INTRODUZIONE AI VANGELI
CAPITOLO VIII°

IL VANGELO SECONDO GIOVANNI
Contenuto e struttura del quarto vangelo

Il materiale evangelico raccolto nello scritto giovanneo si può dividere in cinque parti:

I. PROLOGO: 1, 1-18. La "Parola" esistente presso Dio si è impersonata in Gesù per illuminare le tenebre, le quali tuttavia non ne vogliono sapere. L’idea è un logico sviluppo del concetto veterotestamentario della sapienza divina.

II. ATTIVITA’ PUBBLICA DI GESÙ: 1, 19 - 12, 50. Gesù passa ripetutamente dalla Galilea alla Giudea. I miracoli che egli compie sono presentati come segni destinati a sostenere le verità da lui asserite. Dopo il miracolo di Cana, nel quale l’acqua viene trasformata in vino, Gesù scaccia dal tempio gli animali venduti per i sacrifici proclamandosi in tal modo superiore al tempio (c. 2). A Nicodemo il Maestro spiega in un lungo colloquio notturno la necessità di una nuova nascita « di acqua (e di spirito) » (c. 3). Parlando con la samaritana al pozzo di Sichem si presenta come l’atteso Messia il quale avrebbe dato inizio ad un nuovo culto « in spirito e verità», vale a dire corrispondente al volere di Dio e attuato mediante la potenza stessa dello Spirito divino (c. 4). Con la guarigione del paralitico di Betesda Gesù si palesa un grande taumaturgo pari al Padre (c. 5). Moltiplicando i pani si proclama il vero «pane di vita » (c. 6). Dopo la professione di fede attuata da Pietro, Gesù giunge a Gerusalemme per la festa delle Capanne, dove si afferma « luce» del mondo (cc. 7-8). Vi guarisce il cieco nato e mostra così un’altra volta che egli è venuto al mondo perché i ciechi possano vedere e quelli che erano « veggenti» diventino ciechi (c. 9). Gesù è il buon pastore che dà la propria vita per le pecorelle che lo seguono e odono solo la sua voce (c. 10); egli è pure la « resurrezione e la vita» come di mostra facendo risorgere Lazzaro già sepolto da quattro giorni (c. 11). A Betania Maria unge di prezioso profumo i piedi di Gesù, presignificando in tal modo il gesto dell’imbalsamazione che si usava alla morte di una persona amata. Gesù entrò poi trionfalmente a Gerusalemme al grido della folla in delirio: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore» (c. 12).

Andando maggiormente nel dettaglio possiamo a sua volta suddividere questa seconda parte nelle seguenti sezioni:

1) PREPARAZIONE DELL’ATTIVITÀ DI GESÙ: 1, 19-51

a. la testimonianza del Battista: 1, 19-34
b. i primi discepoli di Gesù: 1, 35-51
2) INIZI DELL’ATTIVITÀ DI GESÙ: 2, 1 - 4, 54
a. le nozze di Cana (primo miracolo): 2, 1-12
b. Gesù a Gerusalemme (prima Pasqua): 2, 13 - 3, 21
– la purificazione del tempio: 2, 13-25
– incontro con Nicodemo: 3, 1-21
c. ultima testimonianza con il Battista: 3, 22-36
d. Gesù in Samaria: incontro con la Samaritana: 4, 1-42
e. ritorno in Galilea e guarigione del figlio del funzionario regio (secondo miracolo): 4, 43-54
3) PIENEZZA DELL’ATTIVITÀ TAUMATURGICA E RIVELATRICE DI DI GESÙ: 5, 1 - 10,39
a. guarigione del paralitico alla piscina di Betesda a Gerusalemme e rivela-zione della missione di Gesù da parte del Padre (seconda Pasqua oppure festa della Pentecoste): 5, 1-47
– guarigione del paralitico operata in giorno di sabato (terzo miraco-lo): 5, 1-9a
– controversia di Gesù con i giudei a motivo dell’inosservanza del sa-bato: 5, 9b-18
– Gesù afferma di avere il potere di risuscitare e di giudicare: 5, 19-30
– Gesù rivendica davanti ai giudei la verità delle sue affermazioni: 5, 31-40
– incredulità dei giudei e motivo di essa: 5, 41-47
b. moltiplicazione dei pani e discorso sul pane di vita in Galilea: 6, 1-71
– moltiplicazione dei pani per cibare cinquemila persone (quarto mi-racolo): 6, 1-15
– Gesù cammina sulle acque del lago (quinto miracolo): 6, 16-21
– discorso sul pane di vita: 6, 22-59
– incredulità dei discepoli: 6, 60-66
– confessione di Pietro: 6, 67-71
c. la grande rivelazione messianica di Gesù sulla festa dei Tabernacoli: 7, 1-52
– Gesù lascia la Galilea per salire a Gerusalemme: 7, 1-13
– nella festa dei Tabernacoli Gesù afferma di avere un’origine divina e di essere inviato dal Padre; le autorità giudaiche cercano di arre-starlo, ma invano: 7, 14-52
– [racconto dell’adultera: 7, 53 - 8, 11]
d. altre importanti rivelazioni di Gesù e forti reazioni dei giudei: 8, 12-59
– Gesù luce del mondo: 8, 12
– testimonianze di Gesù su se stesso e discussioni su di esse da parte dei giudei: 8, 13-30
– Gesù ed Abramo: 8, 31-59
e. guarigione del cieco nato: 9, 1-41
– il cieco nato guarito (sesto miracolo): 9, 1-7
– il cieco risanato ed i suoi vicini: 9, 8-12
– il cieco risanato ed i farisei: 9, 13-34
– il cieco risanato e Gesù: 9, 35-38
– il cieco risanato e di nuovo i farisei: 9, 39-41
f. il discorso del buon pastore: 10, 1-21
– prima similitudine (il pastore e il ladro predatore) e sua spiegazione: 10, 1-10
– seconda similitudine (il pastore e il mercenario) e sua spiegazione: 10, 11-18
– conseguenze del discorso: 10, 19-21
g. ultima rivelazione nella festa della Dedicazione: 10, 22-39
– Gesù si dichiara Figlio del Padre («Io e il Padre siamo una cosa sola»): 10, 22-31
– Gesù accusato di bestemmia: 10, 32-39
4) ULTIMI FATTI DELL’ATTIVITÀ PUBBLICA DI GESÙ: 10, 40 - 12, 50
a. resurrezione di Lazzaro (settimo miracolo) e decisione del sinedrio di uccidere Gesù: 10, 40 - 11, 54
– Gesù si ritira oltre il Giordano, in Perea: 10, 40-42
– la richiesta delle sorelle di Lazzaro e venuta di Gesù: 11, 1-16
– colloquio di Gesù con Marta e Maria: 11, 17-32
– Gesù si reca al sepolcro di Lazzaro e lo risuscita: 11, 33-44
– i giudei riuniscono il sinedrio e decidono di uccidere Gesù: 11, 45-53
– Gesù si ritira a Efraim: 11, 54
b. ultimo viaggio di Gesù a Gerusalemme (terza Pasqua): 11, 55 - 12, 50
– si avvicina la Pasqua; Gesù è atteso a Gerusalemme: 11, 55-57
– l’unzione di Betania: 12, 1-11
– ingresso messianico di Gesù nella città santa: 12, 12.59
– Gesù annunzia la sua morte imminente: 12, 20-36
– l’incredulità dei Giudei: 12, 37-43
– invito alla fede in Gesù: 12, 44-50
III. ULTIMA CENA E DISCORSI DI ADDIO (colloquio intimo di Gesù con i discepoli): 13, 1 - 17, 26. Dopo aver celebrato la Cena pasquale, il Salvatore dà istruzioni e ammonizioni ai discepoli raccomandando loro l’umile servizio degli altri mediante la lavanda dei piedi (c. 13) e promette loro la futura discesa dello Spirito Santo che li avrebbe guidati in tutta la verità (cc. 14-16). Il colloquio termina con la nota preghiera "sacerdotale" nella quale Gesù invoca il Padre perché dia l’unità ai suoi discepoli: « Che essi siano uno così come io e te siamo uno » (c. 17).
a. i fatti dell’ultima cena: 13, 1-10
– lavanda dei piedi e suo significato: 13, 1-20
– Gesù predice il tradimento di Giuda e svela l’apostolo che lo tradirà: 13, 21-30
b. i discorsi di addio: 13, 31 - 14, 31
– primo discorso di addio: 13, 31 - 14, 31
– imminente glorificazione del Figlio dell’uomo; il comandamento nuovo; predizione del rinnegamento di Pietro: 13, 31-38
– promessa di Gesù ai discepoli di preparare loro un posto nella casa del Padre: 14, 1-4
– Gesù è la via al Padre: 14, 5-11
– Gesù promette di continuare a compiere opere più grandi ancora più grandi delle sue per mezzo dei discepoli che credono in lui: 14, 12-14
– promessa di Gesù di dare un altro Consolatore: 14, 15-17
– assicurazione di Gesù che il Padre e lui dimoreranno in coloro che custodiscono la sua parola: 14, 18-24
– lo Spirito insegnerà ogni cosa ai discepoli: 14, 25-26
– il dono della pace e ultime parole di addio: 14, 27-31
– secondo discorso di addio: 15, 1 - 16, 33
– la similitudine della vera vite e sue applicazioni: 15, 1-17
– l’odio del mondo contro i discepoli: 15, 18 - 16, 4
– la venuta del Paracleto come giudice del mondo e come guida di ve-rità per i discepoli: 16, 5-15
– il dolore della partenza («non mi vedrete ») e la gioia del ritorno («mi vedrete »): 16, 16-24
– promesse e parole di consolazione: 16, 25-33
– la preghiera di addio: 17, 1-26
– preghiera al Padre per la glorificazione del Figlio: 17, 1-5
– preghiera al Padre perché custodisca e santifichi i discepoli: 17, 6-19
– preghiera al Padre per l’unità dei futuri credenti: 17, 20-23
– preghiera al Padre perché tutti i discepoli siano perfetti nell’unità e si ritrovino uniti con il Figlio presso il Padre: 17, 24-26


IV. PASSIONE, MORTE, RESURREZIONE ED APPARIZIONI DI GESÙ IN GIUDEA: 18, 1 - 20, 31. Giovanni segue lo schema tradizionale, pur presentando alcuni particolari come l’episodio di Maria madre di Gesù ai piedi della croce (19, 25-27) che Gesù affida al discepolo amato; le apparizioni proprie di Giovanni sono quelle alla Maddalena ed a Tommaso, oltre che agli altri discepoli in Giudea.

1) CATTURA E PROCESSI: 18, 1 - 19, 16a

a. Gesù davanti alle autorità giudaiche 18, 1-27
– cattura di Gesù: 18, 1-11
– Gesù davanti ad Anna e Caifa e rinnegamenti di Pietro: 18, 12-27
b. Gesù davanti a Pilato: 18,28 - 19, 16a
– Gesù condotto al pretorio davanti a Pilato: 18, 28-32
– interrogatorio di Gesù da parte del magistrato romano: 18, 33-38a
– Barabba viene liberato al posto di Gesù; 18, 38b-40
– flagellazione, derisioni e presentazione di Gesù ai giudei («Ecco l’uomo!»): 19, 1-7
– secondo interrogatorio di Gesù da parte di Pilato: 19, 8-11
– la condanna a morte di Gesù: 19, 12-16a
2) CROCIFISSIONE, MORTE E SEPOLTURA DI GESÙ: 19, 16b-42
a. crocifissione e spartizione delle vesti di Gesù: 19. 16b-24
b. la madre e il discepolo che Gesù amava ai piedi della croce: 19, 25-27
c. la morte di Gesù: 19, 28-30
d. il colpo di lancia: 19, 31-37
e. sepoltura di Gesù: 19, 38-42
3) RESURREZIONE ED APPARIZIONI DEL RISORTO: 20, 1-31
a. la tomba vuota: 20, 1-10
b. l’apparizione a Maria di Magdala: 20, 11-18
c. l’apparizione ai discepoli: 20, 19-25
d. l’apparizione a Tommaso: 20, 26-29
e. conclusione del vangelo: 20, 30-31
V. APPENDICE: 21, 1-25. Si trovano qui le apparizioni agli apostoli tornati nel lago di Tiberiade, dove ridona a Pietro il suo ufficio apostolico: «Seguimi». Termina con una conclusione letteraria
a. l’apparizione del risorto sulle rive del lago e pesca miracolosa 21, 1-14
b. riconferma di Pietro e predizione del suo martirio: 21, 15-19
c. la sorte del discepolo che Gesù amava: 21, 20-23
d. altra conclusione (letteraria) del vangelo: 21, 24-25.
Scopo e destinatari del quarto vangelo

Nella conclusione del quarto vangelo Giovanni indica chiaramente lo scopo per il quale egli ha composto questa sua opera. Il suo vangelo, come gli altri sinottici, non è una biografia, ma è uno scritto destinato a suscitare la fede: «Or Gesù fece ancora molti altri segni in presenza dei suoi discepoli, che non sono scritti in questo libro. Ma queste cose sono state scritte, affinché voi crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome» (Gv 20, 30-31).

L’autore quindi, come si è visto, dichiara di aver composto la sua opera perché i lettori credano che Gesù è Cristo. Ma ci si potrebbe chiedere: qual è il senso esatto di questo "credere" nelle intenzioni di Giovanni? L’evangelista ha scritto il suo vangelo perché i lettori non credenti siano indotti a credere, accogliendo il primo annunzio della fede o si tratta invece di lettori già credenti i quali devono essere ulteriormente illuminati e rinsaldati nella fede?

Considerando il presente congiuntivo usato nel testo greco che ha il valore di "affinché continuiate a credere" e l’importanza che hanno i segni operati da Gesù per  la fede dei credenti, bisogna concludere che l’autore si è proposto con il suo scritto di illuminare la conoscenza di fede e di consolidarla nei lettori ai quali si rivolge. Tanto più che egli riferisce più volte il pressante invito del Maestro ai propri discepoli di «dimorare nella sua parola » (Gv 8, 31; 15, 7), di «osservare la sua parola» (Gv 8, 51-52), di « amarlo e osservare i suoi comandamenti» (Gv 14, 15.23.24).

Chi sono questi lettori a cui Giovanni si rivolge con lo scopo di rinsaldare la loro fede? Un gruppo di studiosi sostiene che Giovanni nella sua opera si rivolge a giudei non credenti redigendo di conseguenza uno scritto missionario. Questi giudei  non credenti, considerate le accese polemiche contro i giudei che caratterizzano il quarto vangelo, vanno identificati con gli ebrei increduli che si trovavano nella diaspora. Oppure, come è stato congetturato da altri, con quelle comunità composte dai discepoli di Giovanni Battista, i quali accettavano il precursore e non Gesù come loro Maestro.

Quanto si è detto però precedentemente a proposito dello scopo di questo vangelo, non depone a favore di questa ipotesi. Le polemiche di Gesù con i giudei che ricorrono spesso nel quarto vangelo non hanno lo scopo missionario di convertire gli ebrei, ma piuttosto quello di rinsaldare nella loro fede quei lettori che sono attaccati ed osteggiati dagli ebrei rimasti fedeli al giudaismo ortodosso, tra i quali essi si trovano a convivere.

Gli interlocutori validi del quarto vangelo vanno quindi ricercati tra gli ebrei già convertiti, i cosiddetti giudeo-cristiani, i quali tuttavia sono rimasti molto legati al giudaismo da cui provenivano. A destinatari di questo tipo l’autore indirizza il suo scritto per esortarli a rimanere saldi nella fede in Gesù - Messia, come egli sembra dichiarare espressamente in Gv 20, 31, nonostante i richiami del giudaismo e le pressioni dell’ambiente formato dai loro ex correligionari. Le accese espressioni polemiche contro i giudei non possono essere rivolte contro i giudeo convertiti, ma contro quelli che rifiutano di credere in Gesù e si mostrano ostili con i loro ex correligionari diventati discepoli di Gesù.

Questo scopo è realmente inteso da Giovanni ed è confermato dal modo con il quale egli parla di Gesù e dei giudei che hanno rifiutato di credere in lui. L’evangelista infatti presenta Gesù come il Messia e come colui che sostituisce le feste e le istituzioni ebraiche; egli poi, in testi particolarmente significativi, ricorda come quegli ebrei che non hanno creduto a Gesù assumono un atteggiamento ostile con i propri ex compagni di fede divenuti seguaci di Cristo, espellendoli dalle loro sinagoghe (Gv 9, 22; 12, 42; 16, 2). Inoltre Giovanni lascia intravedere l’atmosfera di ostilità e di intimidazione che gli ebrei, i quali si rifiutano di credere a Gesù, creano intorno a quelli che, contrariamente ad essi, hanno creduto alle sue parole e alle sue opere. Il quarto evangelista infatti presenta alcuni tipi caratteristici di ebrei che hanno accolto la fede in Gesù: alcuni ebrei credono in lui, ma non hanno il coraggio di professare questa loro fede (Gv 9, 22; 12, 42; altri ebrei sono discepoli di Gesù, ma non si manifestano tali per timore dei loro ex correligionari, come nel caso di Giovanni d’Arimatea (Gv 19, 38). Nel pensiero di Giovanni il comportamento del cieco nato, il quale, una volta guarito da Gesù e nonostante la condanna di espulsione dalla sinagoga inflittagli dai capi dei farisei, professa coraggiosamente la sua fede in colui che l’aveva risanato, costituisce per i giudeo-cristiani della diaspora un esempio da imitare.

Questi dati concernenti la situazione in cui si trovavano quei giudei che avevano abbracciato la fede cristiana sono anche molto preziosi per stabilire il tempo di composizione del quarto vangelo. Tale situazione infatti si acuisce in modo particolare dopo la distruzione di Gerusalemme e del tempio avvenuta nell’anno 70.
Dopo tali eventi il giudaismo per sopravvivere aveva bisogno di raccogliere tutte le sue forze e di concentrare i suoi valori religiosi eliminando dal suo interno i dissensi e le fratture. Di conseguenza il giudaismo, nello sforzo di mantenersi nell’ortodossia e di conservarsi nell’autenticità, si mostrò intransigente nei confronti di quegli ebrei che passavano al cristianesimo escludendoli dalle loro sinagoghe (comunità).
Queste forme di intransigenza si verificarono in modo particolare intorno agli anni 80 d.C., come tra l’altro è documentato dalla preghiera giudaica, chiamata Shemonet Esreh («le 18 benedizioni»), nella quale la dodicesima benedizione, che risale introno all’anno 85, è costituita da una richiesta di maledizione per gli eretici (minim), tra cui in primo luogo bisogna ravvisare i giudei convertiti al cristianesimo.

Recentemente sono stati trovati anche nuovi argomenti a sostegno della tesi che identifica i giudeo-cristiani nei destinatari del quarto vangelo. È stato infatti rilevato che la distinzione, che il quarto evangelista compie tra Israele e israelita da una parte ed i giudei dall’altra, assume un particolare significato. Per Giovanni questa distinzione ha lo scopo di porre in luce che l’unico gregge sotto l’unico pastore, di cui egli parla nel suo vangelo, è il vero Israele considerato in opposizione ai "giudei" i quali costituiscono la sinagoga (Gv 10, 1-21). Anche la sinagoga per l’evangelista è composta da un ovile che indica il giudaismo  palestinese e da altri ovili che designano i gruppi giudaici della diaspora; infatti Gesù, quando dichiara di avere delle pecore che appartengono a questo ovile e altre che non appartengono ad esso, intende alludere sia agli ebrei palestinesi (questo ovile) sia agli altri della diaspora (tali ebrei non appartengono a questo ovile, cioè non sono ebrei palestinesi), i quali ascoltano la sua voce e lo seguono (cioè tutti gli ebrei che gli hanno creduto). Con questo modo di esprimersi il quarto evangelista non intende opporre il gregge d’Israele e un nuovo gregge fuori d’Israele, ma vuole sottolineare un contrasto tra due posizioni ed atteggiamenti: quello dei giudeo-cristiani e quello del giudaismo ortodosso. Per il giudaismo ortodosso quegli ebrei che si convertono a Gesù cessavano di appartenere al popolo eletto, cioè ad Israele, e quindi esso li scacciava dalla sinagoga; per Giovanni e per i giudeo-cristiani invece gli ebrei che accolgono Gesù formano il vero Israele, sono veri "israeliti". Secondo Giovanni il gregge di Jhwh (Israele) diventa il gregge di Gesù (il vero Israele, la Chiesa).

Un terzo gruppo di studiosi ritengono invece che il quarto vangelo abbia incluso tra i suoi destinatari anche i pagani, rivolgendosi in tal modo ad un pubblico più vasto. Per questo motivo, essi osservano, l’evangelista usa un linguaggio ed una terminologia che erano comprese nel mondo ellenistico.

Le espressioni con le quali Giovanni afferma la missione universale di Gesù fanno legittimamente pensare che egli, tra i destinatari del vangelo, voglia includere anche i pagani. Nel vangelo infatti si afferma che il Logos è la vera luce «che illumina ogni uomo » (Gv 1, 9), che Gesù toglie il peccato del « mondo» (Gv 1, 29, che è stato mandato non a condannare ma a salvare « il mondo » (Gv 3, 17) e che una volta elevato da terra attirerà « tutti » a sé. Al riguardo è molto significativo l’episodio dei greci ( EllenhV ) che desiderano vedere Gesù, poiché esso, nell’intenzione dell’autore, è un segno che tutti gli uomini (i greci indicano i pagani) incominciano ad andare a Gesù, cioè a credere in lui.

Contrariamente a quanto è sostenuto da coloro che vedono nei destinatari del quarto vangelo soltanto i giudeo-cristiani, molti esegeti ritengono che Gesù quando parla di un altro ovile (Gv 10, 16) non si riferisca ai giudei della diaspora, ma ai pagani e quindi interpretano queste parole di Gesù come un ulteriore apertura verso tutte le genti, alle quali Giovanni avrebbe anche indirizzato il suo vangelo. Queste aperture verso i pagani si riscontrano anche in Gv 4, 42 e Gv 11, 52.

Dopo quanto è stato esposto possiamo concludere che il quarto evangelista, pur avendo presenti i cristiani che provenivano dal giudaismo e quelli che si erano convertiti dal paganesimo, si mostra preoccupato non tanto della loro provenienza quanto invece della loro fede che egli si propone di illuminare e di rinsaldare ulteriormente. Di conseguenza Giovanni non intende rivolgersi con il suo scritto in parte ai giudeo-cristiani ed in parte agli etnico-cristiani, quasi volesse parlare ora agli uni ora agli altri, ma vuole raggiungere indistintamente tutti i credenti (anche quelli che crederanno in seguito) delle sue comunità, i quali per motivi diversi avevano bisogno della sua parola. In tal modo si spiega l’ampia dimensione dello scopo che l’evangelista si era proposto nel redigere il suo scritto; egli infatti ha composto il suo vangelo perché i destinatari continuassero a credere che Gesù è Messia e Figlio di Dio, perché essi, credendo nel Messia e nel Figlio di Dio, avessero una fede viva e possedessero la vita eterna (Gv 20, 31).

È ai credenti che si rivolge Giovanni e per essi riserva i molteplici insegnamenti raccolti nei suoi discorsi di addio (Gv 13-17). A questi credenti, che vuole illuminati e saldi nella fede accolta in un tempo più o meno recente, il quarto evangelista spiega la fondamentale verità di essere stati generati da Dio (Gv 1, 13) e di essere diventati suoi figli (Gv 1, 12). L’intento dell’evangelista di porre in luce la realtà sull’essere generati da Dio e sul diventare suoi figli spiega gli accenni a certi gesti significativi che rappresentano il prolungamento dell’opera di Gesù nella chiesa, come il battesimo (Gv 3, 3.5) e la Cena del Signore.

Secondo alcuni, scopi secondari del vangelo di Giovanni sarebbero stati quelli di ridimensionare la figura del Battista, che alcuni suoi discepoli ritenevano essere il Messia al posto di Gesù, e di perseguire anche degli scopi polemici contro un incipiente gnosticismo e docetismo.

Ai discepoli del Battista (dei quali abbiamo una testimonianza in At 19, 1-8), che avevano un’errata valutazione del proprio maestro, il quarto evangelista fa conoscere esplicitamente che il precursore non è la luce, ma soltanto colui che rende testimonianza alla luce (Gv 1, 6-7.15), che Gesù è anteriore a lui (Gv 1, 30) e che lo stesso precursore ha affermato di non essere il Messia (Gv 3, 28.30).

Contro coloro invece che negavano la realtà della "carne" (corpo visibile) di Gesù, considerandola semplicemente un’apparenza, Giovanni afferma che il Logos si è fatto « carne » (Gv 1, 14) e ricorda l’episodio realistico della lancia vibrata contro il fianco di Gesù, appena spirato sulla croce.

Tenuto conto dei dati offertici dal quarto evangelo è preferibile comunque parlare soltanto di qualche elemento e di qualche battuta polemica contro alcuni errori di tendenza mandea, gnostica e docetista, non già di una sistematica presa di posizione contro eresie del cristianesimo delle origini. Lo scritto di Giovanni non è un’opera polemica, ma è essenzialmente un vangelo.