LA  PRIMA  LETTERA  DI  PIETRO

PROBLEMI  INTRODUTTIVI
Analisi e contenuto
 di Italo Minestroni


Questo è il testo della lettera petrina nella traduzione dal greco da noi stessi curata. Sono 105 versetti che ci sembra abbiano il loro punto focale nel versetto: «Siate sempre pronti a parlare in vostra difesa a chiunque vi chieda ragione della speranza, che è in voi»(3, 15).

La lettera, pertanto, ci si presenta come un messaggio di incoraggiamento, un appello pressante alla testimonianza cristiana.

Partendo da alcuni particolari motivi dottrinali, l'apostolo ne deduce particolari doveri di buona condotta individuale, familiare e sociale, validi non solo per i cristiani di quel tempo, ma anche dei nostri giorni.

Oggetto di una sapiente decisione di Dio, che, «per l'azione santificatrice dello Spirito», li ha chiamati alla fede e ad essere «aspersi del sangue di Cristo » (1, 1-2), essi devono « star saldi nella grazia di Dio» (5, 12).

Questo principio basilare viene svolto nel corpo della lettera, costituito da tre sezioni dottrinali (1, 1-12; 2, 1-10; 3, 14 - 4, 19), seguite ciascuna da una sezione di tipo esortativo (1, 13-25; 2, 11 - 3, 12; 5, 1-14) ma in una connessione così stretta da formare un tutto unitario.

Prima Parte (1, 3, 25): La resurrezione di Cristo, fondamento della vita cristiana, impone al cristiano una vita di santità, timore e amore.

a) Sezione dottrinale (1, 5-12). La resurrezione di Cristo è il fondamento della « nuova vita» e della meravigliosa speranza futura («l'eredità » celeste), che sono aperte dinanzi ai credenti.

Sicuri della loro salvezza, ottenuta mediante la fede, i cristiani possono ora affrontare con gioia e tranquillità «prove di vario genere », rendendosi conto che esse contribuiranno sia a far rifulgere la loro fede come a far loro conseguire quella salvezza eterna, alla quale hanno guardato i profeti antichi, allorché, mossi dallo Spirito, hanno preannunciato la venuta storica di Cristo e la sua passione.

b) Sezione esortativa (1, 13-25). Per effetto di questa loro condizione di rigenerati e di eredi del cielo , i cristiani hanno il dovere di:

— di essere santi in tutta la loro condotta: Santo, infatti, è Dio che li ha chiamati (v. 13-16);
— di avere un santo timore di Dio; poiché il prezzo sborsato per il loro riscatto, cioè il sangue di cristo, è stato infinito (v. 17-21);
— di amare i fratelli di un amore autentico: perché tutti sono stati rigenerati mediante la stessa incorruttibile Parola, che è il Vangelo predicato nella Chiesa (v. 22-25).

Seconda Parte (2, 1 - 3, 12): La Chiesa, che è il nuovo popolo di Dio, deve fare sentire la sua forza spirituale nella società, nella famiglia e nella stessa comunità ecclesiale.

a) Seziona dottrinale (2, 1-10). Essendo la resurrezione di Cristo il fondamento della vita cristiana, consegue che essa è anche il fondamento della Chiesa, costituita dai singoli cristiani .

Il Cristo, con la sua morte e resurrezione, ha dato vita a un nuovo popolo di Dio, in sostituzione di quello ebraico, resosi indegno per la sua disobbedienza. Ma sono i cristiani che compongono questo nuovo popolo, detto anche con altre immagini nuovo tempio, casa spirituale, di cui essi sono le singole pietre mentre il Cristo è la pietra angolare.

Come l'antico, così il Nuovo Tempio, cioè la Chiesa, deve essere una testimonianza vivente della gloria di Dio nel mondo: testimonianza che va fatta sia con le opere che con le parole. Costituiscono essi infatti, « una gente santa», « un sacerdozio regale» (2, 5), ed hanno, quindi, come vocazione specifica quella di testimoniare la sovranità di Dio (regale), mediante il dono di se stessi (sacrifici spirituali) nel servizio verso Dio e il prossimo, e di annunziare a voce alta (proclamare) le opere potenti (virtù) del Signore.

b) Sezione esortativa (2, 11 - 3, 12). Dopo aver indicato il carattere eccezionale della comunità cristiana, l'apostolo passa a mostrare come la sua forza spirituale possa essere applicata ai problemi della vita quotidiana.

1) Primo e fondamentale problema è quello dei rapporti del cristiano con la società in mezzo a cui vive. Egli deve essere un cittadino leale e responsabile, sottomesso alle autorità costituite con le sole limitazioni imposte dall'onore di Dio e dall'osservanza dei suoi comandamenti (vv. 11-17).

2) Secondo problema è quello dei rapporti dei cristiani con i loro padroni pagani (2, 18-25). Molti erano allora i cristiani che si trovavano in questa condizione sociale. Lungi dall'acquistare una psicologia servile, propria degli esseri inferiori e riottosi, e dall'assumere un atteggiamento di evasione, che li farebbe diventare bugiardi, ladri e viziosi, essi debbono ricercare un atteggiamento positivo, creativo, a somiglianza del Cristo, servo sofferente di Jahvè, che renderà possibile il trasformare gli stessi aspetti più odiosi della schiavitù (come il dover subire punizioni ingiuste senza poter disporre di alcun strumento rivendicativo) in atti di testimonianza cristiana.

3) Terzo problema quello dell'amore coniugale (3, 1-7). Dovere fondamentale della sposa cristiana è la docile sottomissione al marito e una condotta virtuosa. Adornata di virtù morali, più che di bellezza esteriore, le sarà più facile conquistare alla fede il marito non credente, e imitare Sara, invece, nei rapporti con il coniuge credente. I mariti, da parte loro, debbono avere ogni riguardo e attenzione verso le proprie mogli, non solo perché fisicamente più deboli, ma soprattutto perché a loro uguali sul piano soprannaturale (3, 7).

4) Chiude la pericope un invito all'amore fraterno in seno alla comunità ecclesiale, col cercare di favorire in tutti i modi l'unione dei cuori, mostrandosi pronti al perdono vicendevole onde conseguire la benedizione del Regno di Dio(3, 8-12).

Terza Parte (3, 13 - 5, 14). Il simbolismo battesimale della morte sofferente del Cristo, modello di tutti i credenti, deve spronare il cristiano a vivere la propria fede.

Sezione dottrinale (3, 13 - 4, 19). Chi vive intensamente la sua vocazione non ha nulla da temere; la vita irreprensibile, che conduce, lo preserverà dai danni, che i pagani cercheranno di causargli; anzi, contribuirà a rendere più efficace la stessa vocazione e più vicino il Signore (3, 13-16).

Le sofferenze, infatti, sopportate senza colpa saranno fonte di benedizione, se vissute nello spirito di Cristo, il quale mediante le sue sofferenze ha salvato l'umanità e ora, risorto e glorificato, vivifica i credenti mediante il battesimo (3, 17-22).

Quindi, l'apostolo con una vibrante esortazione, invita i cristiani, configurati a Cristo sul piano dell'essere mediante il battesimo, a configurarsi a Lui anche sul piano dell'operare, rinunziando completamente alla vita pagana e viziosa di un tempo, anche se, così facendo, subiranno gli insulti dei pagani, che non comprendono il cambiamento operatosi in loro col battesimo (4, 1-6).

Molla potente di vita cristiana, poi, è la consapevolezza della prossimità della parusia. Essa deve spingere ad agire con rettitudine a more fraterno, onde ciascuno abbia a sviluppare pienamente il carisma ricevuto a vantaggio della cristianità e a gloria di Dio (4, 7-11). Ancorati a questa sicura certezza della « manifestazione della gloria » di Cristo (4, 13), i cristiani non devono né scoraggiarsi né smarrirsi di fronte alle prove, cui si sentiranno sottoposti. Anzi, ne devono gioire, poiché le prove, necessariamente connesse con la condizione di cristiani, producono una ricompensa eterna (4, 12-19).

b) Sezione esortativa (5, 1-14). A questo punto, segue una serie di ammonimenti, riguardanti particolari categorie di credenti.

1) Ai vescovi ricorda il dovere di compiere il loro ufficio di « pastori del gregge» con coscienza, lealtà, disinteresse e abnegazione, sull'esempio di cristo, pastore supremo (5, 1-4)

2) ai giovani raccomanda la docile sottomissione agli anziani (5, 5);

3) a tutti i credenti, poi, inculca di agire vicendevolmente, specialmente nelle presenti angustie, con umiltà e vigile costanza, certi che una gloria senza fine in Cristo farà seguito alla breve prova attuale (5, 5-11).

Questo è il contenuto della lettera, la quale, come si era aperta con l'indirizzo e i saluti ai destinatari (1, 1-2), così si chiude con alcune informazioni ed auguri (5, 12-14).

Benché la lettera si presenti sotto l'aspetto parenetico-pratico è tuttavia ricca di insegnamenti dottrinali. Alcuni di questi (come, il battesimo, la famiglia, il sacerdozio cristiano, la predicazione degli spiriti in carcere) saranno trattati da altri collaboratori in altra parte di questo numero della rivista. Noi, pertanto, li sorvoleremo.

Ci sembra che l'epistola riassuma tutto il kerigma e la didachè apostolica in maniera molto efficace.

1) L a deità viene presentata in rapporto alle manifestazioni storiche delle tre divine persone (1, 2.3.12: 4, 14).
Del Padre si dice che è « creatore» (4, 19) e « giudice» e tra gli attributi che gli competono, vengono sottolineati la santità (1, 15-16), la scienza (1, 2), la misericordia (1, 3), la potenza (1, 5), e la sua iniziativa per la nostra salvezza (, 3-5).

Gesù Cristo occupa nella lettera un posto centrale, benché non vi venga mai qualificato come «figlio di Dio », tuttavia gli viene dato il nome di « Signore» ( kúrios: 1, 3; 2, 3; 3, 15), che il Vecchio testamento riserva solo a Jahvè; si dice « che siede alla destra di Dio» come uguale (3, 22) e con il dominio sugli stessi spiriti angelici (ivi). Particolare risalto riceve nella lettera il tema della morte sacrificale ed espiatoria del Cristo. Designato da tutta l'eternità e profetizzato nei secoli precedenti la sua venuta (1, 11), Egli è stato manifestato alla fine dei tempi (1, 20), perché morisse, come agnello senza macchia, per le colpe degli uomini (1, 19; 3, 18), perché serbasse, vittima di espiazione, il riscatto del sui sangue per togliere l'umanità dalla schiavitù del peccato (2, 21-25; 1, 18), perché cancellasse con il suo sacrificio ogni colpa umana (2, 24; 4, 1). Ma, se Cristo fu « messo a morte quanto alla carne», fu « vivificato quanto allo spirito » (3, 18); per questo la sua passione e morte sono inseparabili dalla sua resurrezione (1, 3.21; 3, 21) e dalla sua glorificazione alla destra del Padre (1, 21; 3, 22; 4, 11; 5, 10). Esse non sono che due momenti della sua opera salvifica, che si concluderà definitivamente solo col giudizio (4, 5-6.17-18) e la salvezza definitiva dei credenti (1, 5-7; 4, 4; 5, 1-4).

Lo Spirito Santo riceve un particolare riconoscimento per la sua opera di preparazione e di attuazione del disegno di salvezza. Posto sullo stesso piano del Padre e di Gesù Cristo (1, 2), viene chiamato lo «Spirito di Dio » (4, 14) e lo «Spirito di Cristo » (1, 11). E' Lui che ispirò i profeti, preparando così gli animi alla venuta di cristo (1, 11); è Lui che muove i predicatori del Vangelo (1, 12) e sua soprattutto è l'azione di santificazione dei credenti (1, 2), nei quali abita per farne dei testimoni del Redentore nelle prove e sofferenze della vita in modo da essere per loro « lo Spirito di gloria» (4, 14).

2) L' Uomo viene presentato nella lettera come peccatore (1, 18; 2, 24; 3, 18; 4, 3). Riscattato dal peccato mediante il sangue di Gesù versato sulla croce (1, 19ss), egli, mediante la fede e il battesimo, acquista una nuova vita (1, 3; 2, 2-24). Questa sua rigenerazione (1, 23) è effetto della misericordia (1, 3) e della grazia di Dio (1, 3; 3, 7; 5, 12).

Gli uomini ottengono la chiamata a questo rinnovamento spirituale mediante la Parola di Dio (1, 23; 3, 1), cioè il Vangelo (4, 17), che è norma di vita e forza trasformatrice (1, 23).

3) Il termine Chiesa non si ritrova nella lettera; vi si leggono però dei termini equivalenti, come: edificio spirituale o casa , di cui Cristo è la pietra fondamentale e i cristiani le pietre viventi (2, 4-9), popolo di Dio chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce (2, 9), gregge di Dio (5, 4) un tempo sbandato (1, 25) ma ora raccolto sotto il Pastore (1, 25) sommo (5, 4) Gesù.

Questo edificio o casa, questo popolo, questo gregge forma il nuovo Israele , cioè la stirpe eletta , una gente santa (2, 4-10), i cui membri spiritualmente fanno tutti capo a Cristo (2, 25) e sono uguali in diritti e doveri, anche se a ciascuno è dato un carisma particolare da usare a bene della comunità (4, 10). per questo gli anziani , che hanno il carisma di « pascere il gregge di Dio», debbono farlo con vigilanza, disinteresse e amore, rendendosi essi stessi modello agli altri (5, 1-4).

I membri di questa singolare comunità si riconoscono « fratelli » tra loro (5, 9.12) e di fronte al mondo come « cristiani » (4, 16).

4) L'orizzonte della lettera è illuminato dalla «parusia » o «giorno della manifestazione di Gesù Cristo» (1, 7.13). Ad esso i cristiani devono costantemente guardare, considerando la terra come un soggiorno (1, 1) e la esistenza terrena come un pellegrinaggio (1, 17) verso la gioia e l'esultanza (4, 13), allorché riceveranno dal Cristo, giusto giudice dei vivi e dei morti (4, 17-18), la « incorruttibile corona della gloria» (5, 4). Questo momento, infatti, è prossimo (4, 7).

5) Da questa visione escatologica prende avvio la didachè o parte esortativa (parenetica) della lettera. Redento e rigenerato per la misericordia di Dio, il cristiano deve cooperare alla sua salvezza, avendo « una buona condotta in Cristo» (3, 16). Buona condotta è quella caratterizzata dalla fede, dalla speranza e dall'amore.

a) la Fede, caratteristica fondamentale del cristiano, ha per oggetto il Cristo (1, 5-8) 3, mediante Lui, Dio stesso (1, 21) e per fina la salvezza dell'anima (1, 9). Il cristiano deve star saldo in essa (5, 9), anche quando sia sottoposto a prove e persecuzioni, lasciando che essa diriga tutta la sua attività (1, 4-9) e illumini il suo peregrinare (1, 5-7). Sebbene l'apostolo non ci dica che cosa sia « la fede», tuttavia dalle sue parole ne risulta una così viva e concreta attualizzazione da non dubitare nemmeno un istante che essa è fiduciosa e ferma convinzione che la salvezza è da Cristo e per mezzo di Cristo.

b) intimamente legata alla fede è la Speranza (1, 21). Il cristiano è uomo di speranza (3, 15). Essa si fonda sulla resurrezione di Gesù e sulla sua vita di gloria (1, 3.21) ed ha per oggetto la vita eterna (1, 13). Per questo il credente deve tenerla sempre viva (1, 3) e deve essere sempre pronto a renderne testimonianza dinanzi agli infedeli (3, 15), in quanto fin da ora ha, in virtù d'essa, il pegno della vita eterna (1, 3ss).

c)L' Amore viene visto nella lettera specialmente in rapporto al prossimo. E' l'amore che deve unire sì strettamente i cristiani da farlo ritenere scambievolmente « fratelli» (2, 17; 5, 9). Esso, pertanto, non deve essere finto, ma intenso e assiduo (1, 22), senza inganno, simulazione, invidia, vendetta (2,1; 3, 9) sicché spinga i credenti al servizio reciproco (5, 5), alla compartecipazione alle altrui sofferenze (3, 8), alla pratica dell'ospitalità (4, 9) ed al beneficiare gli stessi persecutori (3, 2-12). Così esso aumenterà la comunione fraterna, cementerà la concordia degli animi, coprirà una gran quantità di peccati (4, 8) e farà ereditare quella benedizione a cui il cristiano è chiamato (3, 9).

d) La paziente sopportazione delle sofferenze è un leit motiv della lettera. Ed, invero, da un « testimone delle sofferenze di Cristo» (5, 1), non ci si potrebbe attendere diversamente. E' fatale che il cristiano, come «forestiere » su questa terra (2, 11), vada soggetto « a prove di vario genere» (2, 21ss; 3, 17-18; 4, 13): la sua fede deve essere purificata (1, 7), la sua speranza testimoniata (3, 15-16) ed il suo amore dimostrato (3, 8-12). Incontrerà, pertanto, persecuzioni (3, 14ss), tentazioni (5, 8-9), calunnie (2, 12; 3, 16), tribolazioni (2, 19), maltrattamenti (2, 20), insulti (4, 4), ingiurie (4, 14), passioni della carne (2, 11; 4, 2). Tutte queste svariate prove, però, sono la dimostrazione che lo Spirito di gloria riposa su lui (4, 14), sono il mezzo con cui Dio lo condurrà a perfezione, confermandolo e rafforzando nella fede (5, 10). Il loro valore pedagogico, quindi, è insostituibile e sarà per lui facile trarre vantaggio dalle « svariate prove» se, camminando dietro le orme di Gesù (2, 20-23), affiderà la sua anima al Salvatore fedele (4, 19), gettando su Lui ogni cura e affanno, sapendo che Egli ha cura di lui (5, 7), e tenendo sempre presente che il fedele gioirà nella misura in cui avrà preso parte alle sofferenze del suo capo (4, 13).

Come per il Cristo, dopo la passione ci fu la gloria della resurrezione (3, 14; 4, 13-14), così anche per il cristiano, dopo le immancabili croci della vita, ci sarà l'alba radiosa della resurrezione, inizio della gloria eterna assieme a Gesù, in cielo.

Quanto i profeti previdero per il Cristo (1, 12), si realizzerà anche per ciascun cristiano.