L’EPISTOLA DI PAOLO AI ROMANI

E S E G E S I
Capitolo 1°

PROLOGO 1, 1-15

a. SALUTI (1, 1-7)

Come era consuetudine, le lettere cominciavano con l’indicazione del mittente, del destinatario, ed era un saluto.
L’epistola ai Romani segue questa prassi, ma la formula del saluto è fortemente ampliata.

1. 1.Paolo, servo di Cristo Gesù chiamato (ad essere) apostolo

a. « servo» traduce dou=loj (schiavo), persona a completa disposizione del suo Signore

b. Si richiama all’A.T.: servo di Dio o del Signore, termine con cui venivano designati i veri cultori del Dio di Israele (Salmo 27, 9; 31, 16; 113, 1, ecc.).

c. chiamato klhto\j apostolo  a¦po/stoloj (inviato)

Paolo rivendica sempre la sua particolare vocazione ricevuta direttamente da Cristo.

1. Nel N.T. il termine designa i Dodici, scelti ed inviati da Gesù. A questo gruppo Paolo si associa, distinguendosi così da tutti gli altri missionari (Barnaba, Sila, ecc.).

appartato per l’evangelo di Dio

a¥forisme/noj , messo da parte, scelto ei¦j , per eu¦agge/lion qeou=, l’annuncio di Dio, cioè destinato al ministero del vangelo ancora prima della sua conversione:

« . . . ma quando piacque a Dio, che mi aveva appartato fin dal grembo di mia madre» (Ga 1, 15).
« . . . costui è uno strumento da me scelto per portare il mio nome davanti alle genti, ai re e ai figli d’Israele » (At 9, 15).

2. Che (Egli) aveva già promesso per messo dei suoi profeti nelle Sacre Scritture.

Più che preannunciato dai profeti, il vangelo era stato promesso in anticipo (cfr 1, 17; 3, 21; 4, 3-8 dove viene ribadita ed elaborata questa tesi).

3. che riguarda il Suo Figlio  . . . (Gesù Cristo, nostro Signore) (v. 4).

Questo è l’oggetto della fede predicata nel vangelo. Con queste parole viene introdotta una confessione di fede (vv 3-4) che è una parentesi cristologica, forse un’antica confessione di fede battesimale.

nato dal seme di Davide, secondo la carne,

Nelle più antiche confessioni di fede e nella più antica predicazione, specialmente ai Giudei, la discendenza davidica era uno degli elementi più importanti: il Messia doveva nascere dalla discendenza del grande Re (2 Sm 7, 12 s, Sl 110, 1, come dimostrato anche dalla genealogia che apre il Vangelo di Matteo. Gesù non rifiuta di essere chiamato Figlio di Davide.

4. designatotou= o¥rieqe/ntoj figlio di Dio in potenza secondo lo Spirito di santità mediante la resurrezione dai morti

oÁricw = delimito, definisco, determino, stabilisco; sarebbe più indicato stabilito.
e¦n duna/mei in potenza

kata/ pneum=a agiwsu/thj secondo lo Spirito di santità.

e¦c anasta/sewj nekrw=n da (una) resurrezione dai morti, in conseguenza alla resurrezione dai morti.

a) È evidente l’antitesi carne-spirito: secondo la carne Gesù è figlio di Davide, ma secondo lo Spirito Santo è Figlio di Dio, come lo prova la sua risurrezione dai morti.

b) Qui Paolo non cerca di formulare una definizione dogmatica, ripete semplicemente un sommario di confessione di fede, come veniva espresso ai suoi tempi, formula ben conosciuta fra i cristiani di Roma. Non allude alle due nature del Signore, ma ai due stati dell’umiliazione e della glorificazione (G. Smeaton - F. Bruce)

c) La confessione di fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, ha subito un’ evoluzione, già ai tempi del N.T.

1. Resurrezione dell’uomo Gesù
– « . . . crediamo che Gesù è morto e risuscitato » (1 Ti 4, 14)
– « . . . Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture, fu sepolto e risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture » (1 Co 15, 3-4)
– « . . . quel Gesù che voi avete crocifisso, Dio lo ha fatto Signore e Cristo (Messia)» (At 2, 26).

2. Prima riflessione sulle origini
– « nato dal seme di Davide, secondo la carne, dichiarato Figlio di Dio in potenza, secondo lo Spirito di santità mediante la risurrezione dai morti » (Rm 1, 3-4)
– « . . . essendo in forma morfh/ di Dioqeou= . . . abbassò sé stesso prendendo forma di servo morfh\n doulou= (schiavo) . . . Dio lo ha sovranamente innalzato (esaltato) e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome . . . » (Fl 2, 6.9).

3. Sviluppo nei Sinottici e in Giovanni
– Marco "salta" le origini e inizia il suo Vangelo con la vita pubblica di Gesù: « Inizio del Vangelo di Gesù Cristo (Figlio di Dio) » (L’ espressione « Figlio di Dio » manca in alcuni manoscritti) (Mc 1, 1)..
– Matteo e Luca risalgono alla nascita – Luca all’annunciazione a Maria, preceduta da quella a Elisabetta – e presentano la nascita verginale per evidenziare e spiegare, secondo i tipi del tempo, l’intervento divino (Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-39; 2, 1-7)
– Giovanni va ancora più indietro: «Nel principio era la Parola e la Parola era con Dio ( pro\j to|n qeo/n presso Dio ) e Dio era la Parola (kai\ qeo/j hÅn oÁ lo/goj ). . . e la Parola divenne carne ( e¦ge/neto ) e abitò fra noi, e noi abbiamo contemplato la gloria sua, gloria come dell’unigenito di suo padre, piena di grazia e di verità» (Gv 1, 1.14). Giovanni riporta un inno-confessione di fede diffuso alla fine del I secolo e all’inizio del II secolo d.C.

Gesù Cristo, il Signore nostro. Il v. 4 si chiude con un’espressione che riepiloga la confessione di fede di tutto il passo: Signore Ku/rioj = padrone – titolo dato all’imperatore, da cui deriva il rifiuto dei cristiani a rendere omaggio a Cesare con tale titolo in quanto per essi Ku/rioj era solo Cristo.
Questo titolo, attribuito a Gesù dopo la risurrezione, è il riconoscimento del Messia (Cristo) nella sua persona. Poiché questo termine traduce nella LXX Adonai, usato per evitare di nominare YHWH, a Cristo vengono applicati gli stessi attributi riservati a Dio.

5.dal quale ricevemmo grazia e apostolato, si tratta della grazia della chiamata (vocazione) all’apostolato, che Paolo considera come una cosa sola (Ga 1, 15-16): « Ma quando piacque a Dio, che mi aveva appartato fin dal grembo di mia madre e mi ha chiamato per la sua grazia, di rivelare in me suo Figlio, . . . affinché l’annunziassi fra i Gentili . . . » (cfr At 9, 15; 26, 17).

per l’ubbidienza di fede fra tutte le nazioni ( eÃqnesin ) a favore ( u¦pe\r ) del nome suo , per produrre l’ubbidienza basata sulla fede in Cristo – nel Suo Nome – fra tutte le nazioni – etnie – Alcuni traducono Gentili o Pagani. Il greco eÃqnesin tradurrebbe l’ebraico goyim , usato per indicare i pagani.

6.fra le quali siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo. Non solo la comunità di Roma si trova al centro del mondo pagano, ma probabilmente la maggioranza dei credenti in quella città erano di origine pagana, anch’essi, comunque, chiamati ( klhtoi\ ) da Gesù Cristo.

7.a voi tutti che siete in Roma, chiara indicazione dei destinatari. Le parole « in Roma» mancano in alcuni manoscritti (il ms greco-latino G del IX secolo e nei codici 1739 e 1908 che si rifanno ad Origene); probabilmente si tratta di un incidente di trascrizione. Potrebbe anche trattarsi di una soppressione volontaria per dimostrare il carattere "generale" dell’epistola, ma è poco probabile.

amati da Dio, chiamati i santi – qualcuno aggiunge " ad essere" fra le due parole klhtoi=j e a¥gi/oij

Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo . Il saluto «grazia e pace » probabilmente unisce i due modi, greco ed ebraico.
Grazia, xa/rij o xai/rein , rallegrati (vedi il saluto dell’angelo a Maria in Lc 1, 28)
Pace, ei¦rh/nh , corrisponde all’ebraico shalóm (in arabo salàm).
Paolo usa xa/rij di proposito, scegliendo un termine dalle caratteristiche distintamente cristiane.

INTRODUZIONE (1, 8-15)

Dopo essersi presentato, Paolo spiega perché scrive loro adesso:

1. Le notizie che ha avuto di loro hanno suscitato un sentimento di gratitudine e lui non li ha mai dimenticati nelle sue preghiere.

2. Nelle sue preghiere ha chiesto l’opportunità di andarli a trovare e ora sembra che questo desiderio possa realizzarsi, anche se sappiamo che ciò non avverrà come lui pensava.

3. Spera, con la sua presenza, di poter arricchire quella comunità spiritualmente.

8.Prima però ringrazio il mio Dio per mezzo di Gesù Cristo per tutti voi perché la fede vostra è diffusa in tutto il mondo.

Paolo si rallegra e ringrazia Dio perché la fede della comunità romana è ben conosciuta «in tutto il mondo » (e¦n oÀlw tw= ko/smw ). ovviamente è un modo di dire per esaltare la diffusione di questa notizia.

9.perché mi è testimone Iddio, che io servo ( latreu/w = adoro) nello spirito mio (servizio e adorazione sono sinonimi: si adora Dio servendolo) mediante l’evangelo di Suo Figlio, come incessantemente faccio menzione di voi

10.sempre nelle mie preghiere , certamente Paolo pregava per i suoi convertiti, ma da questo passo risulta che pregasse anche per tutti i credenti, andando al di là delle sue conoscenze personali.
chiedendo se in qualche modo finalmente sia nella volontà di Dio di riuscire a venire da voi , non abbiamo altre notizie di questo progetto di Paolo.

11.poiché desidero vedervi affinché possa impartire alcuni doni spirituali ( ka/risma u¥mi=n pneumatiko/n ) a voi per fortificarvi .

12.E questo per essere incoraggiato (consolato) in mezzo a voi per mezzo della fede di tutti, vostra e mia, spera in un reciproco incoraggiamento nella fede.

13.ma non voglio che ignoriate, fratelli, che spesso mi sono proposto di venire da voi, e ne sono stato impedito, per avere qualche frutto fra voi come le restanti nazioni (altre genti, etnie), riparte insistendo, « voglio che sappiate», il desiderio, finora frustrato di raccogliere qualche frutto anche tra loro, come aveva fatto fra gli altri Gentili convertiti. Si tratta ovviamente di frutti spirituali, senza escludere, tuttavia, la possibilità di raccogliere anche a Roma delle sovvenzioni per Gerusalemme.

14.Ai Greci e ai barbari, ai saggi e agli ignoranti debitore sono, intendendo, con questa espressione di ritenere di poter sempre apprendere ed essere arricchito da chiunque  venga in contatto con lui. Nel rapporto di fede non vi è solo chi dà o chi riceve, ma nel dare si riceve, nel ricevere si dà.

15.Così per quanto mi riguarda sono pronto ad evangelizzare anche voi (che siete) in Roma. Le parole finali: «che siete in Roma », mancano nel codice G, come nel v. 7. Si ritiene che l’omissione non fosse solo nel testo "occidentale" dato che al testo di Origene  mancava «in Roma » in 1, 7. È poco probabile, tuttavia, che si possa trattare di una omissione volontaria per sostenere il carattere generale dell’epistola.
Secondo i canoni dell’epistolografia antica, l’intestazione di una lettera richiedeva il nome del mittente, quello dei destinatari e un saluto.
L’introduzione della lettera ai Romani è eccezionalmente ampia e particolarmente solenne.
Paolo si presenta in due riprese inframmezzate dall’annunciazione del tema.
Nella prima accenna alla sua divina chiamata alla missione di apostolo ed al compito di predicare il Vangelo. La presentazione viene interrotta dalla specificazione dell’oggetto dell’apostolato con una complessa definizione che costituisce il fulcro dell’evangelo.
Secondo un ordine storico afferma che Gesù Cristo, nostro Signore, è stato prima annunziato nelle Sacre Scritture attraverso i profeti, poi, sebbene nato dal seme di Davide, secondo la carne, si è dimostrato Figlio di Dio in modo potente, secondo lo Spirito di santità, in seguito alla risurrezione dai morti.
Riprendendo la presentazione di sé, Paolo definisce obbedienza della fede la disposizione con cui si deve accogliere il suo messaggio.
Infine espone la sua intenzione di fare una visita a Roma, avendo in animo di farlo da molto tempo, ma ne è stato impedito fino a questo momento.

IL VANGELO SECONDO PAOLO (1, 16 – 11, 36)

I. IL TEMA DEL VANGELO: LA RIVELAZIONE DELLA GIUSTIZIA DI DIO (1, 16-17)

Per Paolo il Vangelo, la Buona Notizia del perdono in Cristo, è la rivelazione della giustizia di Dio. Infatti nell'annuncio evangelico viene svelata la via della giustizia come la intende Dio, basata sul principio della fede, e offerta agli uomini e donne che possono accettarla per fede. Per comprendere il senso in cui è detto che il vangelo rivela la giustizia di Dio, bisogna tener conto del fatto che:

1. Per gli Ebrei "giusto" e "ingiusto" erano termini forensi, e sempre in rapporto a un giudice che lo decreta.

2. Non si tratta di una qualità morale, ma di uno stato legale.

3. Giusto = "nel giusto", "dalla parte della ragione".

4. Ingiusto (o malvagio) = "nel torto", "dalla parte del torto"
Es. 9, 27 « Il Faraone mandò a chiamare Mosè ed Aronne e disse loro: "Questa volta io ho peccato; l'Eterno è giusto, mentre io e il mio popolo siamo malvagi" (nel torto, colpevoli)».

5. Dio è giusto, e sono giusti tutti quelli che sono "nel giusto" in relazione a Dio e alla sua legge.

6. La giustizia di Dio si rivela in due modi:

a) il vangelo ci dice come possiamo, noi peccatori, arrivare ad essere nel giusto nei rapporti con Dio,

b) ci dice anche come la giustizia personale di Dio può dichiarare "giustificati" (assolti) dei peccatori.

7. Per Paolo che elabora soprattutto il primo modo, è la fede che permette al peccatore di essere condotto da Dio ad essere giusto nei Suoi confronti.

16.Infatti non mi vergogno dell'evangelo ; il genitivo di Cristo è assente nel testo meglio accertato; Paolo non solo non si vergogna, ma si gloria dell'evangelo, poiché è potenza di Dio per la salvezza swthri/an di chiunque crede, del Giudeo prima, e (poi) del Greco.

La potenza di Dio du/namij qeou= non si manifesta nella realizzazione di prodigi spettacolari o in sfoggio di sapienza, ma nella salvezza swthri/a del credente, senza distinzione. Il vangelo ha quindi questa forza di consentire a chiunque crede (in Cristo) di essere giusto di fronte a Dio.

17.Poiché infatti la giustizia di Dio in esso è rivelata apokalu/ptetai . Anche negli scritti di Qumran si parla della giustizia di Dio, che è di due tipi:

a) la sua propria giustizia,
b) la giustizia con cui egli giustifica i peccatori sulla base della fede.

È questa e la giustizia di Dio, rivelata nel vangelo, è la sua attività salvifica.

da fede in fede , e¦k pi/stewj da(lla) fede ei¦j pi/stin verso (la) fede. La rivelazione della giustizia di Dio avviene attraverso la fede in quanto l'assenso del peccatore, rispettato nella sua libertà, si manifesta credendo, avendo fiducia nella giustizia e nella fedeltà stessa di Dio.

come è stato scritto: "ora il giusto per mezzo della fede vivrà". È una citazione da Habacuc 2, 4 (« Ecco la sua anima si è inorgoglita in lui, ma il giusto vivrà per la sua fede»), brano già usato da Paolo scrivendo ai Galati (3, 11) per dimostrare che l'uomo non è giustificato davanti a Dio per la legge. Questa citazione ricorre anche in Eb 10, 38. La parola ebraica Emunah , tradotta dalla LXX pi/stij , significa costanza, fedeltà.
Questa costanza o fedeltà, si basa su una fede forte e salda in Dio. In Habacuc Dio assicura il profeta che la malvagità non avrebbe trionfato per sempre e chi avrà fede vivrà e vedrà il trionfo della gloria dell'Eterno.
Paolo riprende queste parole del profeta per sostenere che chi è giusto (= giustificato) per fede è colui che vivrà, cioè sarà salvo.

II. PECCATO E RETRIBUZIONE – BISOGNO UNIVERSALE DI SALVEZZA (1, 18 - 3, 20)

a. Il mondo pagano (1, 18-32)

18.Poiché si rivela l'ira di Dio dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia a¦diki/a (azione sbagliata, iniquità, ingiustizia, peccato) degli uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia.

Prima di entrare nel merito dell'argomento principale – cioè come viene rivelata nel Vangelo la via della giustizia di Dio – Paolo illustra la situazione di colpevole ingiustizia ed errore in cui si trova l'umanità:

1. Nei confronti di Dio gli uomini stanno dalla parte sbagliata.

2. Contro di essi si manifesta l'ira di Dio o¦rgh\ qeou= , il giudizio, la condanna, non la vendetta.

3. L'ira di Dio non si rivela nel Vangelo, ma nella condotta degli esseri umani.

4. Il motivo è che gli uomini soffocano katexo/ntwn (trattengono, impediscono, nel senso di arrestarne il cammino) la verità nell'ingiustizia.

19.Perché ciò che di Dio è conosciuto, è manifesto in lui, Dio lo ha manifestato a loro. La verità soffocata dagli uomini è la conoscenza di Dio, che Dio stesso ha manifestato, reso nota, agli uomini.

20. Poiché le sue invisibilità (cose invisibili), (fin) dalla creazione del mondo, dalle opere sono chiaramente comprese la sua eterna potenza e divinità, per cui sono senza scusa a¦napolgh/touj .
L'uomo vede le opere di Dio fin dalla creazione del mondo e può comprendere, e quindi conoscere, le qualità invisibili di Dio: la sua eterna potenza e quindi la sua divinità. Da queste constatazioni l'uomo può iniziare la conoscenza di Dio e della sua legge morale.

21.Perché conoscendo Dio, non come Dio l'hanno glorificato né ringraziato, ma sono diventati insensati (vani) nei loro ragionamenti e si è ottenebrato il loro cuore senza intelligenza (ottuso).
Questa è la natura del peccato dei pagani: hanno conosciuto Dio – erano in grado di poterlo conoscere – ma gli hanno voltato le spalle, negandogli la devozione che gli spetta. I loro pensieri e ragionamenti sono diventati vani, insensati e la loro mente (cuore) ottusa si è ottenebrata, ha perso la capacità di vedere e intendere skoti/zomai.

Paolo passa ora a spiegare come sono giunti a questo degrado:

22.Asserendo di essere sapienti sono diventati stolti insensati (lett. sono diventati insipidi, sciocchi)  emwra/nqen - morai/nw . Nell' A.T. la stoltezza implica ottusità morale più che deficienza intellettiva.

23. e hanno mutato la gloria dell'incorruttibile Dio in un immagine simile a un uomo corruttibile e uccelli e quadrupedi e rettili. Il riferimento è all'adorazione di statue umane (Greci e Romani) e animali (Egizi), senza omettere un'allusione al vitello d'oro.

24.Perciò Dio li ha abbandonati nelle loro concupiscenze ( e¦pequmi/a , desiderio, brama di cose proibite) dei loro cuori, nell'immoralità (impurità, intenzione disonesta) a oltraggiare i loro corpi ( sw/mata ) fra loro (stessi).
La punizione consiste proprio nell'essere lasciati vivere nell'immoralità che hanno scelto come condotta.

25.Essi che hanno cambiato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e¦seba/sqhsan e servito e¦la/treusan (onorato, reso un culto) la creatura piuttosto che il Creatore, che sia benedetto in eterno. Amen.

26.Perciò Dio li ha abbandonati a passioni vergognose, persino le loro femmine hanno cambiato l'uso naturale in contro natura ( xrh=sin uso, rapporto, relazione).

27.Allo stesso modo anche i maschi, lasciato l'uso naturale (rapporto naturale) della femmina, arsero di desiderio gli uni per gli altri; maschi con maschi hanno compiuto atti indegni (indecorosi) ricavandone la degna remunerazione relativa al loro traviamento pla/rh .

28.E siccome ritennero non opportuno avere la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati a una mente reproba (depravata) a fare cose sconvenienti.

29.Ricolmi di ogni ingiustizia a¦diki/a (iniquità), malvagità porhri/a , avidità pleoneci¢a , cattiveria kaki¢a , pieni di invidia, omicidio, discordia, frode (dolo), malignità, pettegolezzi. Diodati aggiunge la fornicazione, ma manca nel testo meglio accertato,

30.calunniatori, nemici di Dio, insolenti, arroganti, vanagloriosi, inventori di cattiverie (cose cattive), disubbidienti ai genitori,

31.senza intendimento, inaffidabili, senza affetto naturale, spietati – implacabili, manca nel testo meglio accertato.

32.Costoro, pur avendo conoscenza del decreto (ordinanza, decreto) di Dio che chi pratica tali cose sono degni di morte, non solo essi le fanno, ma anche approvano quelli che le praticano.

È una descrizione particolareggiata dell'immoralità e della depravazione dilagante, allora come oggi, per l'assenza di qualsiasi riferimento a Dio. Secondo Paolo l'allontanamento da Dio e dalla Sua legge (naturale o scritta) conduce l'umanità ad essere sempre più legata e schiavizzata dal male.