LE  EPISTOLE  PASTORALI
1, 2 TIMOTEO e TITO
Spunti esegetici e di attualità
Le diaconesse

a cura di Luciana Caddeo - articolo tratto da Ricerche Bibliche e Religiose, n. 2-3, II e III Trimestre 1972 pp. 115-129


INDICE

Introduzione
I. 1 Timoteo 3, 11
    1. Donne in generale
    2. Mogli degli «inservienti»
    3. Inservienti (diaconesse) nella chiesa
II. Inservienti nella chiesa
    1. Omissione dell'articolo
    2. Non esiste il vocabolo «diacono» al femminile
    3. Febe: Rm 16, 1
    4. Errori di applicazione dell' «ufficio» del diaconato
Conclusione


Introduzione

Dopo il Concilio Vaticano II si è molto parlato del diaconato. Da un'inchiesta fatta dalla rivista «Il Regno »(1) si è constatato che la maggioranza degli intervistati — 77% — era favorevole al ripristino del diaconato « laico». Il 50% era favorevole anche al diaconato femminile. Su 69 chiese evangeliche ben 54 hanno l'ufficio del diaconato per le donne; in molte di queste le donne godono delle medesime condizioni dell'uomo(2) Ma che la maggioranza delle chiese principali abbia le « diaconesse» non può costituire motivo valido per accettare la cosa incondizionatamente. Questo può essere fatto solo se tale ruolo assunto da alcune donne sia biblico. E' necessario pertanto analizzare i passi della Scrittura dove si parla di questo.

I versetti in questione sono solo due e, per alcuni, essi non sono sufficientemente chiari per poter trovare l'esistenza delle «diaconesse » nella chiesa primitiva. I due passi sono: 1 Ti 3, 11; Rm 16, 1.

I. 1 Timoteo 3, 11

«Ugualmente siano le donne dignitose,
non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto»
(1 Ti 3, 11)


Chi sono queste donne per le quali Paolo esige alcuni requisiti mentre sta parlando dei « servitori » (diaconi) che dovrebbero avere un compito specifico nella chiesa? Erano donne in generale, mogli degli « inservienti» o donne scelte, come gli uomini, per un compito specifico nella chiesa locale?

1. Donne in generale

E' poco probabile che qui si parli di donne in generale — come sostenne ad esempio l'Ambrosiastro (sec. XVI) — dato che nel contesto si sta parlando di cariche specifiche (episcopi, diaconi) e non di requisiti dei cristiani in genere. Infatti quasi nessuno sostiene questa tesi.

2. Mogli degli «inservienti»

Di questo parere sono S. Efrem, S. Tommaso, Lutero, Prat, Boudou (3) Alcuni traduttori, interpretando il passo in tal senso, hanno tradotto « Le loro mogli » (4) «le (loro) donne »(5) Il vocabolo guné (donna), può significare tanto «donna » che «moglie », solo dal contesto si può capire a chi si riferisce.

Albert Barnes, basandosi su una traduzione che dice «le loro mogli », spiega che la comune interpretazione di questo passo deve riferirsi alle mogli dei diaconi, e questa per lui sarebbe una ovvia e naturale interpretazione. «Inoltre — egli dice — la parola qui usata (mogli) non è mai adoperata da sola per designare diaconesse (6) .

Precisando che questa non è una ovvia e naturale interpretazione e nemmeno la comune interpretazione, ma semmai una delle interpretazioni, a me sembra difficile che si possa provare che queste «gunaikas » siano esclusivamente le mogli degli inservienti dei versetti immediatamente precedenti.

a) Se si fosse trattato delle mogli degli «inservienti » sarebbe stata necessaria una precisazione — cosa che hanno giustamente dovuto fare coloro che hanno tradotto « mogli» e che hanno dovuto aggiungere « le loro » per meglio chiarire la lacuna creatasi nel contesto. La mancanza di un pronome possessivo è notata, tra gli altri, anche dal Brox:

« Si può addurre che non si dice « le loro donne», manca dunque un pronome possessivo che ci si dovrebbe aspettare, se si fosse pensato alle mogli dei diaconi» (7) .

b) òsaútos « Parimenti, allo stesso modo» necessariamente si ricollega a quanto precede. Allo stesso modo (degli inservienti) anche le donne abbiano questi particolari requisiti più confacenti alla natura femminile.

c) E' abbastanza strano che al v. 12 si parli della moglie e della famiglia degli inservienti, quando i requisiti per tali «mogli » sarebbero già stati dati al versetto precedente. Il discorso sarebbe più logico se i requisiti per le donne fossero dati subito dopo aver nominato le mogli, e non prima come in questo caso. Un discorso coerente suonerebbe così: Gli assistenti siano fedeli alle loro mogli le quali devono essere dignitose, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. Ma il fatto che queste donne sono nominate prima di ricordare la famiglia degli inservienti, sta a significare che esse non erano necessariamente parte della loro famiglia. Forse erano incaricate del « servizio» in particolar modo le vedove o donne senza il grande impegno di famiglia che allora era quasi sempre numerosa. Sarebbe rimasto ben poco tempo a delle donne sposate, con numerosi figli, da dedicare al servizio della comunità. Il fatto che manchi a queste donne un accenno alla loro famiglia non significa che si debbano collegare con la famiglia degli inservienti, piuttosto, come sottolinea anche A. Oepke, che si trattasse di donne nubili o anziane che dedicavano tutta la loro attività alla chiesa (8) .

d) Sarebbe davvero difficile credere che, mentre per gli inservienti si sottolinea la necessità di avere donne (mogli) con determinati requisiti, per i vescovi, che svolgono una mansione ben più importante di conduttori, sorveglianti della chiesa, non si parli delle doti che le loro mogli devono avere. Albert Barnes, a questo proposito dice che nelle qualifiche dei vescovi l'apostolo ha già dato in elenco sulle qualità della famiglia. Altre specificazioni e particolari a riguardo di altri membri della famiglia sono superflui (9) Innanzi tutto è bene notare che anche per gli inservienti al v. 12 ci sono dei requisiti per la loro famiglia, non dissimili, anche se più sintetizzati di quelli degli anziani. In secondo luogo, visto che in 1 Ti 3, 1-7 si parla solo di vescovi (padri e mariti) e dei loro figli e l'unico accenno alla donna è che sia l'unica per suo marito (e questo non è un requisito per lei in particolare), si giungerebbe alla conclusione che è superfluo parlare delle donne. Tutte le altre qualità che sottintendono la presenza di una brava donna (educazione dei figli, ospitalità, buona testimonianza) sono viste solo come « meriti » dell'uomo. Si può quindi dire che se le qualità delle mogli dei vescovi sono sottintese, è ben strano che quelle delle mogli degli inservienti siano invece chiaramente elencate. Boudou dice che è meglio interpretare il v. 11 nel senso che non si alluda alle diaconesse in senso stretto, ma alle mogli dei diaconi:

« D'altronde l'apostolo aveva ragione di preoccuparsi per loro perché la loro unione e la vita in comune con i diaconi ne facevano le ausiliari naturali dei loro mariti, e le spingevano a compiere in gran parte quell'ufficio di diaconesse «che i costumi dell'Oriente obbligavano a stabilire in certe provincie asiatiche ». E' dunque naturale che Paolo esiga da queste donne qualità analoghe a quelle dei loro mariti» (10) .

E qui è il caso di chiedersi con maggior vigore: le mogli dei vescovi non avevano con loro vita in comune?. Non erano esse ausiliarie naturali dei loro mariti? Forse che un compito quale quello della guida nella chiesa e nella famiglia, un comportamento da essere apprezzato anche « da quelli di fuori», si potrebbe attuare indipendentemente dal modo di agire della moglie?

L'obiezione sulla mancanza dei requisiti per le mogli degli anziani è posta pura da Brox (11) De Anbroggi(12) Carl Spain(13) Settimio Cipriani(14) Per James W. Adams tale obiezione non può essere conclusiva e non crede — senza peraltro portare alcuna prova — che le conclusioni tratte debbano essere ritenute necessarie(15) .

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3. Inservienti (diaconesse) nella chiesa

Di questa opinione sono la maggioranza degli studiosi moderni:

« Queste donne non sono né donne in genere, né le mogli dei diaconi, ma le cosiddette diaconesse» (16) .

« Esse sono le diaconesse» afferma il curatore delle note della Sacra Bibbia ed. Paoline (17) «Le donne con molta probabilità non designano qui le mogli dei diaconi, ma le diaconesse; anche tali donne erano deputate ai servizi della comunità », dice Benedetto Prete(18) «Non possono essere le mogli dei diaconi — dice lo Freundorfer (19) —  dato che le esigenze prospettate in questo passo si riferiscono certamente, in parte, al contegno da tenersi nell'azione in pubblico». « Le parole di 1 Ti 3, 11, gunaîkas òsaútos semná presuppongono l'esistenza di diaconesse aventi le stesse funzioni dei diaconi » (20) «Queste donne sono diaconesse (ministrae) come Plinio le chiama nella sua lettera a Traiano (. . .) il presente passo è ben poggiato a terra» (21) «Il termine « allo tesso modo» nei vv. 8 e 11 suggerisce che Paolo fosse interessato a tre speciali uffici di ministri, uno dei quali pertinente alle donne» (22) Anche W. Brandt le considera diaconesse argomentando efficacemente, nel suo libro «Dienst und Dienen im N.T. » contro la tesi che tali donne siano mogli dei diaconi (23) «E' semplicemente un fatto che nell'antica Chiesa esse (diaconesse) sono esistite, e che esse hanno fatto, nel campo religioso e culturale, molte cose che oggi sono vietate alle donne »(24) Anche per il Palazzi il diaconato femminile era una carica esercitata nel primitivo cristianesimo(25) .

Tutto il contesto riguarda il contegno in pubblico prima degli uomini e delle donne (2, 1-15), poi dei requisiti degli anziani in seno alla famiglia, nella chiesa e nella società (3, 1-7), infine delle qualità degli inservienti affinché possano svolgere la loro missione (3, 8-13). Questo « inserto» riguardante le donne non può quindi rivolgersi a donne dedite ai lavori domestici (Tt 2, 5).

Non è escluso che talune mogli di inservienti esercitassero le stesse funzioni del coniuge collaborando nel di lui lavoro, ma questo non significa che tutte le mogli degli inservienti fossero impegnate in questa missione o che nessuna donna che non fosse moglie di tali persone potesse compiere tale servizio. Come sottolinea anche lo Freundorfer, l'ammonimento è diretto non a mogli, ma a donne in generale:

« Paolo poteva al più riferirsi al costume corrente, che le mogli dei diacono collaborassero nelle opere caritative con i loro mariti. Va tuttavia rilevato che l'ammonimento è diretto a delle «donne » in generale, e non alle «loro mogli ». La cosa più probabile, pertanto, è che Paolo parli di un diaconato femminile »(26) .

L'esistenza del diaconato femminile nei primi secoli è provata storicamente. Un accenno si trova nella lettera di Plinio a Traiano, scritta nei primissimi anni del II secolo (111-113), dove Plinio il Giovane scrive di aver fatto torturare — per sapere la verità sul cristianesimo — due schiave che venivano dette sacerdotesse (minitsrae ) (27) vocabolo che traduce il greco «diakonos »

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II. Inservienti nella chiesa

Ecco alcuni motivi che ci spingono a vedere in queste donne delle «inservienti» esplicanti il loro servizio a favore della chiesa.

1. Omissione dell'articolo

Il testo greco dice: «Ugualmente siano donne dignitose . . . »

E' Significativo il fatto che Paolo, non solo ha omesso un pronome possessivo per queste « donne», ma esse sono addirittura designate senza articolo. Secondo lo Zerwick (28) l'omissione dell'articolo nella lingua greca mostra che chi parla considera la persona o la cosa, non tanto quanto questa o quella persona o cosa, ma piuttosto come TALE persona o cosa; considera non tanto l'individuo, ma piuttosto la sua natura o qualità.

Non sarebbe dunque per caso o per errore che l'apostolo ha omesso l'articolo davanti a queste donne, ma per seguire una regola grammaticale, avendo egli in mente non delle donne in genere o donne mogli del soggetto in questione (inservienti), ma una categoria ben distinta di donne in seno alla chiesa. Allo stesso modo per far capire che gli inservienti, di cui stava parlando, non erano dei servi comuni, ma quei determinati servitori della chiesa, omette anche in questo caso l'articolo.

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2. Non esiste il vocabolo «diacono» al femminile

Il termine diakonos nella LXX e nel N.T. non appare mai al femminile. Solo in rarissimi caso appare nella letteratura classica, ma mai nella Koinè. Anche Febe (Rm 16, 1) è chiamata diakonos al maschile.

Conoscendo questo si può meglio spiegare il discorso di Paolo: Egli sta parlando ai « diakonoi» dando loro i requisiti che dovranno possedere per compiere tale servizio. Oltre ai requisiti generali per tutti gli «inservienti »: maschi e femmine, egli richiede qualcosa di particolare alle donne e aggiunge poi altre richieste per i soli uomini. Non esistendo il temine femminile per parlare dei supplementari requisiti delle donne, avrebbe potuto ripetere il soggetto «diakonoi » aggiungendo «donne », ma essendo già chiaro il contesto, dato che già si stava parlando di questi «diakonoi », egli omette la ripetizione sottolineando solo il genere femminile di questi «inservienti ».

Al v. 12 dà dei requisiti particolari per i maschi, cioè la fedeltà alla moglie, una buona guida per la famiglia. Questa richiesta fatta solo agli uomini può significare che, mentre gli uomini che assumevano tale compito dovevano avere una famiglia propria, alle donne questo non era necessariamente richiesto.

Credo di non forzare il pensiero paolino interpretando in tale modo il discorso che si potrebbe così comprendere: «Ugualmente (ai vescovi) gli inservienti (maschi e femmine) siano dignitosi (. . .) e se sono irreprensibili fungano da inservienti. Ugualmente siano donne (inservienti) dignitose, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. Gli inservienti (maschi) siano fedeli alle loro mogli . . . ».

Nel Nuovo Testamento quando si parla di serva , nel senso a noi comune, si usa il vocabolo paidiske (29) però quando Paolo parla di Febe, che era una collaboratrice nella chiesa, usa il termine maschile «diakonos » (Rm 16, 1).

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3. Febe: Rm 16, 1

Nella maggioranza delle traduzioni bibliche e nei commentari Febe viene chiamata « diaconessa» nella chiesa di Cencrea (Rm 16, 1).

Qualcuno obietta che il temine diakonos dovrebbe essere tradotto «colei che serve » dato che nel N.T. tale termine indica appunto il servizio che i credenti operano per la chiesa.

« Il verbo diakoneo significa servire e nel N.T. indica sempre due cose ben precise e distinte tra loro. In primo luogo intende sottolineare il fatto che ogni cristiano è, e deve essere un «servitore» nella chiesa ( . . . ); in secondo luogo il termine diakonos indica un preciso ufficio » (30) .

Fin qui d'accorso, sennonché ho sentito spesso alcuni oppositori al « diaconato» di Febe chiamare « diaconi» i servitori di 1 Ti 3, 8, spiegandomi che il vocabolo «diakonos » usato per i maschi designa un ufficio, invece per le donne soltanto che esse compivano qualche servizio. perché solo quando si parla di donne bisogna tradurre letteralmente con « servitori», ma quando si tratta di maschi si deve traslitterare il vocabolo originario e conservare « diaconi»? E' giusto dire che il « diakonos» è applicati a tutti i credenti e anche a una determinata categoria (31) ma con questo non si può provare che Febe non facesse parte del secondo gruppo. Da notare che anche se è sbagliato tradurre « diakonos» con « diaconessa», non è nemmeno propriamente esatto tradurre un sostantivo « inserviente » con la perifrasi « colui (o colei) che serve». Febe non era una che serviva, magari saltuariamente la chiesa, ma era « una serva della chiesa» ossia specificatamente scelta per questo servizio. C'è una notevole differenza in quanto tutti possono servire, ma non tutti sono inservienti della chiesa. Che fosse stata scelta dalla chiesa per compiere il suo servizio lo si può dedurre dal fatto che viene detta «inserviente » (diakonos ), cioè non una che fa dei servizi generici che tutti possono e dovrebbero fare, ma una che la comunità aveva scelto per tale servizio.

« Febe fu presentata alla chiesa di Roma come una diconessa (una inserviente) della chiesa di Cencrea. Questo suggerisce che essa fosse stata stabilita dalla chiesa per rappresentare la congregazione in qualche servizio speciale, appropriato per una donna» (32) .

Chi serviva, anche se con molto zelo, non sempre veniva chiamato «servitore». Nello stesso Rm 16 troviamo Trifena e Trifosa e Perside che faticano nel Signore (v. 12), ma di loro non viene detto che sono « inservienti».

A mio parere la conclusione più logica è che Febe non era una semplice sorella devota, ma anche una donna scelta dalla chiesa per svolgere un servizio specifico.

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4. Errori di applicazione dell'«ufficio» del diaconato

Quello che nella chiesa del primo secolo era semplicemente un incarico particolare, ben presto è stato istituzionalizzato e gli inservienti diventano ministri.

« Diacono» o «ministro » significa propriamente «servitore »(33) .

Quello che all'inizio era un servizio di assistenza e di carattere molto pratico nei bisogni della comunità, divenne un «ufficio ecclesiastico ».

« Già nei primi secoli i diaconi erano gli assistenti personali del vescovo entrambi nella guida del culto pubblico (specialmente dell'Eucarestia) e nella amministrazione degli affari della chiesa »(34) .

Per alcuni fautori del «diaconato » femminile, le donne di 1 Ti 3, 11 erano « ministrae» addette al servizio ecclesiastico.

« Nello stesso modo le donne: chi sono costoro? Nel contesto appare chiaro che sono addette al culto e a uffici ecclesiastici »(35) .

Ecco allora la reazione dei contrari: la donna non può essere diacono perché l'apostolo Paolo proibì alle donne di usare autorità.

Ma che il compito degli inservienti fosse quello di assistenti dei vescovi, che avessero una carica di direzione o di amministrazione, che fossero particolarmente addetti al culto o all'insegnamento, non è detto nel Nuovo Testamento, sono aggiunte o interpretazioni umane. Il testo sacro invece non richiede a questi inservienti alcuna autorità o capacità di insegnare (36) .

« Notate come Paolo né per i diaconi, né per le diaconesse richieda l'attitudine di insegnare» (37) .

Mentre ai vescovi era richiesta una certa capacità per l'insegnamento, per convincere i contraddittori, per gli inservienti questo non viene richiesto:

« Al vescovo è richiesto di essere capace di insegnare, questo non è richiesto al diacono, tanto meno allora può essere richiesto alla diaconessa » (38) .

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Conclusione

Credo che l'opposizione alle «diaconesse » sia sorta proprio di fronte alla posizione assunta dal « diacono» nel corso della storia e dalla posizione di «ufficio » con carica di preminenza che tale presenza ha ai nostri giorni.

Ma se il « diacono» tornasse ad essere un « inserviente» nel senso biblico, nulla vieterebbe alle donne di essere a loro volta « inservienti» in tutte quelle mansioni che richiedono maggiormente una presenza femminile.


NOTE A MARGINE

1. Autori vari, La donna nella chiesa, in «Il Regno», quindicinale ed. Dehoniane, 1 luglio 1969, n. 184, Bologna, p. 287. torna al testo

2. Segretariato generale, il posto della donna nel ministero nelle chiese cristiane non cattoliche, in «Concilium, Queriniana, Brescia 1968, fascicolo 4, pp. 191-197. torna al testo

3. P. De Ambroggi, Le epistole pastorali di S. Paolo e Timoteo e a Tito, Marietti, Torino 1964, p. 137. torna al testo

4. Albert Barnes, The New Testament, Baker Book House, Grand Rapids 6 Michigan 1951, p. 149.
— The Holy Bible, American Bible Society, New York 1965.
— La Sacra Bibbia, tradotta da Giovanni Diodati nel 1576.1649, Libreria Sacre Scritture, Roma. torna al testo

5. La Sacra Bibbia, trad. di Fulvio Nardoni, Libreria editrice Fiorentina 1960.
La Sacra Bibbia a cura di Mons. Garofalo, trad. di 1 Timoteo di Saldarini, Marietti 1966. torna al testo

6. A. Barnes, o.c., p. 149. torna al testo

7. N. Brox, Le Lettere Pastorali, Morcelliana, Brescia 1970, p. 231. torna al testo

8. A. Oepke, in Grande Lessico del Nuovo Testamento alla voce «guné», Paideia, Brescia 1966, colonna 726. torna al testo

9. A. Barnes, o.c., p. 149. torna al testo

10. A. Boudou, S. Paolo - Le epistole pastorali, Editrice Studium, Roma 1969, p. 130. torna al testo

11. N. Brox, o.c., p. 231. torna al testo

12. De Ambroggi, o.c., p. 137. torna al testo

13. Carl Spain, The Letters if Paul to Timoty and Titus, The Living Word Commentary, Editor Everett Fergusson, R. B. Sweet Co., Inc. Austin, Texas 1965, p. 66. torna al testo

14. Settimio Cipriani, Le lettere di S. Paolo, ed. Pro Civitate Christiana, Assisi 1965, p. 655. torna al testo

15. J.W. Adams, le diaconesse in «Risveglio», n. 6, dicembre 1971. torna al testo

16. Paolo, vita, apostolato, scritti a cura di Teodoro Ballarini, Marietti, Casale 1968, p. 755. torna al testo

17. Sacra Bibbia, ed. Paoline, Alba 1968, p. 1321. torna al testo

18. Benedetto Prete, in Sacra Bibbia Concordata, commento a 1 Ti 3, 11, Mondadori 1969, p. 1964. torna al testo

19. K. Staab e J.  Freundorfer, Le lettere ai Tessalonicesi e della cattività e pastorali, Morcelliana, Brescia 1961, p. 313. torna al testo

20. A. Oepke, o.c. torna al testo

21. H Alford, D. D., The Greek New Testament, Moody Press, Chicago 1968, vol. 3, p. 137. torna al testo

22. Carl Spain, o.c. torna al testo

23. W. Brandt, Dienst und Dienen im N.T., in «Grande Lessico del Nuovo Testamento, o.c., col. 725. torna al testo

24. Have Van Der Meer, Sacerdozio della donna?, Morcelliana, Brescia 1971, p. 119. torna al testo

25. Fernando Palazzi, Nuovissimo Dizionario della Lingua Italiana, Casa editrice Ceschina, Milano 1940, alla voce «diaconessa». torna al testo

26. K. Staab e J. Freundorfer, o.c., p. 313. torna al testo

27. Plinio il Giovane, Carteggio con Traiano e panegirico di Traiano. Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1963, p. 83. torna al testo

28. Maximilian Zerwick S.J., Biblical Greek, Scripta Pontificii Instituti Biblici, Roma 1963, p. 55. torna al testo

29. Mc 14, 66.69; Lc 22, 56; Gv 18, 17; Lc 12, 45; At 12, 13; 16, 16; Ga 4, 22. torna al testo

30. Dizionario Biblico a cura di G. Miegge, Universale economica Feltrinelli Editore, Milano 1968, alla voce «diacono», p. 169. torna al testo

31. H. Haag, in «Dizionario Biblico», Società Editrice Internazionale, Torino 1960, alla voce «diacono», p. 259. torna al testo

32. c. Spain, o.c., p. 66. torna al testo

33. Giovanni Luzzi, Il N.T. e i Salmi, Società Fides, Firenze 1930, comm. a Fl 1, 1. torna al testo

34. H.J. Carpenter in A Theological Word Book of the Bible edited by Alan Richardson D.D. The Mac Mcmillan Company, New York 1958, p. 152. torna al testo

35. La Sacra Bibbia, Garzanti, Milano 1964, comm. a 1 Ti 3, 11, p. 2159. torna al testo

36. J.W. Adams, o.c, torna al testo

37. T. Ballarini, o.c., p. 755. torna al testo

38. W.F. Adeney in A. Dictionnaire of the Bible, edit by James hastings, Edinburgh T.&T., New York, vol. 4°, p. 936 alla voce «woman». torna al testo