INTRODUZIONE AI VANGELI
CAPITOLO VIII°

IL VANGELO SECONDO GIOVANNI
Giovanni ed i sinottici

Il vangelo secondo Giovanni, pur differenziandosi notevolmente da quelli sinottici, è un vero e proprio vangelo poiché manifesta gli stessi fondamentali caratteri dei primi tre. Il quarto vangelo infatti non soltanto parla della stessa persona di Gesù come fanno i sinottici, ma anche lo presenta nello stesso quadro geografico e secondo lo stesso movimento e sviluppo storico dei fatti. Giovanni, come i sinottici, conosce le tre grandi fasi che caratterizzano la vita pubblica di Gesù:

- la fase iniziale che trova il suo elemento distintivo nel battesimo del Salvatore, compiuto da Giovanni Battista;

- la fase centrale che il maestro ha dedicato interamente all’attività didattica e taumaturgica;

- la fase terminale nella quale Gesù sale a Gerusalemme dove subisce la passione e morte e dove si compie la sua resurrezione.

Nonostante questa identità strutturale in Giovanni e nei sinottici, si notano in detti vangeli delle divergenze così vaste e profonde da farli apparire due specie di scritti in apparente contrasto tra di loro. Questo naturalmente solleva il difficile problema dei rapporti fra Giovanni ed i sinottici che cercheremo di risolvere esaminandone i vari aspetti.

Le differenze fra Giovanni ed i sinottici

A parte alcuni episodi che sono narrati da tutti e quattro gli evangelisti e che presentano una somiglianza tra di loro, il lettore, anche superficiale del vangelo di Giovanni, nota subito le molteplici differenze che intercorrono tra Giovanni ed i sinottici. Vediamo perciò di esaminare attentamente e più da vicino quali sono queste differenze:

a) Il quadro geografico e cronologico

1) Secondo i dati dei vangeli sinottici il ministero pubblico di Gesù si è svolto quasi esclusivamente in Galilea. I sinottici infatti conoscono un unico viaggio di Gesù a Gerusalemme, mentre parlano di una sua breve attività didattica e taumaturgica in questa città, che si conclude ben presto con la sua morte in croce ad opera dei suoi avversari.

2) Secondo i dati del quarto vangelo, invece, Gesù ha compiuto almeno tre viaggi a Gerusalemme (Gv 2, 13; 5, 1; 7, 10) e vi ha dimorato a lungo. Il terzo soggiorno di Gesù nella capitale religiosa ebraica è iniziato con la festa dei Tabernacoli (Gv 7, 2), ha abbracciato la festa della Dedicazione al tempio (Gv 10, 22) e si è concluso con la sua morte in croce, avvenuta nella Pasqua di quell’anno (Gv 11, 55; 12, 1; 18, 28); di conseguenza Gesù ha dimorato ed agito nella città santa almeno per un periodo di sei mesi.

3) Le indicazioni offerte dai sinottici fanno pensare che la vita pubblica di Gesù si sia svolta nell’arco di tempo di un anno; invece i dati cronologici contenuti nel quarto vangelo fanno concludere che la vita pubblica di Gesù ha avuto una durata superiore ai due anni.

4) Giovanni inoltre si differenzia dai sinottici in quanto inquadra in maniera diversa i fatti evangelici. L’evangelista conosce un’attività di Gesù che battezza nella valle del Giordano (Gv 3, 22-23; 4, 1-2) e questa sua attività si svolge contemporaneamente a quella del Battista; secondo i sinottici, invece, Gesù inizia la sua attività soltanto dopo che Giovanni Battista è stato imprigionato e quindi costretto all’inattività.

5) La manifestazione pubblica dell’autorità di Gesù avviene fin dall’inizio del suo ministero, essendo proclamata dalla testimonianza che gli rende il Battista ed affermata con la chiamata dei primi apostoli (Gv 1, 6-7.15.35-51); nei sinottici invece l’autorità di Gesù è affermata in tempi successivi e in forma progressiva.

6) Nel quarto vangelo la purificazione del tempio è collocata agli inizi della vita pubblica di Gesù e non alla fine come avviene nei sinottici (Gv 2, 13-16; cf Mt 21, 12-17; Mc 11, 15-18; Lc 19, 45-48).

7) In Giovanni inoltre si dà rilievo all’intervento dell’autorità romana nell’arresto di Gesù e si mette in luce la partecipazione del sacerdote Anna negli interrogatori (Gv 18, 3.12-13.24). Questi particolari relativi ai soldati romani(?) e ad Anna mancano nei sinottici.

8) C’è inoltre una divergenza anche sulla data esatta della morte di Gesù che i sinottici farebbero coincidere con la celebrazione della Pasqua giudaica, mentre per Giovanni avviene il giorno precedente (vigilia) a quella solennità (Gv 19, 14.31). Forse però questa divergenza si può spiegare con il fatto che a quell’epoca esistevano due calendari, uno tradizionale ed uno ufficiale adottato dai sacerdoti (Sadducei). Quindi quando Giovanni dice che «era la preparazione della Pasqua (vigilia)» (Gv 19, 14.31.42), questa si deve intendere secondo il calendario ufficiale seguito dai sacerdoti. Mentre quando Luca fa dire a Gesù: «ho grandemente desiderato di mangiare questa pasqua con voi prima di soffrire » (Lc 22, 15), la pasqua qui deve intendersi secondo il calendario tradizionale.

b) Miracoli e insegnamenti di Gesù. Notevoli sono anche le divergenze sul modo con cui Giovanni ed i sinottici presentano l’attività di Gesù circa i suoi miracoli ed i suoi insegnamenti.

1) I miracoli. Nei sinottici sono operati da Cristo perché mosso da compassione verso i malati ed i loro familiari e perché sdegnato contro le potenze demoniache che tormentano gli ossessi; al contrario in Giovanni i miracoli sono operati da Gesù per essere "segni" della sua autorità divina. Gesù stesso interpreta i miracoli come prove della sua autorità e missione divina. Egli infatti, prima di guarire il cieco nato dichiara: « Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio » (Gv 9, 3). L’opera di Dio si manifestò nel cieco nato con il dono della vista, ma si manifesta anche nei credenti ai quali, essendo spiritualmente ciechi, Cristo dona la vista spirituale. Il miracolo quindi è visto come un segno che, al di là della guarigione materiale o del fatto straordinario in se stesso, prelude all’opera salvifica di Dio per mezzo di Cristo (Gv 9, 39-41). Mentre in Marco Gesù, quando compie dei miracoli, impone il segreto messianico, in Giovanni con i miracoli egli intende manifestare la propria gloria, come avviene, per esempio, in occasione del miracolo di Cana che fu il primo di molti altri segni compiuti da Gesù (Gv 2, 11).

2) L’insegnamento di Gesù è riferito dal quarto vangelo in forma assai differenziata rispetto a quella dei sinottici. Oltre al fatto che Giovanni riserva maggiore spazio agli insegnamenti di quanto non lo conceda il materiale narrativo (miracoli), detto insegnamento è proposto da Giovanni in forma di dialogo. In genere questi insegnamenti che possono trattare uno o più argomenti fanno seguito al racconto di un miracolo. Nei sinottici invece l’insegnamento di Gesù è presentato in forma di brevi detti e dichiarazioni coordinati attorno ad un argomento in modo da costituire un’unità tematica.

3) Contenuto. Il quarto vangelo ha poco materiale in comune con i sinottici; al contrario vengono riferiti episodi ed insegnamenti che sembrano sconosciuti ai sinottici o per lo meno non compaiono nei loro scritti.

Il quarto vangelo è dipendente dai sinottici?

La risposta a questa domanda è di fondamentale importanza per comprendere bene il quarto vangelo. È però necessario anzitutto esaminare le testimonianze ed i dati in nostro possesso, poi fare una valutazione degli stessi e quindi trarre le conclusioni.

1. Testimonianze e dati. La testimonianza più antica che abbiamo sul vangelo di Giovanni è quella offertaci da Ireneo nella sua opera Adversus Haereses (III, 1, 1), nella quale troviamo la seguente affermazione: «In seguito (e cioè dopo Matteo, Marco e Luca) Giovanni, il discepolo del Signore, il quale ha anche posato il capo su di lui, ha divulgato un vangelo, mentre dimorava ad Efeso in Asia ». La testimonianza di Ireneo, data la sua antichità, ha esercitato una larga influenza nei secoli successivi ed è stata costantemente interpretata come una chiara affermazione che Giovanni, avendo scritto per ultimo il proprio vangelo, ha conosciuto ed utilizzato in parte gli scritti evangelici precedenti.

Del resto questa posizione sembrava anche essere confermata dai fatti e cioè dal confronto dei dati del quarto vangelo con quelli dei vangeli sinottici. Da questo confronto infatti risulta che tra lo scritto giovanneo e quello dei tre sinottici vi sono dei parallelismi che possiamo individuare nei seguenti accostamenti:

Giovanni con Marco
 

Mc 1, 4-8 = Gv 1, 29-36 L’attività di Giovanni Battista
Mc 1, 14 = Gv 4, 3 Partenza di Gesù dalla Galilea
Mc 6, 34-44 = Gv 6, 13 La moltiplicazione dei pani per 5.000 persone
Mc 6, 45-52 = Gv 6, 14-31 Gesù cammina sulle acqua del lago
Mc 8, 11 = Gv 6, 30 Richiesta di segni
Mc 8, 29 = Gv 6, 68 Confessione di Pietro
Mc 10, 1.32.46 = Gv 7, 10-14 Andata di Gesù a Gerusalemme
Mc 11, 1-10 = Gv 12, 12-15 Entrata Di Gesù a Gerusalemme
Mc 14, 3-9 = Gv 12, 1-8 Unzione Di Gesù A Betania
Mc 14, 17-26 = Gv 13, 1 - 17, 26 Ultima cena
Mc 14, 43-52 = Gv 18, 1-11 Arresto di Gesù
Mc 14, 53 - 16, 8 = Gv 18, 12 - 20, 29 Passione, morte e resurrezione di Gesù

Giovanni con Matteo e Luca
 

Mt 8, 5-12 e Lc 7, 1-10 = Gv 4, 46-54 Guarigione del figlio dell’ufficiale regio (del servo del centurione)
Mt 28, 8-10 = Gv 20, 11-18 Apparizione del Risorto alle donne, nominatamente a Maria Maddalena
Lc 24, 36-49 = Gv 20, 19-23 Apparizione del Risorto ai discepoli riuniti insieme

Si è inoltre già accennato al racconto della cacciata dal tempio che dai sinottici è posto al termine della vita pubblica di Gesù, mentre da Giovanni è situato all’inizio di essa (cf Mc 11, 15-17 e par. con Gv 2, 13-22).

Va peraltro notato che nei testi paralleli di Giovanni e dei sinottici appena segnalati si rileva una notevole differenza nella formulazione letteraria. Sorprende quindi che, nonostante questa profonda differenza nella presentazione dei fatti evangelici esistente tra i sinottici da una parte e Giovanni dall’altra, si riscontrino invece degli stretti parallelismi su particolari secondari e concordanze linguistiche su poche e brevi espressioni.

Vediamo qualche esempio di questo fatto singolare nel racconto della moltiplicazione dei pani:
 

Mc 6, 39 = Gv 6, 10 Vi era l’erba nel luogo dove Gesù operò il miracolo della moltiplicazione dei pani
Mc 6, 38 = Gv 6, 9 Tra la folla presente si trovano cinque pani e due pesci
Mc 6, 37 = Gv 6, 7 Per acquistare i pani necessari in quella circostanza occorrerebbero duecento denari
Mc 6, 44 = Gv 6, 10 Il numero dei presenti che hanno mangiato il pane moltiplicato da Cristo ammonta a cinquemila persone

Anche nel racconto dell’unzione di Gesù si hanno paralleli molto ravvicinati tra il testo di Giovanni (Gv 12, 1-8) e quello di Marco (Mc 14, 3-9); i due evangelisti hanno la stessa indicazione del prezzo dell’unguento versato (trecento denari) e riferiscono lo stesso giudizio formulato da Gesù nei confronti di coloro che avevano mormorato contro il gesto della donna, ritenuto spreco inutile di una merce costosa. Lo stesso racconto giovanneo dell’unzione presenta stretti parallelismi con quello di Luca (Lc 7, 36-50); infatti nelle due narrazioni una donna (innominata peccatrice secondo Luca; Maria sorella di Lazzaro secondo Giovanni) unge con l’unguento i piedi del Salvatore e li asciuga con i capelli. In accordo poi con Lc 10, 38-39 Giovanni ricorda le due sorelle Marta e Maria di Betania (Gv 12, 1-3).

Si è notato anche che in Marco e Giovanni alcuni episodi si susseguono secondo lo stesso ordine narrativo; ad esempio in Marco e Giovanni i due racconti della moltiplicazione dei pani e di Gesù che cammina sulle acque sono uniti insieme e ambedue i racconti ricordano le stesse parole di Gesù: « Sono io, non temete» (Mc 6, 50; Gv 6, 20).

Va segnalato inoltre che alcuni brevi detti ricordati da Giovanni riecheggiano assai da vicini quelli riferiti dai sinottici. Per esempio il detto del Battista di non essere degno di sciogliere il legaccio dei sandali del Messia che veniva dopo di lui (Gv 1, 27) richiama molto da vicino Mc 1, 7, Come Mc 1, 8, Giovanni afferma che Gesù «è quello che battezza con lo Spirito Santo» (Gv 1, 33). La dichiarazione di Gesù che « un profeta non è onorato nella propria patria » (Gv 4, 44), la troviamo anche nei sinottici (Mc 6, 4; Mt 13, 57; Lc 4, 24).

2. Valutazione delle testimonianze e dei dati. Non solo per la testimonianza di Ireneo, ma anche per le somiglianze verbali ed i parallelismi riscontrati tra Giovanni ed i sinottici, alcuni studiosi hanno sostenuto la dipendenza di Giovanni dai sinottici. Altri invece rigettando questa dipendenza, sostengono che non si è valutato sufficientemente l’influsso e l’apporto della tradizione orale nella formazione del quarto vangelo. Questi ultimi inoltre fanno osservare che parallelismi e somiglianze sono poco numerose e riguardano aspetti secondari e troppo limitati, non interessano ampie sezioni e tanto meno l’intero vangelo di Giovanni. Tali somiglianze e parallelismi possono benissimo essere spiegati con una tradizione evangelica anteriore sia a Marco che agli altri due evangelisti a cui sia Giovanni che i sinottici avrebbero attinto nel comporre i rispettivi vangeli. Per esempio, il fatto che Marco e Giovanni ricordino, nell’episodio della moltiplicazione dei pani, che tra la folla si erano trovati cinque pani e due pesci, non significa che questo particolare Giovanni lo abbia preso da Marco in quanto tale particolare, essendo necessario per cogliere pienamente lo svolgimento e la portata del miracolo, poteva benissimo essere già conosciuto dalla tradizione preevangelica, alla quale hanno attinto sia Marco che Giovanni.

Da queste osservazioni ne consegue che il vero problema nei rapporti tra Giovanni ed i sinottici non consiste tanto nello spiegare i parallelismi e le affinità verbali esistenti, ma piuttosto nel domandarsi come mai Giovanni, se ha conosciuto i sinottici, abbia potuto comporre un quarto vangelo tanto differente. Per rispondere a questa domanda è stata avanzata fin dall’antichità la cosiddetta "ipotesi del completamento" secondo la quale Giovanni avrebbe scritto il suo vangelo per completare i sinottici aggiungendo nuovi racconti di miracoli e nuovi dati sull’insegnamento e sulla persona di Gesù. Tali ipotesi però viene smentita dallo stesso Giovanni (Gc 20, 30-31) il quale ci informa che lo scopo del suo scritto non è stato tanto quello di dire tutto su Gesù, né tanto meno informare i lettori su quanto è stato tralasciato dai sinottici che lo hanno preceduto, ma piuttosto quello di scegliere e narrare quei miracoli e quegli insegnamenti adatti a provare che Gesù è il Messia e il Figlio di Dio. Queste finalità squisitamente teologiche e specificatamente cristologiche ci possono spiegare il caratteristico procedimento che si osserva nel quarto vangelo, per il quale al racconto di un miracolo segue un discorso didattico di Gesù. Allo stesso modo si possono spiegare anche alcune differenze tra lo scritto giovanneo ed i sinottici, come, ad esempio, quelle che interessano il racconto del battesimo di Gesù e la data dell’ultima Cena.
Nell’episodio del battesimo Marco ricorda che lo Spirito «scende » su Gesù (Mc 1, 10), mentre Giovanni afferma che lo Spirito «scende e rimane » su Gesù (Gv 1, 32). L’espressione giovannea è teologicamente più densa di quella dei sinottici, specialmente se si attribuisce al verbo emeinein (rimanere) il senso di "dimorare, abitare". Secondo i vangeli sinottici Gesù celebra la cena pasquale alla vigilia della festa ebraica della Pasqua e muore in croce il giorno seguente; secondo Giovanni invece Gesù muore in croce quando gli Ebrei di Gerusalemme si accingevano a mangiare l’agnello pasquale. Il quarto evangelista indica questa data per la cena pasquale degli Ebrei e per la crocifissione di Gesù in quanto egli vuol fare comprendere ai suoi lettori che Gesù è il vero agnello pasquale, il vero agnello di Dio (Gv 1, 29 19, 36; si veda anche 1 Cor 5, 7).

Avendo quindi scartato l’ipotesi della dipendenza, che non regge a causa degli scarsi parallelismi e delle limitate somiglianze, e l’ipotesi del completamento, che viene smentita dallo stesso evangelista (Gv 20, 30-31), non rimane altra soluzione che quella di una tradizione indipendente, simile ma non identica alle tradizioni seguite dai sinottici, dalla quale il quarto evangelista avrebbe desunto il materiale evangelico per comporre il suo scritto. Il materiale evangelico proprio di Giovanni non deriva quindi né dai sinottici, né dalle loro fonti immediate, ma da una fonte indipendente. Se infatti si ammette una fonte presinottica in Giovanni, si dovrebbe poi spiegare come mai egli abbia poi usato liberamente questa fonte ampliandola con prospettive e sviluppi teologici allo scopo di mettere in evidenza il senso profondo dei dati contenuti in tale fonte. Per tale ipotesi ci troviamo su un terreno difficilmente controllabile dal punto di vista scientifico. Con l’affermazione di una fonte indipendente alla quale va ricollegato il quarto vangelo non si vuole affatto ignorare, né semplificare i problemi degli eventuali mutui rapporti tra le tradizioni anteriori ai sinottici e quelle anteriori al quarto evangelo. Anzi questi mutui rapporti, una sostanziale somiglianza di fondo ed alcune sorprendenti coincidenze ci dimostrano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, che tradizioni anche indipendenti fra loro non sono frutto di fantasia, né creazioni della comunità, ma risalgono direttamente al Gesù della storia. Le differenze di carattere cronologico, poco importanti per i popoli semiti, sono facilmente spiegabili dal genere letterario dei vangeli che non si preoccupano tanto di presentare ai lettori una biografia storica di Gesù, ma piuttosto, sia pure in un quadro storico approssimativo, il Gesù della fede. Altre differenze sono semplicemente dovute alla diversa sensibilità teologica degli scrittori i quali si propongono di sottolineare alcuni aspetti piuttosto che altri. In Giovanni alcuni dati evangelici e la loro presentazione sono tanto diversi da quelli dei sinottici da non poter essere ricondotti alle medesime fonti. Sembra quindi logico e naturale fare risalire questi dati ad una fonte indipendente e propria del quarto vangelo.

Data e luogo di composizione

Molti studiosi del secolo passato ritenevano che il vangelo di Giovanni fosse stato scritto nel 2° secolo. Ma i manoscritti riguardanti il quarto vangelo, che è il più testimoniato fra tutti i libri biblici (circa 17 papiri), ci obbligano a risalire al primo secolo. I più importanti sono P52, P66 e P75.

a) P52: conservato a Manchester nella biblioteca Rylands ed edito nel 1935, contiene solo cinque versetti (Gv 18, 31-33 parole di Pilato + 18, 37s). Secondo gli esperti appartiene alla prima metà del 2° secolo (circa 130 d.C.) e forse anche alla fine del 1° e quindi anteriore a qualsiasi altro manoscritto. Se ammettiamo la necessità di una generazione perché il nostro vangelo sia potuto passare da Efeso in Egitto, se ne deve supporre la stesura non dopo il 90-95 della nostra era.

b) P66 o papiro Bodmer II, edito nel 1956 (ora nella Biblioteca di Cologny in Svizzera), contiene la maggior parte di Giovanni (cc. 1-14); si fa risalire a circa il 200 d.C., per cui è anteriore di circa 150 anni ai codici Vaticano e Sinaitico. Si tratta quindi di un manoscritto assai utile per la ricostruzione del testo; anche in esso manca la pericope dell’adultera.

c) P75 o Bodmer XV, edito nel 1961, risale allo stesso periodo del precedente, ma è molto meno esteso (cc. 1-4; 8-9 e frammenti dei cc. 5-7 e 10-13). Anche in questo papiro manca l’episodio dell’adultera. La testimonianza dei papiri rende oggi più sicuro il testo originale del quarto vangelo, che non può essere in alcun modo ritenuto posteriore al 1° secolo.

Anche Ignazio di Antiochia, pur non citandolo espressamente, sembra riferirsi al quarto vangelo quando, ad esempio, dice che l’eucarestia è « la carne» di Cristo (Gv 1, 14; c. 6). Nella sua lettera a quei di Filadelfia (7, 11) parla dello Spirito che « non si sa donde viene e dove vada» (Gv 3, 9); in quella ai Magnesi (8, 2) chiama il Figlio di Dio « sua parola (logos), uscita dal silenzio, che piacque in ogni cosa a colui che l’aveva mandato» (Gv 1, 1; 8, 29;7, 28). Siccome il vescovo di Antiochia morì verso il 107 o 112 ne deriva che il vangelo di Giovanni deve essere anteriore alla fine del 1° secolo. Alcuni dati corrisponderebbero meglio all’ultimo decennio del 1° secolo. In Gv 9, 34 il decreto di espulsione dalla sinagoga ad opera del capo (aposynagôgos) sarebbe un anacronismo al tempo di Gesù, ma si spiegherebbe meglio con la decisione presa al sinodo di Jamnia di espellere dalla comunità ebraica tutti i giudeo-cristiani. Anche la posizione dei "Giudei"  nei confronti di Gesù, e dei "Farisei" (non sempre ben definiti) o di altri capi riprodurrebbero la situazione di contrasto con la chiesa esistente in quel periodo.

Tutte queste informazioni collocherebbero la data di composizione del quarto vangelo negli anni 90 del primo secolo, ma lo studioso  F. Lamar Cribbs ha avanzato l’ipotesi che esso possa addirittura essere stato scritto anche molto prima di tale data e cioè tra il 50 ed il 60, comunque prima della distruzione di Gerusalemme del 70. Egli arriva a questa conclusione esaminando alcune evidenze interne del vangelo vangelo di Giovanni, che sarebbero qui troppo lunghe da esaminare. Possiamo solo brevemente accennare a qualcuna di esse. Egli, ad esempio, osserva che Gesù Gesù non è presentato come figlio di Davide o di Maria, ma più semplicemente come figlio di Giuseppe (Gv 1, 45; 6, 42). Gesù è un giudeo leale (Gv 4, 9) che insegna «nelle sinagoghe e nel tempio » (Gv 18, 20), che tiene Mosè e la legge in sommo onore (Gv 1, 17, 5, 45-47; 7, 22-23; Gv 7, 19.49-51; 8, 13.56; 19, 7, ecc) ed afferma che «la salvezza viene dai Giudei » (Gv 4, 22). La chiesa all’inizio si riteneva come il vero Israele e la sua continuazione; i romani la consideravano un movimento interno al giudaismo (55-60 d.C. - At 18, 14s; 24, 14.22; 25, 18s). E’ difficile pensare che tali espressioni si siano conservate dopo il 70, quando la separazione dal giudaismo si era ormai attuata in modo definitivo. Non vi si parla della «chiesa», del «popolo di Dio» o del «corpo di Cristo», come si legge invece in Paolo.

Gesù è presentato come il «Messia», titolo caratteristico per la chiesa di Gerusalemme. «Essa non cessava di predicare Gesù come il Cristo» (At 5, 42); tale era il messaggio di Paolo ai Giudei di Damasco, Tessalonica e Corinto (At 9, 22; 17, 3; 18, 5.28). Nelle città dei Gentili Gesù è presentato invece come «il Signore » (At 10, 36; 11, 20; 16, 31; 20, 21). Il nome Messia non ricorre in Paolo; tale nome, tradotto però con « Cristo», vi appare soltanto nei passi relativi all’ambiente giudaico. I nomi « Gesù» e « Gesù di Nazaret» (At 2, 22; 3, 6; 4, 10; 2, 28; 26, 9, ecc) ricorrono frequentemente presso le chiese palestinesi. Anche il termine «segni » ricorre 10 volte negli Atti e sempre in contesto giudaico (eccetto 14, 3); sono infatti i Giudei che chiedono « i segni» (1 Cor 1, 22). Anche l’espressione «profeta come Mosè » e la «messianicità » di Gesù ricorre in un contesto palestinese. I nomi di persone giudaiche: Giovanni il Battista; il cieco nato, Marta, Lazzaro, Giuseppe d’Arimatea e specialmente Nicodemo (Gv 3, 1-2; 7, 50s; 19, 39-42) sembrano voler presentare dei testimoni ben noti ai Giudei. Il vangelo di Giovanni che è quindi giudaico, vuole contenere un appello alla prima chiesa perché realizzi un dialogo missionario con i Giudei. Il che sarebbe strano dopo il 70, quando la separazione tra chiesa e giudaismo si era già compiuta. Con Nerone i cristiani furono considerati distinti dai Giudei, e con la fuga dei cristiani a Pella, questi furono ritenuti dei rinnegati da parte del giudaismo.

Che valutazione possiamo dare di questa ipotesi? Il criterio delle evidenze interne ha indubbiamente un suo valore, ma non va eccessivamente sopravalutato. Ad esempio il fatto che il vangelo di Giovanni presenti una teologia molto sviluppata non è determinante per stabilire una data tardiva di composizione. Anche le lettere di Paolo, pur essendo anteriori ai vangeli sinottici, contengono una teologia molto più sviluppata e più ricca di essi. D’altra parte, se vi sono alcune evidenze che possono farci pensare ad una data anteriore alla distruzione di Gerusalemme, ve ne sono altrettante che potrebbero invece farci pensare ad una data posteriore.

Un dato che emerge dal quarto evangelo è quello concernente " l’escatologia realizzata". Ora l’accentuazione posta da Giovanni sull’escatologia realizzata lascia legittimamente supporre una data posteriore al 70, poiché l’escatologia realizzata va considerata come l’autorevole risposta che l’evangelista dà al problema della dilazione della parusia, problema molto avvertito dalle primitive comunità cristiane. Il problema della parusia prima del 70 trovava una risposta chiara ed immediata: il Signore tornerà presto, anche se non si può indicare il tempo preciso della sua seconda venuta gloriosa. La 1 Pietro offre una chiara testimonianza dell’attesa della parusia a breve scadenza. Se la 1 Pietro va datata prima del 70, bisogna concludere che l’aspettativa della parusia in un tempo assai prossimo caratterizzava l’atteggiamento dei credenti di quella comunità anteriormente alla caduta di Gerusalemme (anno 70). Dopo la caduta di Gerusalemme e alla luce di questo fatto si è verificato un approfondimento o, se si preferisce, si è avuta una valutazione più adeguata del messaggio escatologico e dei dati evangelici concernenti la parusia. Si è constatato con l’evidenza dei fatti che la caduta di Gerusalemme, la quale rappresentava per i credenti la fine del mondo giudaico, non ha coinciso con la fine del mondo, né è coincisa con la venuta gloriosa di Cristo. In questo evento si è potuto vedere il tramonto definitivo del giudaismo come economia di salvezza e, di conseguenza, in tale evento si è posto il termine di un’epoca. Tale contesto storico e religioso ha consentito di scoprire e di mettere in luce gli aspetti dell’escatologia realizzata che consistono nell’affermare i valori ed i benefici della salvezza apportata da Cristo per i credenti fin da questa vita. Il messaggio escatologico fu visto in una dimensione più vasta e più adeguata all’esistenza dei credenti; si è continuato a credere nella parusia che si sarebbe realizzata in un tempo futuro che nessuno può stabilire, ma si è anche affermato che i beni della salvezza apportata da Cristo non sono da attendere alla sua seconda venuta, ma sono disponibili fin d’ora essendo il retaggio del credente già fin da questa vita, anche se non ancora in forma piena e totale. La penetrazione del senso escatologico del messaggio nel senso dell’escatologia realizzata (del già e del non ancora) sollecitata dalla fine del giudaismo (distruzione di Gerusalemme - anno 70) e della valutazione che se ne è data alla luce delle parole di Cristo sulla sua venuta gloriosa, ci inducono a porre la composizione del quarto vangelo in un epoca tardiva, posteriore all’anno 70 e comunque verso la fine dell’epoca apostolica.

Un altro elemento che caratterizza lo scritto giovanneo e serve a situarlo meglio cronologicamente è la particolare dottrina che viene elaborata intorno al Paracleto ed al compito che esso ha nel ricordare agli apostoli tutti gli insegnamenti di Gesù, anche quelli che al momento non erano alla loro portata. (Gv 14, 15-26; Gv 16, 13-14). Per il quarto evangelista il Paracleto assicura la presenza continua di Gesù nella sua Chiesa, presenza che opera in modo determinante nei credenti per mezzo della predicazione apostolica, prima orale e poi scritta, poiché li aiuta a custodire le parole di Cristo dando loro la certezza che esse provengono direttamente da lui per mezzo degli apostoli ispirati e guidati dallo Spirito di verità. L’insistenza con la quale Giovanni parla dei compiti affidati al Paracleto per la vita dei credenti lascia supporre che l’ evangelista operi in un tempo distanziato da quello della vita di Gesù e dei fatti evangelici in un’epoca che segna il passaggio dal tempo dei testimoni oculari delle opere e dell’ insegnamento di Gesù al tempo dei credenti, i quali, avendo accolto le parole di questi testimoni oculari, devono rimanere fedeli ad esse. Queste riflessioni ci fanno logicamente concludere che il quarto vangelo vada cronologicamente collocato nel periodo di tempo che si trova al termine dell’era apostolica e quindi nell’ultimo decennio del primo secolo.

Tutte queste speculazioni sulla data di composizione del vangelo hanno scarsa importanza. Che il vangelo sia stato scritto prima del 70 o nell’anno 90 non cambia certamente il suo valore per la nostra fede, ma serve comunque a confermarci che il vangelo di Giovanni in ogni caso non è stato scritto nel secondo secolo e che possiamo essere sicuri sulla sua origine apostolica.

Dove venne composto il quarto vangelo?

Una tradizione assai estesa presenta Efeso in Asia Minore, come luogo d’origine. Al contrario Efrem, al termine del suo commento al Diatessaron sostiene la composizione del vangelo ad Antiochia di Siria. Tale origine spiegherebbe meglio le affinità del quarto vangelo con Luca, con Ignazio di Antiochia e con le Odi di Salomone e con il vangelo mattaico, tutti scritti che si suppongono originati in tale regione. Per altri il vangelo sarebbe stato composto ad Alessandria, dove furono scoperti i suoi più antichi manoscritti. Questi diversi centri (Alessandria, Efeso, Antiochia, Gerusalemme), nei quali si pone la sua origine, suggeriscono l’idea che questo scritto sia stato « un vangelo circolare» composto da un centro influente della cristianità durante un periodo critico della chiesa primitiva.