore esalta al suo posto un'altra conoscenza verace. « Dio vuole — infatti — che tutti gli uomini giungano alla conoscenza ( epignòsis ) della verità » (1 Ti 2, 4), identificabile con Gesù Cristo (ivi 5s).

Si deve riflettere che al II secolo d.C. si sviluppò una corrente di pensiero che si chiamava appunto «gnosi », con la quale si pretendeva rispondere alle domande che di continuo turbano la mente umana. Secondo Clemente Alessandrino gli gnostici erano occupati sui seguenti problemi:

« Chi eravamo? che cosa siamo diventati? dove siamo stati gettati? dove siamo diretti? da che cosa veniamo liberati? che cos'è la nascita la rinascita? » (12)

La risposta si trovava nel mito riguardante il nostro essere, composto di materia (corpo) e di spirito (anima). originariamente l'anima viveva beata nel regno divino fino a che, attraverso un progressivo allontanamento, si abbassò verso il regno della materia dalla quale venne catturata, formando un essere umano. Cristo ci libera facendoci conoscere l'origine spirituale dell'anima, e ci sprona a separarci dalla materia per risalire il regno divino dal quale tale particella divina era decaduta. Quindi il Cristo ci salva comunicandoci la « gnosi » o « conoscenza ». Dalla presente situazione carnale propria dei « sarchici » o dei « materialisti » (ilici) noi dobbiamo risalire al grado superiore degli « psichici » dove domina l'intelligenza (psiche) per poi raggiungere il vertice supremo costituito dagli « spirituali » (pneumatici) che solo possono comprendere in modo esatto la realtà umana. Si comprende in tal caso come la risposta salvifica fosse da loro sintetizzata nel seguente aforisma: « Conosco me stesso e riconosco donde sono » (13) Però anche al 1° secolo la « conoscenza» (gnosi) era assai stimata. Lo stesso paolo esalta la conoscenza di dio da parte dei cristiani come una realtà indiscussa, per cui ogni cristiano potrebbe chiamarsi uno gnostico (1 Co 1, 5; 2 Co 8, 7). Naturalmente tale conoscenza, congiunta con la carità (1 Co 13, 2.8), deve eliminare ogni orgoglio (8, 1) ed essere pronta a non recare danno ai fratelli che possiedono una conoscenza inferiore (1 Co 8, 7-11). Queste raccomandazioni rivelano la tendenza nei Corinzi ad esaltare la « gnosi » (conoscenza) sino a ritenerla superiore alla stessa « agape » (fraternità) e alla comunione dei fratelli. Da tale tendenza può essere derivata la gnosi biasimata nelle lettere pastorali.

La gnosi, sotto l'influsso dualistico, già esistente inizialmente presso gli Esseni di Qumran, tendeva sin dal primo secolo ad eliminare lo stesso corpo materiale di Cristo, ritenuto pura apparenza (docetismo , da dokéo «sembra » senza «essere »). Contro tale errore già combattè assai vivacemente il quarto vangelo. L'insistenza della 1° lettera a Timoteo nel presentare Gesù come uomo e come unico mediatore è dovuta forse a ragioni polemiche contro coloro che negavano l'umanità di Gesù e sostenevano una serie molteplice di mediatori angelici.

« V'è un solo Dio e un solo mediatore Cristo Gesù uomo » (1 Ti 2, 5)

Non è quindi indispensabile ricorrere alla «gnosi» del 2° secolo, potendo le lettere pastorali riferirsi alla gnosi incipiente del primo. Questo è confermato dagli elementi che costituivano tale gnosi. Perciò oggi si ritorna a vedere in queste eresie dei movimenti propri di uno gnosticismo incipiente quale poteva circolare al 1° secolo.

torna all'indice pagina
III Elementi gnostici nelle Pastorali

1. Resurrezione già avvenuta.— Nelle lettere si ricorda l'errore di Imeneo e Fileto i quali « si sono sviati dalla verità sostenendo che la resurrezione ha già avuto luogo e rovinano la fede di qualcuno » (2 Ti 2, 18)(14) Anche se tale idea può accostarsi al pensiero di quegli studiosi moderni fautori della escatologia già realizzata (15) di fatto siamo qui di fronte a una concezione gnostica la quale, ritenendo la materia qualcosa di malvagio che tiene l'anima incarcerata, non aveva alcun interesse per la resurrezione. In un testo gnostico rinvenuto a Nag Hammadi, l'antico Kenoboskion, e che si riferisce alla resurrezione, leggiamo: « Vieni via dai legami e dalle separazioni, tu hai già la resurrezione » (16) La «conoscenza» (gnosi) introduce nella gloria della resurrezione: «la resurrezione dai morti sarebbe la conoscenza (gnosi) della verità da essi così chiamata» (17) Può risalire al 1° secolo tale tendenza? Va ricordato che il giudaismo, seguendo in generale la dottrina dei farisei anziché quella negatrice dei Sadducei, ammetteva la resurrezione da attuarsi tramite il Messia all'inizio di un millennio di vita felice (18) Per sottolineare il legame della resurrezione con la morte di Gesù, Matteo fa risorgere alcuni defunti al momento in cui il salvatore spirò sulla croce anche se, per salvaguardare il fatto che il Cristo dev'essere il primogenito dei morti (Cl 1, 18), li fa apparire solo dopo la sua resurrezione (Mt 27, 52). Anche il quarto vangelo, pur sostenendo che la morte è stata sconfitta dal Cristo (Gv 11, 25), ammette la resurrezione finale di tutti i credenti (Gv 5, 25-29, cf. Ap 20, 11-15; 1 Te 4, 13-18).

Tuttavia quando il cristianesimo entrò in contatto con il mondo greco, il cui ideale consisteva nel liberare progressivamente lo spirito (anima) dal corpo, considerato prigione o sepolcro (Platone, Gorg. 493a; Crat. 400b), sorse un contrasto tra il messaggio apostolico e la cultura ellenista. Paolo ne sarà per questo deriso durante il suo discorso agli ateniesi sul colle dell'Areopago (At 17, 32). Filone, filosofo giudaico, che cercò di abbinare la concezione greca con quella giudaica, interpretò l'assunzione di Enoc (Ge 5, 24) come una «metastasi » o trasformazione del patriarca elevato in un grado morale più puro anziché come una semplice traslazione corporea (De Abrah. 17s). Secondo gli stessi padri della chiesa simili idee sarebbero circolate anche nel 1° secolo ad opera di Nicola e di Menandro. Il primo, che sarebbe stato un diacono (At 6, 5) e avrebbe fondato la setta dei Nicolaiti, sosteneva che «la resurrezione era già avvenuta e per resurrezione intendeva la fede nel Cristo e la lavanda (del battesimo), ma negava la resurrezione della carne » (19) .

Menandro, discepolo di Simone Mago, diceva: «che i suoi discepoli ricevono la resurrezione mediante il battesimo in lui (cioè Menandro) e perciò non possono morire, ma continuano a vivere, senza invecchiare e sono immortali » (20) .

Negli Atti di Paolo e di Tecla leggiamo: « Demas ed Ermogene dissero a Tamiri: ... Ti insegniamo che cosa è la resurrezione, che secondo Paolo deve venire. Essa è già giunta per i figli che abbiamo; noi infatti risuscitiamo conoscendo il vero Dio » (21) .

Anche il loghion 51 del Vangelo di Tommaso può essere inteso nel medesimo modo: «Il riposo ( anápausis) che attendete è giunto; ma voi non lo riconoscete» (22) Simili idee affondano le loro radici in quei cristiani di Corinto che già negavano la resurrezione (1 Co 15, 22ss). Si può quindi ammettere che l'errore combattuto nelle Pastorali risalga al 1° secolo dell'era cristiana.

torna all'indice pagina
2. Astensione dal matrimonio.— Accanto alla tendenza lassista che ammetteva qualsiasi libertinaggio in quanto per lo gnostico in esso peccava solo il corpo ma non l'anima illuminata dalla gnosi, sussistevano tendenze encratite che al contrario interdicevano lo stesso matrimonio come peccaminoso.

La lettera a Timoteo parla di tempi futuri nei quali si sarebbe proibito il matrimonio come una colpa. I padri del 2° secolo ci presentano tale idea già in atto presso alcuni circoli gnostici, per i quali il matrimonio viene da Satana (23) Al dire di Clemente Alessandrino, secondo costoro:

« non si deve ammettere il matrimonio né la procreazione dei figli, perché nuove persone non ci abbiano a sostituire nel mondo divenendo pur esse infelici e dando così continua esca alla morte (24) .
Per non riempire il mondo malvagio originato dal Dio creatore, decidono di astenersi dal matrimonio. Postisi contro il loro proprio creatore, cercano di arrivare al Dio buono che ci chiama, respingendo invece l'altro che è di natura diversa... essi diventano così continenti per odio contro il loro creatore e non per decisione propria, perché nulla vogliono utilizzare di quello che egli ha creato» (25) .

Probabilmente il celibato derivava dal fatto che, trovandosi già i cristiani nella situazione dei risorti, per loro più non ci dovevano essere le nozze, in quanto tutti dovevano vivere come angeli di Dio (26) Anche se di tale errore si prevede una diffusione posteriore, tuttavia già se ne trovavano i precedenti nel primo secolo. Gli Esseni, ad esempio, sdegnavano il matrimonio, difendendo il celibato sia per maggior perfezione spirituale sia per favorire la concordia nella vita comunitaria (27) Anche i suggerimenti paolini favorevoli al celibato (1 Co 7, 1.25s.32-35) potevano indurre a tale interpretazione, benché in tale lettera siano mitigati dal consiglio di sposarsi dato a chiunque non ne aveva il dono (ivi 7, 2.6).

Negli Atti di Paolo e di Tecla, a Tamiri innamorato di Tecla, Demas ed Ermogene parlando di Paolo dicono: «Noi non sappiamo chi sia, però costui priva i giovani delle loro donne e le vergini dei loro mariti, dicendo: Voi non potete risorgere, se non rimanete casti, conservando immacolata e casta la carne» (28) .

Il fatto che nessuna allusione a questo errore appaia nella lettera ai Colossesi, si può supporre che tale eresia non avesse ancora influito fortemente sulla chiesa, tanto più che anche nella 1 Timoteo è presentata come una profezia anziché come una pratica già in atto. Se ne scorgevano indubbiamente i primi sintomi, ma non vi era ancora la sua esplosione. Si comprende meglio in tal modo la raccomandazione rivolta alle donne di salvarsi «partorendo figli» ed educandoli religiosamente, in modo che « tutti assieme » fossero perseveranti « nella fede, nell'amore e nella santificazione » (1 Ti 2, 15).

torna all'indice pagina
3. Limitazioni alimentari. —  In certi ambienti del mondo pagano vigevano delle proibizioni alimentari; gli Orfici e i Pitagorici, ad esempio, si astenevano dai pesci simbolo del silenzio da loro tanto apprezzato (29) Gli Esseni, però più che a costoro, si sentivano legati alle distinzioni tra cibi puri ed impuri imposti dalla Legge (30) Essi non erano vegetariani come risulta dai mucchi di ossa di animali rinvenuti a Qumrân come resto di qualche loro banchetto.

« Nessuno— comandava il documento di Damasco — si renda impuro mangiando animali feroci, o rettili, dalle larve delle api agli esseri viventi che si muovono nell'acqua. Nessuno mangi del pesce ameno che sia stato aperto ancor vivo e ne sia fatto uscire il sangue» (31) .

Tuttavia le proibizioni eretiche biasimate dalle pastorali, oltre che alla legge sembravano ricollegarsi pure a una tendenza gnostica che riteneva la materia un male (1 Ti 4, 3). Si comprende in tal caso come l'autore affermi che tutte le creature vengono da Dio (Tt 1, 15;  1 Ti 4, 3s) e quindi sono essenzialmente buone (Ge 1; Sir. 39, 16.24.27). E' la mia purità o impurità che si trasmette alle cose create, che per loro stesse sono indifferenti e non mi posso rendere puro o impuro (1 Ti 4, 5; Tt 1, 15). Già Paolo aveva avuto occasione di illuminare i cristiani circa gli interdetti alimentari (su cui aveva parlato anche Gesù, Mc 7, 15; Mt 15, 1-20): essi, lasciati alla coscienza dell'individuo (Rm 14, 1s), possono diventare occasione di falso orgoglio per chi se ne astiene per vanagloria (Cl 2, 20-23): « Tutto è puro per i puri» (Rm 14, 20; cf. Lc11, 41). I credenti devono prendere ogni cibo come divino e ringraziarne il Signore (1 Ti 4, 4; Rm 14, 6; 1 Co 10, 31; cf. Guerra Giud. 2, 131; Sibyl 4, 26)(32) Siamo quindi di fronte a una gnosi incipiente diversa da quella del 2° secolo e che incominciava a spingersi in tale direzione. Questi suggerimenti sono avvalorati ancor più dagli elementi giudaici caratterizzanti gli errori combattuti dalle nostre lettere e che risalgono indubbiamente al 1° secolo d.C.

torna all'indice pagina
IV Elementi giudaici

Alcuni elementi di questi errori sono i miti e le genealogie (me proséchein mythois kai genealogíais 1 Ti 1, 4).

1. Mito. — Se inizialmente «mito» equivaleva a «parola»(33) in seguito passò a indicare una favola raccontata dalle mamme ai loro bambini(34) oppure una allegoria a scopo pedagogico, come l'apologo di Menennio Agrippa (35) Si estese pure alle leggende riguardanti gli dèi, presentati con passioni simili a quelle umane e ai racconti riguardanti la creazione del mondo. Al tempo di cristo i miti degli dèi, interpretati in modo allegorico, venivano considerati come racconti falsi, simboli però di verità profonde(36) Il mito è quindi una favola contraria alla verità e alla storia (2 Ti 4, 4).

I miti giudaici, anche se talora si ricollegavano a racconti pagani come l'Orfeo che incanta gli animali affrescato a Dura-Europos(37) solitamente si rivolgevano alla Legge (Torà), per cercarne i sensi più reconditi. Diffusori di questi miti sono a Efeso dei « maestri in legge» ( nomodidáskaloi 1 Ti 1, 7), o a creta della gente che viene dalla circoncisione (Tt 1, 10.14). Per loro valevano le parole che Filone rivolgeva ai Terapeuti:

« facevano l'esegesi ricorrendo al senso profondo, alle allegorie. Quegli uomini pensano che tutta la legge assomigli a un essere vivente: suo corpo è la lettera delle prescrizioni e sua anima il senso invisibile, che soggiace alle parole... Nello specchio dei nomi si riflettono le speciali bellezze dei pensieri, l'anima ne scopre e riscopre i simboli che pongono in luce le pure idee» (38) .

A queste riflessioni si dedicavano gli Esseni, «i silenziosi », così chiamati, dice Giuseppe Flavio, per il loro silenzio che dava l'impressione di «un pauroso mistero » (39) Forse erano loro collegati ad Efeso gli Essaioi (Esseni?), una classe sacerdotale che nel tempio di Artemide (Artemisio) viveva in comunità e praticava il celibato(40) Anche i farisei — seguiti da Paolo — si dedicavano a speculazioni sui testi biblici(41) ma gli Esseni andavano tant'oltre da trovare in Abacuc e in altri passi biblici la profezia della loro stessa storia (42) Alcuni perdevano tempo a chiedersi come mai un alfa era stato aggiunto al nome di Abra'amo e un ro al nome di Sara (43) Ad essi si rifà probabilmente il richiamo a Jannès e Jambrès che, pur non essendo ricordati nella Bibbia, sono noti al Targum palestinese come figli di Balaam e sono nominati anche nei manoscritti di Qumrân (44) Paolo denuncia queste tendenze verso le « profondità» (cf. 1 Ti 6, 4; cf. Cl 2, 17; Ap 2, 24 «profondità di Satana») stravaganti, opposte al fatto storico dell'incarnazione (1 Ti 3, 16) e della morte di Gesù in croce (ivi 2, 5s). Sembra quindi che tali moti non riguardino propriamente i futuri miti gnostici delle anime catturate dalla materia, bensì le interpretazioni allegoriche della Scrittura, quali si ritrovano nelle speculazioni giudaiche del 1° secolo (45) .

2. Genealogie. — Tra gli errori si elencano pure le genealogie «inestricabili, infinite, mai compiute» (tale il senso di a-pérantos 1 Ti 1, 4; cf Tt 3, 9). Ci verrebbe da pensare ai singoli eoni gnostici che progressivamente si allontanano da Dio oppure che attuano la nostra salvezza e che sono tra loro ricollegati dalle più svariate genealogie (46) Tuttavia, dal momento che queste genealogie sono ricollegate col giudaismo, si possono ancora meglio intendere come genealogie riguardanti gli antichi patriarchi(47) Filone chiama «genealogie » i racconti mosaici che descrivono lo sviluppo dell'umanità dalla creazione a Mosè(48) e che erano assai amate dai Terapeuti (49) I midrashim a noi pervenuti ci fanno vedere come i loro autori supplissero liberamente alle lacune del testo biblico, vi togliessero i dati urtanti, ne commentassero i passi difficili e non si facessero alcun scrupolo di trasformare i patriarchi premosaici in autentiche persone zelanti della Legge (50) Lo storico giudeo Malco (pure chiamato Clodemo) non si vergognava di dire che Afra, nipote di Abramo, era divenuta moglie di Ercole (50bis) Il giovane Noè era di una bellezza così insolita che Lamech spaventato fece giurare sua moglie di non averlo ottenuto da « un vegliante», ossia da un angelo decaduto, come nel caso di Jared(51) Nessuna meraviglia che i cristiani-giudaizzanti di Efeso e di Creta si dilettassero con simili strane dottrine ( eterodidaskalein) .

3. Magia. —. Questi cristiani eterodossi non solo si applicavano alla mitologia e allo studio delle genealogie, ma praticavano pure la magia. Sono infatti chiamati goêtes , nome applicato con disprezzo ai magi  (2 Ti 3, 13 apax legómenon), quali si trovavano abbondantemente al 1° secolo. Si tratta di persone che si dedicavano alla magia. Molti nomi magici venivano dal giudaismo come risulta da Iao, Sabaot che ricorrono frequentemente nei papiri magici (52) Giovenale con disprezzo diceva che « per qualche soldo i giudei vi vendono tutte le chimere del mondo »(53) Simone il mago proveniva da Gitta in Samaria (54) Ad Efeso, patria della efesia grammata e metropoli dell'Asia, rinomata per la sua brama della magia, Paolo incontra i sette figli del sommo sacerdote giudeo Sceva (At 19, 14) e fa bruciare per 5000 monete d'argento alcune parierga , vale a dire le opere di scienza magica (ivi 19, 19) (55) Il calendario qumranico ha queste parole enigmatiche: « Per il santo dei santi e il segno N, per la chiave delle grazie eterne » (Regola 10, 4). La lettera nun , la quattordicesima dell'alfabeto ebraico, numero santissimo per i pitagorici (56) era una lettera magica, significante aionia (eterne), al dire di Girolamo (57) .

Anche la parola « segno» (ebr. 'ôth) va accostata alla trascrizione AOTH dei papiri magici. E' facile comprendere come la curiosità femminile fosse attratta da queste pratiche magiche, essendo tendenzialmente superstiziosa (2 Ti 3, 6). Si capisce così meglio come gli eretici siano paragonati ai due maghi egizi Jannès e Jambrès (2 Ti 3, 8; Doc. Dam. 5, 18; Giub. 48, 9).

4. Le antitesi. — L'autore delle lettere combatte le «opposizioni (o antitesi) della pseudo-conoscenza » (antithéseis tes pseudonómou gnóseos 1 Ti 6, 20). Più che riferirsi al libro di Marcione chiamato « Antitesi », si rifà alle opposizioni dialettiche dei falsi dottori che, da controversisti nati, si oppongono all'insegnamento sano (1 Ti 1, 10), alla verità ( 2 Ti 3, 8), parlano contro gli altri ( antilégontas Tt 1, 9) e battagliano per delle parole (Tt 3, 9; 2 Ti 2, 23). Con la pretesa di possedere la vera « conoscenza », si oppongono agli insegnamenti per loro superficiali della chiesa comune.

torna all'indice pagina
V. Come agire con le eresie

Non rientrando direttamente nell'argomento, mi accontenterò di un brevissimo richiamo. Anzitutto occorre rifiutare la discussione per evitare in tal modo le contese (1 Ti 6, 20; 2 Ti 2, 24s; Tt 3, 9ss). E' bene stare lontani da loro essendo inutile perdere con essi del tempo (Tt 3, 10; 2 Ti 4, 15). All'occasione tali eretici possono essere scomunicati come Imeneo e Alessandro (1 Ti 1, 20). Bisogna ad ogni modo ammonirli con severità anziché trattarli con dolcezza (2 Ti 4, 2; Tt 1, 9.15). Al posto dell'errore occorre insistere nell'insegnamento della verità, vale a dire delle «sane parole del Signor nostro Gesù Cristo» (1 Ti 4, 6; Tt 1, 9) (58) .

Conclusione

Possiamo quindi concludere che le eresie delle Pastorali, anziché corrispondere alla « gnosi» del 2° secolo, suppongono un movimento incipiente ben lontano dalle speculazioni che furono riscoperte di recente a Nag Hammadi in Egitto. Oggi sono quindi ancor più valide di un tempo le parole che B. Weiss scriveva nel lontano 1902: « Non vi è alcun tratto della gnosi del 2° secolo »(59) «Già da tempo la critica moderna ha rinunziato a vedere una polemica antignostica nella lettera ai Colossesi, perché nulla di ciò che si dice permette di identificare tale dottrina con un determinato sistema oggi conosciuto. Ora gli insegnamenti condannati dalle Pastorali e le pratiche corrispondenti sono ancora più vaghi e generici» (60) L'esistenza di una corrente giudeo gnostica, attribuita agli Esseni da Filone e da Giuseppe Flavio(61) è stata confermata dai testi di Qumrân (62) e in parte importata nel cristianesimo giudaico. L'apporto di queste correnti favorirebbe l'idea del Grant che attribuisce l'origine della gnosi ad ambienti giudaici(63) anche se non si può escludere del tutto l'incubazione di tali idee in correnti orientali ancora più antiche.

Nella lettera a Tito si parla di «quelli della circoncisione » (Tt 1, 10) da identificarsi con gli « Ebrei» (64) ossia probabilmente con giudeo-ellenisti di tendenza essena o paraessena (diventati cristiani), la cui presenza, come già vedemmo, si segnalava ad Efeso. Di qui il carattere particolarmente « asiatico» delle epistole pastorali riconosciuto dai commenti più recenti (C.K. Barrett, A.T. Hanson, N. Brox). Le pastorali possono quindi risalire benissimo al 1° secolo, anche se non si può documentare, per quanto riguarda le eresie, che siano paoline.

torna all'indice pagina
Bibliografia sulle eresie nella pastorali

D. Guthrie, Le epistole pastorali, edizioni GBU, Roma 1971, pp. 38-45.

N. Brox, Le lettere pastorali, Morcelliana, Brescia 1970, pp. 46-62.

C. Spicq, Pastorales (épitres). DBS, VII (1966), pp. 1-73.

F.H. Colson, «Myths and genealogies». Note on the polemic of the Pastoral
Epistles in «Journal of Theological Studies» 1918, pp. 265-271.

Sulla gnosi incipiente cf.:

G. Van Groningen, First Century Gnosticism. Its Origin and motivs, Leida 1967 (cf. Rev. Sc. Rel. 42, 1968, pp. 361-363).

J.M.A. Salles-Debadie, Recherches sur Simon le Mage, I: L'Apophasis Mégalé (Cahiers de la Revue Biblique, 10) Gabalda, Paris 1969 (gnosi incipiente: il mondo non è ancora considerato cattivo. L'immortalità si raggiunge mediante l'identificazione conoscitiva dell'iniziato con il salvatore, sia esso Gesù, Iside (Metamorfosi d'Apuleo), Simone il mago, colui che «è, era e sarà » (estós, stás e stêsómenos ).

R. Bultmann, Gnosis in Kittel, Theol. Wort. I. pp. 689-719 (Grande lessico del N.T., Paideia, Brescia, vol. II, coll. 461-542). Peccato che insista troppo poco sulla parola  «gnosi » per studiare il più complesso verbo ghinosko .


NOTE A MARGINE

1. J. Dupont. Le schisme d'après S. Paul, in «L'Eglise et les Eglises». Chevetogne 1954, p. 124. torna al testo

2. 2 Ti 3, 13; 1 Ti 4, 2 en ipokrisei pseudologôn , cf. il comico Cratino, framm. II, 8 eis ipokrisin logon edito da P. Mazon, De Nouveaux fragments de Cratinos, in «Melanges Bidez», Bruxelles 1934, pp. 603-612. torna al testo

3. Frenapátai , «ingannatori» (fren-apatéo camminare) apax biblico cf. kenoi frenôn «vuoti di cervello». Filone, De spec. leg. 4.200; De migr. Abr. 138. torna al testo

4. Cf Ga 5, 12; 1 Co 4, 7; 2 Co 10, 12. per i sarcasmi contemporanei cf Spicq, Pastorales, o. c., col. 30 (v. Bibliografia). torna al testo

5. Ireneo, Adv, Haer., 3,16,5; cf. Vincenzo de Lerins, Commonitorium 27. torna al testo

6. Tertulliano, De Praescript. haer. 33. torna al testo

7. H.O. Campenhausen, Polykarp von Smyrna und die Pastoralbriefe, 1951, pp. 5-51. Fu combattuto da E. Käsemann, Verkundigung und Vorschungen, in «Theologisches Jahres-bericht», 1949-50 (München 1952, p, 215). recentemente anche H.C. Klee e F.W. Young ammettono l'idea assai diffusa che gli errori combattuti nelle pastorali siano del II secolo (Understanding the New Testament, Englewood Clifts 1957, pp. 345s). torna al testo

8. Sui testi gnostici desunti dai padri della Chiesa cf. W. Forster, E. Haenchen, M. Krause, Die gnosis I: Zeugnisse der Kirchenvater (Die Bibliotek der Alten Welt), Artemis, Zürich 1969; A. Adam, Texte zum Manichaeismus (Kleine Texte zur Vorlesungen und Uebungen 175) Walter de Gruyter, Berlino 1969. torna al testo

9. Cf. L. Brownlow-Lawrence De Falco, Una discussione tra un predicatore della Chiesa di Cristo e un prete cattolico, Roma, SIET 1954, n. XVIII, pp. 216-230. torna al testo

10. Con questo non intendo giustificare il celibato sacerdotale per la sua obbligatorietà (anziché rimanere facoltativo) e nemmeno l'imposizione del magro e del digiuno in certi giorni fissi, dimenticando che tali pratiche « non hanno valore per conto loro ma servono solo a soddisfare l'orgoglio umano » (Cl 2, 23). torna al testo

11. Sulla esistenza già in atto di questi eretici cf. pure Tt 1, 10ss; 1 Ti 1, 3ss; 6, 20s; 2 Ti 2, 16ss; 3, 8. torna al testo

12. Clemente d'Alessandria, Excerpta ex Theodoto 78, 2. torna al testo

13. Riportato da Ireneo, Adv. Haer, 1,41,5 cf. Evangelium veritatis 22, 13-15. torna al testo

14. Fr.Z. Browne, What Was the Sin of Hymenaeus and Philetus?, in «Bibbia Sacra» 1945, pp. 233-239. torna al testo

15. Per l'escatologia realizzata si confrontino, ad esempio, gli studi del Dodd, specialmente The Interpretation of the Fourth Gospel, Cambridge 1953; cf. W. Lane, 1 Ti 4, 1-3. An Early Instance of Over-realized Eschatology? in «New Test. Studies», 11 (1965), pp. 164-167. torna al testo

16. De resurrectione 49, 13 cf. 45, 150.23-28; 48, 3-49 ed. Malinine ecc. Zürich-Stuttgart 1963. torna al testo

17. Ireneo, Adv Haer. 5,31,2; cf. Giustino, Dialogo 80,4,5. Secondo Tertulliano anche i Valentiniani del 2° secolo condividevano la stessa idea (De Praescriptione haer. 34, 7); cf Clemente Alessandrino, Stromata 3,48,1. torna al testo

18. Cf anche Lc 7, 22 (i morti risorgono) e K. Stendhall, The Scrolls and the New Testament, New York 1957, pp. 13-17; L. Moraldi, I Manoscritti di Qumrân, UTET, Torino 1971, pp. 382ss (nota). torna al testo

19. Citato da Ippolito, De resurrectione. Framm. I, H. Achelis GCS I (1887) 251; cf. Filosofumena 7, 36. Essi la identificavano con la resurrezione spirituale avveratasi nel battesimo (Rm 6, 1-11; Ef 2, 6; 5, 14; Cl 2, 12; 3, 1). torna al testo

20. Ireneo, Adv. Haer. 1,23,5 «Egli disse che coloro che stavano con lui non sarebbero morti »; cf Giustino, 1 Apol. 26, 4; Tertulliano, De Anima 50, 2; Ippolito, Refut, v. 8, 24; Origene, C. Celsum III, 11; Crisostomo, Hom. in 1 Co 38, 1 PG 61, 321. torna al testo

21. Atti di Paolo e Tecla, n. 14 in M. Erbetta, Gli apocrifi del N.T., vol. II Atti e leggende, Marietti, Torino 1966, p. 261. torna al testo

22. Evangelium secundum Thomas, Leida 1958, p. 29s. torna al testo

23. Cf Ireneo, Adv Haer. 1,24,2; 28, 1; Tertulliano Adv Marcionem 1, 14; De Praescript. Haer. 33, 6; Ippolito, Refut. 5,8,33. torna al testo

24. Clemente Alessandrino, Stromata 3,45,1; cf. 3,64,1. torna al testo

25. Ivi 3,12,2. torna al testo

26. Mt 2o, 30 = Mc 12, 25; cf, 1 Ti 4, 3; 2 Ti 2, 18. torna al testo

27. Filone, Apologia degli Ebrei, in Eusebio, Praeparatio evangelica XII in Moraldi, Manoscritti di Qumrân, o. c. p. 56s. torna al testo.

28. N. 12 in Erbetta, o. c., p. 260 n. 11; Atti di Tommaso 11-12; Atti di Andrea 5-6; cf. A.J. Festugiêre, Le Dieu inconnue et la gnose, Paris 1954, p. 221s. torna al testo

29. Si ricordino pure gli «ippemolghi galattofagi» dell'Iliade 13, 5s; cf. Eustazio, Commento a Omero 1720, 32; Diogene Laerzio 8, 34; Plutarco, Perì sarkofagías 1: Banchetto 16; cf. N.J. Lagrange, Les legendes pythagoriciennes et l'Evangile, in «Rev. Bibl.» (1937) 5-28; J. Haussleiter, Der vegeterismus in der Antike, Berlino 1935. torna al testo

30. Cf. Giuseppe Flavio, Guerra giudaica 11,123.138.143.152. torma al testo

31. Doc. Dam. 12, 11-14; 6, 17; Lettera d'Aristea 128s; Giubilei 6, 13, torna al testo

32. Per gli «impuri e gli increduli», incapaci di tale giusto apprezzamento morale, cf. B. Haensler, Zu Tt 1, 15, in «Biblische Zeitschrift» 1915, pp. 121-129. torna al testo

33. Cf. H. Fournier, Les verbes «dire» en grec ancien, Paris 1946, p. 215s. torna al testo

34. graôdeis mythos 1 Ti 4, 7; cf. Platone, Gorgia 527a; Quintiliano, Inst. orat., parla di aniles fabulae (1, 8). torna al testo

35. Dione Cassio 1, 33. torna al testo

36. Mythos ésti lógos pseudês, eikonizón tèn alétheian , Suida. Sui miti e il N.T. cf. F.H. Coison, Myths and Genealogies, in «Journal of Theological Studies» 1955, pp. 32-40; C.K. Barrett, Myth and the N. Testament. The Greek Word mythos, in «The Expository Times» 68 (1957), pp. 345-348; J. Pepin, Mythe et allegorie. Les origines grecques et les contestations judéo-chrétiennes, Paris 1948; A. Ohler, Elementi mitologici nell'A.T., Marietti 1971. torna al testo

37. Cf. A. Grabar, Le thème religeux des fresques dela synagogues de Doura, in «Rev. de l'Hist. des religions» 123 (1941) 143-192; 124 (1942) 1-35. torna al testo

38. Filone, Vita contempl. 78 cf 28. torna al testo

39. Gius. Flavio, Guerra Giudaica 2,132-133. Una  « sala per i silenziosi», secondo la Mishna si trovava nel tempio di Gerusalemme (Sheqalim v. 6). torna al testo

40. Cf. Ch Picard, Ephèse et Claros, Paris 1922, p. 236. « Se uno di Sardi desidera divenire cittadino di Efeso, gli Esseni gli assegneranno una tribù... perché possa avere accesso al consiglio e all'assemblea del popolo» (Iscrizione di Sardi VI, e cf Picard o. c., p. 236). torna al testo

41. Ga 4, 24 cf. W. den Boer. Hermeneutic Problems in Early Christian Literature, in «Vigiliae Christianae» 1947, pp. 15'-167. torna al testo

42. Cf i testi del già citato volume di L. Moraldi (cf. sopra nota 18). torna al testo

43 Giustino, Dial. c. Trifone 113, 2. torna al testo

44. Si nominano in 2, Ti 3, 8; di essi parla il Targum palestinese su Es 1, 15; 7, 11; Nm 22, 22 e il Docum. Damasco 5, 18. Su questi cf. Strack-Billerbeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrash, 555 München 1928, pp. 660-664. torna al testo

45. Qualcuno intende 2 Ti 3, 15 un'affermazione contro gli gnostici del 2° secolo che rifiutavano l'Antico Testamento; ma non è necessario interpretare il passo in tale modo. torna al testo

46. Cf Ireneo, Adv. haer. 1,30,5.9. Ad essi potrebbe alludere la presentazione di Cristo come unico mediatore (1 Ti 2, 5). torna al testo

47. Cf G. Kittel, Die genealogiai der Pastoralbriefe, in «Zeitschr. für die neutest. Wissenschaft» 1921, pp. 49-69. torna al testo

48. Filone Vita Mos. 2, 46-48. torna al testo

49. Filone, Vita contempl. 29; Quod omnis probus liber 80. torna al testo

50. Cf Libro dei Giubilei, Testamento di levi; Testamento dei XII patriarchi, La leggenda di Giuseppe e di Asenath, ecc. torna al testo

50 bis. Cf. Gius. Flavio, Abt. Giud. 1, 241. torna al testo

51. Enoc 106; Apocrifo del Genesi (Qumran) col. 2-3. torna al testo

52. Dict. Bible Suppl. 5, 706s. torna al testo

53. Giovenale 6, 542-547. torna al testo

54. At 8, 9s, cf. L.H. Vincent, Le cults de Hélène à Samarie, in «Rev. Bibl.» 1936, pp. 191-262. torna al testo

55. Sulle efésia grámmata o testi di magia cf. Ch. Picard, Ephèse et Claros, Parigi 1922, p. 127s. torna al testo

56. Filone, Vita contempl. 65. torna al testo

57. Girolamo, Epist. 30 PL 22, 443 = sempiternum; cf. R. Goossens, L'enigme du signe «nun» dans le Manuel de discipline, in Le Nouvelle Clio» 1954, pp. 5-39. torna al testo

58. J.W.D. Skiles, 2 Ti II, 15 and Sophocles, Antiq. 1195, in «Classical Philology» 1943, pp. 204s. La parola « orthotoméo » che significa una «interpretazione corretta » della parola di Dio, e che nella Bibbia si trova solo qui, potrebbe ispirarsi a Sofocle ( Orthòn aléthei aéi). torna al testo

59. B. Weiss, Die Briefe Pauli in Timotheus and Titus, Göttingen 1902, p. 24. torna al testo

60. E. Lombard, Pastorales, in «Dict. Encyclopédique de la Bible» II, 302; cf. R.P. Casey, Gnosis, Gnosticism and the New Testament in W.D. Davies and D. Dauk, The Background of the N. Testament and its Eschatologie, Cambridge 1956, pp. 52-80. S. Sandmel, Myths, Genealogies and Jewish Myths and the Writing of Gospel, in «Hebrew Union College Annual» 1956, pp. 200-211 (le Pastorali sarebbero del 100-125). torna al testo

61. Cf. J Thomas, le mouvement baptiste en Palestine et en Syrie, Gembloux 1935, pp. 169-183. torna al testo

62. H. J. Schoeps, Das gnostische Judentum in den Sea Scrolls, in «Zeitschrift für Religions und geistesgeschichte» 1954, pp. 276-279; O. Cullmann, The Signifiance of the Qumran Textes for Research into the Beginning of Christianity in Kf. Stendhal, The Scrolls and the New Testament, New York 1957, pp. 19-32; J.A. Fitzmyer, The Qumran Scrolls, the Ebionites and their Literature, ivi, pp. 208-231. torna al testo

63. R.M. Grant, Gnosticism and Early Christianity. Harper Torchbooks. New York 1966; M.M. Schenhe, Das problem der Beziehung zwischen Judentum and Gnosis. Ist die Gnosis aus dem Judentum ableitbar? in «Kairos» 7 (1965), pp. 124-133. torna al testo

64. E.E. Ellis, Those of Circumcision and Early Christian Mission, in «Studia Evangelica», 4 (Berlin 1968), pp. 398-400. torna al testo