INTRODUZIONE AI VANGELI
CAPITOLO I°

GESÙ DI NAZARET

Introduzione

Prima di accostare i vangeli, è necessario raggiungere Gesù di Nazaret dal punto di vista storico. Questo non perché noi abbiamo qualche dubbio sulla reale esistenza di Gesù come personaggio storico, ma perché, come dice anche Luca all’inizio del suo vangelo, possiamo avere una conferma della nostra fede riconoscendo la certezza delle cose che ci sono state finora insegnate (Lc 1, 4).

Per conoscere infatti meglio una personalità, per comprendere l’originalità delle sue idee e poter valutare la portata delle sue prese di posizione e delle sue scelte, assume una grande importanza la conoscenza quanto più possibile precisa del contesto in cui questa persona è vissuta ed ha operato. Questo vale per qualsiasi personalità della storia, ma anche per la vicenda unica e originalissima di Gesù.

Qual è la cosa più evidente da capire subito nella nostra ricerca del Gesù storico? Fin dai tempi dei patriarchi, fin dagli inizi della storia ebraica, addirittura fin dalle prime pagine della Bibbia, la Parola di Dio è stata rivolta agli uomini non in maniera astratta, ma dentro degli avvenimenti storici. Non abbiamo quindi un’ ideologia ebraico-cristiana, ma abbiamo anzitutto un’esperienza concreta che non prescinde dai fatti e dagli eventi della vita umana. L’ultimo evento di questo dialogo fra Dio e l’uomo è stato l’episodio storico di Gesù di Nazaret che è durato circa 33 anni.

Quando si parla di eventi storici dobbiamo pensare a personaggi concretamente umani che sono stati i protagonisti di questo dialogo con Dio. C’è la tentazione forte di ricercare l’incontro con Dio nell’eccezionale e nello straordinario più che nel quotidiano, ma l’appuntamento con Dio si è verificato a casa dell’uomo e non in una sfera intermedia dove prevale il miracoloso e l’eccezionale. Il vertice di questo dialogo fra Dio e l’uomo non è avvenuto per mezzo di angeli o di altre entità spirituali, ma si è realizzato per mezzo di un uomo che, a parte qualche episodio straordinario, è stato in tutto simile agli altri uomini, con gli stessi problemi, le stesse preoccupazioni e perfino le stesse tentazioni, come ci spiega molto bene la lettera agli Ebrei (Eb 2, 14-18; 4, 15) Siamo quindi su una linea in cui lo straordinario è soltanto un episodio marginale rispetto all’impatto che ha avuto questo dialogo nella storia dell’uomo.

Gli sviluppi della critica storica

Quando il dialogo fra Dio e l’uomo si è reso del tutto umano e storico nella persona di Gesù di Nazaret, per capire meglio il suo messaggio, è diventata indispensabile la conoscenza di tutta quell’area concreta palestinese in cui è vissuto ed ha operato; è diventato molto importante conoscere quell’ambiente storico palestinese in cui Gesù ha incarnato il suo messaggio.

I Vangeli sono per sé stessi una guida per introdurci in quell’ambiente e vanno quindi letti e compresi dentro quell’ambiente; altrimenti diventano semplicemente un’ideologia, che in fondo è soltanto un’astrazione della storia.

Con questo non si vuole assolutamente dire che i vangeli sono una pura e semplice biografia di Gesù, ma che al loro interno non mancano dei riferimenti storici. Pur restando vangeli, cioè annuncio di un messaggio, si possono capire meglio dentro un quadro storico.

Queste sono le conclusioni a cui è arrivata la ricerca evangelica negli ultimi 30 anni, ma in questo cammino la tensione fra vangelo e storia e cioè fra il Gesù della Bibbia ed il Gesù della storia, ha avuto un percorso difficile e non privo di ostacoli nel quale possiamo distinguere almeno tre stadi o tre tempi:

Primo stadio

Questo stadio ebbe inizio a cavallo fra la fine del secolo scorso e l’inizio di questo secolo e fu influenzato dall’ideologia razionalistica. L’ideologia razionalistica è quella corrente filosofica, seguita all’Illuminismo, che esaltava in maniera esagerata la ragione umana. Detta in parole semplici, questi pensatori affermavano che esiste soltanto ciò che rientra nel campo sensibile dell’uomo e che può essere sperimentato e spiegato dalla mente dell’uomo, tutto il resto non esiste e non può essere preso in considerazione. Naturalmente vi fu in questa corrente di pensiero tutta una vasta gamma di sfumature più o meno radicali che non mancarono di influenzare le varie discipline umane, fra cui anche la religione.

Venne formata quindi fra gli studiosi tedeschi la famosa Scuola della Storia delle Religioni che aveva come ispiratore principale il Bultmann assieme ad altri famosi pensatori come il Dibelius e il medico Albert Schweizer. Costoro, servendosi del Metodo della Storia delle Forme (in tedesco la Formgeschichte) arrivarono alla conclusione che il Gesù della storia non poteva essere raggiunto. Lo stesso Albert Schweizer conclude amaramente il suo libro intitolato «Storia della ricerca sulla vita di Gesù» con la frase: «La vita di Gesù non si può sapere». Questa delusione poi lo spinse ad abbandonare i suoi studi e le sue ricerche per andare come medico missionario in Africa. Il suo libro fu scritto nel 1906, ma questa sfiducia di raggiungere il Gesù storico durò fino al 1960.

Questi studiosi nella loro indagine partivano da alcuni preconcetti. Essi partivano infatti dall’idea che ogni religione o ogni movimento religioso avesse bisogno di mitizzare il proprio fondatore. Questo potrebbe essere vero per molte religioni, ma non certo nel caso di Cristo la cui vicenda si è conclusa in modo fallimentare, almeno da un punto di vista umano. Comunque costoro cercarono di dimostrare con il Metodo delle Forme che alcuni racconti dei vangeli avevano le stesse forme letterarie con cui venivano mitizzati altri eroi e altri fondatori di religioni e arrivarono alla conclusione che anche la primitiva chiesa apostolica per legittimarsi di fronte al mondo ha avuto bisogno di mitizzare il suo fondatore. Alcuni studiosi arrivarono ad affermare che Gesù di Nazaret era un uomo qualunque, uno dei tanti esaltati che in quel tempo percorrevano le strade della Palestina predicando le loro idee. Altri misero in dubbio addirittura la sua esistenza. Altri ancora affermarono esplicitamente che non è mai esistito, ma che è stato semplicemente un’invenzione della chiesa per avere un fondatore.

Servendosi sempre del Metodo della Storia delle Forme essi esaminavano minuziosamente ogni episodio ed ogni miracolo affermando che non potevano essere considerati storici in quanto si trovavano anche in altre storie simili, come ad esempio nella storia dei miracoli di Esculapio. Con l’analisi delle forme letterarie essi valutavano la storicità o meno di ciascun fatto concludendo che, anche se c’era stato qualcosa di storico, questa storicità risultava ormai irriconoscibile essendo stata soffocata dalle forme letterarie che si erano sovrapposte nella descrizione del fatto o del miracolo.

Possiamo ora fare una valutazione di questa corrente di pensiero ponendoci alcune domande importanti. Perché questa moda culturale ha influenzato a tal punto tanti studiosi anche in campo religioso? Qual è stato il problema di fondo? Cosa ha provocato in loro questa specie di rimozione del Gesù storico che ha travagliato la prima metà del nostro secolo? Se esaminiamo bene il problema anche alla luce dei successivi sviluppi e delle nostre esperienze attuali possiamo dire che il problema, ancora attuale ai nostri giorni,  non è tanto intellettuale quanto piuttosto di natura spirituale.

Quando ci si trova di fronte a qualcosa di scomodo che richiede da parte nostra una scelta ben precisa di vita, la prima reazione è quella rimuovere l’ostacolo che provoca tanto disagio alla nostra coscienza. Si cercano tutte le giustificazioni possibili per evitare di essere posti di fronte ad una decisione che è molto difficile da prendere.

Si nota in queste teorie la paura di un personaggio scomodo come Gesù anche perché sono state inventate delle storielle che non hanno alcun fondamento né storico né scientifico. Si è arrivati infatti a dire che Gesù non è mai morto in croce. Si diceva che mentre stava salendo il Calvario, Gesù ha fatto finta di cadere ed è stato sostituito dal Cireneo; nella confusione del momento è scappato ed al suo posto è stato crocifisso il Cireneo. Oppure si dice che quando domandò da bere gli diedero una sostanza che lo addormentò e così riuscirono a salvarlo e a farlo poi ricomparire, spacciandolo per risuscitato.

La denuncia del vangelo e la persona stessa di Gesù erano scomode in quanto richiedevano una conversione. Dicendo che gli studi mettono in evidenza il Cristo della fede e non il Gesù della storia, essi preferivano mitizzare Gesù piuttosto che lasciarlo parlare alle loro coscienze come stile di vita concreto dell’uomo.

Secondo stadio

È iniziato in America nel 1953. Ma il vero inizio di questa nuova fase si ebbe nel 1960. Nel 1960 a Berlino i discepoli di Bultmann chiamano il maestro a convegno e gli contestano le sue soluzioni sul Gesù storico. Sono quelli che poi vengono chiamati i post-bultmaniani.

I discepoli di Bultmann contestano al loro maestro il modo di affrontare il problema del Gesù storico. Essi in pratica hanno affermato che è possibile raggiungere il Gesù storico purché vengano tolti i preconcetti razionalistici che hanno influenzato il pensiero bultmaniano. I Vangeli, pur non essendo la storia di Gesù, riflettono tuttavia pagine storiche in quanto ci vengono forniti alcuni elementi storici su Gesù.
Se non proprio la biografia che cosa è possibile raggiungere del Gesù storico nei Vangeli? Si possono raggiungere, essi sostengono:

a. Le ipsissima verba Jesu, le autentiche parole di Gesù. Su base strettamente scientifica sono stati trovati  dei criteri per dire quali sono le autentiche parole di Gesù e quali sono invece gli ulteriori apporti della comunità cristiana.

b. Le ipsissima facta Jesu, sono fatti, eventi autentici. Per esempio certe scelte di Gesù sono chiaramente coerenti con il suo stile dentro a quel contesto.
È stata fatta una lista di una dozzina di criteri di storicità e sono stati trovati dei criteri di storicità sia per i detti che per i gesti di Gesù.

Anche se questi tentativi umani di raggiungere il Gesù della storia attraverso criteri strettamente scientifici sono lodevoli per certi aspetti, essi tuttavia denotano ancora un limite nell’idea di un apporto comunitario alla costruzione dei vangeli. La ricerca del Gesù storico è quindi ancora tutta aperta e suscettibile di ulteriori approfondimenti e chiarimenti.

Terzo stadio

Si arriva così al terzo stadio della ricerca che è quello più recente e non è ancora del tutto maturato. Va dal 1980 al 1985, soprattutto in America.  Si tratta del recupero del Gesù storico dentro l’ambiente ebraico palestinese del tempo. In questo stadio della ricerca ha dato un grande contributo il mondo ebraico americano, europeo, ma anche palestinese. Il contributo è stato dato da esperti dell’ambiente del mondo ebraico. Essi sostengono di essere esperti di quell’ambiente in quanto vi hanno vissuto sia loro che i loro antenati e dentro a questo ambiente hanno avuto un’evoluzione.

Il loro merito è stato quello di averci fatto sentire quanto Gesù fosse stato ebreo e quanto egli fosse stato originale dentro a quell’ambiente ebraico. Ecco quindi che essi ci presentavano il volto ebraico di Gesù ed in particolare il suo volto profetico dentro l’ambiente ebraico. Non è che gli Ebrei discutano se Gesù sia o meno Figlio di Dio, ma danno senza polemica questo ulteriore contributo alla ricerca del Gesù storico.

Alla ricerca del Gesù storico, oltre agli Ebrei, hanno contribuito anche tutta una serie di scienze storiche e archeologiche, ma soprattutto molta archeologia palestinese di 30 anni fa. Più recentemente, attraverso queste indagini, oggi profondissime anche a Gerusalemme stessa, sono stati trovati i palazzi dei ricchi a Gerusalemme ai tempi di Gesù, si tratta di almeno cinque palazzi. Ora sappiamo quindi che quando Gesù diceva: « Guai ai ricchi», non pensava a Roma, ai palazzi di Roma, ma aveva davanti agli occhi i palazzi stessi dei ricchi di Gerusalemme. La ricostruzione storica non è fatta solo di conferme dirette, ma in qualche modo anche di conoscenze della vita sociale ed economica dell’ambiente storico dei tempi di Gesù, non solo per mezzo degli scavi e dei contributi delle università ebraiche (in Palestina almeno tre o quattro), ma anche di altri ricercatori.

Ci sono state poi anche delle ricerche sugli scritti rabbinici. Si tratta insomma di tutta una competenza a se stante. Basti pensare che ci sono oggi degli Ebrei in Palestina che manifestano esplicitamente nelle loro riviste specializzate un certo entusiasmo per questo loro antenato, affermando che Gesù di Nazaret è stato il più puro e il più autentico interprete per capire la Torah.

In generale, di fronte a questa ricerca che ci ha portato fino al Gesù di Nazaret, l’ambiente di Gesù e la quota storica che possiamo raggiungere, ci viene offerta dai seguenti elementi:

a. Testimonianze non cristiane del tempo di Gesù , non solo pagane, ma anche ebraiche. Questa si potrebbe anche chiamare, usando un termine tecnico, apologetica classica tradizionale circa il Gesù storico.

b. Ipsissima facta et verba Jesu, cioè parole e scelte autentiche del Gesù storico attraverso i Vangeli.

c. Storia e archeologia circa la vita quotidiana della Palestina ai tempi di Gesù. Per esempio, circa tre anni fa hanno trovato una città: Sefforis, molto vicina a Nazaret, dove alcuni pensano che Gesù si recasse a lavorare come falegname. Questa città infatti essendo stata distrutta nel 6 d.C., venne ricostruita in quegli anni utilizzando anche la manodopera proveniente dalle cittadine circostanti.

d. Il contributo da parte del mondo ebraico attuale circa la sua esperienza ai tempi di Gesù.

L’ambiente sociale, politico e religioso che fa da contesto al messaggio di Gesù si presenta secondo il seguente schema generale che approfondiremo nel successivo capitolo II°:

1) L’ambiente politico o di potere con i personaggi che sono:

a) Erode il Grande e i tre figli, suoi successori: Archelao in Giudea, Samaria e Idumea, ma fu deposto presto e mandato in esilio; Antipa in Galilea e Perea, andò in esilio in una cittadina vicino ai Pirenei; Erode Filippo nell’Iturea e nella Traconitide.

b) I procuratori romani della Giudea. Quando è stato rimosso Erode Archelao, gli succedono nel 39 d.C. i procuratori romani nella Giudea. Uno di questi fu Pilato, anche lui fu esiliato.

2) I movimenti e i partiti religiosi al tempo di Gesù . Attorno a Gesù si formerà quel gruppo di discepoli che provengono da questi movimenti: i Dodici. Quali sono questi movimenti?

a) I farisei
b) I sadducei (era un po’ il partito del potere)
c) Gli esseni di Qumran
d) I battisti da Giovanni Battista dal quale proviene tutta una scuola.
e) Gli zeloti o cananei.
3) La società civile soprattutto in Galilea . Vi erano diverse classi sociali:
a) Gli schiavi o i maggiordomi degli schiavi, quelli che nella casa del padrone tenevano la direzione ed erano gli uomini di fiducia, però erano sempre schiavi e quindi non retribuiti;
b) Il bracciantato agricolo e artigianale;
c) La pesca sul lago di Tiberiade. La famosa città per l’essiccazione ed il commercio internazionale del pesce si chiamava Magdala;
d) L’agricoltura con proprietari terrieri, cioè i signorotti che mettevano sul lastrico i poveretti;
e) Piccolo e grande commercio. Questo portava ai gabellieri, quelli che riscuotevano le tasse. Cafarnao era una città di confine;
f) La pastorizia.
Prima di approfondire l’ambiente sociale, politico e religioso della Palestina si possono fare almeno tre osservazioni preliminari di carattere introduttivo:

1) Prima osservazione. In Palestina e in particolare in Galilea vivevano, al tempo di Gesù, gli Ebrei tornati dall’esilio secoli prima, normalmente più retrogradi ed integralisti degli Ebrei della diaspora che erano molti di più in tutto l’Impero, diffusi soprattutto in oriente, fino verso la Cina. Questi Ebrei di Palestina erano più chiusi e quindi più integralisti degli Ebrei della diaspora, che venivano chiamati gli ellenisti perché ormai inseriti nella cultura ellenica, greca e inseriti meglio nel mondo greco-romano. Cafarnao era una delle roccaforti di questo integralismo. I discepoli di Gesù erano considerati come degli eretici e li chiamavano i minim che voleva dire i caduti dalla fede, gente cioè che aveva perso la fede. Caso volle che il figlio del capo della sinagoga di Cafarnao divenisse cristiano in epoca post pasquale e cioè dopo la morte e la resurrezione di Cristo, quando la comunità cristiana cominciò ad espandersi oltre Gerusalemme e la Giudea. Il padre voleva ucciderlo perché questa conversione del figlio era per lui un’onta e un disonore per tutta la città. Il consiglio della sinagoga pregò il padre di non ucciderlo, ma di esiliarlo per sempre dalla città. Questo per spiegare in quale atmosfera di integralismo Gesù operava e predicava l’amore per il prossimo.

2) Seconda osservazione. Roma guardava con preoccupazione alla zona calda della Palestina. Finché ci fu Erode il Grande, Roma restò tranquilla. Erode era molto riconoscente verso Roma versando all’erario lauti contributi. Erode si barcamenava con molta abilità politica dedicando alcune città agli imperatori di quel tempo. Erode fu un magnate dal punto di vista delle costruzioni. Costruì e rinforzò parecchie città, fra cui la stessa Gerusalemme, poi Cesarea Marittima e Cesarea di Filippo. Andò a costruire in onore di Roma anche ad Antiochia di Siria. Dopo Erode il Grande, Roma intervenne più volte per mantenere calma la situazione in Palestina. Archelao, figlio di Erode il Grande, era stato fatto etnarca. Doveva essere fatto re, ma Roma doveva approvare la sua nomina a re della Giudea. Per avere questa nomina Archelao si recò a Roma, ma a Roma gli Ebrei insorsero presso il senato perché non gli venisse dato questo titolo di re. Archelao tornò infuriatissimo e due città in Palestina si ribellarono: Sefforis ed Emmaus. Allora Virgilio Varo, che era legato romano in Siria, scese in Palestina, distrusse e rase al suolo Sefforis ed Emmaus e crocifisse 2000 Ebrei fuori di Gerusalemme. Ci si può immaginare il clima di terrore che venne a crearsi nell’ambiente palestinese dopo questo fatto. Questo è il contesto in cui maturò il regno di Dio proclamato da Gesù.

3) Terza osservazione. Il procuratore romano di Giudea dopo Archelao, dal 6 d.C. in poi, si era riservato in Palestina il cosiddetto ius gladii e cioè il diritto dell’esercizio della pena di morte, esautorando il Sinedrio che prima esercitava questo diritto. Gesù quindi morirà crocifisso e non lapidato proprio per questo motivo. Questo naturalmente rappresentava una grande sfiducia verso gli Ebrei e sul modo di esercitare la giustizia in Palestina. Si può vedere da questi  equilibri e da queste tensioni quale impatto ebbero questi avvenimenti e queste decisioni sulle vicende di Gesù e cosa potevano significare questi avvenimenti per lui. Se Gesù restava in Galilea, dove c’era Erode Antipa, sarebbe stato decapitato come Giovanni Battista. Essendosi invece recato dalla Galilea a Gerusalemme per annunciare il suo ultimo messaggio, venne arrestato e giudicato da Pilato, il quale lo condannò alla pena capitale mediante crocifissione secondo l’uso romano.